Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11805 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11805 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8658/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliata presso il domicilio digitale indicato dal difensore.
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliata presso il domicilio digitale indicato dal difensore.
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di TRIESTE n. 417/2021 depositata il 17/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
La società RAGIONE_SOCIALE intimò alla società RAGIONE_SOCIALE sfratto per morosità e la citò davanti al Tribunale di Pordenone per la convalida in relazione ad un immobile concesso in locazione ad uso commerciale. La conduttrice si costituì in giudizio opponendosi alla convalida e formulò domanda riconvenzionale per sentir pronunciare l’inadempimento della società locatrice all’obbligazione di mantenere l’immobile in stato da poter essere adibito all’uso convenuto. Disposto il mutamento del rito e ammessa CTU, il Tribunale adito acco lse la domanda principale e rigettò la riconvenzionale, e per l’effetto dichiarò la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento della conduttrice all’obbligazione del pagamento dei canoni di locazione e la condannò al rilascio dell’immobile, rigettando la domanda riconvenzionale dalla medesima proposta. A seguito di appello della conduttrice, la Corte d’Appello di Trieste con sentenza n. 417 del 16/11/2021, notificata in data 18/1/2022, ha rigettato l’appello, ritenendo, per quanto ancora rileva, insussistente l’inadempimento della società locatrice all’obbligo di mantenere l’immobile in condizioni di idoneità all’uso pattuito, rilevando che, pur in presenza di amianto e di vetustà degli impianti, l’immobile era utilizzabile, come accertato dal CTU e che, in base ad una transazione incorsa tra le parti, erano stati concordati lavori di adeguamento che la locatrice risultava aver effettuato. A ciò ha aggiunto che la conduttrice, oltre a risultare morosa nel pagamento dei canoni, aveva altresì omesso di provvedere al l’ordinaria manutenzione degli impianti , così contribuendo al cattivo uso del medesimo. In relazione alle infiltrazioni d’acqua, pure lamentate dall’appellante, la corte del gravame ha confermato che gli interventi sulle grondaie erano stati eseguiti dalla proprietaria in esecuzione della transazione intercorsa tra le parti e che, in ogni caso, le infiltrazioni si erano verificate in punti diversi rispetto a quelli sui quali le parti avevano convenuto gli interventi in sede di transazione. La corte del gravame ha ritenuto insussistenti i presupposti per la debenza della penale contrattualmente prevista, l’insussistenza dei presupposti per la sospensione del pagamento dei canoni, la congruità del canone pattuito, a seguito di rinegoziazione, la debenza dei canoni a scadere.
Avverso la sentenza che, con pronuncia cd. ‘ doppia conforme ‘ , ha statuito la risoluzione del contratto di locazione per inadempimento della conduttrice, la medesima propone ricorso per cassazione sulla base di sette motivi.
Resiste la società RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
In vista dell’adunanza camerale fissata ai sensi dell’art. 380 -bis. 1 c.p.c. la ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
nella memoria il difensore della ricorrente dà atto e documenta l’intervenuta dichiarazione di fallimento della stessa. Poiché nel giudizio di cassazione la disciplina dell’interruzione del processo non trova applicazione ( ex multis , da ultimo, proprio per il fallimento, si veda Cass. 1, n. 6642 del 13/03/2024), l’intervenuta dichiarazione di fallimento non è rilevante.
Co n il primo motivo si deduce nullità della sentenza in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. per avere la Corte d’Appello, con riferimento ai motivi di appello nn. 2 e 3, omesso di esaminare fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, tra cui la presenza di amianto, un consistente e generale stato di degrado dell’impianto di condizionamento e riscaldamento, la riconducibilità dei fenomeni di infiltrazione alla vetustà del fabbricato, l’inidoneità della tubazione di collegamento dei pozzetti con la fognatura comunale. La corte territoriale non avrebbe valutato diversi aspetti della CTU e non avrebbe considerato l’obbligo di parte locatrice di mantenere l’immobile in stato da essere idoneo all’uso pattuito, tra cui quello di adeguare gli impianti che risultavano vetusti e di eliminare le infiltrazioni di acque meteoriche.
Con il secondo motivo di ricorso -nullità della sentenza in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c per avere la Corte d’Appello di Trieste, con riferimento al motivo di appello n. 4, omesso di esaminare fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti- lamenta che la corte del gravame abbia ritenuto nuove e non connesse alla transazione le infiltrazioni verificatesi successivamente alla firma della stessa.
Con il terzo motivo deduce nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. in quanto la Corte d’Appello di Trieste, nonostante gli esiti della CTU evidenziassero molteplici profili di contraddittorietà
e/o di non esaustività, non ha disposto una integrazione peritale e nemmeno ammesso le prove richieste dall’appellante.
Con il quarto motivo -nullità della sentenza in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. per avere la corte territoriale con riferimento al motivo di appello n. 5, omesso di esaminare un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti -lamenta che la sentenza non ha pronunciato sulle problematiche sorte con riguardo ai pozzetti, anche dopo la firma della transazione. Avrebbe dovuto riconoscere alla conduttrice una penale e quindi un controcredito da far valere nei confronti della locatrice.
Con il quinto motivo deduce violazione e/o falsa applicazione ex art. 360 comma 1 n. 3 in relazione all’art. 1460 c.c. per avere l a Corte d’Appello omesso di considerare fatti determinanti ai fini della decisione quali la presenza di amianto, la presenza di vizi sopravvenuti, il mancato adeguamento dell’allaccio alla rete fognaria, quali elementi che in concreto incidono sul godimento del bene da parte del conduttore, comprimendolo. A fronte di tale compressione del diritto di godimento, la corte triestina avrebbe dovuto considerare legittima in tutto o in parte la sospensione del pagamento del canone di locazione secondo i principi illustrati da questa Corte con la sentenza n. 2154 del 29.01.2021. In particolare, si lamenta che la corte territoriale non abbia considerato che la modifica della rete fognaria nei termini indicati dalla CTU rientrava tra le obbligazioni poste a carico del locatore con la transazione del 2017.
Con il sesto motivo di ricorso -nullità della sentenza in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. per avere la corte territoriale, con riferimento al motivo di appello n. 7, omesso di esaminare più fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti – la ricorrente lamenta che non sia stata valutata l’incidenza dei difetti dell’immobile sulla domanda di riduzione del canone di locazione.
Con il settimo motivo -nullità della sentenza in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c. per avere la corte d’appello, con riferimento al motivo di appello n. 10, omesso di esaminare fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti-la ricorrente lamenta che la corte del merito non ha considerato la debenza di un controcredito in capo alla conduttrice nei riguardi della locatrice.
Il primo, il secondo, il quarto, il quinto ed il sesto motivo di ricorso vanno trattati congiuntamente perché tutti denuncianti vizi ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. Le censure sono svolte, in tutti questi motivi, in modo inidoneo, giacché, dopo lo svolgimento di ampie considerazioni sul contenuto di emergenze istruttorie, i mezzi si risolvono, attraverso l’estrapolazione da esse di fatti che da esse emergerebbero, in una sostanziale sollecitazione alla loro rivalutazione, così collocandosi al di fuori della logica assegnata al detto paradigma dalle note Sezioni Unite nn. 8053 e 8054 del 2014. Se anche l’estrapolazione di detti fatti si potesse considerare riconducibile alla nozione di fatto di cui al n. 5, si dovrebbe rilevare che tutti i motivi omettono di indicare la loro decisività, rimanendo sul piano della mera prospettazione, anche quando si richiama la loro evocazione nei motivi di appello, di una loro solo possibile rilevanza valutativa.
Il terzo motivo non indica né direttamente né almeno indirettamente, cioè con argomenti idonei a ricondurre l’argomentare sotto una norma, quella che sarebbe la norma del procedimento che sarebbe stata violata ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c. Tanto r ende il motivo inidoneo e dunque inammissibile, non senza che si debba pure osservare la singolarità oltre che genericità dell’affermazione che la stessa motivazione della sentenza impugnata avrebbe ‘ palesato la necessità di rimettere la causa in istruttoria o per dare ingresso alle prove orali richieste dall’appellante o comunque per disporre un supplemento di CTU o per chiamare il consulente a rendere chiarimenti sulle rilevate infiltrazioni’.
Il quinto motivo è inammissibile perché deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1460 c.c. non in via diretta, ma postulandola solo come conseguenza di una sollecitazione a rivalutare emergenze istruttorie.
Il settimo motivo è inammissibile, oltre che per la preclusione costituita dalla pronuncia cd. ‘doppia conforme’, perché è volto a richiedere a questa Corte una rivalutazione dei fatti e delle prove senza nemmeno osservare né i requisiti di contenuto-forma del ricorso né la necessaria specificità del motivo.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile. La ricorrente va condannata al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di una somma a titolo di contributo unificato pari a quella versata per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione che liquida in € 4.300 (oltre € 200 per esborsi), più accessori e spese generali al 15 %.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile dell’11