Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 93 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 93 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20344-2019 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, INDIRIZZO COGNOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME
– intimati – avverso la sentenza n. 3217/2019 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 13/06/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/04/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
Con contratto preliminare del 18.12.2002 i coniugi COGNOMECOGNOME si obbligavano a vendere a NOME COGNOME un appartamento sito in Napoli; dichiaravano i promittenti venditori che «l’immobile è e sarà al momento dell’atto definitivo di vendita di loro piena ed esclusiva
proprietà franco e libero da pesi censi canoni oneri formalità ipotecarie pregiudizievoli di iscrizioni o trascrizioni». Al momento della stipula del contratto definitivo innanzi al Notaio COGNOME fu, invece, accertato che: fin dall’anno 1994 prendeva giudizio per la risoluzione del contratto di vendita con il quale i promittenti venditori avevano a loro volta acquistato l’immobile di cui è causa dalla società RAGIONE_SOCIALE; in data 28.03.2003 la società attrice aveva trascritto la domanda giudiziale presso la conservatoria dei registri di Napoli. A fronte delle proteste dell’istante e al rifiuto espresso del Notaio di stipulare l’atto di vendita, stante la pregiudizievole trascrizione, i coniugi COGNOMECOGNOME dichiararono di essere pronti a cancellarla. Fu, pertanto, inserito nel rogito l’art. 3, lett. b) con il quale i coniugi venditori si impegnavano ed obbligavano a cancellare la predetta domanda giudiziale manlevando la parte acquirente da ogni responsabilità; al riguardo, con l’art. 2 fu accantonata una parte del prezzo, €50.000,00, da corrispondere ai venditori soltanto al momento della consegna al Notaio del provvedimento o atto equipollente di cancellazione della domanda giudiziale. Intervenuta in data 16.03.2007 sentenza in grado d’appello di rigetto della domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti dei coniugi COGNOMECOGNOME con contestuale ordine di cancellazione della trascrizione pregiudizievole, i venditori fecero pervenire al Notaio copia della stessa perché provvedesse alla richiesta di annotazione presso la competente conservatoria e chiesero di poter incassare il residuo prezzo a norma dell’art. 2 sopra citato. Il Notaio, d’accordo con il COGNOME, provvide a svincolare soltanto la metà della somma accantonata, mancando l’attestazione di passaggio in giudicato della sentenza di rigetto resa in grado di appello; in effetti, detta sentenza fu impugnata dalla RAGIONE_SOCIALE dinanzi alla Suprema Corte, di talché non fu possibile procedere all’annotazione della sentenza di
rigetto di secondo grado, stante il rifiuto opposto dal Conservatore. Poiché il COGNOME aveva urgenza a mettere in vendita l’immobile acquistato, inviata inutilmente ai coniugi COGNOMECOGNOME diffida ad adempiere l’obbligo assunto con l’art. 3, lett b) dell’atto di compravendita, surrogandosi ai suoi danti causa stipulava una transazione con la RAGIONE_SOCIALE in data 12 luglio 2010, ottenendo il consenso alla cancellazione della trascrizione della domanda dietro corresponsione della somma di €55.000,00.
1.2. A seguito di queste vicende, con atto di citazione del 15 settembre 2010 NOME COGNOME conveniva in giudizio i coniugi COGNOME dinanzi al Tribunale di Napoli, chiedendo accertarsi e dichiararsi l’inadempimento dei predetti rispetto all’obbligo di cancellare la trascrizione pregiudizievole effettuata dalla società RAGIONE_SOCIALE sull’immobile da lui acquistato e alienato dai coniugi convenuti; chiedeva, altresì, la conseguente condanna degli stessi al risarcimento del danno e al rimborso delle spese sostenute per la cancellazione di detta trascrizione.
1.3. Il tribunale di Napoli riteneva sussistere l’inadempimento dei convenuti, che condannava al pagamento della somma di € 55.000,00 in favore del COGNOME, nonché a tenerlo indenne degli ulteriori oneri che lo stesso aveva assunto con l’atto a rogito del Notaio COGNOME in data 12.07.2010 ai fini della transazione con RAGIONE_SOCIALE, oltre alla rifusione delle spese di giudizio.
1.4. Avverso detta sentenza interponevano appello i coniugi COGNOME innanzi alla Corte d’Appello di Napoli.
Con sentenza numero 3217/2019, la Corte d’appello di Napoli accoglieva il gravame e condannava NOME COGNOME alla rifusione delle spese di entrambi i gradi di giudizio in favore dei coniugi COGNOME
A sostegno della sua decisione osservava la Corte, per quel che qui ancora rileva:
l’unica fonte rilevante ai fini della presente decisione è il contratto di compravendita intercorso fra le parti in data 01.04.2003, a rogito del Notaio COGNOME dal quale risulta che il COGNOME fu reso edotto dai venditori dell’esistenza della trascrizione potenzialmente pregiudizievole e che, nonostante ciò, egli si determinò ad acquistare ugualmente l’immobile, trattenendo la somma di €50.000,00 come parte del prezzo di acquisto a garanzia dell’obbligo assunto dai venditori di provvedere alla cancellazione della trascrizione;
la norma a cui fare riferimento è, dunque, quella di cui all’art. 1482 cod. civ., applicabile anche in caso di trascrizione delle domande giudiziali che possano comportare il rischio di evizione del bene, in base alla quale se il compratore era a conoscenza dell’esistenza di vincoli sull’immobile – come nel caso di specie – gli è consentito soltanto sospendere il pagamento del prezzo (comma 1) e chiedere al giudice la fissazione di un termine al venditore per liberare l’immobile (comma 2), ma non anche chiedere la risoluzione per inadempimento del contratto (comma 3);
risulta pertanto priva di valore giuridico la diffida notificata dal COGNOME ai venditori in data 11 giugno 2010, atteso che spettava al giudice stabilire il termine entro il quale i coniugi COGNOMECOGNOME avrebbero dovuto – ove possibile – procedere alla cancellazione della domanda; sicché non può ritenersi sussistente alcun inadempimento da parte dei venditori rispetto a tale diffida- Né può ritenersi che questi ultimi siano rimasti inerti rispetto all’obbligazione assunta all’atto della compravendita essendo in atti documentato come gli stessi si siano immediatamente attivati per conseguire la cancellazione della trascrizione consegnando al notaio di fiducia del COGNOME e allo stesso
appellato la copia uso trascrizione della sentenza di rigetto resa dalla Corte d’Appello contenente l’ordine di cancellazione al Conservatore;
appare contraddittoria la sentenza resa dal Tribunale di Napoli laddove, da un lato, afferma che gli appellanti avevano diritto ad ottenere la cancellazione della domanda trascritta dalla RAGIONE_SOCIALE in forza della pronuncia di rigetto resa dalla Corte d’appello e, dall’altro, ritiene che gli stessi a séguito del rifiuto opposto dal conservatore, avessero l’onere di accordarsi con la stessa RAGIONE_SOCIALE per ottenerne il consenso, nonostante l’esito favorevole del giudizio di merito. Invero, una siffatta obbligazione non può ritenersi sussistente, stante il chiaro tenore degli accordi intercorsi fra le parti all’atto della compravendita stipulata il 01.04.2003, in forza del quale il COGNOME – a fronte del mancato saldo dell’intero prezzo – si è assunto l’alea relativa ai tempi all’esito del giudizio. Resta difficile comprendere anche dal punto di vista economico quale sarebbe stato il vantaggio per gli appellanti nel ricercare un accordo con la RAGIONE_SOCIALE che necessariamente avrebbe comportato l’esborso di denaro per ottenere ciò che già rea stato disposto giudizialmente, e che poi avrebbe trovato conferma con il rigetto del ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE anche da parte della Corte di Cassazione.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandolo ad un unico motivo.
Restavano intimati NOME COGNOME e NOME COGNOME.
CONSIDERATO CHE:
Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1219, 1183, 1482, 2668 del codice civile, ex art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Lamenta il ricorrente che con l’art. 3, lett. b) inserito nell’atto di compravendita dell’immobile, rogito stipulato il 01.04.2003, i coniugi venditori si impegnavano a
cancellare la predetta domanda giudiziale manlevando la parte acquirente da ogni responsabilità al riguardo. Pertanto, i venditori -in virtù di questa clausola negoziale – erano tenuti ai sensi dell’art. 1223 cod. civ. a risarcire il danno cagionato dall’inadempienza all’obbligazione contratta, consistente nella cancellazione della trascrizione pregiudizievole, per l’adempimento della quale il COGNOME li aveva messi inutilmente in mora con atto di diffida notificato l’11.06.2010. La pronuncia viene, pertanto, censurata: per disapplicazione degli artt. 1218, 1219 cod. civ., laddove la Corte d’Appello non ha dato rilevanza all’inerzia dei venditori i quali non hanno sperimentato tutte le possibilità per adempiere alla prestazione alla quale si erano impegnati, ex art. 3, lett. b) del rogito; per disapplicazione, altresì, dell’art. 1183 cod. civ. e del principio ad esso sotteso, in virtù del quale la prestazione per la quale non è stato prefissato alcun termine è immediatamente esigibile, posto che erano trascorsi sette anni dalla data di stipulazione del rogito contenente la clausola che impegnava i coniugi alla cancellazione della trascrizione, mentre la cancellazione della stessa era avvenuta a cura del l’ acquirente il 12.07.2010.
1.1. Il motivo è fondato. Occorre premettere che non si è in presenza di un’evizione (totale o parziale) come descritta dall’art. 1482 cod. civ., norma applicata dalla C orte d’Appello (p. 5 sentenza), poiché l’immobile di cui è causa non era gravato né da garanzie reali, né da vincoli derivanti da pignoramento o sequestro. Nel caso che ci occupa, era in corso una controversia, per la risoluzione dell’originario contratto di trasferimento del medesimo immobile tra la venditrice RAGIONE_SOCIALE e gli acquirenti, i coniugi COGNOME danti causa dell’odierno ricorrente. Di questa vicenda giudiziaria – che si sarebbe conclusa con il rigetto della domanda di risoluzione soltanto il 14 gennaio 2014, con
sentenza resa da questa Corte – il pregiudizio, allora attuale, rispetto al quale il COGNOME si era voluto mettere al riparo consisteva nell’alea rappresenta dalla pendenza del contenzioso, che avrebbe potuto condurre alla risoluzione dell’originario contratto di trasferimento: la trascrizione della domanda giudiziale da parte della RAGIONE_SOCIALE – a ridosso della stipulazione del rogito tra il COGNOME e i coniugi COGNOME COGNOME in data 28.03.2003 – avrebbe potuto essere opponibile al COGNOME nella sua qualità di terzo acquirente.
1.2. Quanto alla valutazione dell’inadempimento dell’obbligazione contratta attraverso la clausola menzionata, oggetto del motivo di gravame, occorre riprendere i principi che questa Corte ha ripetutamente affermato in materia di inadempimento contrattuale (v. di recente: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 29057 del 2022), vale a dire che:
la valutazione della gravità dell’inadempimento di un contratto deve tener conto non soltanto delle obbligazioni costitutive del sinallagma contrattuale, ma anche delle obbligazioni (ulteriori rispetto a quelle tipiche: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 97 del 09/01/1997, Rv. 501598 – 01) a carattere accessorio e strumentale (come, appunto, quella di liberare l’immobile promesso in vendita dalla formalità pregiudizievole rappresentata, nel caso di specie, dalla trascrizione della domanda giudiziale sullo stesso) tutte le volte in cui la loro violazione abbia gravemente inciso sul nucleo essenziale del rapporto contrattuale (cfr. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 19579 del 09/07/2021, Rv. 661698 – 01), facendo venir meno, come nel caso in esame, l’utilità della prestazione principale, e cioè la stipulazione del contratto definitivo di compravendita dell’immobile che fosse, in quel momento, interamente liberato dalle formalità trascritte sullo stesso (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4772 del 21/07/1980, Rv. 408580 – 01);
il giudice deve tener conto di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, esistenti al momento della proposizione della domanda, dalle quali sia possibile desumere l’alterazione dell’equilibrio contrattuale (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8220 del 24/03/2021, Rv. 660990 – 01), avendo riguardo, per un verso, all’interesse del creditore all’adempimento della prestazione (come l’acquisto di un immobile liberato da trascrizione pregiudizievole) attraverso la verifica che l’inadempimento, che può anche essere parziale (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3742 del 21/02/2006, Rv. 586974 -01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3669 del 28/03/1995, Rv. 491466 – 01), abbia inciso in misura apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto (sia in astratto, per la rilevata entità della prestazione inadempiuta rispetto al valore complessivo della prestazione, sia in concreto, in relazione all’interesse che l’altra parte intendeva realizzare, come l’acquisto di un immobile libero da formalità che possano pregiudicarne il godimento o la titolarità), così da dar luogo (come nella specie, in ragione della mancata cancellazione della domanda giudiziale trascritta dalla RAGIONE_SOCIALE sull’immobile promesso in vendita al Vettosi) ad uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale, e, per altro verso, ad eventuali elementi di carattere soggettivo, consistenti nel comportamento assunto dalle parti (a tolleranza dell’altra), che possano, in relazione alla particolarità del caso, attenuarne l’intensità (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 22346 del 22/10/2014, Rv. 633069 – 01) o (come nel caso di volontà di non adempiere, determinata dall’inerzia dei coniugi COGNOMECOGNOME rispetto alla cancellazione della suddetta trascrizione) confermarne la sussistenza e, quindi, la gravità;
ai sensi degli artt. 1218 e 1256 cod. civ., il debitore è responsabile per l’inadempimento dell’obbligazione fino al limite estremo della possibilità della prestazione, presumendosi, fino a prova contraria, che
l’impossibilità sopravvenuta, temporanea o definitiva, della prestazione stessa gli sia imputabile per colpa. L’impossibilità sopravvenuta che libera dall’obbligazione (se definitiva) o che esonera da responsabilità per il ritardo (se temporanea), dev’essere, in effetti, obiettiva e riferibile al contratto e alla prestazione ivi contemplata, e deve consistere non in una mera difficoltà ma in un impedimento, del pari obiettivo e assoluto, tale da non poter essere rimosso, a nulla rilevando comportamenti di soggetti terzi rispetto al rapporto (Cass. n. 6594 del 2012, in motiv.; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 13142 del 25/05/2017, Rv. 644403 -01; in precedenza, Cass. n. 15073 del 2009; Cass. n. 9645 del 2004; Cass. n. 8294 del 1990; Cass. n. 5653 del 1990), a meno che, coordinando fra loro le suddette componenti oggettive e soggettive che regolano la responsabilità per inadempimento, non sia offerta la prova che l’impossibilità sopravvenuta della prestazione sia derivata da una causa avente natura esterna e carattere imprevedibile e imprevenibile secondo la diligenza media e, quindi, della non imputabilità, anche remota, del fatto che ha impedito l’esecuzione della prestazione dovuta;
la mancata espressa indicazione del termine dell’adempimento (nel caso di specie, ottenere la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale) non deve portare ad affermare necessariamente che un termine non c’è affatto, o ricavare da tale mancata indicazione addirittura la conclusione che un ‘ obbligazione non ci sia (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 14243 del 08/07/2020, Rv. 658619 – 01).
1.3. Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha reso una motivazione che non si misura con la volontà delle parti come emergente dalla lettera delle disposizioni pattizie e dal comportamento da esse assunto nell’arco dell’intera vicenda giudiziale che si ripercuote sull’acquisto del
COGNOME da interpretare alla luce dei principi sopra ricordati in tema di inadempimento contrattuale.
La Corte territoriale avrebbe dovuto valutare se per i coniugi intimati si trattasse o meno di cercare una difficile transazione con i propri danti causa . Avrebbe, altresì, dovuto considerare se, in adempimento dell’obbligazione accessoria assunta, essi si erano impegnati ad ottenere la cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale riguardante il processo pendente, ex art. 2668, comma 1, cod. civ., a mente del quale: «La cancellazione della trascrizione delle domande enunciate dagli articoli 2652 e 2653 e delle relative annotazioni si esegue quando è debitamente consentita dalle parti interessate ovvero è ordinata giudizialmente con sentenza passata in giudicato». La disposizione consente, infatti, al Conservatore immobiliare di procedere alla cancellazione della domanda previo consenso debitamente espresso dalle parti, in alternativa alla diversa soluzione dell’ordine giudiziale contenuto in apposita ordinanza passata in giudicato.
Rispetto a questa possibile attività la Corte d’Appello avrebbe dovuto esaminare se vi è stata inerzia degli odierni intimati, anche alla luce del fatto che il consenso di RAGIONE_SOCIALE alla cancellazione della trascrizione sarebbe stato di fatto ottenuto dal COGNOME, ad un prezzo quasi coincidente con la garanzia pattuita nel più volte citato art. 3, lett. b), dell’atto di compravendita; nonché alla luce della precisa richiesta mediante diffida inviata dal COGNOME ai venditori in data 11.06.2010.
In definitiva, il Collegio accoglie il motivo di ricorso, cassa la pronuncia impugnata e rinvia alla medesima Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione che dovrà accertare, alla luce dei principi sopra ricordati in tema di inadempimento contrattuale, la configurabilità di
un grave inadempimento contrattuale a carico dei coniugi COGNOME per avere omesso di compiere tutte le attività necessarie per rendere all’acquirente il risultato finale, e cioè l’acquisto dell’immobile libero dalla trascrizione pregiudizievole utilmente conseguibile.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, in accoglimento del l’unico motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Seconda Sezione