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Inadempimento contrattuale reciproco: chi prevale?

Una recente sentenza della Corte d’Appello analizza un caso di inadempimento contrattuale reciproco in un contratto agricolo. La Corte ha stabilito che il totale mancato pagamento del corrispettivo costituisce un inadempimento più grave rispetto alle presunte mancanze della controparte, portando alla risoluzione del contratto per colpa del debitore e alla sua condanna al risarcimento del danno, pari all’intero importo pattuito.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Inadempimento Contrattuale Reciproco: La Bilancia della Giustizia

Quando entrambe le parti di un contratto si accusano a vicenda di non aver rispettato gli accordi, sorge una situazione di inadempimento contrattuale reciproco. In questi casi, come fa un giudice a stabilire chi ha ragione e chi ha torto? Una recente sentenza della Corte d’Appello di Ancona offre un chiaro esempio di come la giustizia valuta e pondera le diverse mancanze, mettendo in luce il principio di proporzionalità e gravità. Analizziamo questo caso emblematico per capire i criteri che guidano la decisione.

I Fatti del Caso: Un Accordo Agricolo Finito Male

La vicenda nasce da un contratto, formalmente denominato “vendita di erba in piedi”, con cui una proprietaria terriera concedeva a una società agricola lo sfruttamento di circa 30 ettari di terreno coltivati ad erba medica. Il corrispettivo pattuito era di 9.900 euro, da versare in due rate.

Tuttavia, il rapporto si incrina rapidamente. La società agricola non paga neanche la prima rata, accusando la proprietaria di diverse inadempienze: aver messo a disposizione solo metà del terreno coltivato, aver asportato circa 95 balle di fieno e, infine, aver chiuso con un lucchetto il cancello di accesso al fondo, impedendone di fatto lo sfruttamento.

La proprietaria, dal canto suo, nega le accuse e, di fronte al mancato pagamento, si rivolge al Tribunale per ottenere la somma pattuita. Il giudice di primo grado, riconoscendo un’inadempienza da entrambe le parti, dichiara il contratto risolto per “reciproco inadempimento” e compensa le spese. Insoddisfatta, la proprietaria ricorre in appello.

La Decisione della Corte d’Appello e l’analisi dell’inadempimento contrattuale reciproco

La Corte d’Appello ribalta completamente la decisione di primo grado, accogliendo l’appello della proprietaria. I giudici hanno applicato un criterio di valutazione comparativa, stabilendo che l’inadempimento della società agricola era nettamente più grave e determinante nella rottura del rapporto contrattuale.

La Qualificazione del Contratto: non Vendita ma Affitto

Innanzitutto, la Corte chiarisce la natura del contratto. Nonostante il titolo “vendita”, l’accordo non trasferiva la proprietà di un bene, ma concedeva il godimento di un fondo per un periodo limitato al fine di sfruttarne i frutti (il raccolto). Si trattava, quindi, di un contratto di affitto di fondo rustico, e non di una compravendita.

La Comparazione degli Inadempimenti

Il cuore della decisione risiede nella comparazione della gravità delle reciproche accuse. La Corte ha stabilito che l’inadempimento contrattuale reciproco non va valutato solo su base cronologica (chi ha sbagliato per primo), ma secondo un criterio di proporzionalità, analizzando l’impatto di ciascuna condotta sull’equilibrio del contratto (il cosiddetto sinallagma).

L’inadempimento della società agricola, consistito nel totale e ingiustificato mancato pagamento del prezzo, è stato considerato un’infrazione grave e totale dell’obbligazione principale a suo carico.

Le presunte mancanze della proprietaria, invece, sono state ritenute infondate o comunque meno gravi:
1. Mancata coltivazione integrale: È emerso che la società era a conoscenza della coltivazione parziale del fondo fin da prima della stipula e l’aveva accettata.
2. Asportazione del fieno: Non è stata fornita alcuna prova che l’asportazione fosse imputabile alla proprietaria.
3. Chiusura del cancello: Questo atto, seppur illegittimo perché configurabile come un esercizio arbitrario delle proprie ragioni, è avvenuto a settembre, quando la società aveva già goduto del fondo per gran parte della stagione e, soprattutto, era già totalmente inadempiente rispetto all’obbligo di pagamento della prima rata, scaduta a luglio.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che l’inadempimento della società concessionaria era totale, ingiustificato e precedente rispetto alle azioni più significative della proprietaria. Il mancato pagamento ha rappresentato la violazione dell’obbligazione fondamentale per la quale il contratto era stato stipulato. L’eccezione di inadempimento sollevata dalla società è stata respinta, poiché al momento della scadenza del pagamento non sussisteva alcun inadempimento grave e provato da parte della concedente che potesse giustificare il rifiuto di pagare.

Di conseguenza, la risoluzione del contratto è stata addebitata esclusivamente alla società agricola. Questa, essendo la parte inadempiente, è stata condannata a risarcire il danno, quantificato dalla Corte nell’intero ammontare del corrispettivo non versato (9.900 euro), rappresentante il lucro cessante per la proprietaria.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: in caso di inadempimento contrattuale reciproco, il giudice deve effettuare una valutazione comparativa per determinare quale delle condotte abbia alterato in modo più significativo e irrimediabile l’equilibrio contrattuale. Il mancato pagamento del corrispettivo è quasi sempre considerato un inadempimento di notevole gravità. Inoltre, la decisione evidenzia i rischi dell'”autotutela”: farsi giustizia da soli, come chiudere un accesso, può essere considerato un atto illegittimo se non supportato da validi presupposti legali, anche se la controparte è inadempiente. La via maestra, in caso di problemi, resta sempre quella del dialogo e, se necessario, del ricorso all’autorità giudiziaria.

In caso di inadempimento contrattuale reciproco, come decide il giudice?
Il giudice non si limita a verificare chi ha commesso la prima violazione, ma effettua una valutazione comparativa della gravità e dell’incidenza delle rispettive condotte sull’equilibrio del contratto. La risoluzione viene addebitata alla parte il cui inadempimento risulta prevalente e più grave.

Il mancato pagamento totale del prezzo pattuito è considerato un inadempimento grave?
Sì, la sentenza conferma che il mancato pagamento integrale del corrispettivo costituisce una violazione dell’obbligazione principale del contratto e viene considerato un inadempimento totale e di notevole gravità, tale da giustificare la risoluzione del contratto e la condanna al risarcimento del danno.

È legittimo farsi giustizia da soli, ad esempio chiudendo l’accesso a un fondo, se la controparte non paga?
No, non è legittimo. La Corte ha qualificato la chiusura del cancello come un illegittimo atto di autotutela. Anche se la controparte è inadempiente, non si possono porre in essere azioni che impediscano la prestazione senza seguire le vie legali, come una diffida ad adempiere o un’azione giudiziaria, altrimenti si rischia di incorrere a propria volta in un inadempimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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