Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 24401 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 24401 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9181/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-controricorrente-
nonché contro RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BARI n. 1633/2020 depositata il 25/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1. la RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ricorre con quattro motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Bari n. 1633 del 25 settembre 2020 con cui, in riforma della sentenza di primo grado, essa ricorrente è stata condannata a pagare alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE il compenso a percentuale derivante dal contratto del 23 febbraio 2005 stipulato tra la ricorrente e la società RAGIONE_SOCIALE La RAGIONE_SOCIALE era subentrata alla RAGIONE_SOCIALE nel corso del giudizio di primo grado. Come risulta dalla sentenza impugnata, il contratto, stipulato dalla RAGIONE_SOCIALE interessata ad accedere ad un finanziamento della Regione Puglia per la realizzazione di una struttura alberghiera, aveva ad oggetto ‘servizi per l’accesso ad agevolazioni finanziarie’. La Pandora si impegnava a effettuare ‘uno studio di fattibilità tecnico economico finanziario, redatto in conformità alle istruzioni della RAGIONE_SOCIALE, a preparare la domanda di concessioni delle provvidenze, a monitorare l’iter burocratico successivo alla presentazione della domanda fino alla emissione del provvedimento provvisorio di concessione delle provvidenze’ e la RAGIONE_SOCIALE si impegnava a pagare, oltre una somma fissa, immediatamente, un compenso a percentuale sull’importo ottenuto dalla Regione Puglia. La Corte di Appello ha precisato che la progettazione architettonica era stata espressamente esclusa dagli obblighi della Pandora. La Corte di Appello ha accertato, sulla scorta della documentazione agli atti, che la RAGIONE_SOCIALE aveva integralmente adempiuto alle proprie obbligazioni tanto che, con provvedimento della Regione in data 1° giugno 2006, alla RAGIONE_SOCIALE era stata riconosciuta una ‘agevolazione concedibile’ di 503.270,00 euro. Ha poi precisato che la successiva ‘esclusione’ del progetto della RAGIONE_SOCIALE dal novero dei progetti finanziabili era dipesa dal fatto che la RAGIONE_SOCIALE era risultata non in possesso della concessione edilizia afferente all’intervento da realizzare. La Corte di Appello ha
ulteriormente precisato che il mancato rilascio della concessione da parte del Comune era derivato non da ‘problematiche relative alla tipologia di hotel a realizzarsi’ , ma dal fatto che la RAGIONE_SOCIALE non aveva prodotto la documentazione integrativa richiesta dal Comune ed aveva lasciato decorrere il termine di perfezionamento del silenzio rifiuto;
2. la srl RAGIONE_SOCIALEresasi cessionaria del credito della RAGIONE_SOCIALE in forza di contratto di cessione di ramo di azienda del 25 luglio 2018resiste con controricorso. L’atto di cessione del ramo di azienda è stato prodotto come allegato 1 del controricorso; 3. la causa perviene al Collegio su istanza formulata dalla ricorrente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. a seguito di proposta di definizione del giudizio per manifesta infondatezza del ricorso;
le parti hanno depositato memoria;
considerato che:
1. va preliminarmente evidenziato che nell’istanza di cui al’art.380 bis c.p.c., composta di 12 pagine, la ricorrente non si limita a chiedere la definizione della causa ma svolge una serie di considerazioni, in primo luogo, sul fatto che la RAGIONE_SOCIALE, omettendo di costituirsi in appello, avrebbe reso impossibile per essa ricorrente contestare ‘la falsa vendita del ramo di azienda’ da parte della RAGIONE_SOCIALE e così ‘l’assenza di legittimazione’ della stessa RAGIONE_SOCIALE ; in secondo luogo, su inadempienze contrattuali della RAGIONE_SOCIALE e su attività asseritamente ‘truffaldine, spiegate in danno della ricorrente e della Regione Puglia’ dalla RAGIONE_SOCIALE. Tali considerazioni non saranno tenute in alcun conto. Questa Corte ha già precisato infatti che ‘Nel procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi ex art. 380-bis c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), con l’istanza di cui al secondo comma il ricorrente deve limitarsi a chiedere la definizione della causa e non può inserirvi altri contenuti estranei allo scopo, dei quali non potrà tenersi conto’.
Altrimenti l’istanza si trasformerebbe in una sorta di integrazione del ricorso o di memoria atipica, anteriore alla fissazione della trattazione della causa, anziché successiva;
il primo motivo di ricorso è così rubricato: ‘omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. Art. 360, primo comma, n.5 c.p.c. In relazione all’art. 1346 c.c. Oggetto del contratto impossibile’.
Sotto questa rubrica si deduce che la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto del fatto che la domanda di accesso all’agevolazione non poteva essere accolta per la mancanza originaria ‘dei requisiti tecnici dell’immobile e di quelli professionali del richiedente il contributo’. Si svolgono argomentazioni sulle caratteristiche della struttura ricettiva per la quale la ricorrente mirava ad ottenere il finanziamento regionale e sui requisiti professionali del legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE che sarebbero stati falsamente rappresentati nella domanda predisposta dalla RAGIONE_SOCIALE
Il motivo è inammissibile.
Va in primo luogo chiarito che l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l'”omesso esame” come riferito ad “un fatto decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storiconaturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (v. Cass. n.2268 del 26/01/2022).
Il riferimento all’art. 1346 c.c. e all’impossibilità dell’oggetto è fuori luogo: l’impossibilità dell’oggetto alla quale consegue, ai sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c., la nullità del contratto, ricorre solo quando la prestazione sia insuscettibile di essere effettuata per la sussistenza di impedimenti originari di carattere materiale o giuridico che ostacolino in modo assoluto il risultato cui essa era
diretta (v. Cass. n.37804 del 27/12/2022 (Rv. 666469 – 01); la ricorrente rappresenta non che l’oggetto del contratto sia stato originariamente impossibile ma che la RAGIONE_SOCIALE sia stata inadempiente.
Tale effettiva rappresentazione sottende un accertamento circa gli obblighi assunti dalla RAGIONE_SOCIALE difforme da quella che è stata l’interpretazione logica e coerente offerta dal giudice di merito, secondo cui la progettazione architettonica ed ogni altro profilo di carattere tecnico erano estranei a tali obblighi e secondo cui la decadenza della RAGIONE_SOCIALE dal contributo provvisoriamente riconosciutole era da ascrivere unicamente alla sua inerzia colpevole nell’integrare la documentazioni tecnica come richiesto dal Comune;
3. il secondo motivo di ricorso è così rubricato: ‘In relazione all’art. 360, cpc, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. In relazione all’art. 360, c.p.c. n.3: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1353, 1359, 1362, 1363, 1366, 2697 c.c., degli artt. 10-12 della legge della Regione Puglia del 6 aprile 2005 n. 21, dell’art. 31 del d.P.R. 380/2001 e degli artt. 2 e 21-octies l.241/90.
Sotto questa rubrica si deduce che la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere esigibile il credito della RAGIONE_SOCIALE per effetto del solo inserimento del progetto presentato tra i progetti ammessi al finanziamento regionale in forza della determinazione del 1° giugno 2006. Si ribadisce quanto dedotto con il primo motivo di ricorso riguardo alle ragioni, asseritamente riconducibili ad inadempienze della RAGIONE_SOCIALE, della mancata attribuzione definitiva del finanziamento.
Il motivo è inammissibile.
La Corte di Appello ha dato conto del fatto che il contratto prevedeva che il credito sarebbe divenuto esigibile ‘alla data di emissione del provvedimento provvisorio di concessione delle
provvidenze’. La Corte di Appello ha ritenuto che la pubblicazione della graduatoria con la collocazione della ricorrente in posizione utile, unitamente alla determinazione dirigenziale del 1°giugno 2006, equivalessero all’adozione del provvedimento provvisorio di ammissione alla concessione della provvidenza.
Il motivo in esame prospetta un diverso accertamento della volontà contrattuale senza che risulti chiaramente dedotta la violazione delle regole di ermeneutica in cui sarebbe incorsa la Corte d’Appello. Il motivo è formulato senza tener conto del principio per cui ‘Posto che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata’ (Cass. n.9461 del 09/04/2021).
Nella parte con cui vengono reiterate le deduzioni sul preteso inadempimento della Pandora di cui al primo motivo di ricorso, il motivo in esame è inammissibile in ragione di quanto già osservato;
il terzo motivo di ricorso è così rubricato: ‘In relazione all’art . 360, cpc, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. In relazione all’art. 360, cpc n.3: violazione e/o fala applicazione degli artt. 1175, 1338, 1362, 1366 e 1367, 1375, 1218, violazione della buona fede precontrattuale,
della buona fede in executivis e responsabilità extracontrattuale, Violazione e falsa applicazione della legge della Regione Puglia artt. 1012 del 6 aprile 2005 n. 21′. Si deduce che la Corte di Appello avrebbe errato nel ritenere che la RAGIONE_SOCIALE avesse adempiuto ai proprio obblighi contrattuali e nel non tener conto della contrarietà a correttezza della condotta della Pandora sia nel momento in cui questa avrebbe indotto la ricorrente a modificare il proprio intendimento di chiedere provvidenze per un progetto relativo ad un bed and breakfast prospettando la possibilità di ottenere provvidenze maggiori per un progetto -più complesso e di fatto poi non accettato dalla Regione- relativo ad una struttura alberghiera, sia allorché la Pandora omise di avvisare la RAGIONE_SOCIALE della impossibilità di ottenere il titolo edilizio richiesto per la definitiva attribuzione del finanziamento regionale.
Il motivo è inammissibile.
Le condotte scorrette che parte ricorrente addebita alla Pandora introducono, in questa sede di legittimità, questioni di fatto nuove. La risposta offerta al primo motivo di ricorso quanto alla concreta delimitazione degli obblighi gravanti sulle parti per effetto del contratto, vale altresì ad escludere la ricorrenza delle violazioni di legge di cui al motivo in esame: la ricorrente vorrebbe addebitare alla controparte gli effetti di quelle che la Corte di Appello ha accertato essere le conseguenze dell’inerzia colpevole della stessa ricorrente;
5. il quarto motivo di ricorso è così rubricato: ‘In relazione all’art. 360, cpc n.3: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. In relazione all’art.360, n.5: omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.’. Si deduce che la Corte di Appello non si sarebbe pronunciata sulla domanda, formulata dalla ricorrente con la comparsa di costituzione in appello, di condanna della controparte ai sensi dell’art. 96 terzo comma c.p.c. Si deduce inoltre che la Corte di
Appello avrebbe violato gli artt.91 e 92 c.p.c. condannando la ricorrente alle spese del primo e del secondo grado di giudizio malgrado che la condotta della ricorrente fosse stata improntata a correttezza e che la condotta della controparte non lo fosse stata.
Il motivo è inammissibile.
La Corte di Appello ha applicato l’art. 91 c.p.c. secondo cui il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte. Ha implicitamente respinto la domanda di condanna della appellante ai sensi del terzo comma dell’art.96 c.p.c. sul presupposto che la stessa era risultata integralmente vittoriosa;
in conclusione, il ricorso deve esser rigettato;
al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alle spese;
8. poiché la trattazione è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. a seguito di proposta di manifesta infondatezza del ricorso, e poiché la Corte ha deciso in conformità alla proposta, va fatta applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ., in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma;
sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
la Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in €5 . 500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre
rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti;
condanna la parte ricorrente al pagamento, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ., della somma di € 1 .500,00 in favore della controricorrente nonché, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ., di un’ulteriore somma di € 1 .500,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2025