Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10120 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10120 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6074/2019 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO.INDIRIZZO COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente principale-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo STUDIO DE COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente incidentale-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PERUGIA n. 850/2018, depositata il 7/12/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025
dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
La RAGIONE_SOCIALE ha ottenuto dal Tribunale di Perugia un decreto che ha ingiunto all’RAGIONE_SOCIALE il pagamento di euro 34.571,57, quale saldo di quanto dovuto in base al contratto d’appalto di servizi di lavanderia concluso tra le parti. L’Hotel Palazzo dei Priori ha proposto opposizione al decreto, che è stata accolta dal Tribunale con sentenza n. 2906/2014, con la quale è stato rideterminato il credito della RAGIONE_SOCIALE in euro 32.089,83; il Tribunale ha poi rigettato le domande riconvenzionali proposte dall’Hotel di condanna di controparte al risarcimento dei danni per uso non appropriato degli ascensori da parte dei dipendenti della RAGIONE_SOCIALE e quale pagamento della penale, dell’importo di euro 465.642,47, per la sospensione del servizio.
La sentenza è stata impugnata in via principale dall’Hotel, che ha contestato la consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado e ha contestato altresì il rigetto delle domande riconvenzionali, chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo, oltre la condanna della RAGIONE_SOCIALE alla restituzione della somma cui l’appellante era stata condannata in primo grado e la condanna della medesima al pagamento della penale. Si è costituita la RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado. La Corte d’appello di Perugia ha disposto il rinnovo della consulenza tecnica d’ufficio; il consulente tecnico ha formulato tre diverse soluzioni e la Corte ha posto alla base della propria decisione l’ipotesi denominata B).
Con la sentenza n. 850/2018, la Corte d’appello di Perugia ha parzialmente riformato la sentenza di primo grado e ha condannato
l’Hotel a pagare in favore della RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 7.129,39, confermando nel resto la prima sentenza.
Avverso la pronuncia d’appello ricorre per cassazione la RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE che fa valere ricorso incidentale.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso al ricorso incidentale.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso principale della RAGIONE_SOCIALE è articolato in due motivi strettamente connessi.
Il primo motivo lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, e dell’art. 345 c.p.c.: la Corte d’appello, nell’avere acriticamente recepito le valutazioni del consulente tecnico d’ufficio nominato in secondo grado, ha affrontato la questione del costo orario della preparazione dei carrelli che non era stato oggetto di contraddittorio tra le parti in primo e in secondo grado e non ha costituito neppure oggetto di uno specifico motivo d’appello.
Il secondo motivo contesta violazione degli artt. 132, comma 2, n. 4 e 115 c.p.c., violazione degli artt. 1362, 1366 e 2735 c.c., omessa motivazione su un punto decisivo: ove anche si ritenesse che la questione del costo orario per la preparazione dei carrelli sia stata introdotta legittimamente nel dibattito processuale, la sentenza impugnata va censurata sul punto per motivazione apodittica e apparente; la valutazione effettuata dalla Corte d’appello sulle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio sarebbe poi viziata da errore di percezione e quindi sindacabile ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c., in quanto ‘il comportamento del consulente tecnico d’ufficio non è stato lineare’.
I motivi sono infondati. La Corte d’appello ha interpretato la clausola prevista dal contratto concluso tra le parti il 25 maggio
2001 (clausola secondo la quale ‘per quanto riguarda la preparazione giornaliera dei carrelli di biancheria pulita verrà addebitato al cliente, oltre al costo a presenza, il costo di un incaricato della lavanderia per 2 ore lavorative al giorno al prezzo di lire 18.000 nei giorni feriali e lire 20.000 nei giorni festivi, oltre IVA al 20%’), considerando la cifra prevista nella clausola quale addebito di due ore lavorative. Si tratta di una interpretazione plausibile della clausola, interpretazione che spettava al giudice di merito compiere e che, come tale, è insindacabile da parte di questa Corte di legittimità (‘ l’interpretazione del contratto può essere sindacata in questa sede solo nel caso di violazione delle regole legali di ermeneutica dei contratti e la violazione di queste regole non può dirsi esistente solo perché il giudice di merito abbia scelto una, piuttosto che un’altra, tra le molteplici interpretazioni del testo contrattuale ‘, così ex multis , da ultimo, Cass. n. 11254/2018).
Nel porre in essere tale interpretazione e nell’esaminare quindi la questione del costo della preparazione dei carrelli di biancheria pulita la Corte d’appello non è incorsa nel denunciato vizio di ultrapetizione e di violazione del principio tantum devolutum quantum appellatum , in quanto l’Hotel ha contestato con il proprio atto di opposizione la totalità del credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE (‘previo accertamento e conseguente declaratoria, dichiarare che nulla è dovuto alla RAGIONE_SOCIALE‘, così la trascrizione dell’atto alla pag. 9 del controricorso), credito che ha nuovamente poi contestato con l’atto di impugnazione (‘accertare e dichiarare che nulla deve l’Hotel’, v. la trascrizione dell’atto alla pag. 9 del controricorso), e oggetto della consulenza tecnica disposta in appello era d’altro canto l’accertamento, ‘presa visione della documentazione in atti’, dei ‘rapporti dare e avere tra le parti’ e la verifica dell’eventuale credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE.
Quanto alla censura di motivazione apparente o apodittica, va rilevato che la Corte d’appello ha motivato sul punto, avendo appunto ritenuto che la somma indicata nell’art. 6.1 del contratto sia da intendere quale corrispettivo di due ore lavorative di un incaricato della Tintoria. Al riguardo va ricordato che, a seguito della riformulazione del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., la motivazione della sentenza del giudice di merito è censurabile da parte della Corte di cassazione solo nell’ipotesi della mancanza di motivazione e non della semplice insufficienza della medesima (cfr. al riguardo la pronuncia delle sezioni unite di questa Corte n. 8038/2018).
Non sussiste poi il denunciato vizio di errore di percezione delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio. La Corte d’appello, dopo avere disposto la rinnovazione della consulenza tecnica, con la nomina di un nuovo consulente d’ufficio, a fronte delle tre soluzioni prospettate dall’ausiliario ha scelto una delle soluzioni, quale peritus peritorum e sulla base della ricordata interpretazione della clausola contrattuale.
Il ricorso principale va pertanto rigettato.
II. Il ricorso incidentale dell’Hotel è basato su un motivo che contesta ‘violazione/falsa applicazione dell’art. 1460 c.c. anziché dell’art. 1382 c.c.’: l’Hotel aveva proposto domanda riconvenzionale affinché la RAGIONE_SOCIALE fosse condannata al pagamento di euro 465.642,47 a titolo di penale, domanda poi riproposta in sede di appello; la Corte d’appello ha ritenuto non applicabile l’art. 1382 c.c., valutando che la fattispecie in esame non integri i presupposti per l’applicabilità della penale in quanto l’inadempimento presunto dell’Hotel legittimava la RAGIONE_SOCIALE a diffidare il pagamento e a interrompere conseguentemente il servizio; l’inadempimento dell’Hotel è un dato errato ed è stata la stessa Corte d’appello a certificarne l’erroneità, avendo accertato un credito finale in favore di controparte pari a euro 5.108,93, cosicché alla data del 26 novembre 2006, quando la RAGIONE_SOCIALE ha
comunicato la sospensione della fornitura a partire dal 1° gennaio 2007, l’Hotel non poteva dirsi inadempiente in quanto non risultavano ancora scadute alcune fatture per un totale complessivo di euro 31.593,78.
La censura è infondata. L’art. 4 del contratto stipulato tra le parti prevede che ‘la mancata fornitura giornaliera dei carrelli con la biancheria pulita da parte della Lavanderia determinerà una penale equivalente al 50% del prezzo massimo di vendita di ciascuna camera non rifatta’. Tale clausola, come ha sottolineato la Corte d’appello, è volta a regolare l’ipotesi in cui fosse venuta meno la fornitura dei carrelli di biancheria pulita, secondo le modalità indicate nel contratto. Nella vicenda in esame, invece, non è venuta meno tale fornitura e non si è concretizzato al riguardo un inadempimento della RAGIONE_SOCIALE, che aveva diffidato l’Hotel al pagamento di quanto dovuto e, a fronte di tale mancato pagamento, ha optato per la risoluzione del contratto. L’ipotesi in esame va pertanto ricondotta non alla fattispecie di cui all’art. 1382 c.c., ma a quella di cui all’art. 1460 c.c., anche considerato che la RAGIONE_SOCIALE non si è semplicemente rifiutata di adempiere la propria obbligazione, ma si è offerta di proseguire la fornitura per consentire all’Hotel di reperire un’altra lavanderia, ferma restando la già intervenuta risoluzione del contratto. Il fatto poi che, a posteriori, il credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE sia risultato inferiore rispetto a quanto preteso dalla medesima è appunto valutazione effettuata a posteriori, una volta che sono state accertate dal giudice le rispettive pretese di credito e debito delle parti, ma che non influisce sulla qualificazione del loro comportamento alla luce della previsione della penale, la cui efficacia va esclusa allorché l’inadempimento della parte che sarebbe tenuta a prestarla sia giustificata dalla exceptio inadimpleti contractus (cfr. Cass. n. 550/1969).
Il ricorso incidentale va pertanto rigettato.
III. Alla luce della reciproca soccombenza tra le parti le spese del presente giudizio vanno compensate.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; compensa tra le parti le spese del presente giudizio.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale e della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione