Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 13959 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 13959 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/05/2025
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE con sede in Cinisello Balsamo, in persona del legale rappresentante sig.ra NOME COGNOME rappresentata e difesa per procura alle liti allegata al ricorso dall’Avvocat o NOME COGNOME.
Ricorrente
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso per procura alle liti in calce al controricorso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
Controricorrente
avverso la sentenza n. 362/2020 della Corte di appello di Milano, depositata il 5.2.2020.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del l’8.4. 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Udite le difese svolte dall’Avvocato NOME COGNOME per la ricorrente e dall’Avvocato NOME COGNOME per delega, per il controricorrente.
Fatti di causa
Con sentenza n. 362 del 5.2.2020, in riforma della decisione di primo grado, la Corte di appello di Milano rigettò le domande proposte dalla RAGIONE_SOCIALE dirette ad accertare la legittimità dell’atto, comunicato l’8.7.2014, con cui era receduta dal contratto preliminare di acquisto di un immobile ad uso deposito concluso con RAGIONE_SOCIALE in data 9.10.2013 e di risarcimento dei danni per inadempimento della controparte. La Corte territoriale motivò tale conclusione affermando che il recesso comunicato dalla promissaria acquirente non era giustificato dall’inadempimento della controparte circa la regolarità urbanistica dell’immobile, che non sussisteva e comunque non era grave, tenuto conto che la dedotta realizzazione di un bagno interno, senza aumento di volumetria, era stato regolarmente denunciata ed autorizzata dall’autorità comunale, mentre l’aggiornamento, rispetto a tale vano, della planimetria catastale era stato dichiarato dal Vigilante e, ad ogni modo, la sua mancanza non costituiva un inadempimento grave, tale da legittimare, ai sensi dell’art. 1455 c.c., il recesso dal contratto, essendo la regolarizzazione catastale ottenibile mediante un mero procedimento amministrativo con spesa esigua; aggiunse che comunque tale regolarizzazione avrebbe potuto intervenire fino al momento della stipula del contratto definitivo. La Corte escluse, altresì, che il promittente venditore fosse inadempiente rispetto all’obbligo di eseguire alcuni lavori sull’immobile compromesso, avendo i testi confermato che essi erano quasi interamente terminati e si erano fermati a causa della lite insorta.
Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato con consegna all’ u fficiale giudiziario l’8.6.2020, ha proposto ricorso la sRAGIONE_SOCIALE COGNOME sulla base di sette motivi.
NOME NOME ha notificato controricorso.
Il P.M. e le parti hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
1.Il primo motivo di ricorso denuncia violazione o falsa applicazione de ll’ art. 29, comma 1 bis, legge n. 52 del 1985, dell’art. 19, commi 9 ed 11, decreto legge n. 78 del 2010, conv. con legge 112 del 2010, e degli artt.1453 e 1455 c.c., censurando la sentenza impugnata per non avere ravvisato la gravità dell’inadempimento del la controparte in ragione della situazione di difformità oggettiva catastale dell’immobile compromesso, derivante dal mancato inserimento nella piantina e nei dati catastali della realizzazione del bagno. La Corte, sostiene la ricorrente, si è soffermata sulla regolarità edilizia dell’im mobile, tralasciando di considerare che la difformità catastale è causa di nullità dell’atto di compravendita e che proprio essa ha impedito alla promissaria acquirente di ottenere il leasing finanziario per acquistare l’immobile, che le è stato rifiutato, oltre che per tale ragione anche a causa della non regolarità degli impianti che Vigilante si era impegnato ad eseguire, come risulta dalla relazione del perito incaricato dalla società di leasing. La Corte, nel valutare l’inadempimento della controparte di scarsa importanza, tale da non legittimare il recesso dal contratto, ha errato per non avere considerato che la realizzazione del bagno non richiedeva, in base alle norme di settore, un mero aggiornamento catastale, bensì un diverso classamento catastale dell’immobile, che passava da C/2 (magazzino/locale deposito) a C/3 (laboratorio).
2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 29, comma 1 bis e 1 ter, della legge n. 52 del 1985, e degli artt. 1453 e 1455 c.c., per avere la Corte distrettuale ritenuto l’inadempimento del promittente venditore di scarsa importanza, omettendo di considerare, da un lato, l’interesse del promissario acquirente alla regolare esecuzione del contratto e, dall’altro , che la difformità catastale dell’immobile compromesso costitui va un inadempimento grave del promittente dal momento che pregiudicava il risultato negoziale. La situazione denunciata imponeva infatti alla controparte di regolarizzare catastalmente il bene, attraverso la denuncia di variazione e il deposito di nuova planimetria, entro la data del 30.4.2011, ai sensi dell’art. 19, commi 9 e 11, del decreto legge n. 78 del 2010. Vigilante era stato inoltre diffidato, con lettera della Pulifer del 24.6.2014, ad effettuare i lavori all’interno dell’immobile a cui si era impegnato nel preliminare ed a regolarizzare il bene,
diffida che la società aveva inviato atteso l’esito negativo della perizia della banca che avrebbe dovuto concedere il finanziamen to per l’acquisto. La Corte non ha poi valutato che la vendita, se fosse stata conclusa, non poteva essere convalidata ai sensi dell’art. 29, comma 1 ter, della legge n. 52 del 1985, stante la situazione di difformità di fatto.
3. Il terzo motivo di ricorso, che denuncia violazione degli artt. 1175, 1375, 1453 e 1455 c.c., assume che la decisione impugnata, nel ritenere l’inadempimento del promittente venditore di scarsa importanza, ha di fatto disapplicato i principi della diligenza e buona fede che il debitore deve osservare nell’esecuzione della sua obbligazione. Ciò anche perché il promittente venditore era pacificamente a conoscenza del fatto che la RAGIONE_SOCIALE doveva richiedere il finanziamento per acquistare il bene, circostanza che gli imponeva, al fine di non compromettere l’interesse dell’acquirente, di provvedere tempestivamente alla regolarizzazione catastale del bene. Tali circostanze sono state ignorate dalla Corte di appello, che ha formato il suo convincimento circa la scarsa importanza dell’inadempimento sulla sola considerazione della possibilità di regolarizzazione dell’immobile, senza calarlo nella situazione concreta.
I primi tre motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in ragione della loro connessione obiettiva, meritano di essere accolti nei limiti appresso precisati.
Le ragioni di contestazione delle parti erano rappresentate dalla regolarità, dal punto di vista urbanistico e catastale, dell’immobile compromesso, risultando che nel locale deposito, successivamente alla sua costruzione, era stato realizzato un bagno, non rappresentato nella planimetria catastale.
La Corte di appello, dopo avere debitamente rilevato che la realizzazione del bagno era regolare dal punto di vista edilizio-urbanistico, essendo stata autorizzata dalla autorità competente, ha riformato la decisione di primo grado laddove aveva ritenuto c he la difformità catastale oggettiva dell’immobile, per la mancata presenza del bagno nella planimetria depositata in catasto, costituisse un grave inadempimento del promittente venditore. La diversa soluzione accolta dalla Corte di appello è motivata dal rilievo che il riferimento all’art. 29, comma 1 bis della legge 27.2.1985, n.52 (come modificato dall’art.
19, comma 14, del decreto legge 31.5.2010, n. 78, conv. con legge 30.7.2010, n.122), che prevede, a pena di nullità, che il contratto di vendita contenga ‘ oltre all’identificazione catastale, il riferimento alla planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità dello stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie ‘, non era nella specie pertinente, dal momento che la disposizione richiamata non investe i l profilo dell’ adempimento del contratto, ma quello della validità del negozio e perché tale disposizione trova applicazione agli atti traslativi e non agli atti obbligatori, quale è il contratto preliminare, potendo in tal caso la regolarizzazione catastale intervenire fino al momento della stipula del contratto definitivo.
Con riferimento a questa motivazione, che coinvolge profili di diritto, la sentenza impugnata appare corretta e quindi va esente dalle censure sollevate, in special modo con il primo motivo.
L ‘ art. 29, comma 1 bis, della legge n. 52 del 1985 sanziona con la nullità gli atti di trasferimento di diritti reali sugli immobili in assenza della dichiarazione, da parte degli intestatari del bene, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie. Da questa previsione normativa discende che tale dichiarazione deve essere resa in sede di stipulazione del contratto traslativo, salva la possibilità di sanatoria della nullità, in caso di sua mera omissione, ai sensi del comma 1 ter, introdotto dall’ art. 8, comma 1bis, decreto legge n. 50 del 2017. Ne deriva che la dichiarazione di conformità catastale non è obbligatoria in sede di stipula del contratto preliminare di compravendita, non avendo esso effetti reali ma solo obbligatori (Cass. n. 7521 del 2022) e che pertanto, qualora l’immobile, al momento del preliminare, presenti una difformità tra la sua situazione reale e quella risultante dai dati catastali e dalle planimetrie, tale divergenza determina il solo effetto di far sorgere in capo al promittente venditore l’obbligo della sua regolarizzazione , al fine di poter rendere la dichiarazione di conformità al momento della stipulazione del contratto definitivo e quindi di rispettare il requisito richiesto dalla disposizione citata per la validità del trasferimento. La decisione appare pertanto corretta nella parte in cui ha ritenuto che la difformità catastale oggettiva dell’immobile oggetto di un contratto preliminare non determina di per sé un inadempimento
del promittente venditore, tale da giustificare l’esercizio del diritto di recesso della controparte, ai sensi dell’art. 1385 c.c., o la risoluzione del contratto , ai sensi del successivo art. 1453.
5. La decisine della Corte di appello presenta invece profili di criticità con riferimento alle ragioni per cui ha ritenuto ingiustificato il recesso dal contratto preliminare esercitato dalla promissaria acquirente a causa della mancata regolarizzazione catastale del bene ad opera della controparte, in particolare laddove ha escluso la gravità dell’inadempimento imputato al promittente venditore, sia perché questi aveva dichiarato di avere provveduto all’aggiornamento catastale, esibendo l’atto in sede di discussione orale, sia perché, comunque, la irregolarità era superabile mediante un semplice procedimento amministrativo con spesa esigua.
Entrambe le circostanze richiamate si mostrano insufficienti a giustificare la conclusione accolta.
Non la prima, in quanto la semplice dichiarazione della parte resa all’udienza di discussione della causa della avvenuta regolarizzazione e la mera esibizione della relativa attestazione, di cui nemmeno è stato dato conto in causa del suo reale contenuto, non possono costituire, all’evidenza, prova dell’adempimento di cui si discute. La produzione del relativo documento non risulta infatti ammessa dalla Corte di appello, in conformità con i principi che regolano la prova nel giudizio e le preclusioni processuali in materia di prova. La Corte territoriale si è sul punto limitata a dare atto della dichiarazione della parte e della esibizione dell’atto. La questione è posta in modo specifico dal quinto motivo di ricorso, ma merita di essere qui affrontata, atteso che già i motivi in esame coinvolgono questa parte della motivazione.
Anche la seconda circostanza indicata dalla Corte di appello è priva di pregio, in quanto che la regolarizzazione catastale fosse possibile nel caso di specie attraverso un adempimento amministrativo dal costo esiguo non esimeva certo il promittente venditore dal provvedervi, ma segnalava soltanto che essa non implicava un particolare impegno e sacrificio economico. In ogni caso l’obbligo di provvedere, sulla base delle stesse premesse accolte dalla Corte di appello, era carico del promittente venditore, anzi, si può aggiungere, poteva essere
posto in essere solo dallo stesso, quale intestatario del bene e soggetto che poi avrebbe dovuto rendere la dichiarazione di conformità catastale oggettiva in sede di stipula del rogito, ai sensi del comma 1 bis del citato art. 29. Il rilievo svolto dalla Corte di appello in realtà è del tutto privo del significato che essa sembra attribuirgli per escludere ogni profilo di gravità nella condotta del promittente venditore, non essendo invero indubbio che questi non aveva provveduto o comunque aveva provveduto con estremo ritardo alla regolarizzazione catastale del bene , come sembra dimostrare l’esibizione del documento solo all’udienza di discussione .
La valutazione operata sul punto dal giudice territoriale non appare rispondente ai criteri posti dall’art. 1455 c.c., secondo cui al fine di considerare se l’inadempimento sia o meno di scarsa importanza deve aversi riguardo all’interesse dell’altra parte e, più in generale, all’effetto che esso produce sul sinallagma contrattuale ed alla finalità perseguita dai contraenti (Cass. n. 7187 del 2022; Cass. m. 8229 del 2021; Cass. n. 8212 del 2020; Cass. n. 4020 del 2018). In particolare, la Corte non ha considerato che, nel caso in cui il contratto preliminare abbia ad oggetto un immobile non conforme ai dati catastali ed alle planimetrie, la sua regolarizzazione, ai fini dell’adempimento dell’obbligo di stipulare, svolge una funzione essenziale, essendo la dichiarazione di conformità catastale requisito di validità del contratto definitivo. La natura e funzione dell’assolvimento di tale obbligo, nell’economia del contratto preliminare di compravendita, non può pertanto considerarsi di scarsa importanza.
6. La sentenza si presta inoltre ad altre e consistenti ragioni di critica laddove non ha affatto considerato, sotto altro profilo, l’incidenza d ella situazione di irregolarità catastale nel concreto atteggiarsi rapporto obbligatorio sorto tra le parti a seguito del preliminare e, nello specifico, sulla posizione della promissaria acquirente che avrebbe dovuto usufruire di un leasing finanziario per poter acquistare il bene e quindi sulla necessità che la sua regolarizzazione catastale avvenisse in tempi prossimi e certi e non venisse procrastinata ad una data prossima a quella stabilita per la stipulazione dell’atto definitivo.
Sul punto la Corte di appello ha disatteso le difese della odierna ricorrente, osservando che i rilievi svolti da ll’istituto bancario interessato per la concessione
del finanziamento richiesto dalla COGNOME, cioè sostanzialmente il rifiuto a concederlo, non erano rilevanti, non potendo ‘ elevare a gravità una condotta che oggettivamente tale non è ‘, aggiungendo che il preliminare non era sospensivamente condizionato all’erogazione d el finanziamento.
Anche questa motivazione appare insoddisfacente rispetto alla soluzione accolta.
In particolare, coglie nel segno la censura sollevata nel terzo motivo di ricorso, che lamenta l’errore di diritto in cui è incorsa la Corte territoriale nel non valutare il comportamento dell’obbligato alla luce dei principi della diligenza e della buona fede nella esecuzione del contratto e la sua incidenza nella realizzazione del programma contrattuale.
A corredo della censura la ricorrente richiama ed anche riproduce una serie di lettere inviate dalla promissaria acquirente alla controparte, nella pendenza del termine per la stipula del contratto definitivo, a partire dall’11.2. 2014, in cui comunicava di essersi rivolta ad un istituto bancario per ottenere il finanziamento necessario per acquistare l’immobile e sollecitava l’adempimento dei lavori previsti per la conformità degli impianti e la regolarizzazione catastale del bene al fine della sua erogazione, rappresentando poi le criticità formulate su questi punti dal perito nominato dall’istituto bancario , fino alla diffida ad adempiere comunicata con e-mail del 26.6.2014. Risulta inoltre che la banca aveva rifiutato il leasing proprio in ragione della non rispondenza dello stato di fatto dell’immobile alle risultanze catastali.
Costituisce principio consolidato in giurisprudenza ed anche nella prevalente dottrina che la buona fede prevista dall’art. 1375 c.c., da intendersi in senso oggettivo quale regola di condotta, costituisce una fonte legale di integrazione del contratto, imponendo un impegno di solidarietà che si sostanzia nel dovere di ciascun contraente di cooperare alla realizzazione dell’interesse della controparte e quindi di tenere comportamenti diretti a preservare e realizzare l’utilità che l’altra parte persegue dal contratto, anche a prescindere dalla loro specifica ed espressa previsione (Cass. n. 9385 del 2018; Cass. n. 10182 del 2009; Cass. n. 13345 del 2006; Cass. n. 20399 del 2004; Cass. n. 1078 del 1999).
Nel caso di specie la Corte di appello ha del tutto trascurato di valutare il comportamento delle parti secondo la regola dell ‘esecuzione del contratto secondo buona fede. Nello specifico di valutare se il concreto atteggiarsi del rapporto delle parti in pendenza del preliminare imponesse al promittente venditore di provvedere tempestivamente alla regolarizzazione del bene, senza procrastinarla in data prossima alla vendita, e se quindi la sua inerzia, nonostante i solleciti ricevuti, considerato il tempo trascorso dalla stipula del preliminare, dovesse considerarsi inadempimento grave e definitivo, per avere pregiudicato la possibilità per la controparte di ottenere il finanziamento per l’acquisto dell’immobile e quindi compromesso il soddisfacimento dell’utilità che essa intendeva conseguire con il preliminare.
7. Il medesimo vizio non è invece ravvisabile nella parte della sentenza che ha escluso la gravità dell’inadempimento dell’obbligo del promittente venditore di eseguire lavori sull’immobile. La Corte di appello sul punto ha escluso l’inadempimento , affermando che tra tali lavori non erano ricompresi quelli degli impianti elettrici ed idraulici, la cui mancata esecuzione, secondo la tesi della promissaria acquirente, sarebbe stata negativamente valutata dal perito della banca ai fini della conclusione del leasing. Trattasi di un accertamento di fatto riservato alla esclusiva competenza del giudice di merito, in quanto tale sottratto al sindacato di legittimità, sufficiente ad escludere che la mancata o ritardata esecuzione di tali lavori possa avere pregiudicato l’accesso della promissaria acquirente al finanziamento.
8. Il quarto motivo di ricorso, nel denunciare violazione e falsa applicazione degli artt. 26, 8 e 25 della legge n. 47 del 1985 e degli artt. 1453 e 1455 c.c., censura la sentenza impugnata per avere escluso che l’immobile fosse affetto da irregolarità urbanistiche, essendo stata la realizzazione del bagno autorizzata dal comune. Assume la ricorrente che l’accertamento svolto dalla Corte territoriale sul punto è errato, in quanto, premesso che anche le opere interne, se modificano la destinazione del bene, sono soggette ad autorizzazione, nel caso di specie la modifica era stata solo denunziata ma mai autorizzata, come risulta dalla comunicazione prot. n. 77/88 in atti (doc. n. 27), che riporta la
destinazione d’uso dell’immobile a laboratorio ( C/3), mentre il fabbricato è accatastato come deposito (C/2).
Il motivo va dichiarato inammissibile in quanto l’affermazione della Corte di appello che la realizzazione del bagno, successivamente alla edificazione del deposito, era stata autorizzata dal comune di Cinisello Balsamo ai sensi dell’art. 26 della legge m. 47 del 1985, costituisce un accertamento di fatto, non sindacabile dinanzi a questa Corte.
Il quinto motivo di ricorso, nel denunciare violazione degli artt. 115, 183, comma 6, e 2010 e 2013 c.p.c., lamenta che la Corte di appello abbia fondato la sua decisione sul documento che la controparte ha indicato come attestante l’avvenuto aggiornamento della planimetria catastale dell’immobile, che in quanto esibito e nemmeno prodotto dalla controparte all’udienza di discussione, dopo il maturarsi delle preclusioni processuali, non avrebbe potuto in alcun modo valutare.
Il motivo va dichiarato assorbito alla luce delle considerazioni sopra esposte. 12. Il sesto motivo di ricorso, che denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 c.c., censura l ‘ affermazione della Corte di appello che ha ritenuto, sulla base della prova per testi, che RAGIONE_SOCIALE aveva portato sostanzialmente a termine i lavori sull’immobile a cui si era impegnato e che, invece, la RAGIONE_SOCIALE si era resa inadempiente all’obbligo di corrispondere l’acconto di euro 20.000,00, che anche a questo fine doveva servire alla controparte. Si assume, in particolare, che quest’ultima asserzione non risulta fondata su alcun elemento di prova, né risulta dalla proposta contrattuale sottoscritta dalle parti. E’ evidente pertanto che essa è frutto di una erronea interpretazione dell’atto negoziale.
Anche questo motivo va dichiarato assorbito, in quanto, a seguito dell’accoglim ento del ricorso, il giudice di rinvio sarà chiamato a rivalutare il comportamento delle parti, in via comparativa, nel suo complesso ed a valutare, anche sotto il profilo della causalità, l’incidenza della condotta del promittente venditore nella attuazione del programma contrattuale stabilito in sede di preliminare di compravendita.
13. Il settimo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 115, comma 2, c.c., censurando la decisione impugnata per avere escluso l’inadempimento del promittente venditore in relazione alle opere da eseguire sull’immobile, affermando, sulla base della prova testimoniale, che esse erano praticamente ultimate e che i vizi lamentati dalla RAGIONE_SOCIALE richiedevano comunque costi di riparazione di modesta entità. Il motivo investe in particolare tale ultimo giudizio, lamentandone l’arbitrarietà, dal momento c he esso non trova riscontro nelle dichiarazioni testimoniali ed è evidentemente frutto di cognizioni personali del giudice. La medesima censura è rivolta altresì all’affermazione della sentenza secondo cui la pratica di aggiornamento della planimetria catastale richiederebbe un semplice adempimento amministrativo con spesa esigua.
14. Il motivo va dichiarato inammissibile con riferimento alla prima censura ed assorbito con riferimento alla seconda.
La pronuncia di inammissibilità discende dal rilievo che la censura investe un accertamento di fatto, compiuto dal giudice di merito sulla base delle prove assunte.
15. In conclusione, vanno parzialmente accolti, nei limiti di cui in motivazione, i primi tre motivi di ricorso, dichiarati assorbiti il quinto, il sesto e, in parte, il settimo, rigettate le altre censure ed i restanti motivi. La sentenza va pertanto cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, che si atterrà nel decidere ai principi di diritto sopra esposti e provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie, nei limiti di cui in motivazione, i primi tre motivi di ricorso, dichiara assorbiti il quinto, il sesto e, in parte, il settimo motivo, rigetta le altre censure ed i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia la causa alla Corte di appello di Milano, in diversa composizione, anche la liquidazione delle spese del giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del l’8 aprile 2025.
L’ estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME