Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8300 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8300 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 6560/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOMENOME c.f. CODICE_FISCALE,
NOME, c.f. CODICE_FISCALE, NOME, c.f. CODICE_FISCALE, NOME, c.f. CODICE_FISCALE, NOME, c.f. CODICE_FISCALE, nella qualità di eredi di NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliati in Roma presso l’AVV_NOTAIO, nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrenti contro
COMUNE DI PLATI’
intimato avverso la sentenza n. 454/2017 della Corte d’appello di Reggio Calabria depositata il 24-7-2017
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5-32024 dal consigliere NOME COGNOME
OGGETTO: contratto d’opera professionale
R.G. 6560/2018
C.C. 5-3-2024
FATTI DI CAUSA
1.Con sentenza n. 454/2017 depositata il 24-7-2017 la Corte d’appello di Reggio Calabria ha deciso gli appelli riuniti proposti dal Comune di RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME e degli eredi di NOME COGNOME -la moglie NOME e i figli NOME, NOME e NOME COGNOME– avverso la sentenza non definitiva n. 3527/2000 e la sentenza definitiva n. 167/2003 del Tribunale di Locri.
La sentenza non definitiva aveva dichiarato che il Comune di RAGIONE_SOCIALE era obbligato al pagamento delle attività professionali svolte dai progettisti, ingegner NOME COGNOME e architetto NOME COGNOME, fino alla redazione del progetto preliminare del mattatoio RAGIONE_SOCIALE e al risarcimento del danno conseguente alla revoca dell’incarico relativo alla procedura definitiva ed esecutiva. La sentenza definitiva aveva riconosciuto le competenze professionali fino alla redazione del progetto preliminare, non presentato formalmente ma espletato, e le competenze successive a titolo di risarcimento del danno cagionato dalla revoca dell’incarico di progettazio ne, eseguita dopo l’espletamento dell’incarico medesimo.
La Corte d’appello ha accolto l’impugnazione avverso la sentenza di primo grado n. 3527/2000 e, in integrale riforma della stessa, ha dichiarato che in capo al Comune non sussisteva alcun obbligo di pagamento, né a titolo di compenso né a titolo di risarcimento del danno; ha dichiarato caducate ex art. 336 co. 2 cod. proc. civ. le statuizioni della sentenza definitiva e, così, assorbito l’esame nel merito dell’appello avverso quella sentenza; ha condannato gli appellati alla rifusione a favore del Comune delle spese di lite di entrambi i gradi e ha posto a carico degli appellati le spese di c.t.u.
La sentenza ha rilevato che non risultava materialmente in atti il fascicolo d’ufficio di primo grado, seppure le annotazioni documentali riportassero la sua avvenuta acquisizione in data 28-6-2003; ha
dichiarato che nei fascicoli di parte del secondo grado erano stati riversati alcuni atti -di parte e non- riguardanti il contenzioso di primo grado, dei quali si poteva tenere conto nella decisione, senza che fosse necessario compulsare il fascicolo d’ufficio, essendo l’istruttoria quasi esclusivamente documentale.
La sentenza ha rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello per difetto di AVV_NOTAIOa sollevata dagli appellati sulla base del presupposto che la delibera della RAGIONE_SOCIALE aveva autorizzato il mandato a favore dell’AVV_NOTAIO limit atamente alla rappresentanza davanti al Tribunale di Locri. Ha evidenziato che il Sindaco aveva conferito all’AVV_NOTAIO a per rappresentare l’Ente ‘nella presente causa, in ogni sua fase e grado, compreso il processo di esecuzione’ e che nella delibera n. 87 del 9-10-1999 la RAGIONE_SOCIALE aveva autorizzato il Sindaco a ‘resistere nel giudizio promosso davanti al Tribunale di Locri dall’AVV_NOTAIO COGNOME e dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME. Ha rilevato che la delibera aveva conferito al Sindaco l’autorizzazione a resistere in giudizio senza alcuna espressa limitazione al primo grado, in quanto il richiamo al Tribunale era stato eseguito solo al fine di indicare il foro avanti il quale era stata introdotta la causa.
Nel merito dell’impugnazione, la sentenza ha dichiarato fondata la prima censura mossa dal Comune appellante, relativa all’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto che i progettisti COGNOME e COGNOME, incaricati della redazione della progettazione completa del mattatoio RAGIONE_SOCIALE, avessero redatto il progetto preliminare unitamente a quello definitivo e a quello esecutivo e che lo avessero solo presentato in ritardo di venti giorni al Comune. Ha rilevato che il Comune aveva legittimamente sollevato l’eccezione di inadempimento, in quanto i professionisti non avevano adempiuto all’obbligo, previsto dal disciplinare di incarico, di presentare il progetto
preliminare per l’approvazione e di non avere presentato il progetto definitivo, ma avevano presentato solo il progetto esecutivo; ha evidenziato che, ai sensi della previsione dell’art. 16 legge 109/1994, il progetto preliminare guidava i successivi livelli di progettazione e il disciplinare prevedeva che il progetto preliminare fosse approvato. La sentenza ha altresì escluso che i professionisti avessero il diritto al risarcimento del danno per la revoca dell’incarico, in quanto il recesso dell’Ente dal rapporto d’opera professionale aveva trovato causa nell’inadempimento dei profess ionisti.
2.Avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, eredi di NOME COGNOME in qualità rispettivamente di moglie e di figli, hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.
Il Comune RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE è rimasto intimato.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 5-3-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente si dà atto che l’esito del ricorso esonera la Corte dal porre questione in ordine alle modalità di notifica del ricorso per Cassazione al Comune di RAGIONE_SOCIALE, in applicazione del principio costituzionale sulla ragionevole durata del processo che impone al giudice di evitare i comportamenti che ostacolino una sollecita definizione del giudizio, tra i quali quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuale e in attività superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo (Cass. Sez. 1 11-32020 n. 6924 Rv. 657479-01, Cass. Sez. 2 10-5-2018 n. 11287 Rv. 648501-01, Cass. Sez. U 3-11-2008 n. 26373 Rv. 605610-01).
2.Con il primo motivo , rubricato ‘ violazione e falsa applicazione di legge ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 83 ultimo comma c.p.c.’, i ricorrenti dichiarano di riproporre l’eccezione preliminare di inammissibilità dell’appello per difetto della AVV_NOTAIOa , sostenendo che la delibera della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE n. 87/1999 abbia voluto limitare il conferimento dell’incarico al primo grado, riservandosi il diritto di dare incarico ad altro difensore per proporre l’appello.
2.1.Il motivo è infondato.
Non sussiste la violazione di legge lamentata, in quanto la sentenza impugnata ha esattamente richiamato e fatto applicazione del principio secondo il quale, prima del d.lgs. 267/2000, l’autorizzazione della giunta municipale al sindaco di un Comune a proporre una domanda o a resistere in giudizio, non contenente limitazione al primo grado, abilitava implicitamente il sindaco alla proposizione dell’appello, ove il giudizio avesse avuto esito sfavorevole all’ente territoriale ; ciò in conformità alla regola generale secondo la quale la AVV_NOTAIOa speciale al difensore rilasciata in primo grado ‘per il presente giudizio’ senza indicazione delimitativa esprime la volontà delle parti di estendere il mandato all’appello, quale ulteriore grado in cui si articola il giudizio stesso, così superando la presunzione di conferimento solo per il primo grado ai sensi dell’art. 83 ult. co. cod. proc. civ. (Cass. Sez. 3 16-22012 n. 2210 Rv. 621775-01, Cass. Sez. 3 26-9-2006 n. 20820 Rv. 593589-01, Cass. Sez. 3 23-5-2006 n. 12109 Rv. 590843-01, Cass. Sez. 1 28-5-1998 n. 5286 Rv. 515883-01).
Le ulteriori deduzioni dei ricorrenti, secondo le quali nella fattispecie, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, la delibera di RAGIONE_SOCIALE aveva voluto limitare l’autorizzazione al Sindaco alla costituzione al primo grado di giudizio si risolve in una censura che rimane estranea alla violazione di legge lamentata; spettava alla Corte d’appello interpretare il contenuto della delibera
autorizzativa e ciò ha fatto con statuizione immune da vizi logici e giuridici e che avrebbe potuto essere censurata in modo ammissibile solo individuando i canoni interpretativi violati.
3 .Con il secondo motivo, rubricato ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 360 primo comma nn. 3 e 5 in relazione all’art. 347 comma II anche per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’, i ricorrenti lamentano che la Corte d’appello abbia omesso di acquisire il fascicolo di ufficio di primo grado; rilevano che la Corte ha sostenuto che i tecnici incaricati non avevano presentato la progettazione preliminare e definitiva, ma solo quella esecutiva senza avere visto la corposa elaborazione progettuale rimasta allegata al fascicolo di ufficio di primo grado; aggiungono che la Corte ha omesso di valutare un punto decisivo, riferito al fatto che il c.t.u. aveva quantificato i compensi dei professionisti sulla base dei tre livelli di progettazione ed evidenziano che, di conseguenza, la Corte ha deciso la questione nodale senza verificare se agli atti fosse stata acquisita la progettazione preliminare.
3.1.Il motivo è infondato.
In linea generale, nel giudizio di appello la mancata acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado non determina un vizio del procedimento ma può al più integrare difetto di motivazione, nel caso in cui venga specificamente prospettato che da tale fascicolo il giudice di appello avrebbe potuto o dovuto trarre elementi decisivi per la decisione della causa, non rilevabili aliunde, considerato che l’efficacia probatoria dei documenti non si esaurisce nel singolo grado di giudizio e prescinde dalle successive scelte difensive della parte (Cass. Sez. 3 17-4-2023 n. 10202 Rv. 667389-01, Cass. Sez. 3 30-3-2022 n. 10164 Rv. 664467-01).
Nella fattispecie la sentenza impugnata ha espressamente dato atto che il fascicolo d’ufficio di primo grado, seppure vi erano le
annotazioni sull’avvenuta acquisizione, non era materialmente in atti; ha dichiarato che il fascicolo d’ufficio non era necessario , in quanto l’istruttoria era stata quasi esclusivamente documentale e nei fascicoli di parte vi erano i documenti. I ricorrenti non indicano specifici atti o documenti che fossero presenti nel fascicolo d’ufficio e perciò non sia no stati a disposizione della Corte a fine della decisione, con esclusione della consulenza d’ufficio, evidenziando che la consulenza d’ufficio dimostrava come fosse stata svolta dai professionisti non solo la progettazione esecutiva, ma anche la progettazione preliminare e definitiva. Però, l a deduzione relativa all’omesso esame della consulenza tecnica d’ufficio, che avrebbe comportato l’errore di avere ritenuto non eseguito il progetto preliminare non è apprezzabile, perché non attinge alla ratio della sentenza impugnata. La sentenza impugnata ha ritenuto giustificata l’eccezione di inadempimento sollevata dal Comune per il fatto che i professionisti non avevano osservato l’obbligo di presentare prima il progetto preliminare, da sottoporre all’approvazione del Comune, e poi di quello definitivo, da redigere e presentare in un tempo successivo rispetto al primo e comunque solo a condizione dell’avvenuta a pprovazione del progetto preliminare. Secondo le stesse deduzioni dei ricorrenti, la consulenza d’ufficio dimostrava l’esecuzione del progetto preliminare, definitivo ed esecutivo ma non il fatto che fosse stata rispettata la scansione temporale indicata, per cui non sussiste l’omesso esame lamentato per non avere la Corte territoriale esaminato la c.t.u.
4 .Con il terzo motivo rubricato ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 360 primo comma nn.3, 4 e 5 c.p.c. in relazione agli artt. 113 e 115 c.p.c.’ i ricorrenti lamentano che la Corte territoriale abbia posto a fondamento della sua decisione solo una parte della documentazione e abbia giudicato come pacifico un fatto decisivo che invece era stato contestato, in violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. , relativamente alla
mancata presentazione della progettazione preliminare; evidenziano che in tutti gli scritti difensivi essi avevano fatto riferimento all’esistenza dei tre livelli di progettazione, con la sola specificazione che erano stati presentati materialmente insieme e non per gradi successivi e, per di più, con appena venti giorni di ritardo. Evidenzia come sia evidente che il Comune non si potesse neppure lamentare del fatto che, in assenza di progettazione preliminare, non aveva potuto verificare la fattibilità eco nomica dell’opera, perché l’incarico era stato conferito per l’importo complessivo di £.1.500.000.000 e, quando i tecnici avevano comunicato di non poter rispettare l’importo di spesa con contestuale rimessione del mandato, l’ente aveva modificato la precedente deliberazione, aumentando la spesa a £.2.100.000.000.
5 .Con il quarto motivo, rubricato ‘ violazione dell’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c. nonché violazione dell’art. 360 nn. 4 e 5 c.p.c. in relazione agli artt. 111 Cost. e 132 c.p.c.’ , i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata abbia attribuito maggiore forza di convincimento, anziché alla progettazione a suo tempo presentata, ai documenti contenenti l’interpretazione che, di detta prova, era stata fatta dalle parti, con motivazione insufficiente e tale da non consentire di capire i criteri logici-giuridici della decisione.
6.Con il sesto motivo ‘ violazione dell’art. 360 nn. 3 e 5 in relazione all’art. 115 c.p.c. anche per omesso esame delle risultanze della C.T.U. e quindi di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione delle parti’ i ricorrenti evidenziano che il c.t.u. aveva svolto una imprescindibile attività di percezione del fatto principale, confermando la presenza dei tre livelli di progettazione; quindi ulteriormente sostengono che la mancata disamina della consulenza d’ufficio abbia comportato l’omesso esame di fatt o decisivo.
7.Il terzo, il quarto e il sesto motivo devono essere esaminati congiuntamente, stante la stretta connessione, e sono infondati.
In primo luogo si deve escludere la nullità della sentenza per insufficienza e contraddittorietà della motivazione rilevata dai ricorrenti, applicandosi i principi posti da Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, secondo i quali il sindacato sulla motivazione è limitato al ‘minimo costituzionale’ ed è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che attiene all’esistenza della motivazione in sé e si traduce nella mancanza assoluta di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa e obiettivamente incomprensibile (nello stesso senso Cass. Sez. 1 3-32022 n. 7090 Rv. 664120-01, per tutte). Nella fattispecie la Corte territoriale ha esposto in modo logico, chiaro e perciò pienamente comprensibile le ragioni della decisione, esaminando in primo luogo il disciplinare di incarico del 12-101996, il quale prevedeva all’art. 7 la presentazione del progetto preliminare entro un mese dalla data di sottoscrizione del disciplinare e la presentazione del progetto definitivo ed esecutivo entro sessanta giorni dall’avvenuta comunicazione dell’approvazione del progetto preliminare; ha considerato che in data 14-7-1997, dopo che con delibera del 21-5-1997 era stato innalzato a £.2.100.000.000 l’importo del mutuo da contrarre per il finanziamento , i progettisti avevano trasmesso il progetto esecutivo; ha altresì considerato che il 18-3-1998 il Comune aveva comunicato la volontà di non procedere alla progetta zione, per l’alto costo e perché non era stata presentata per l’approvazione da parte del RAGIONE_SOCIALE la progettazione preliminare; posto che, ai sensi dell’art. 16 legge 109/1994, il progetto preliminare doveva guidare i successivi livelli di progettazione, spiegando la scelta prospettata in base alle altre possibili con riferimento ai profili ambientali, tecnici e di costo, ha valorizzato che i progettisti non avevano osservato l’obbligo propedeutico di presentazione del progetto preliminare, da sottoporre
all’approvazione, e di quello definitivo, da redigere e presentare in un tempo successivo rispetto al primo e solo a condizione dell’avvenuta approvazione dello stesso. A fronte di questo ragionamento, l’afferm azione pure contenuta nella sentenza secondo la quale il progetto preliminare non era stato presentato non comporta, come intendono i ricorrenti, che la Corte d’appello abbia travisato le risultanze istruttorie, perché il progetto preliminare e definitivo erano stati presentati unitamente a quello esecutivo ; l’affermazione significa che la presentazione di tutta la progettazione in data 14-7-1997, seppure comprensiva delle tre fasi di progettazione, non poteva soddisfare le previsioni del disciplinare, in quanto la progettazione preliminare doveva essere approvata dall’ente prima di procedere alla progettazione definitiva ed esecutiva.
Non sussiste neppure la violazione evocata dell’art. 113 cod. proc. civ., che i ricorrenti non esplicano in alcun modo, né la violazione dell’art.115 cod. proc. civ. Infatti, in tema di ricorso per cassazione, al fine di dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre prove , essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U 30-9-2020 n. 20867 Rv. 659037-01). Nella fattispecie i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata abbia dichiarato che non era stato da loro contestato il fatto che la progettazione preliminare non era stata depositata, dichiarando che la contestazione vi era sempre stata; la deduzione in primo luogo non è rispettosa della previsione dell’art. 366 co.1 n.6 cod. proc. civ., in
quanto non indica in modo specifico le modalità con le quali era stata eseguita. Per di più, spetta al giudice di merito, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, apprezzare sia l’esistenza e il valore di una condotta di non contestazione sia la valutazione delle risultanze istruttorie, per cui le relative censure possono essere proposte esclusivamente ai sensi dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ., nel ricorrere dei relativi presupposti. Le deduzioni sono comunque irrilevanti, perché non colgono il significato della decisione: la Corte territoriale svolgendo l’apprezzamento di fatto a essa spettante- ha individuato l’inadempimento dei professionisti nel non avere rispettato la previsione dell’art. 7 del disciplinare, secondo la quale avrebbe dovuto essere presentato il progetto preliminare, il progetto preliminare avrebbe dovuto essere approvato e di seguito avrebbero dovuto essere presentati il progetto definitivo e il progetto esecutivo; tali circostanze la sentenza ha dichiarato in primo luogo non contestate (pag. 6 in fondo) e gli argomenti dei ricorrenti non solo non censurano in modo ammissibile queste deduzioni, ma anzi si fondano sul presupposto che i tre livelli di progettazione fossero stati presentati insieme.
Non sussistono neppure la violazione lamentata ex art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ. e il travisamento della prova, in quanto è acquisito il principio secondo il quale l’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. come riformulato dall’art. 54 d.l. 83/2012 conv. in legge 134/2012 ha introdotto vizio specifico relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo e cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un diverso esito della controversia; quindi, per quanto qui interessa, il ricorrente deve indicare la decisività del fatto, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per
sé, il vizio di omesso esame di fatto decisivo, qualora il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione del giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629831-01). Nella fattispecie i ricorrenti non individuano un fatto storico con tali caratteristiche, la cui disamina sia stata omessa dalla sentenza impugnata, perché tale non è la presenza della progettazione preliminare in sé, per le ragioni già esposte in ordine al fatto che nel l’apprezzamento in fatto svolto dalla Corte d’appello è la mancata presentazione della progettazione preliminare prima di quella definitiva ed esecutiva ad avere comportato l’inadempimento . Nel richiamare la consulenza tecnica d’ufficio della quale lamentano l’omesso esame , i ricorrenti (pag. 23 del ricorso in fine) trascrivono testualmente il punto della consulenza tecnica laddove il c.t.u. aveva dato atto che il progetto preliminare non era stato ‘presentato formalmente’, ma era stato comunque espletato; quindi, anche la consulenza d’ufficio aveva attestato il dato fondamentale ai fini della decisione, riferito alla mancato rispetto delle previsioni dell’art. 7 del disciplinare in ordine alla necessaria preventiva presentazione del progetto preliminare rispetto al progetto definitivo ed esecutivo.
Non si configura omesso esame ex art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ. neppure con riferimento alla delibera che aveva aumentato la spesa da £.1.500.000.000 a £.2.100.000.000: la Corte d’appello ha dimostrato di avere presente anche questo documento, laddove ha fatto specifico riferimento al suo contenuto (pag.6 sentenza), mentre la valutazione sul suo significato e sulla sua rilevanza probatoria costituiva esclusivamente apprezzamento di merito incensurabile in questa sede.
8 .Con il quinto motivo ‘ riguardo al procedimento n. 314/2003 non esaminato né deciso. Violazione dell’art. 360 n. 3 e 4 c.p.c. in relazione
all’art.112′ i ricorrenti lamentano che non sia stato esaminato l’appello avverso la sentenza definitiva, perché l’appello del Comune di RAGIONE_SOCIALE aveva avuto a oggetto oltre che questioni preliminari -la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, la riunione dei procedimenti e la rinnovazione della c.t.u.- anche il rigetto nel merito della domanda degli appellati e gli appellati avevano chiesto il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza definitiva.
8.1.Il motivo è inammissibile.
La sentenza impugnata ha fatto piana applicazione del principio posto dall’art. 336 cod. proc. civ., secondo il quale la riforma della sentenza non definitiva sull’ an comporta la caducazione della sentenza definitiva sul quantum (cfr. Cass. Sez. 3 14-2-2013 n. 3656 Rv. 625223-01, per tutte). I ricorrenti evidentemente non hanno interesse a lamentare l’omessa pronuncia sui motivi di appello alla sentenza definitiva proposti dal Comune; non allegano di avere proposto motivi di appello a quella sentenza svincolati dalle questioni relative alla quantificazione del credito e che avrebbero perciò dovuto essere esaminate anche a fronte della riforma della sentenza non definitiva.
9.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato, senza statuizione sulle spese in mancanza di costituzione della controparte.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di
ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione