Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 19344 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 19344 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/07/2025
SENTENZA
sul ricorso n. 1323/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE c.f. 05976980580, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE, c.f. NUMERO_DOCUMENTO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME controricorrente
avverso la sentenza n.7419/2018 della Corte d’Appello di Roma, depositata il 23-11-2018, udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3-72025 dal consigliere NOME COGNOME
udito il Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso,
OGGETTO:
appalto di servizi
RG. 1323/2020
P.U. 3-7-2025
udito l’avv. NOME COGNOME per il ricorrente e l’avv. NOME COGNOME per il controricorrente
FATTI DI CAUSA
1.Consorzio RAGIONE_SOCIALE ha convenuto avanti il Tribunale di Roma l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale -INPS- in relazione al contratto di appalto concluso a trattativa privata in data 1-8-1983 per ‘Acquisizione dati da moduli vari’, al fine di ottenere il pagamento della complessiva somma di Euro 7.481,626,48 oltre accessori a titolo di residui crediti, oneri aggiuntivi e danni per inadempimenti.
Si è costituito l’ INPS, eccependo la prescrizione, nonché contestando nel merito le pretese attoree e con sentenza n. 19474/2016 pubblicata il 19-10-2016 il Tribunale di Roma ha parzialmente accolto la domanda, ha condannato l’Istituto convenuto a pagare al Consorzio attore, a titolo di risarcimento del danno equitativamente determinato, Euro 1.000.000,00, ponendo a suo carico le spese di c.t.u. e le spese di lite.
La sentenza ha rigettato l’eccezione di prescrizione e nel merito ha considerato che negli anni 1980-1982 si era manifestata una grave situazione di crisi nell’industria elettronico -informatica del comparto romano e, come da prassi dell’epoca , il Governo era intervenuto con funzione propositiva e conciliativa; in sede di Ministero del Lavoro si pervenne ad accordo che impegnava le imprese a mantenere i livelli occupazionali e la parte pubblica a fornire adeguato supporto economico sotto forma di appalti di servizi stipulati a trattativa privata, come risultava dalle deliberazioni del Consiglio di amministrazione dell’Istituto n. 59 del 26 -3-1982 e n. 117 del 4-6-1982, assunte per dare corso alla stipulazione a trattativa privata degli appalti di servizi; quindi l’INPS non poteva dirsi estraneo agli accordi concl usi in sede ministeriale, in quanto con quelle deliberazioni e con la successiva stipulazione del contratto di appalto aveva dato effettiva attuazione a
detti accordi. Il contratto di appalto di cui si discuteva si inseriva in tale contesto ed era funzionale alla informatizzazione delle procedure amministrative dell’INPS finalizzate all’eliminazione dell’arretrato e all’accelerazione dei procedimenti , ma la modulistica consegnata dalle varie articolazioni dell’INPS era risultata eterogenea e aveva impedito l’immediata immissione del materiale nel ciclo di lavorazione informatizzato; quindi, la necessità di riclassificare e riordinare gran parte della moduli stica e della documentazione ricevuta dall’INPS aveva aggravato la posizione del Consorzio, determinando un aumento degli oneri ben superiore alle previsioni negoziali, in quanto la natura dell’appalto induceva a ritenere che il materiale dovesse essere consegnato ordinato. La circostanza che la necessità del preventivo trattamento manuale del materiale consegnato al Consorzio avesse determinato maggiori costi era incontrovertibile, così come la sussistenza di oneri aggiuntivi per il reperimento tra il materiale di moduli incompleti, estranei e deteriorati; la rilevante incidenza di materiali non immediatamente inseribili nel ciclo di lavorazione informatizzato aveva modificato l’oggetto contrattuale, determinando per il Consorzio la necessità di fornire il servizio con modalità differenti ed economicamente più gravose rispetto a quelle concordate. Quindi la sentenza ha considerato che l’ INPS si era obbligato a conferire al Consorzio una determinata quantità di lavoro, così da porre il Consorzio stesso in condizione di sviluppare un adeguato piano industriale e garantire i livelli occupazionali, in quanto le deliberazioni n. 59 e n. 117 del 1982 non erano soltanto propedeutiche alla stipulazione del contratto, ma dovevano essere a tutti gli effetti considerate parte essenziale del programma obbligatorio concordato dalle parti; la natura di ‘appalto aperto’ del contratto giustificava l a sussunzione in esso anche delle deliberazioni n. 59 e n. 117 del 1982, nelle quali erano chiaramente definiti gli obiettivi e i limiti dell’attività negoziale. Ha
dichiarato che l’INPS era risultato inadempiente almeno sotto tre profili, perché non aveva garantito al Consorzio i flussi di lavoro individuati con le deliberazioni n. 59 e n. 117 del 1982, non aveva materialmente assegnato il quantitativo dedotto in contratto, non aveva posto il Consorzio in condizione di provvedere alle lavorazioni attraverso l’immediata immissione dei materiali nel ciclo di trattamento; le condotte inadempimenti, già gravi singolarmente, si erano verificate contestualmente e avevano am pliato l’effetto pregiudizievole. Esaminate le risultanze istruttorie -dichiarazioni testimoniali e risultanze della Commissione di Indagine istituita dall’INPS – che confermavano gli assunti attorei e dato atto che il c.t.u. aveva accertato un pregiudizio in capo al Consorzio quantificato complessivamente in Euro 1.358.000,00, ha determinato il danno in via equitativa in Euro 1.000.000,00.
2.Avverso la sentenza l’ INPS ha proposto appello, che la Corte d’appello di Roma ha deciso con sentenza n. 7419/2018 depositata il 23-11-2018.
La sentenza ha rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dal Consorzio appellato e ha rigettato il primo motivo di appello con il quale l’INPS aveva riproposto l’eccezione di prescrizione. Ha accolto il secondo motivo di appello, considerando che il Tribunale aveva ritenuto la responsabilità contrattuale dell’INPS attraverso l’interpretazione del contratto quale ‘appalto aperto’ integrato dalle delibere n. 59 e n. 117 del 1982; ha dichiarato che la Corte d’appello di Roma si era pronunciata in causa analoga tra le stesse parti con sentenza n. 2455/2012 confermata dalla Cassazione con pronuncia n. 22216/2018 e ha dichiarato di fare integrale rinvio ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ. a tale precedente; ha evidenziato che nel precedente la Corte d’appello di Roma aveva già statuito che non vi era obbligo per l’INPS di dare in appalto al Consorzio un più ampio volume di documenti
rispetto a quello attribuito, che era da escludere la violazione dell’obbligo di correttezza, perché le delibere e l’accordo ministeriale del maggio 1982 si limitavano ad autorizzare alcune attività senza prevedere diritto del Consorzio al conseguimento dell’appalto per l’intero volume di documenti da tratta re, per cui né le delibere INPS né l’accordo sindacale concluso dall’INPS potevano fondare alcun diritto del Consorzio alla stipula e al contenuto del contratto, ed era infondata la domanda di risarcimento del danno a fronte di aspettativa di mero fatto. Ha indicato anche le altre sentenze della Corte d’appello di Roma di analogo contenuto, confermate dalla Cassazione con pronunce n. 27354/2016, 13533/2017, 26068/2017, 13301/2018, 13993/2018, 18002/2018, 18003/2018; ha dichiarato che rimanevano assorbiti gli altri motivi relativi alla quantificazione del danno.
3.RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.
INPS ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione per la pubblica udienza del 3-7-2025 e nei termini di cui all’art. 378 cod. proc. civ. Il Pubblico Ministero ha depositato memoria con le sue conclusioni ed entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo (da pag. 11 a pag. 41 del ricorso) il Consorzio ricorrente deduce ai sensi dell’art. 360 co. 1 n.4 cod. proc. civ. la nullità della sentenza per violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. , per non essere stata dichiarata l’inammissibilità dell’appello. A fronte del contenuto della sentenza di primo grado, l’appellante rileva che l’appello dell’INPS avrebbe dovuto dedicarsi a dimostrare perché non fosse valido il complesso negoziale individuato dal Tribunale sulla base della ricostruzione storica dei fatti, delle deliberazioni n. 59 e n. 117 del 1982 e degli accordi sindacali, perché l’INPS non fosse stato
inadempiente e perché il contratto non fosse ‘aperto’ in coordinamento negoziale con le delibere n. 59 e n. 117. Evidenzia come la stessa sentenza impugnata abbia dichiarato che l’appello aveva ‘ampia portata’ ed era tale da investire l’intera statuizione di cui alla sentenza di primo grado, in quanto nella nuova formulazione dell’art. 342 cod. proc. civ. e alla luce di Cass. 27199/2017 l’appello deve essere strutturato per argomenti che individuino le parti della sentenza da censurare. Rileva come la chiave di lettura della sentenza di primo grado fosse nell’avere ritenuto che il contratto d’appalto era ‘aperto’ e quindi l’Istituto appellante avrebbe dovuto specificamente impugnare tale interpretazione, dimostrando che non si trattava di contratto aperto, e ciò avrebbe potuto fare solo mediante la descrizione analitica del contenuto del contratto e delle delibere n. 59 e 117.
1.1.Il motivo è infondato.
Secondo l’indirizzo di questa Corte anche a Sezioni Unite, gli artt. 342 e 434 cod. proc. civ. nel testo formulato dal d.l. 83/2012 conv. con mod. dalla legge 134/2012 vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilit à, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass. Sez. U 13-12-2022 n. 3681 Rv. 666375-01, Cass. Sez. U 16-11-2017 n. 27199 Rv. 645991-01). Poiché non è necessario proporre progetto alternativo di sentenza, allorché l’appellante lamenti l’erronea ricostruzione dei fatti da parte del giudice di primo grado può
limitarsi a chiedere al giudice di appello di valutare ex novo le prove già raccolte e a sottoporre le argomentazioni già svolte in primo grado, non essendo necessario che l’impugnazione contenga una puntuale analisi critica delle valutazioni e delle conclusioni del giudice che ha emesso la sentenza impugnata (Cass. Sez. 6-3 17-12-2021 n. 40560 Rv. 663516-01, Cass. Sez. 1 4-11-2020 n. 24464 Rv. 659759-01); inoltre, la specificità dei motivi di appello deve sempre essere commisurata all’ampiezza e alla porta ta della sentenza impugnata (Cass. Sez. 6-3 26-7-2021 n. 21401 Rv. 662214-01 ) e l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto invocate a sostegno del gravame può sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte in primo grado, non essendo necessaria l’allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purché ciò determini una critica specifica alla decisione impugnata e consenta al giudice d’appello di per cepire con certezza il contenuto delle censure in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (Cass. Sez. 2 28-10-2020 n. 23781 Rv. 659392-01).
Nella fattispecie l’atto di appello dell’INPS -che la Corte procede a esaminare direttamente in ragione della natura processuale della censura, a fronte della proposizione del motivo in modo ammissibilesoddisfa i requisiti esposti. In primo luogo, l’atto distingue tre motivi di appello, il primo sulla prescrizione (trattato da pag. 2 a pag. 7 dell’atto), il secondo sul ‘merito’ della vicenda (trattato d a pag. 7 a pag. 15) e il terzo sulla quantificazione del danno (da pag. 15 a pag. 33) e con essi individua e distingue i punti contestati della pronuncia impugnata. Con particolare riguardo alle questioni relative al merito della vicenda, sulle quali si concentrano le critiche del ricorrente, l’Istituto ha contestato non solo l’interpretazione della vicenda, negando l’esistenza di accordi tra il Ministero del Lavoro, l’INPS, le organizzazioni sindacali e le quattro aziende dell’area informatica, ma
ha anche negato che tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE fosse intercorso un accordoquadro recante l’impegno dell’INPS di assegnare vari appalti, evidenziando (pag.8) che la sentenza aveva fatto riferimento a documentazione prodotta dalla parte attrice non richiamata in modo specifico e alle delibere n. 59 e n. 117; di seguito ha preso in esame la delibera n. 59 (pag.8 lett. a, b), la delibera n. 117 (pag.9 lett. c, d) e successivamente ha esposto argomenti ritenuti ‘riprova a contrariis dell’insussistenza di un accordo co nten ente un impegno dell’Istituto ad assegnare predeterminati quantitativi di lavoro’ (pag. 9 lett.e); quindi (a pag. 10) ha dichiarato che la sentenza aveva ritenuto l’esistenza di un accordo senza individuarne e delimitarne il contenuto, anche trascrivendo le espressioni della sentenza ritenute generiche, di seguito richiamando il principio secondo il quale i contratti con la pubblica amministrazione devono essere stipulati per iscritto, aggiungendo (pag.11) che nel contratto di appalto le delibere n. 59 e n. 117 non erano neppure menzionate e ulteriormente evidenziando (pag. 12) che le affermazioni del Tribunale sul contenuto del programma obbligatorio erano smentite dai punti 6 e 7 della delibera n. 117, che ha anche trascritto.
Con questo contenuto, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, l’appello conteneva una serie specifica di argomentazioni volte a censurare la ricostruzione del contenuto degli accordi intercorsi tra INPS e RAGIONE_SOCIALE eseguita dal giudice di primo grado. Infatti, si esclude che l’art. 342 cod. proc. civ. ponga a carico dell’appellante un obbligo di specificità maggiore rispetto alla specificità della motivazione della sentenza impugnata e, in concreto, nessuna delle deduzioni sulla base delle quali il giudice di primo grado aveva fondato la sua affermazione sulla natura ‘aperta’ dell’appalto rimaneva estranea alle ragioni di censura dell’appellante. Quindi, tali censure dovevano essere esaminate nel merito per verificare se la sentenza di primo grado vi
resistesse e la violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. s arebbe stata commessa soltanto se fosse stata accolta l’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dal Consorzio.
2.Con il secondo motivo (da pag. 41 a pag. 46 del ricorso) il ricorrente deduce la nullità della sentenza ex art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ. per violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ.; lamenta che la sentenza abbia accolto l’appello richiamando per relationem la precedente sentenza della Corte d’appello di Roma n. 2455/2012 confermata da Cass. 22216/2018, nonostante quella sentenza non avesse ipotizzato, e quindi neppure escluso, l’esistenza di un contratto aperto/ac cordo quadro e nonostante la sentenza di primo grado fosse completamente in linea con la pronuncia di Cass. 22216/2018, in quanto aveva individuato il collegamento tra gli atti giuridici.
2.1.Il motivo è infondato.
E’ già stato enunciato e deve essere data continuità al principio secondo il quale la validità della sentenza la cui motivazione sia redatta per relationem a un provvedimento giudiziario reso in altro processo presuppone che la motivazione resti autosufficiente, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico-giuridica; invece, deve ritenersi nulla, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ. , la sentenza che si limiti alla mera indicazione dell’esistenza del provvedimento richiamato, senza esporne il contenuto e senza compiere alcun apprezzamento sulle argomentazioni assunte nell’altro giudizio e sulla loro pertinenza e decisività rispetto ai temi dibattuti dalle parti, così rendendo impossibile l’individuazione delle ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. Sez. 6-2 10-1-2022 n. 459 Rv. 663805-01).
Facendo applicazione di questo principio, si esclude nella fattispecie la nullità della sentenza, perché la Corte d’appello non si è limitata a richiamare i precedenti, ma ha esposto le ragioni per le quali vi ha aderito e in questo modo ha reso pienamente comprensibile il ragionamento svolto. Specificamente, la sentenza ha considerato che il Tribunale aveva ritenuto la responsabilità contrattuale dell’INPS sulla base dell’interpretazione del contratto di appalto intercorso tra le parti come ‘appalto aperto’, le cui previsioni dovevano ritenersi integrate dalle delibere n. 59 e n. 117 del 1982; ha dichiarato non solo di fare rinvio al proprio precedente confermato da Cass. 22216/2018, ma ha affermato che non sussisteva un obbligo dell’INPS di dare in appalto al Consorzio un più ampio volume di documenti rispetto a quello effettivamente attribuito, così come indicato nelle delibere dell’ente e nell’accordo ministeriale del maggio 1982; ha escluso una presup posizione o una violazione dell’obbligo di buona fede, in quanto quei provvedimenti si limitavano ad autorizzare solo alcune attività, senza che fosse stabilito un diritto del Consorzio al conseguimento dell’appalto dell’intero volume dei documenti da trattare e senza che rilevasse l’incapacità dell’ente di provvedere in proprio o che rilevasse l’accordo sindacale che aveva a oggetto la questione degli appalti INPS, poiché una specifica nota del 20-6-1982 aveva precisato che le assunzioni avrebbero avuto effetto solo in caso di aggiudicazione dell’appalto; ha dichiarato che neppure l’accordo stretto con i sindacati poteva fondare il diritto del Consorzio alla stipula e al contenuto del contratto, che era una mera eventualità.
Non ha alcun fondamento neppure la tesi del ricorrente secondo la quale i precedenti sarebbero stati erroneamente richiamati, per il fatto che la sentenza di primo grado aveva individuato in fatto quel collegamento negoziale che, secondo la pronuncia di Cass. 22216/2018, spettava al giudice di merito accertare. Infatti, con le
deduzioni sopra esposte la sentenza impugnata ha escluso che le delibere n. 59 e n. 117 dell’INPS integrassero il contenuto del contratto di appalto, perché né quelle delibere né l’accordo sindacale attribuivano alcun diritto in capo al Consorzio; in questo modo, la sentenza è giunta alla stessa conclusione alla quale era giunta la precedente sentenza n. 2455/2012 della medesima Corte d’appello che, come si legge in Cass. 22216/2018 (pag. 5), aveva esaminato tutti gli atti e ne aveva fornito interpretazione secondo cui non vi era alcuna preordinazione o accordo finalizzato alla reiterazio ne dell’appalto nei termini auspicati o sperati dal Consorzio. A fronte di questa precisa affermazione, non è corretto neppure quanto deduce il ricorrente in ordine al fatto che la sentenza n. 2455/2012 della Corte d’appello di Roma non aveva esaminato la questione del collegamento negoziale. Infatti, il principio di diritto posto da Cass. 22216/2018 -secondo il quale può sussistere collegamento anche tra atti giuridici di varia natura, allorché sussista il requisito oggettivo del nesso teleologico degli atti e il requisito soggettivo costituito dal comune intento delle parti, che spetta al giudice di merito accertare e non è sindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua e immune da vizi- è stato enunciato dichiarando inammissibile il relativo motivo di ricorso, proprio perché la pronuncia in quella sede impugnata risultava conforme al principio medesimo; diversamente, sarebbe stata pronunciata la cassazione con rinvio, demandando al giudice del rinvio l’accertamento sull’esistenza o m eno del collegamento negoziale secondo i criteri posti dalla Suprema Corte. Ne consegue che la circostanza che, secondo la tesi del ricorrente, la sentenza di primo grado , ritenendo l’appalto ‘aperto’, avesse ravvisato quel collegamento in conformità ai criteri posti dalla Cassazione, non escludeva che l a Corte d’appell o potesse diversamente interpretare il contenuto del contratto, come ha fatto non solo per relationem al
precedente che ha condiviso, ma anche esponendo le ragioni della condivisione.
3.Con il terzo motivo (da pag. 46 a pag. 64 del ricorso) il ricorrente deduce ex art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ. la violazione dell’art. 132 co. 4 cod. proc. civ. in relazione all’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. per omesso esame delle difese dell’appellato Consorzio. Evidenzia che in appello aveva esposto ulteriori elementi di interpretazione degli atti e dei documenti al fine di corroborare la sentenza di primo grado, elementi che trascrive da pag. 47 a pag. 54 del ricorso, lamentando che la sentenza non li abbia in alcun modo esaminati; aggiunge che nella comparsa conclusionale in appello il Consorzio aveva specificamente esaminato i precedenti, con deduzioni che trascrive da pag. 54 a pag. 61, e quindi sostiene che la sentenza, se avesse voluto confermare quella giurisprudenza per relationem, avrebbe dovuto esporre le ragioni per le quali riteneva di non potersi discostare dai precedenti.
3.1.Il motivo è infondato.
Come già esposto nella disamina del secondo motivo di ricorso, la Corte d’appello ha motivato per relationem alla sentenza della Corte d’appello di Roma n. 2455/2012 confermata da Cass. 22216/2018, esponendo le ragioni di quella pronuncia che ha recepito. La circostanza che di seguito la sentenza abbia elencato un’altra serie di propri precedenti e delle relative sentenze della Cassazione che li avevano confermati non significa che la motivazione sia stata eseguita per relationem anche a quei precedenti; infatti, la sentenza non contiene alcun riferimento al contenuto di quelle sentenze finalizzato a sostenere che le argomentazioni sulle quali si erano fondate le relative decisioni fossero condivise e fatte proprie. Il richiamo a quei precedenti è stato finalizzato esclusivamente a esprimere il concetto che questioni analoghe erano state già decise più volte, in senso analogo a quello già
esposto nella parte precedente della motivazione; quindi, neppure sulla base della tesi della ricorrente la sentenza aveva ragione di prendere in esame le argomentazioni critiche addotte dal Consorzio avverso quei precedenti, non avendo inteso la sentenza porre le argomentazioni svolte in quei precedenti a fondamento della sua decisione.
Per altro verso, si esclude che la sentenza, al fine di non incorrere in vizio di motivazione, dovesse analiticamente prendere in esame e confutare le argomentazioni svolte dal Consorzio appellato per indurre la Corte d’appello a discostarsi dal suo precedente di cui alla sentenza n. 2455/2012 e da Cass. 22216/2018. Si rammenta il principio secondo il quale, sulla base dell’attuale formulazione dell’art. 360 co.1 n. 5 cod. proc. civ., non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost. e nel processo civile dall’art. 132 co.2 n. 4 cod. proc. civ.; il sindacato di legittimità rimane circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale e tale obbligo è violato, concretandosi nullità processuale deducibile ex art. 360 co. 1 n.4 cod. proc. civ., qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, o viziata da manifesta e irriducibile contraddittorietà o sia perplessa e incomprensibile, purché il vizio risulti dallo stesso testo della sentenza, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; al di fuori di tali ipotesi il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un fatto storico, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia decisivo ai fini di una diversa ricostruzione della controversia (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 6-3 25-9-2018 n. 22598 Rv. 650880-01, Cass. Sez. 1 3-32022 n. 7090 Rv. 664120-01). Nella fattispecie, come già rilevato, la motivazione svolge un ragionamento effettivo, coerente e pienamente
comprensibile, in quanto ha esposto le ragioni per le quali ha escluso il diritto del Consorzio a ottenere un volume di documenti da trattare maggiore di quello ottenuto; quindi gli argomenti del ricorrente potrebbero, al più, porre questioni di sufficienza della motivazione, irrilevanti a fronte dell’attuale formulazione dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ.
4.Con il quarto motivo (da pag. 64 a pag. 76 del ricorso) il ricorrente deduce , ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e 5 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 1362, 1363, 1366 cod. civ. in relazione alla domanda di risarcimento dei danni per mancata assegnazione del complessivo volume di lavoro previsto dalle delibere INPS n. 59/1982 e 117/1982 e la conseguente violazione degli artt. 1987 e 1355 cod. civ. Lamenta che la sentenza non abbia esaminato gli atti in concatenazione temporale ma separatamente e non gli uni per mezzo degli altri, al punto di snaturarne il contenuto e quindi in violazione delle disposizioni di cui agli artt. 1362 e ss. cod. civ.; evidenzia che la riunione ministeriale del 26-5-1982 sia successiva alla delibera n. 59/1982, che è del 26-3-1982, e quindi l’accordo per l’assunzione di seicento dipendenti sia in funzione della delibera; sostiene che la delibera n. 59/1982 abbia operato la ricognizione delle necessità dell’Istituto e abbia deliberato l’assegnazione in unico appalto a trattativa privata per lo smaltimento mediante lettura ottica di oltre 260 milioni di documenti; successivamente il Ministero del Lavoro e le parti sociali si accordavano con quattro imprese per l’affidamento del service e il contemporaneo assorbimento di seicento lavoratori; di seguito con la delibera n. 117 l’INPS decide va di affidare una prima serie di documenti, quelli considerati più importanti. Quindi il ricorrente sostiene che, in tale contesto complessivo, si debba obbligatoriamente escludere che l’INPS non avesse l’obbligo di assegnare alle quattro aziende tutti i documenti oggetto della ricognizione eseguita con la
delibera 59/1982; sostiene che il nesso teleologico tra gli atti era costituito dalla necessità di smaltire l’enorme arretrato accumulato e lamenta che i documenti non siano stati letti gli uni per mezzo degli altri e nemmeno unitariamente, mancandosi di dare conto della sequenza temporale della vicenda a fattispecie complessa, con il risultato di giungere a una interpretazione illogica.
4.1.Il motivo è infondato per la ragione, assorbente rispetto a ogni altra, che si basa sulla tesi che le delibere del Consiglio di amministrazione dell’INPS avessero efficacia vincolante ai fini dell’individuazione dei volumi di lavoro da assegnare all’appa ltatore. Infatti, è già stato enunciato il principio secondo il quale, in tema di contratti degli enti pubblici, stante il requisito della forma scritta imposto a pena di nullità per la stipulazione, la volontà negoziale degli enti medesimi deve essere des unta solo dal contenuto dell’atto, senza poter farsi ricorso alle deliberazioni dei rispettivi organi competenti, le quali rilevano ai soli fini del procedimento di formazione della volontà, attenendo alla fase preparatoria del negozio, e sono quindi prive di valore interpretativo o ricognitivo delle clausole negoziali, a meno che non risultino espressamente richiamate dalle parti (Cass. Sez. 1 28-52018 n. 13301 Rv. 649158-01, in controversia del tutto analoga a quella oggetto del presente giudizio, Cass. Sez. 1 9-5-2018 n. 11190 Rv. 649029-01, Cass. Sez. 3 24-7-2013 n. 17946 Rv. 627864-01). Come hanno rilevato da ultimo Cass. Sez. 1 15-1-2024 n. 1391 (da pag.9) e Cass. Sez. 1 15-1-2024 n. 1380 (da pag.9) -entrambe pronunciate tra le stesse parti del presente giudizio- la natura preparatoria delle delibere, aventi efficacia meramente interna, in quanto inserite nel procedimento di formazione della volontà dell’Istituto, risulta sufficiente a giustificare anche l’esclusione della possibilità di ravvisare un collegamento negoziale tra le stesse e il contratto di appalto stipulato con il Consorzio; ciò in quanto rispetto
all’appalto esse non si configurano come atti distinti, tipologicamente eterogenei, funzionalmente autonomi e teleologicamente coordinati in vista della realizzazione di un più ampio e unitario assetto di interessi, ma si configurano come atti prodromici privi di effetti propri e preordinati esclusivamente alla formazione dell’atto in cui il procedimento è sfociato. Come pure rilevato da Cass. 1391/2024, a maggior ragione deve escludersi la configurabilità di un collegamento negoziale tra il contratto di ap palto e l’accordo ministeriale, risultando pacifico che l’Istituto non aveva partecipato alla stipulazione di quell’accordo e non essendo stato dedotto che il nesso teleologico ipotizzato tra gli atti si sia tradotto in specifiche clausole del contratto di appalto; ciò, come pure rilevato da Cass. 1391/2024, senza alcun contrasto con i principi posti da Cass. 22216/2018, secondo cui il collegamento negoziale può sussistere anche tra atti giuridici di natura diversa. Nemmeno le critiche alla pronuncia di Cass. 1391/2024 svolte dal ricorrente nella memoria illustrativa colgono nel segno, in quanto l’affermazione che le delibere amministrative fossero atti amministrativi ‘a conclusione’ del procedimento che ha portato l’INPS ad affidare i servizi in appalto è in sé contraddittoria, essendo le delibere precedenti alla conclusione dei contratti.
5.Con il quinto motivo (da pag. 76 a pag. 79 del ricorso) il ricorrente deduce la violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. degli artt. 1362, 1363 e 1366 cod. civ. in relazione alla presupposizione, lamentando che la sentenza abbia escluso l’esistenza della presupposizione rappresentata dall’accordo sinda cale del maggio 1982, dichiarando che le delibere n. 59 e n. 117 si limitavano ad autorizzare solo alcune attività e una specifica nota del 20-6-1982 aveva precisato che le assunzioni avrebbero avuto effetto solo in caso di aggiudicazione dell’appalto. Evidenzia che tale ragionamento non esclude la presupposizione e che, in questo caso, le quattro società
avevano assunto ad hoc duecentocinquanta lavoratori e fatto investimenti per miliardi sul presupposto di dovere trattare milioni di documenti; rileva che l’accordo ministeriale era successivo alla deliberazione n. 59/1982 che ne fa menzione, che l’accordo era necessario perché l’INPS potesse risolvere il problema dell’arretrato e avrebbe dovuto essere interpretato anche alla stregua della presupposizione, così da condurre all’interpretazione delle delibere nell’unico senso possibile, e cioè che l’oggetto de lle delibere rappresentava una obbligazione per l’INPS, tenuto ad affidare in service alle aziende tutto il quantitativo di documenti.
5.1.Il motivo è infondato.
Come sul punto rilevato da Cass. 1380/2024 già citata, pronunciata tra le medesime parti, da pag.10, ai fini della configurabilità della presupposizione, è necessario che: a)la condizione non espressa sia comune a tutti i contraenti, b)l’evento presupposto sia stato assunto come certo nella rappresentazione delle parti, c)si tratti di un presupposto obiettivo, consistente cioè in una situazione di fatto il cui venire meno o il cui verificarsi sia del tutto indipendente dall’attività e volontà dei contraenti e non corrisponda, integrandolo, all’oggetto della specifica obbligazione. Come pure ril evato da Cass. 1380/2024, l’assegnazione dell’intero volume dei documenti e l’assunzione dei dipendenti delle società, in quanto dipendenti dalla volontà rispettivamente dell’Istituto e del Consorzio, non avrebbero potuto in nessun caso integrare la presupposizione, potendo al più costituire oggetto di specifiche obbligazioni a carico delle parti, se e in quanto fossero state espressamente contemplate dal contratto di appalto.
6.Con il sesto motivo (da pag. 80 a pag. 84 del ricorso) il ricorrente deduce la violazione ex art. 360 co. 1 n. 4 cod. proc. civ. degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ. in relazione all ‘omessa condanna dell’INPS al
risarcimento del danno per inadempimento nello specifico contratto. Il ricorrente evidenzia che la sentenza impugnata si è occupata esclusivamente del mancato affidamento di tutto il materiale di cui alle delibere n.59 e n. 117 e dell’accordo sindacale e non ha trattato affatto dell’inadempimento dell’ IN PS nel merito specifico dell’appalto per la lettura ottica denominato Moduli Vari, come individuato dalla sentenza di primo grado e consistito nel non avere posto il Consorzio nella condizione di provvedere alle lavorazioni immettendo immediatamente i documenti nel ciclo di trattamento informatico. Rileva che la sentenza sul punto è nulla in quanto priva di motivazione e comunque affetta dal vizio di omessa pronuncia.
6.1.Il motivo è fondato.
La sentenza di primo grado aveva individuato come distinto profilo di inadempimento dell’INPS quello riferito alle modalità con le quali erano stati consegnati i documenti da trattare, in termini tali da non consentire di provvedere immediatamente alle lavorazioni ma richiedendo operazioni preliminari non comprese nell’oggetto del contratto; aveva ritenuto che anche quel profilo di inadempimento giustificasse il risarcimento del danno, poi equitativamente determinato in via complessiva con riguardo a tutti gli inadempimenti imputati all’INPS. La sentenza impugnata , come già esposto, ha escluso l’inadempimento riferito al fatto di non avere garantito i flussi di lavoro individuati nelle delibere n.59 e n.117, con motivazione che resiste a tutte le critiche del ricorrente; invece la sentenza, seppure abbia dichiarato che era smentita anche l’affermazione della sentenza di primo grado riferita al fatto che l’Istituto non aveva posto il Consorzio in condizione di provvedere alle lavorazioni attraverso l’immediata immissione di materiali nel ciclo di trattamento, non ha in alcun modo esplicitato il ragionamento sul quale ha fondato l’affermazione, che perciò rimane totalmente apodittica, priva di una qualsiasi
giustificazione e tale da non rispettare il minimo costituzionale. Infatti, si deve anche escludere che la motivazione possa essere stata legittimamente eseguita per relationem ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ. , per il fatto che uno o più dei precedenti della Corte d’appello di Roma o della Corte di Cassazione richiamati dalla sentenza avessero esaminato anche questa questione: in mancanza di qualsiasi riferimento al contenuto dei precedenti con riguardo al profilo di inadempimento in discussione, necessario per comprendere in quali termini la sentenza avrebbe inteso aderire e recepire i precedenti anche sul punto, la motivazione è inesistente, secondo i principi che sono già stati sopra esposti.
7. L’accoglimento del sesto motivo comporta la cassazione sul punto della sentenza impugnata, per cui il giudice del rinvio deciderà facendo applicazione dei principi enunciati e attenendosi a quanto sopra esposto, statuendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto motivo di ricorso, rigetta gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione