Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3879 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3879 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26076/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore Generale, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del titolare, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME;
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di RAGIONE_SOCIALE n. 582/2020 depositata il 09/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
Come si evince dalla sentenza impugnata, l’RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo numero 4726/2011 con il quale le era stato ingiunto il pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE, della somma di euro 42.071,68 € oltre interessi e spese, per prestazioni sanitarie eseguite nel periodo marzo agosto 2011; l’RAGIONE_SOCIALE, invece, deduceva di aver corrisposto ancor prima del deposito del ricorso monitorio, le prestazioni portate dalle distinte contabili per i mesi da marzo ad agosto del 2011, mediante bonifici e imputazione dei pagamenti, ai sensi dell’articolo 1193 co. 1 c.c.; chiedeva quindi la revoca dell’opposto decreto ingiuntivo.
RAGIONE_SOCIALE chiedeva il rigetto dell’opposizione rilevando l’inapplicabilità dell’articolo 1193 c.c. ricorrendo l’ipotesi di pagamento parziale di cui all’art. 1194 c.c. atteso che fra le parti intercorrevano debiti della stessa specie, con conseguente imputazione dei pagamenti eseguiti prima agli interessi dovuti e poi il capitale.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE accoglieva l’opposizione dell’RAGIONE_SOCIALE revocando il decreto ingiuntivo e compensando le spese del giudizio.
La Corte d’Appello di RAGIONE_SOCIALE, con la sentenza n. 582 del 9 giugno 2020, accoglieva l’appello e riformava la sentenza impugnata condannando l’RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 42.071,68, oltre interessi moratori ex D.lgs n. 231/2002.
Propone ricorso in cassazione, sulla base di 2 motivi, l’RAGIONE_SOCIALE.
3.1. Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
Considerato che
4.1. Con il primo motivo parte ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1193 e 1194 c.c.
Denuncia che la Corte territoriale, partendo dall’erroneo presupposto della riconducibilità del servizio di erogazione dei farmaci ad un unico rapporto tra RAGIONE_SOCIALE e farmacia, ha ritenuto applicabile l’art. 1194, comma 2, c.c. Quando invece, trattandosi di una pluralità di crediti, i criteri di imputazione di pagamento sarebbero quelli dettati dall’art. 1193, comma 1, c.c.
4.2. Con il secondo motivo, l’RAGIONE_SOCIALE si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1193 e 2697 c.c. (art. 360, comma 1 n. 3). L’errore sarebbe consistito nell’aver ritenuto provata l’esistenza e l’esigibilità del credito della farmacia in assenza di idonee risultanze probatorie.
Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 366 n. 3 c.p.c.
Il ricorso non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366, primo comma n. 3, cod. proc. civ., che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione capace di garantire alla Corte di cassazione una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 18/05/2006, n. 11653). La prescrizione del requisito non soddisfa un’esigenza di mero formalismo, ma è votata a consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure
rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. n. 2602 del 2003). Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’articolo 366 comma primo n. 3 cod. proc. civ. è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.
Poiché il ricorso, nell’esposizione del fatto, non rispetta tali contenuti è inammissibile.
E comunque i due motivi sarebbero entrambi inammissibili per difetto del principio di autosufficienza e specificità del ricorso per cassazione.
Infatti, nel ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE, non risultano richiamati e tantomeno trascritti integralmente le parti dei documenti e/o atti ritenute rilevanti e necessarie ai fini della decisione dei motivi di censura, per cui la Suprema Corte di Cassazione adìta, nel procedere alla lettura del ricorso, non viene posta nelle condizioni di esaminare in fatto e in diritto le questioni sollevate dal ricorrente, né di pronunciarsi sulle stesse.
Quanto, invece, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., costituisce precipuo onere del ricorrente quello di specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando tutti gli elementi che diano al giudice di legittimità la possibilità di provvedere al diretto controllo della decisività dei punti controversi e della correttezza e sufficienza della motivazione della decisione impugnata. Tale onere, secondo quanto ribadito da consolidato orientamento giurisprudenziale, è condizione di ammissibilità del
ricorso, per cui, nel rispetto del principio di autosufficienza, ‘il ricorrente deve indicare precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso’ (v. Cass. civ., Sez. lav., Ord., 6/07/2023, n. 19209; Cass. civ., Sez. III, Ord., 31/05/2023, n. 15442; Cass. civ., Sez. I, Ord., 4/05/2023, n. 11716; Cass. civ., Sez. V, Sent., 24/03/2023, n. 8472; Cass. civ., Sez. III, Ord., 14/02/2023, n. 4571; Cass. civ., Sez. V, 20/07/2022, n. 22680; Cass. civ., Sez. V, Ord., 13/01/2021, n. 342; Cass. civ. Sez. V, Ord., 15/12/2020, n. 28588; Cass. civ. Sez. VI – 5, Ord., (ud. 26/02/2020) 08/07/2020, n. 14201).
Del resto, la sentenza impugnata ha deciso la questione di diritto per cui è causa in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il rapporto tra RAGIONE_SOCIALE) e farmacie ha fonte legale (d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 e d.p.r. 8 luglio 1998, n. 371) ed è unitario, sebbene le prestazioni siano plurime, continuative e rimborsate periodicamente (v. Cass. civ., Sez. III, Ord., 21/03/2022, n. 8994; Cass. civ., Sez. III, Ord., 18/12/2019, n. 33674Cass. civ., Sez. III, Ord., 12/02/2019, n. 3968; orientamento evidenziato anche in Cass. civ., SS. UU., 20/11/2020, n. 26496, nel pronunciarsi sulla tipologia di tasso applicabile nei rapporti obbligatori tra Aziende sanitarie e farmacie).
Di tal che, i singoli pagamenti eseguiti dall’RAGIONE_SOCIALE alle farmacie integrano adempimenti parziali di quell’unico rapporto e perciò, in base al criterio legale dettato dall’art. 1194, comma 2, c.c., non possono essere dal debitore-RAGIONE_SOCIALE imputati in conto capitale senza il consenso del creditore-farmacia (v. Cass. civ., Sez. I, Ord., 12/02/2021, n. 3644; Cass. civ., Sez. I, 3/08/2017, n. 19426;
Cass. civ., Sez. III, 24/02/2014, n. 4267; Cass. civ., Sez. V, 12/02/2014, n. 3100).
Nel caso di specie, la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi, qualificando come unico il servizio reso dalla RAGIONE_SOCIALE all’RAGIONE_SOCIALE, frutto di prestazioni sanitarie plurime rese con continuità nell’ambito del medesimo rapporto, disciplinato dalla convenzione farmaceutica e dalla concessione rilasciata dalla stessa RAGIONE_SOCIALE in esecuzione dell’accordo collettivo trasfuso nel d.p.r. n. 371/1998 (cfr. pp. 4 -5, sentenza n. 582/2020).
Né, del resto, il ricorrente ha indicato elementi per mutare tale consolidato orientamento, così incorrendo in una palese violazione dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., in combinato con l’art. 360bis, comma 1, n. 1, c.p.c. Questo perché l’orientamento giurisprudenziale, condiviso da questo Collegio, è univoco nell’affermare che, quando col ricorso per cassazione si denuncia la violazione o la falsa applicazione di norme di diritto, il principio di specificità impone al ricorrente, per non incappare nell’inammissibilità, di confrontare la ratio decidendi della sentenza con la giurisprudenza della Corte e, in caso di conformità, fornire argomenti per mutare giurisprudenza (cfr. Cass. civ., Sez. I, Ord., 26/11/2018, n. 30535; nello stesso senso, ex plurimis, da ultimo Cass. civ., Sez. I, Ord., 12/01/2023, n. 704; Cass. civ., Sez. VI-5, Ord., 14/09/2022, n. 27086; Cass. civ., Sez. V, Ord., 26/05/2022, n. 17152; Cass. civ., Sez. V, Ord., 12/11/2021, n. 33794).
6. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 4.200, di cui euro 4.000,00 per onorari, oltre a
spese generali ed accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza