Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5744 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2   Num. 5744  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
SENTENZA
sul ricorso 34774-2019 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso da se stesso, nonché dall’avvocato NOME  COGNOME  giusta  procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE,  rappresentata  e  difesa  dall’avvocato NOME COGNOME, giusta procura in calce al controricorso
-controricorrente –
avverso  l’ordinanza  del  TRIBUNALE  DI  RAGIONE_SOCIALE  n.  101/2019, depositata il 19 aprile 2019;
lette le conclusioni d el Pubblico Ministero, in persona  del Sostituto  Procuratore  Generale,  AVV_NOTAIO  COGNOME,  che  ha concluso l’accoglimento solo del tredicesimo motivo di ricorso; lette le memorie RAGIONE_SOCIALEe parti;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella pubblica udienza del 20 febbraio 2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito  il  Pubblico  Ministero,  in  persona  del  Sostituto  Procuratore Generale, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso l’accoglimento solo del tredicesimo motivo di ricorso;
uditi  gli  avvocati  NOME  COGNOME  e  NOME  COGNOME  per  il ricorrente e l’avvocato Water NOME COGNOME per la controricorrente;
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. L’AVV_NOTAIO, previo rilascio del parere di congruità da  parte  del  RAGIONE_SOCIALE, relativamente  ai  compensi  per  l’attività  asseritamente  svolta  in favore  RAGIONE_SOCIALEa  società  RAGIONE_SOCIALE  (di  seguito  ‘RAGIONE_SOCIALE‘), depositava sette autonomi ricorsi innanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE  al  fine  di  ottenere  altrettanti  decreti  ingiuntivi  contro  la società.
Ricevuta la notifica dei setti decreti ingiuntivi, emessi in accoglimento  dei  ricorsi  proposti  dal  professionista,  la  RAGIONE_SOCIALE proponeva altrettante tempestive opposizioni.
Nelle  more,  al  fine  di  evitare  il  rischio  di  plurime  iniziative giudiziarie  da  parte  RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO,  che  le  aveva  comunicato l’esito  positivo  RAGIONE_SOCIALEe  delibere  adottate  dal  RAGIONE_SOCIALE  e  preannunciato  la  volontà  di  adire
l’autorità giudiziaria per ottenere il  soddisfacimento  del  suo credito, la società RAGIONE_SOCIALE instaurava, con atto di citazione notificato in data 16 novembre 2015, la causa per l’accertamento negativo dei crediti nei confronti RAGIONE_SOCIALEo stesso avvocato innanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE.
Con comparsa di risposta depositata in data 29 febbraio 2016 si costituiva in giudizio l’AVV_NOTAIO che, avendo nelle more già esercitato le sue pretese per undici RAGIONE_SOCIALEe quaranta parcelle menzionate attraverso la proposizione dei ricorsi monitori innanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE e di uno innanzi al Giudice di Pace di RAGIONE_SOCIALE, chiedeva il rigetto RAGIONE_SOCIALEa domanda ed in via riconvenzionale la liquidazione dei compensi per l’attività difensiva svolta in altri procedimenti giudiziari di cui ad altre parcelle per le quali non erano stati emessi decreti ingiuntivi.
Nel corso RAGIONE_SOCIALEa trattazione, su invito del Tribunale adito, la società attrice limitava la propria domanda di accertamento negativo ai soli crediti oggetto RAGIONE_SOCIALEa domanda riconvenzionale RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, con la conseguenza che, non rientrando tra essi i crediti oggetto dei decreti ingiuntivi contro i quali la stessa società aveva instaurato i giudizi di opposizione, non sussisteva coincidenza tra l’oggetto RAGIONE_SOCIALEa causa di accertamento negativo dei crediti e quello dei giudizi di opposizione ai decreti monitori.
Il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, con ordinanza n. 101 del 19 aprile 2019, nel rigettare le domande RAGIONE_SOCIALEa società RAGIONE_SOCIALE, accoglieva quelle del convenuto e condannava la società al pagamento di € 135.105,20,  oltre  accessori  di  legge,  interessi  e  spese  legali,  a titolo  di  compenso  in  favore  RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO  per  le diverse  attività  professionali  svolte,  con  detrazione  RAGIONE_SOCIALEa  somma di € 34.275,22 già versata dalla società, compensando tra le parti
le  spese  di  lite  in  misura  pari  alla  metà  e  con  condanna  RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE  alla  rifusione  RAGIONE_SOCIALEa  restante  metà  a  favore  del professionista.
Per la cassazione di tale ordinanza l’AVV_NOTAIO ha proposto  ricorso  sulla  base  di  quattordici  motivi,  illustrati  da memorie.
La  società  RAGIONE_SOCIALE  resiste  con  controricorso  a  sua  volta illustrato da memorie.
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 2237, 1725, 1469, 1362, 1363, 1366, 1373 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per aver il Tribunale errato nel liquidare il compenso con riferimento all’assistenza legale stragiudiziale di cui alla convenzione per attività di consulenza e assistenza legale stragiudiziale stipulata tra la società RAGIONE_SOCIALE e l’AVV_NOTAIO in data 1° luglio 2009 e dalla quale la società ha receduto in data 24 ottobre 2014, con effetto dal 1°ottobre 2014. Il giudice di merito avrebbe erroneamente accolto la domanda riconvenzionale, sull’assunto che non fosse stata provata la presenza di una manifesta volontà RAGIONE_SOCIALEe parti di addivenire ad una deroga convenzionale al potere di recesso ad nutum RAGIONE_SOCIALEa società committente. In particolare, a parere del ricorrente, il Tribunale adito non avrebbe tenuto conto del fatto che la giurisprudenza di legittimità sarebbe costantemente orientata nel ritenere che l’apposizion e di un termine ad un rapporto di collaborazione professionale continuativo, come nel caso di specie, sarebbe sufficiente di per sé ad escludere la facoltà di recesso ad nutum ex art. 2237, co. 1, c.c., senza la necessità RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore indagine in concreto, in
relazione  alle  pattuizioni  convenute,  RAGIONE_SOCIALEa  volontà  RAGIONE_SOCIALEe  parti  di escludere il recesso tramite la previsione di un termine di durata massima del relativo rapporto.
Inoltre, secondo il ricorrente sarebbe applicabile in via analogica -sulla  base  di  un’equiparazione  tra  il  contratto  di  mandato  ed  il contratto d’opera intellettuale -l’art. 1725 c.c. in tema di revoca del mandato oneroso, il quale prevede a carico del mandante, che recede  prima  RAGIONE_SOCIALEa  scadenza  del  termine  o  del  compimento RAGIONE_SOCIALE‘affare, un’obbligazione risarcitoria.
Ulteriore errore in cui sarebbe incorso il giudice di merito secondo il ricorrente sarebbe l’aver trascurato la circostanza che la convenzione prevedeva, oltre al termine di durata, anche il compenso stabilito in misura forfettaria fissa annua e non determinata in modo variabile in proporzione all’attività svolta rendendo il contratto aleatorio, con la conseguenza che il professionista avrebbe diritto di conseguire il compenso previsto per l’intera durata del rapporto anche a seguito del recesso RAGIONE_SOCIALEa società.
Il motivo è infondato.
Tra  le  parti  era  stata  conclusa  una  convenzione  di  assistenza legale  stragiudiziale  in  data  1  luglio  2009  che  prevedeva  una durata  di  due  anni,  con  un  compenso  forfetario  annuale  di  € 30.000,00.  All’articolo  5  era  poi  previsto  che  la  convenzione  si sarebbe rinnovata automaticamente ‘di volta in volta, in assenza di disdetta da comunicarsi almeno due mesi prima RAGIONE_SOCIALEa scadenza’.
Ad avviso del Tribunale tale previsione non giustifica una deroga alla disciplina di cui all’art. 2237 c.c., in tema di recesso ad nutum da parte del committente, ed ha quindi concluso nel senso che la
volontà  di  recedere  manifestata  in  data  24  ottobre  2014  dalla società  era  pienamente  efficace,  e  legittimava  la  richiesta  di pagamento del compenso da parte del professionista solo per 24 giorni  del  mese  di  ottobre,  compenso  calcolato  sulla  base  RAGIONE_SOCIALEa somma dovuta per singolo mese in base alla convenzione, a sua volta  divisa  per  il  numero  dei  giorni  del  mese  di  ottobre  e moltiplicata per i giorni dal 1 al 24 ottobre.
La evidente sussunzione del rapporto tra le parti nella fattispecie RAGIONE_SOCIALEa prestazione d’opera intellettuale denota con evidenza come sia inconferente il richiamo RAGIONE_SOCIALEa difesa del ricorrente alla disciplina di cui all’art. 1725 c.c., essendo la disciplina del recesso rinvenibile nella specifica previsione di cui all’art. 2237 c.c., che consente al committente il recesso ad nutum, fatti salvi il diritto del professionista a ricevere il rimborso RAGIONE_SOCIALEe spese sostenute ed il corrispettivo per l’opera svolta (conf. Cass. n. 3707/1989, secondo cui, in tema di professioni intellettuali, non è applicabile la disposizione di cui all’art. 1725 cod. civ. secondo cui in caso di revoca del mandato oneroso, senza che ricorra una giusta causa, il mandante è obbligato al risarcimento del danno nei confronti del mandatario, poiché il recesso, in materia di incarichi professionali, è disciplinato espressamente dall’art. 2237 cod. civ., il quale, tenendo conto del particolare rapporto fiduciario che deve intercorrere tra cliente e professionista, concede al primo la facoltà di recedere unilateralmente dal contratto, restando a suo carico il solo obbligo di rimborsare al professionista le spese sostenute ed il compenso per l’opera prestata fino al momento del recesso).
Quanto alla incidenza su tale diritto RAGIONE_SOCIALEa previsione di un termine di  durata  del  rapporto,  la  decisione  impugnata  ha  fatto  corretto
riferimento alla più recente giurisprudenza di questa Corte che, a partire da Cass. n. 469/2016, ha chiarito che la previsione di un termine di durata del rapporto non esclude di per sé la facoltà di recesso “ad nutum” previsto, a favore del cliente, dal primo comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 2237 c.c., dovendosi accertare in concreto, in base al contenuto del regolamento negoziale, se le parti abbiano inteso o meno vincolarsi in modo da escludere la possibilità di scioglimento del contratto prima RAGIONE_SOCIALEa scadenza pattuita.
In linea con tale orientamento si è posta la prevalente successiva giurisprudenza,  sottolineando  come  la  sola  apposizione  di  un termine  non  deponga  per  la  deroga  alla  citata  norma,  essendo sempre necessaria una verifica in concreto di quella che è stata l’intenzione RAGIONE_SOCIALEe parti, ancorché non sia necessaria la conclusione di un patto specifico ed espresso (Cass. n. 21904/2018; Cass. n. 25668/2018; Cass. n. 27938/2024).
La peculiare modalità di manifestazione del recesso ex art. 2237 c.c., consentito al cliente ad nutum nei confronti del professionista intellettuale, si collega proprio alla natura prettamente fiduciaria di tale rapporto (Cass., 10/1/1962, n. 10), la quale postula una costante adesione del committente alle modalità RAGIONE_SOCIALEa sua attuazione (Cass., sez. 2, 17/3/1980, n. 1760, che sottolinea il carattere particolarmente fiduciario del rapporto avente ad oggetto una prestazione d’opera intellettuale sicché la facoltà di recesso del committente risulta elemento caratterizzante del rapporto; anche Corte cost., sentenza n. 25 del 1974, ha reputato che il recesso ad nutum del cliente deriva dalla circostanza che la prestazione del professionista è basata sulla fiducia e non è fungibile).
Si  è  anche  rimarcato  in  dottrina  che  il  recesso  (straordinario) irretroattivo ad nutum spettante al cliente si fonda su: accentuata fiduciarietà;  obbligazione  potestativa ex  parte  creditoris ;  tutela del contraente ‘debole’. Tutti elementi che convergono a garantire  l’interesse  all’estinzione,  rovesciando  l’ordine  sancito dall’art. 1372 c.c.
Una volta riconosciuta la possibilità di derogare alla previsione di cui all’art. 2237 c.c., è stato altresì specificato (cfr. Cass. n. 27938/2024), che, ove tale deroga non si ravvisi, poiché in caso di recesso del cliente non spetta il mancato guadagno, ma solo il compenso per la porzione di opera svolta, il recesso del cliente, giustificato o meno, non incide sulla determinazione RAGIONE_SOCIALEa misura del compenso, se non nel senso che esso è dovuto non per tutta l’opera commessa, ma solo per l’opera svolta. Sicché, anche in caso di pattuizione forfettaria del corrispettivo, correttamente la parte di esso spettante per le prestazioni rese alla data del recesso viene determinata in misura proporzionale rispetto all’intero compenso (Cass., 29/12/2020, n. 29745; di recente Cass., sez. 1, 26/4/2024, n. 11264; Cass. n. 1375/2025, richiamata dalla difesa del ricorrente, che però ha cassato la sentenza impugnata perché il giudice di merito non aveva verificato se vi fosse stata una deroga in concreto alla norma di cui all ‘art. 2237 c.c.). Se quindi vi è stata tra le parti una valida determinazione convenzionale del compenso, essa – salvo che le parti stesse abbiano manifestato una volontà contraria – rimane pur sempre applicabile anche nel caso di recesso del cliente, con la sola conseguenza che il compenso pattuito per l’intera opera dovrà essere proporzionalmente ridotto in relazione all’opera prestata (Cass., sez. 3, 11/10/1973, n. 2558; di recente Cass.,
sez.  2,  9/12/2022,  n.  36071,  con  riferimento  al  contratto  di prestazione professionale RAGIONE_SOCIALE‘avvocato in materia stragiudiziale).
Tali considerazioni escludono, quindi, al fine del riscontro circa la possibilità  di  rinvenire  nelle  previsioni  negoziali  una  volontà  di deroga alla norma di cui all’art. 2237 c.c., che la sola determinazione convenzionale di un compenso forfetario, correlato  all’intera  durata  prevista  del  contratto  implichi  una volontà in questa direzione.
Ritiene il Collegio che debba darsi continuità all’orientamento di Cass. n. 469/2016, e ciò alla luce RAGIONE_SOCIALEe considerazioni acutamente espresse da Cass. n. 25668/2018, che ha sottolineato come la sola previsione di un termine di durata non sia espressione inequivoca RAGIONE_SOCIALEa volontà di escludere il recesso ad nutum , e ciò perché il termine normalmente vale ad assicurare al cliente che il prestatore d’opera sia vincolato per un certo tempo nei suoi confronti, riferendosi all’andamento ordinario del rapporto, e non alla sua fase di risoluzione. In questo senso va evidenziata la diversità strutturale e funzionale tra termine finale di efficacia del contratto e recesso fondato sulla fiduciarietà del contratto, di guisa che la sola previsione del termine biennale RAGIONE_SOCIALEa convenzione e la regolamentazione RAGIONE_SOCIALEe modalità con le quali effettuare la disdetta in occasione RAGIONE_SOCIALEa scadenza convenzionale non equivalgono a configurare anche una, quanto meno implicita, volontà di derogare alla facoltà di recedere ad nutum .
A supporto di tale conclusione, si consideri, in materia di appalto di servizi, per il quale opera la norma di cui all’art. 1671 c.c., che del pari accorda al committente la facoltà di recedere ad nutum , quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui nessun  valido  motivo  consente  di  escludere,  per  l’appalto  di
prestazione continuativa di servizi, l’applicabilità del disposto di cui all’art. 1671 cod. civ. (dichiarazione di recesso del committente), non rilevando, in proposito, la esistenza di una clausola convenzionale che attribuisca la facoltà RAGIONE_SOCIALEa disdetta al committente entro un tempo predeterminato rispetto ad ogni scadenza contrattuale (Cass. n. 8254 del 29/08/1997; conf. Cass. n. 15335/2024, secondo cui l’accordo circa la durata e la rinnovazione del rapporto non comporta deroga all’art. 1671 c.c., trattandosi di previsioni tra loro non incompatibili, giacché il rinnovo automatico, in mancanza di disdetta entro il termine pattuito, produce i suoi effetti solo sulla durata del rapporto, ma lascia inalterata la facoltà del committente di recedere dal contratto in qualsiasi momento, anche in corso di esecuzione).
Una volta quindi escluso che la previsione di un termine di durata RAGIONE_SOCIALEa convenzione, con la regolamentazione anche RAGIONE_SOCIALEe modalità di disdetta alla scadenza, e la predeterminazione del compenso in misura forfetaria possano costituire indici univoci circa la volontà RAGIONE_SOCIALEe parti di apportare una deroga convenzionale alla previsione di cui all’art. 2237 c.c., il motivo si risolve in una critica alla interpretazione RAGIONE_SOCIALEa volontà RAGIONE_SOCIALEe parti offerta dal giudice di merito, attingendosi l’esito che non si connota di per sé né come direttamente violativo RAGIONE_SOCIALEe regole di ermeneutica contrattuale né come logicamente implausibile, il che ne denota l’infondatezza.
Il  secondo  motivo  di  ricorso  denuncia  la  violazione  o  falsa applicazione ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. RAGIONE_SOCIALE artt. 4, 7 e 8 D.M n. 55/2014 e RAGIONE_SOCIALEe tabelle 1-2 dei parametri ad esso allegate, in relazione alla liquidazione del compenso nelle cause di cui ai capi nn. 1, 2, 4, 5, 7, 8, 1027, 29 RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza impugnata per aver il Tribunale errato nel liquidare i compensi professionali
relativi a determinate attività. A parere del ricorrente, il Tribunale avrebbe, in primo luogo, erroneamente ritenuto che, quando più difensori siano nominati per la stessa causa, il loro compenso vada ridotto in ragione RAGIONE_SOCIALEa loro cooperazione, con conseguente arbitraria ed aprioristica diminuzione del compenso RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO ogni qual volta, e per il solo fatto che, abbia prestato la sua opera in collaborazione con altri difensori. Il Tribunale avrebbe in tal modo operato una valutazione qualitativa e quantitativa di merito RAGIONE_SOCIALEa prestazione d’opera intellettuale, indebita ed esclusa dal D. M. n. 55/2014.
Sempre in relazione all’ipotesi di più difensori il Tribunale sarebbe incorso in una contraddizione perché, nel riconoscere il diritto di ciascun difensore di pretendere per certe attività (come quella di studio)  il  pagamento RAGIONE_SOCIALE‘intero  compenso anche  nel caso di più difensori, avrebbe ridotto la retribuzione del professionista per la fase di studio.
Secondo il professionista, il giudice di merito avrebbe inoltre omesso non solo di tenere conto RAGIONE_SOCIALEe condizioni oggettive del cliente, criterio da intendersi sotto il profilo RAGIONE_SOCIALEe sue disponibilità economiche ex art. 4 D.M. n. 55/2014, ma anche di considerare la presenza costante del legale presso la società ed il diretto rapporto, attraverso la partecipazione nell’organo amministrativo, e cioè un segno indicativo e sostitutivo del parametro generale RAGIONE_SOCIALEa quantità e del contenuto RAGIONE_SOCIALEa corrispondenza che risulta necessario intrattenere con il cliente e altri soggetti ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1 D.M. n. 55/2014 ai fini RAGIONE_SOCIALEa liquidazione del compenso professionale.
Il ricorrente lamenta altresì che il Tribunale, pur avendo dichiarato  infondata  l’eccezione  RAGIONE_SOCIALEa  società  RAGIONE_SOCIALE,  che
sosteneva che l’AVV_NOTAIO fosse un mero domiciliatario,  avrebbe  erroneamente  liquidato  somme  inferiori rispetto a quelle che sarebbero state liquidate se il professionista, nel domandarne la determinazione, avesse agito a titolo di mero domiciliatario.
La somma liquidata, secondo il ricorrente, sarebbe non adeguata in quanto in violazione dei parametri generali di cui al D.M. n. 55/2014, ed in particolare per aver il Tribunale, non solo diminuito il compenso in misura maggiore rispetto alla percentuale del 50% prevista ex lege , ma anche per aver applicato un’ulteriore riduzione RAGIONE_SOCIALEo stesso al di fuori dei casi previsti dal comma 9, art. 4, D.M. n. 55/2014 e aver operato la liquidazione di compensi al di sotto dei minimi tabellari in violazione RAGIONE_SOCIALEa relativa disciplina.
Anche tale motivo deve essere disatteso.
Innanzi tutto, deve ritenersi che, ancorché nel motivo si denunci indistintamente per tutte le controversie ivi indicate la violazione del DM n. 55/2014, sebbene per alcune di queste sia stata correttamente fatta applicazione RAGIONE_SOCIALEe previgenti previsioni di cui al DM n. 140/2012, l’errata indicazione RAGIONE_SOCIALEa norma di riferimento non determini l’inammissibilità RAGIONE_SOCIALEa censura, atteso che il contenuto RAGIONE_SOCIALEe previsioni tariffarie risulta nella sostanza connotato da una continuità disciplinare tra i due DDMM.
Quanto alle censure che investono la riduzione del compenso per la presenza di una pluralità di difensori RAGIONE_SOCIALEa società, la decisione gravata  ha  fatto  corretta  applicazione  RAGIONE_SOCIALEa  previsione  di  cui all’art. 6 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 794/1942  (il cui contenuto risulta solitamente  riprodotto  all’interno  RAGIONE_SOCIALEe  varie  previsioni  tariffarie succedutesi  nel tempo),  secondo  cui,  anche  in  caso  di  più
avvocati, ognuno di essi ha diritto al pagamento del compenso nei confronti  del  cliente,  ma  in  relazione  all’opera  effettivamente prestata (cfr. ex multis Cass. n. 29822/2019; Cass. n. 22463/2010).
E’ stato altresì chiarito che (Cass. n. 20554/2017), in virtù del principio di cui all’art. 6 RAGIONE_SOCIALEa l. n. 794 del 1942, ove più avvocati siano incaricati RAGIONE_SOCIALEa difesa in un procedimento civile, ciascuno di essi ha diritto all’onorario nei confronti del cliente in base all’opera effettivamente prestata, che deve essere opportunamente dimostrata in caso di contestazioni del cliente, facendosi semplicemente salva dalla disposizione in esame la possibilità di apportare quella riduzione che fosse reputata giusta in rapporto al concorso RAGIONE_SOCIALE altri avvocati.
Una volta che sia stato dimostrato l’effettivo apporto del singolo professionista all’attività difensiva svolta, resta però rimessa alla valutazione discrezionale del giudice stabilire, nei limiti consentiti dalle previsioni tariffarie, il quantum del  compenso  dovuto, commisurato all’impegno profuso, e secondo quanto previsto, per quanto  rileva  in  questa  sede,  dagli  artt.  4,  co.  2,  del  DM  n. 140/2012 e dall’art. 4, co. 1, del DM n. 55/2014.
In particolare, come previsto dall’art. 4 del DM n. 55/2014, ai fini RAGIONE_SOCIALEa liquidazione del compenso si tiene conto RAGIONE_SOCIALEe caratteristiche,  RAGIONE_SOCIALE‘urgenza  e  del  pregio  RAGIONE_SOCIALE‘attività  prestata, RAGIONE_SOCIALE‘importanza, RAGIONE_SOCIALEa natura, RAGIONE_SOCIALEa difficoltà e del valore RAGIONE_SOCIALE‘affare,  RAGIONE_SOCIALEe  condizioni  soggettive  del  cliente,  dei  risultati conseguiti, del numero e RAGIONE_SOCIALEa complessità RAGIONE_SOCIALEe questioni giuridiche e di fatto trattate.
Quanto alla possibilità di riduzione dei compensi, mentre l’art. 11 del DM n. 140/2012 prevede una generale possibilità di riduzione
RAGIONE_SOCIALE stessi, senza dettare alcuna percentuale massima o minima, l’art.  4,  co.  2,  del  DM  n.  55/2014  prevede  RAGIONE_SOCIALEe  soglie,  ma facendo precedere tale indicazione dalla espressione ‘di regola’, che  è  scomparsa  solo  a  seguito  RAGIONE_SOCIALEe  modifiche  apportate  nel 2018 al ricordato DM.
La giurisprudenza di questa Corte ha segnalato come tale modifica non sia priva di rilevanza, e ciò in quanto ai fini RAGIONE_SOCIALEa liquidazione in sede giudiziale del compenso spettante all’avvocato nel rapporto col proprio cliente (ove ne sia mancata la determinazione consensuale), così come ai fini RAGIONE_SOCIALEa liquidazione RAGIONE_SOCIALEe spese processuali a carico RAGIONE_SOCIALEa parte soccombente o del compenso del difensore RAGIONE_SOCIALEa parte ammessa al patrocinio a spese RAGIONE_SOCIALEo Stato, solo dopo le modifiche RAGIONE_SOCIALE artt. 4, comma 1, e 12, comma 1, del d.m. n. 55 del 2014, apportate dal d.m. n. 37 del 2018, il giudice non può in nessun caso diminuire oltre il 50 per cento i valori medi di cui alle tabelle allegate (Cass. n. 10438/2023; Cass. n. 11102/2024).
Nella motivazione dei precedenti ora richiamati è stato ricordato che la c.d. riforma Bersani (d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in l. n. 248/2006), ha comportato l’abrogazione di tutte le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano, con riferimento alle prestazioni professionali, « l’obbligatorietà di tariffe fisse o minime », sul presupposto che tale scelta fosse imposta dalla normativa di rango comunitario, che non tollerava più un’imposizione vincolante RAGIONE_SOCIALEe tariffe professionali, essendo incompatibile con i principi comunitari di libera concorrenza e libera circolazione RAGIONE_SOCIALEe persone e dei servizi. L’art. 9, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in l. 24 marzo 2012, n. 27, ha provveduto all’abrogazione RAGIONE_SOCIALEe tariffe (comma 1), sostituendole
con i parametri (comma 2), ed a tale intervento normativo fece seguito l’emanazione RAGIONE_SOCIALEa l. 31 dicembre 2012, n. 247, recante la nuova disciplina RAGIONE_SOCIALE‘ordinamento forense e dunque concernente, a differenza del d.l. n. 1/2012, soltanto gli avvocati e non anche le altre figure di professionisti, ma l’art. 13, commi 6 e 7, di tale legge riprende i parametri già introdotti per tutte le professioni intellettuali dal d.l. n. 1/2012. Nelle more RAGIONE_SOCIALE‘emanazione RAGIONE_SOCIALEa legge n. 247/2012, stante l’avvenuta abrogazione RAGIONE_SOCIALEe tariffe, era stato però emanato il DM n. 140/2012, volto a fissare i nuovi criteri di determinazione dei compensi dei professionisti forensi che contiene l’esplicita affermazione del carattere sussidiario RAGIONE_SOCIALEa liquidazione giudiziale del compenso rispetto all’accordo RAGIONE_SOCIALEe parti e RAGIONE_SOCIALEa possibilità di ricorrere all’analogia per risolvere i casi non espressamente menzionati nel regolamento (entrambi esplicitati nell’art. 1, comma 1), nonché l’affermazione RAGIONE_SOCIALEa non vincolatività RAGIONE_SOCIALEe soglie indicate per la determinazione del compenso, nelle tabelle allegate al regolamento, anche a mezzo di percentuale sia nei minimi che nei massimi.
L’art. 13 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 247/2012, per ciò che attiene alla determinazione dei compensi, al comma 6, dispone che: ‘I parametri indicati nel decreto emanato dal Ministro RAGIONE_SOCIALEa giustizia, su proposta del CNF, ogni due anni, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘articolo 1, comma 3, si applicano quando all’atto RAGIONE_SOCIALE‘incarico o successivamente il compenso non sia stato determinato in forma scritta, in ogni caso di mancata determinazione consensuale, in caso di liquidazione giudiziale dei compensi e nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell’interesse di terzi o per prestazioni officiose previste dalla legge’, ed al successivo comma 7 precisa che: ‘I parametri sono formulati in modo da favorire la
trasparenza  nella  determinazione  dei  compensi  dovuti  per  le prestazioni professionali e l’unitarietà e la semplicità nella determinazione dei compensi’.
In  attuazione  di  tale  norma  è  stato  poi  emesso  il  DM  10  marzo 2014, n. 55, che ha sostituito integralmente, per gli esercenti la professione forense, sia la parte generale che quella che era loro specificamente dedicata (artt. 2 -14)  del  DM  20  luglio  2012  n. 140.
La novella, pur avendo lasciato immutato il criterio di liquidazione, per le quattro fasi processuali distinte già individuate, secondo una ripartizione valida per tutti gli organi giurisdizionali davanti ai quali venga svolta l’attività, e onnicomprensive, ha però nella sostanza confermato la possibilità di deroga ai valori minimi e massimi, quali scaturenti dalle percentuali di aumento e diminuzione massimi che il giudice può apportare ai valori medi, essendo stato valorizzato l’utilizzo RAGIONE_SOCIALE‘inciso ‘di regola’ per indicare l’entità RAGIONE_SOCIALE‘aumento o RAGIONE_SOCIALEa diminuzione, in quanto volto a sottendere come tali indicazioni non sono vincolanti per il giudice che può quindi anche discostarsi da esse nella misura che ritenga adeguata al caso specifico, purché ne dia conto in motivazione. A conforto di tale conclusione si pone anche la relazione illustrativa al DM n. 55/2014 che chiarisce tale aspetto laddove, nella parte dedicata ad illustrare la proposta del CNF, (par. b), affermando che il predetto inciso, così come l’avverbio ‘orientativamente’, erano stati introdotti al fine di sottolineare la non vincolatività dei parametri, in linea di continuità con quanto disposto dall’art. 1, comma 7, del DM n. 140/2012. La successiva giurisprudenza di legittimità ha avallato tale lettura RAGIONE_SOCIALEa norma, essendo pervenuta reiteratamente ad affermare che, nella
vigenza RAGIONE_SOCIALEe previsioni di cui al DM n. 55/2014, l’esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo dei parametri previsti, non è soggetto al controllo di legittimità, attenendo pur sempre a parametri indicati tabellarmente, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo in tal caso necessario che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di esso (Cass. n. 14198 del 05/05/2022; Cass. n. 19989 del 13/07/2021; Cass. n. 89 del 07/01/2021, Cass. n. 2386 del 31/01/2017; Cass. n. 11601 del 14/05/2018).
Resta però in ogni caso precluso al giudice di poter liquidare, al netto RAGIONE_SOCIALE esborsi, somme praticamente simboliche, non consone al  decoro  RAGIONE_SOCIALEa  professione»  (cfr.  ex  plurimis  Cass.  civ.,  31 gennaio  2017,  n.  2386;  Cass.  civ.,  31  luglio  2018,  n.  20183; contra,  Cass.  civ.,  17  gennaio  2018,  n.  1018  e  Cass.  civ.,  5 novembre 2018, n. 28267).
Poste  tali  coordinate  ermeneutiche,  le  censure  del  ricorrente appaiono prive di fondamento.
La decisione impugnata, in relazione a tutte le controversie in relazione alle quali è formulato il motivo, ha valutato in concreto l’apporto fornito dal ricorrente nella complessiva attività difensiva, rimarcando come in molti casi la strategia difensiva e le relative scelte fossero state operate essenzialmente da altri difensori, non potendosi però disconoscere il ruolo di difensore anche per il ricorrente, per avere apposto la sottoscrizione agli scritti difensivi, assumendone la paternità, anche ai fini RAGIONE_SOCIALE‘assunzione RAGIONE_SOCIALEa responsabilità.
Deve, pertanto, reputarsi che si sia tenuto conto proprio di quanto previsto dall’art. 6 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 794/1942, determinando il compenso sulla base RAGIONE_SOCIALEa valutazione in fatto circa l’effettivo apporto arrecato dal ricorrente all’attività difensiva complessivamente svolta nell’interesse RAGIONE_SOCIALEa cliente, individuando quindi, alla luce dei criteri dettati per la quantificazione, l’importo da riconoscere al professionista in relazione alle varie fasi nelle quali aveva svolto la sua attività, ed operando RAGIONE_SOCIALEe riduzioni in ragione RAGIONE_SOCIALEa diversificazione RAGIONE_SOCIALEe attività svolte.
Si  tratta  di  una  valutazione  RAGIONE_SOCIALE‘impegno  professionale  RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO che risulta imposta proprio dal dettato RAGIONE_SOCIALEe norme sopra richiamate,  e  che  implica  evidentemente  una  valutazione  anche qualitativa e quantitativa RAGIONE_SOCIALEe prestazioni effettuate, valutazione doverosa  ed  evidentemente  rimessa  al  giudice  di  merito,  senza che possa reputarsi che si tratti di valutazione preclusa a colui cui sia richiesto di procedere alla liquidazione in via giudiziale.
Piuttosto,  le  norme  indicate  impongono  al  giudice  di  dovere considerare, oltre che in via generale il pregio e la quantità RAGIONE_SOCIALEe prestazioni  offerte,  anche  la  loro  incidenza  e  rilevanza  nel  caso, qui  ricorrente,  di  attività  svolta  da  una  pluralità  di  difensori,  al fine di addivenire, come sopra ricordato, a quelle riduzioni rispetto allo  standard  tariffario  che  si  giustificano  anche  in  ragione  del diversificato impegno dei difensori impegnati nella difesa congiunta.
In  disparte  la  non  condivisibilità  del  richiamo  alle  condizioni oggettive del cliente (riferendosi l’art. 4 del DM n. 55 del 2014 a quelle soggettive), e la possibilità di includere in queste anche il riferimento alla situazione patrimoniale del cliente, deve ritenersi che  però  in  ogni  caso  si  tratti  di  un  elemento  che  concorre,
insieme agli altri dettati dalla norma,  nella formazione del convincimento del giudice in ordine alla individuazione del quantum da  liquidare, ma senza che allo stesso possa attribuirsi carattere  prevalente,  ben  potendo  risultare  recessivo,  ove  si reputi di dover valorizzare altri tra i criteri ivi indicati.
Ne  consegue  che  lamentare  l’omessa  valutazione  di  siffatta circostanza,  così  come  quello  RAGIONE_SOCIALEa  corrispondenza  intrattenuta con  la  cliente,  costituisce  una  critica  che  involge  apprezzamenti rimessi  alla  discrezionalità  del  giudice  di  merito,  che  sfuggono, ove  sia  adeguatamente  motivata  la  fissazione  del quantum ,  al sindacato di legittimità.
Quanto alla determinazione dei compensi in misura quantitativamente corrispondente a quella prevista per il domiciliatario, e ciò per effetto di una riduzione in misura percentuale superiore a quella prevista dalle previsioni tariffarie, in disparte l’inconferenza RAGIONE_SOCIALEa critica rispetto alle liquidazioni avvenute sotto il vigore del DM n. 140/2012, che rimetteva alla libera valutazione del giudice la quantificazione del dovuto, valga il richiamo alla non vincolatività RAGIONE_SOCIALEe dette percentuali nella vigenza del testo originario del DM n. 55/2014, che con l’utilizzo RAGIONE_SOCIALE‘espressione ‘di regola’, come sopra richiamato, lasciava margine al giudice di poter anche operare riduzioni in misura maggiore di quella indicata, e quindi anche per l’attività del domiciliatario.
Del tutto inconferente appare poi il richiamo alla diversa previsione  di  cui  al  co.  9  RAGIONE_SOCIALE‘art.  4  del  DM  n.  55/2014,  che concerne una previsione chiaramente dettata in termini sanzionatori  nei  confronti  del  professionista  e  che  assicura  una facoltà  di  riduzione  del  compenso  altrimenti  liquidabile,  mirando
appunto a penalizzare il negligente svolgimento RAGIONE_SOCIALEa prestazione professionale.
Infine, avuto riguardo all’entità RAGIONE_SOCIALEe somme in concreto liquidate, deve altresì escludersi che vi sia stato il riconoscimento di somme simboliche e comunque non consone al decoro RAGIONE_SOCIALEa professione.
Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., RAGIONE_SOCIALE‘art. 112 c.p.c. in relazione alla liquidazione del compenso nelle cause di cui ai capi nn. 1, 2, 4, 5, 7, 8, 1027, 29 RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza impugnata per aver il Tribunale effettuato un’automatica ed aprioristica riduzione RAGIONE_SOCIALE‘onorario ogni qual volta il professionista era incaricato con altri difensori in assenza di alcuna distinzione, da parte RAGIONE_SOCIALEa società, del trattamento retributivo a seconda RAGIONE_SOCIALEa misura di partecipazione. In merito alla misura di partecipazione RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO il Tribunale avrebbe ritenuto decisiva una parte RAGIONE_SOCIALEa corrispondenza intervenuta tra le parti -prendendo altresì in considerazione solo quella a lui sfavorevole -senza considerare altre comunicazioni che lo stesso avrebbe potuto fornire quale prova favorevole se la questione fosse stata oggetto di contraddittorio.
Il motivo è infondato.
In  caso  di  domanda  di  liquidazione  dei  compensi,  al  giudice compete la disamina di tutti gli elementi e le circostanze che, in base alle disposizioni normative applicabili, possano incidere sulla concreta determinazione del compenso dovuto, il che già esclude che fosse precluso al Tribunale di verificare, ed attribuire il giusto rilievo,  al  grado  ed  al  livello  di  partecipazione  RAGIONE_SOCIALE‘COGNOME  alla difesa affidata dalla società a più difensori.
Peraltro,  la  stessa  società  aveva  inteso  sin  dall’inizio  sminuire  il ruolo  del  ricorrente,  assumendo  che  lo  stesso  avesse  in  realtà svolto  la  funzione  di  mero  domiciliatario,  essendo  stata  svolta l’intera attività difensiva, intesa quale ideazione RAGIONE_SOCIALEa strategia e formazione RAGIONE_SOCIALE atti difensivi, da parte di altri difensori.
A fronte di tale linea difensiva, era quindi compito del giudice quello di verificare se il ruolo del ricorrente fosse quello di effettivo concorrente nell’adozione RAGIONE_SOCIALEe scelte processuali ovvero di mero domiciliatario, così che l’avere preso in esame ai fini RAGIONE_SOCIALEa liquidazione del compenso, la presenza di altri difensori rientra nelle verifiche che erano sollecitate al giudice di merito, dovendosi escludersi la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 112 c.p.c. nonché del principio del contraddittorio.
Infatti,  proprio  la  deduzione  difensiva  RAGIONE_SOCIALEa  società  sollecitava  il ricorrente a fornire la dimostrazione RAGIONE_SOCIALE‘entità del proprio effettivo apporto alla difesa RAGIONE_SOCIALEa controparte, il che rende palese altresì  l’infondatezza  RAGIONE_SOCIALEa  deduzione  circa  la  menomazione  del diritto  alla  prova,  scaturente  dall’essere  stata  esaminata  una questione senza la previa instaurazione del contraddittorio.
Infine, del tutto generica si palesa la doglianza quanto all’omessa valutazione RAGIONE_SOCIALEe prove contrarie addotte dall’attore, risultando invece inammissibile la censura quanto alla omessa considerazione di alcune RAGIONE_SOCIALEe prove documentali offerte dal ricorrente, non essendo dato denunciare, ove i fatti storici siano stati comunque presi in esame, che alcune prove siano state reputati di minore importanza rispetto a quelle invece ritenute idonee a formare il convincimento del giudice (cfr. Cass. S.U. n. 8054/2014).
6. Il quarto motivo di ricorso denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., in  ordine  alla  dedotta  prova  testimoniale  sulla  partecipazione RAGIONE_SOCIALE‘avvocato a tutte le attività per cui chiedeva la liquidazione del compenso, ed in particolare in relazione alle cause di cui ai capi nn.1, 2, 4, 5, 7, 8, 1027, 29 RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza impugnata.
Il quinto motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 187, co. 1, c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., in merito alla non necessità di assunzione dei mezzi di prova testimoniale sulla partecipazione RAGIONE_SOCIALE‘avvocato a tutte le attività processuali per cui chiedeva la liquidazione del compenso. In particolare, a parere del ricorrente, il Tribunale non avrebbe, da un lato, considerato in modo adeguato la presenza di documenti che provavano l’attività professionale effettivamente prestata dallo stesso ricorrente unitamente ad altro professionista e non ammesso, in quanto ritenuti irrilevanti, i mezzi di prova testimoniali dedotti, e, dall’altro lato, avrebbe erroneamente affermato che l’AVV_NOTAIO non aveva fornito la prova del proprio contributo alla redazione RAGIONE_SOCIALE atti.
I  motivi,  da  esaminare  congiuntamente  per  la  loro  connessione, sono privi di fondamento.
Anche a voler sorvolare sulla genericità RAGIONE_SOCIALEa formulazione dei capitoli di prova, rileva il Collegio che non risulta allegato che le richieste istruttorie, non ammesse dal Tribunale nel corso del giudizio, siano state poi oggetto di specifica reiterazione in sede di precisazione RAGIONE_SOCIALEe conclusioni, dovendo reputarsi che tale omissione ne determini un’implicita rinuncia (né deve trascurarsi il fatto che, come evidenziato dalla difesa RAGIONE_SOCIALEa società, la richiesta di ammissione RAGIONE_SOCIALEa prova da parte del ricorrente era
stata avanzata per l’ipotesi in cui  il  Tribunale  avesse  ritenuto  di ammettere la prova per testi RAGIONE_SOCIALEa  società,  trattandosi  quindi  di sollecitazione  evidentemente  condizionata  ad  un’eventualità  poi non verificatasi).
Il sesto motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., RAGIONE_SOCIALE‘art. 4 D.M. n. 55/2014 e RAGIONE_SOCIALEe tabelle 1-2 dei parametri ad esso allegate, in relazione alla liquidazione del compenso relativo alla causa di cui al capo n. 5 RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza impugnata per aver il Tribunale erroneamente ridotto del 30% il compenso liquidato al legale per la fase di studio, in considerazione RAGIONE_SOCIALEa sua costituzione in giudizio al termine RAGIONE_SOCIALE‘istruttoria.
A  parere  del  ricorrente,  il  giudice  di  merito  avrebbe  inoltre erroneamente  applicato  l’aumento  del  compenso  alle  varie  fasi processuali, anziché alla liquidazione globale al termine del processo di liquidazione nei limiti del 10% invece che del 20% per ciascuna parte oltre la prima.
Anche tale motivo deve essere disatteso.
Quanto  alla  prima  violazione  dedotta,  si  osserva  che  la  stessa investe  anche  in  questo  caso  un  apprezzamento  riservato  al giudice di merito, circa l’esercizio del potere di individuazione del quantum ,  sulla  base  RAGIONE_SOCIALEa  concreta  valutazione  RAGIONE_SOCIALEa  qualità  e quantità  RAGIONE_SOCIALEe  prestazioni  rese,  potere  che  appare  insindacabile ove congruamente e logicamente motivato.
Nella specie, la riduzione del compenso per l’attività di studio, in ragione  RAGIONE_SOCIALEo  stato  avanzato  del  processo  al  momento  in  cui  è avvenuta  la  costituzione  in  giudizio  RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO,  non  può reputarsi priva di logica giustificazione, e ciò in considerazione del fatto che anche lo studio RAGIONE_SOCIALEa controversia del quale è onerato il
nuovo difensore non può non tenere conto RAGIONE_SOCIALEa fase in cui versa il processo, e del fatto che, in ragione RAGIONE_SOCIALE‘esaurimento RAGIONE_SOCIALE‘istruttoria,  al  nuovo  difensore  era  verosimilmente  richiesta una minore attenzione in ordine alla strategia da adottare per la migliore tutela del cliente per ciò che riguarda appunto l’individuazione RAGIONE_SOCIALEe più opportune richieste istruttorie.
In relazione alla seconda violazione deve rilevarsi che la tesi del ricorrente, secondo, cui una volta riconosciuto l’aumento per la difesa RAGIONE_SOCIALEa società contro più parti, l’aumento non poteva essere attribuito che nella percentuale del 20 % (in luogo del 10% invece in concreto liquidato), contrasta ancora una volta con il dettato letterale RAGIONE_SOCIALE‘art. 4, co. 2, del DM n. 55/2014 nel quale l’espressione ‘di regola’ sorregge sia la scelta di riconoscere l’aumento per la difesa plurima sul lato passivo (cfr. Cass. n. 13595/2021; Cass. n. 269/2017, secondo cui la disposizione di cui all’art. 4, comma 2, RAGIONE_SOCIALEa tariffa professionale approvata con d.m. Giustizia n. 55 del 2014, che consente, nell’ipotesi di assistenza e difesa di una parte nei confronti più controparti, la liquidazione di un compenso unico aumentato sino al doppio, prevede una mera facoltà rientrante nel potere discrezionale del giudice, il cui mancato esercizio, ove motivato, non è denunciabile in sede di legittimità) sia l’individuazione RAGIONE_SOCIALEa percentuale reputata congrua a tal fine, essendo quindi rimessa alla valutazione discrezionale del giudice anche la possibilità di scendere al di sotto RAGIONE_SOCIALEa percentuale, in questo caso, suggerita dalla norma.
Il  settimo  motivo  di  ricorso  denuncia  la  violazione  o  falsa applicazione, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., RAGIONE_SOCIALE‘art. 4 D.M. n. 55/2014 e RAGIONE_SOCIALEe tabelle 1-2 dei parametri ad esso allegate
per aver il Tribunale, nella liquidazione del compenso relativo alla causa  di  cui  al  capo  n.  7  RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza  impugnata,  omesso  di considerare il valore RAGIONE_SOCIALEa domanda riconvenzionale. Il Tribunale non  avrebbe  correttamente  applicato  il  principio  per  cui  nella liquidazione  dei  compensi  a  carico  del  cliente  si  ha  riguardo  al valore corrispondente all’entità RAGIONE_SOCIALEa domanda.
Il motivo  è  infondato,  avendo  il  Tribunale,  nel  rispetto del principio  dettato  dall’art.  112  c.p.c.,  liquidato  i  compensi  in conformità RAGIONE_SOCIALEe indicazioni di valore RAGIONE_SOCIALEa controversia offerte dal ricorrente, che ha inteso contenerlo in relazione al contenuto RAGIONE_SOCIALEa domanda proposta nei confronti RAGIONE_SOCIALEa cliente, senza quindi tenere conto  del  diverso  ammontare  RAGIONE_SOCIALEa  domanda  riconvenzionale avanzata in quel giudizio.
L’ottavo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., RAGIONE_SOCIALE‘art. 4 D.M. n. 55/2014 e RAGIONE_SOCIALEe tabelle 1-2 dei parametri ad esso allegate in relazione alla liquidazione del compenso per la fase di studio relativo alle cause nn. 8, 10, 15 di cui all’ordinanza impugnata, per aver il Tribunale erroneamente ridotto l’onorario in percentuale dal 30% al 50% in ragione del subentro nella causa quando la stessa era stata pressoché integralmente istruita. A parere del ricorrente non vi sarebbe alcun legame tra la prestazione in termini di studio e lo stato di avanzamento RAGIONE_SOCIALEa causa, per cui non sarebbe legittima alcuna modulazione al ribasso RAGIONE_SOCIALE‘onorario che assuma a suo fondamento la circostanza che la costituzione del difensore avvenga in una determinata fase del giudizio iniziato.
Il  motivo  è  infondato,  potendosi  far  richiamo  a  quanto  sopra esposto in relazione all’analoga censura di cui al sesto motivo di ricorso.
Il nono motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa applicazione, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., RAGIONE_SOCIALE artt. 4 e 20 D.M. n. 55/2014 e RAGIONE_SOCIALEe tabelle 1-2 dei parametri ad esso allegate, in relazione alla liquidazione del compenso relativo alle cause nn. 12 e 13 di cui all’ordinanza impugnata per aver il Tribunale erroneamente negato il diritto al compenso relativo alla transazione stragiudiziale con cui si sono definite le suddette cause e per non aver, conseguentemente, riconosciuto quanto dovuto per la fase decisionale aumentato di un quarto.
Il motivo è infondato.
La  decisione  impugnata  ha,  con  accertamento  in  fatto,  ritenuto che  la  conciliazione  fosse  da  attribuire  al  contributo  causale  di altro  professionista,  escludendo  che  nella  stessa  avesse  giocato un ruolo attivo il ricorrente .
La censura si risolve in una generica contestazione RAGIONE_SOCIALE‘accertamento operato dal Tribunale ma soprattutto non tiene conto RAGIONE_SOCIALEa discrezionalità che l’art. 4, co. 6, del DM n. 55/2014 accorda al giudice quanto al riconoscimento del compenso aggiuntivo  invocato,  il  cui  esercizio  in  negativo  ben  si  legittima proprio  in  ragione  RAGIONE_SOCIALE‘assente  o  estremamente  limitato  apporto causale alla definizione stragiudiziale.
Il  decimo  motivo  di  ricorso  denuncia  la  violazione  e  falsa applicazione, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., RAGIONE_SOCIALE artt. 4 D.M.  n.  55/2014  e  RAGIONE_SOCIALEe  tabelle  1-2  dei  parametri  ad  esso allegate,  in  relazione  alla  liquidazione  del  compenso relativo alla causa  n.  13  di  cui  all’ordinanza  impugnata  per  non  aver  il
Tribunale adito liquidato autonomamente  l’attività svolta dal professionista nella fase di mediazione obbligatoria disposta dallo stesso  Tribunale  e  per  aver  riconosciuto  l’aumento,  possibile  in caso  di  assistenza  di  più  soggetti  aventi  la  stessa  posizione processuale,  nei  limiti  del  10%  anziché  del  20%  per  ciascuna parte oltre la prima non essendo le parti più di dieci.
Il motivo va rigettato.
Quanto alla percentuale di aumento correlato alla difesa  contro più soggetti, si rinvia a quanto  esposto  in occasione RAGIONE_SOCIALEa disamina  del  sesto  motivo  di  ricorso,  dovendosi  trarre  quindi  la conseguenza  RAGIONE_SOCIALEa  insussistenza  RAGIONE_SOCIALEa  dedotta  violazione  RAGIONE_SOCIALEe tariffe.
Quanto  invece  al  compenso  per  la  mediazione  obbligatoria,  la decisione ha correttamente evidenziato come il parametro di cui al  n.  25  bis  RAGIONE_SOCIALEa  tabella  allegata  al  DM  n.  55/2014  non  sia suscettibile  di  trovare  applicazione ratione  temporis ,  essendo stato  introdotto  solo  con  il  DM  n.  37/2018,  in  epoca  successiva cioè all’esaurimento RAGIONE_SOCIALE‘attività professionale RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE.
Tuttavia, anche per tale voce, l’art. 20 del DM n. 55/2014 utilizza l’espressione  ‘di  regola’,  che  evidentemente  evoca  l’esercizio  di un  potere  discrezionale,  e  che  non  consente  di  sostenere  che  il solo svolgimento RAGIONE_SOCIALE‘attività di per sé imponga la liquidazione del compenso,  avuto  riguardo  anche  al  fatto  che  la  norma  prevede altresì che l’attività stragiudiziale debba avere autonoma rilevanza.
La decisione gravata ha in tal senso sottolineato che la mediazione era stata imposta dal giudice, allorché aveva riscontrato  la  sua  colpevole  omissione,  onde  ottemperare  al rispetto RAGIONE_SOCIALEa condizione di procedibilità. E’ stato quindi accertato,
anche  in  ragione  RAGIONE_SOCIALEa  mancata  partecipazione  all’incontro  di mediazione RAGIONE_SOCIALEe controparti, che l’attività in questione ha rappresentato  una  mera  appendice  RAGIONE_SOCIALEa  fase  introduttiva  del giudizio,  negandosi  quindi  quel  carattere  di  autonoma  rilevanza che è il presupposto per la liquidazione del relativo compenso.
12. L’undicesimo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., RAGIONE_SOCIALE‘art. 2504-bis, co. 1, c.c. in relazione alla liquidazione del compenso relativo alla causa n. 28 di cui all’ordinanza impugnata per non aver il giudice di merito tenuto conto RAGIONE_SOCIALEa intervenuta fusione per incorporazione RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE nella società RAGIONE_SOCIALE, essendo pertanto quest’ultima tenuta a far fronte alle obbligazioni RAGIONE_SOCIALE‘incorporata. In particolare, il ricorrente avrebbe correttamente formulato la richiesta di pagamento a titolo di compenso professionale e indirizzato la relativa domanda giudiziale alla società RAGIONE_SOCIALE.
Il  Tribunale,  pur  dando  atto  RAGIONE_SOCIALEa  corretta  quantificazione  dei compensi  da  parte  del  professionista,  ha  però  ritenuto  fondata l’eccezione  di  difetto  di  titolarità  passiva  del  rapporto  sollevata dalla  società,  che  aveva  evidenziato  che  l’attività  difensiva  era stata prestata in favore RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE
Il  ricorrente  invece  sostiene  che  detta  società  sarebbe  stata incorporata attraverso la fusione per incorporazione dalla controricorrente, così che per effetto di tale vicenda, quest’ultima risponde anche RAGIONE_SOCIALEe obbligazioni contratte dalla società incorporata.
Il  motivo  è  inammissibile  in  quanto  pone  una  questione  nuova (quella del subentro RAGIONE_SOCIALEa società a quella in origine assistita), che non  era  mai  stata  dedotta  in  sede  di  merito  e  che,  sia  pure
tramite la visione di documenti, presuppone accertamenti di fatto preclusi in questa sede.
13. Il dodicesimo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. per aver il Tribunale adito erroneamente dichiarato estinto il debito RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE di € 34.275, sul presupposto che l’AVV_NOTAIO non ha contestato la circostanza di aver ricevuto il relativo pagamento. In particolare, il giudice di merito avrebbe fatto errata applicazione del principio RAGIONE_SOCIALEa non contestazione in quanto la società non avrebbe indicato in maniera specifica quali RAGIONE_SOCIALEe pretese creditorie avanzate dal professionista sarebbero state estinte con l’asserito pagamento -meramente allegato e non provato – contrariamente a quanto richiesto dall’art. 115 c.p.c., per cui l’allegazione deve essere specifica e non generica.
Assume il ricorrente che se è vero che la somma indicata era stata effettivamente percepita (e ciò in ragione dei plurimi rapporti professionali che avevano interessato le parti nel corso negli anni, ulteriori rispetto a quelli per i quali verte il presente giudizio), non aveva mai ammesso che si trattasse di acconti riferiti ai crediti qui azionati, e di converso era specifico onere RAGIONE_SOCIALEa società quello di allegare in maniera specifica a quali precisi diritti di credito si riferisse il versamento RAGIONE_SOCIALEa detta somma. Il motivo è fondato.
La giurisprudenza di questa Corte ha anche di recente affermato che,  in  presenza  di  una  pluralità  di  rapporti  obbligatori,  se  il debitore  non  si  avvale  RAGIONE_SOCIALEa  facoltà  di  dichiarare  quale  debito intenda soddisfare, la scelta spetta, ex art. 1195 c.c., al creditore, il  quale  può  dichiarare  di  imputare  il  pagamento  ad  uno  o  più
debiti determinati, mentre i criteri legali ex art. 1193, comma 2, c.c.,  che  hanno  carattere  suppletivo  e  sussidiario,  subentrano soltanto quando l’imputazione non è effettuata né dal debitore, né dal creditore, fermo restando che l’onere di provare le condizioni che  giustificano  una  diversa  imputazione  grava  sul  creditore (Cass. n. 31837 del 27/10/2022).
Pertanto, quando il debitore abbia dimostrato di avere corrisposto somme  idonee  ad  estinguere  il  debito  per  il  quale  sia  stato convenuto in giudizio, spetta al creditore – attore, che pretende di imputare il  pagamento  ad  estinzione  di  altro  credito,  provare  le condizioni  necessarie  per  la  dedotta,  diversa,  imputazione,  ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1193 c.c. (Cass. n. 450 del 14/01/2020).
Tuttavia, tale principio è destinato ad operare solo nel caso in cui il  pagamento  risulti  specificamente  riferibile  ad  uno  specifico credito, ed in particolare a quello dedotto in giudizio.
E’ stato, infatti precisato che il creditore che agisce per il pagamento di un suo credito è tenuto unicamente a fornire la prova del rapporto o del titolo dal quale deriva il suo diritto e non anche a provare il mancato pagamento, poiché il pagamento integra un fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che l’eccepisca. Ne consegue che soltanto di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva (cioè puntualmente eseguito con riferimento ad un determinato credito) l’onere RAGIONE_SOCIALEa prova viene nuovamente a gravare sul creditore, il quale controdeduca che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso o più antico (Cass. n. 19039 del 16/07/2019; Cass. n. 3902/1977; Cass. n. 1041/1998; Cass. n. 1571/2000; Cass. n. 14741/2006).
Con specifico riferimento al credito professionale RAGIONE_SOCIALE‘avvocato è stato poi precisato che qualora un avvocato agisca per il soddisfacimento di un determinato credito riferito a specifiche prestazioni professionali ed il cliente eccepisca di avere corrisposto nel tempo una somma maggiore rispetto a quella richiesta, riferendola indistintamente a tutte le pratiche curate dal legale nel suo interesse, l’onere del debitore di dimostrare l’efficacia estintiva del versamento non può ritenersi assolto in base al rilievo che il difensore non abbia contestato la ricezione di tale somma, deducendo semplicemente l’incongruenza fra l’ammontare indicato nella domanda e quello oggetto RAGIONE_SOCIALE‘eccezione. Infatti, ove la relazione fra la pretesa e l’adempimento non emerga “ex se” dalla corrispondenza RAGIONE_SOCIALE importi o da altre circostanze idonee, anche sul piano presuntivo, a circoscrivere l’efficacia estintiva del pagamento, il debitore non può limitarsi a sostenere genericamente la natura omnicomprensiva del pagamento stesso (Cass. n. 28779 del 09/11/2018; Cass. n. 27597/2024).
Perciò soltanto di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva (cioè puntualmente eseguito con  riferimento  ad  un  determinato  credito)  l’onere  RAGIONE_SOCIALEa  prova viene nuovamente a gravare sul creditore, il quale controdeduca che  il  pagamento  deve  imputarsi  ad  un  credito  diverso  o  più antico (Cass. n. 20288/2011; Cass. n. 205/2007).
Nella fattispecie non è in contestazione che tra il ricorrente e la controricorrente vi siano stati plurimi rapporti professionali, sviluppatisi nel corso del tempo.
La difesa RAGIONE_SOCIALEa cliente è consistita nel sostenere che nel corso del tempo  aveva  versato  la  somma  indicata,  la  cui  ricezione  non  è effettivamente contestata da parte RAGIONE_SOCIALE‘COGNOME.
Va qui ricordato che colui che agisce per il pagamento di un proprio credito assolve l’onere probatorio a suo carico con la dimostrazione del rapporto o del titolo su cui è fondata la pretesa fatta valere in giudizio, e non è tenuto a provare anche che il debitore non abbia pagato, costituendo il pagamento un fatto estintivo la cui prova incombe al debitore che lo eccepisce. Tale prova, peraltro, per poter validamente contrastare la dimostrazione del credito data dalla controparte, deve avere carattere certo e determinato, con specifico riferimento al rapporto o titolo dedotto in giudizio, giacché ogni incertezza o ambiguità non può che risolversi – atteso l’onere imposto dalla norma -in danno del debitore (Cass. n. 3020/1980). In applicazione di tale principio questa Suprema Corte ha affermato che «ove il datore di lavoro imputi erroneamente ad una determinata voce RAGIONE_SOCIALEa retribuzione complessiva una somma superiore a quella effettivamente dovuta, l’eccedenza può essere validamente imputata ad altra voce RAGIONE_SOCIALEa retribuzione non corrisposta integralmente; quando tuttavia il lavoratore contesti, sia pure in forma generica, la causale RAGIONE_SOCIALEe somme a lui corrisposte, è onere del datore di lavoro comprovare l’avvenuto pagamento con specifico riferimento a ciascuna voce RAGIONE_SOCIALEa retribuzione dedotta in giudizio» (Cass n. 7278/1991). Analogamente, se un avvocato agisce contro il cliente per il pagamento di un determinato credito, riferito a ben determinate prestazioni, e il cliente eccepisce di avere pagato nel corso del tempo una somma di molto maggiore rispetto a quella richiesta,
riferita indistintamente a tutte le pratiche curate dal legale nel suo interesse, l’onere del debitore di dimostrare l’efficacia estintiva del pagamento non può ritenersi assolto in base al rilievo che l’avvocato non abbia specificamente contestato la ricezione RAGIONE_SOCIALEa somma, ma si sia limitato a dedurre l’incongruenza fra l’importo oggetto RAGIONE_SOCIALEa domanda e quello oggetto di eccezione. Insomma, quando la relazione fra la pretesa e il pagamento non emerga ex se dalla corrispondenza RAGIONE_SOCIALE importi o da altre circostanze idonee, anche sul piano presuntivo, a circoscrivere l’efficacia estintiva del pagamento entro un ben delimitato ambito, il debitore non può limitarsi a postulare genericamente la «natura omnicomprensiva» del pagamento.
Nella specie, l’ordinanza gravata non si è attenuta a tali principi, avendo imputato  la somma versata ai crediti oggetto di causa, senza  però  riscontrare  la  riferibilità  dei  pagamenti  proprio  ai compensi azionati in questa sede.
In accoglimento di tale censura l’ordinanza impugnata va cassata ed il giudice di rinvio dovrà rivalutare se il pagamento operato sia riferibile  con specificità proprio alle pretese oggetto del presente giudizio.
14. Il tredicesimo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 1284, co. 4, c.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per aver il Tribunale erroneamente individuato il dies a quo di decorrenza RAGIONE_SOCIALE interessi sulle somme liquidate nella data RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza gravata, anziché nella data RAGIONE_SOCIALEa domanda riconvenzionale. Le decisioni giurisprudenziali richiamate dal giudice di merito sarebbero, a parere del ricorrente, inconferenti in quanto non attuali per essere le stesse anteriori all’entrata in vigore RAGIONE_SOCIALEa normativa sugli interessi.
Il motivo è fondato.
Questa Corte, risolvendo un contrasto insorto nella propria giurisprudenza, nei suoi più recenti arresti ha affermato che, nel caso di richiesta avente ad oggetto il pagamento di compensi per prestazioni professionali rese dall’esercente la professione forense, gli interessi di cui all’art. 1224 c.c. competono a far data dalla messa in mora (coincidente con la data RAGIONE_SOCIALEa proposizione RAGIONE_SOCIALEa domanda giudiziale ovvero con la richiesta stragiudiziale di adempimento), e non anche dalla successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice, eventualmente all’esito del procedimento sommario di cui all’art. 14 del D. Lgs. n. 150/2011, non potendosi escludere la mora sol perché la liquidazione sia stata effettuata dal giudice in misura inferiore rispetto a quanto richiesto dal creditore (Cass. n. 24973/2022; Cass. n. 17122/2022; Cass. n. 26748/2023; Cass. n. 20049/2024). Tale principio era stato ancor prima precisato da Cass. n. 8611/2022 che aveva altresì ribadito l’applicabilità RAGIONE_SOCIALEa decorrenza dalla domanda, anche nel caso in cui, come nella fattispecie, si ritengano dovuto gli interessi di cui al quarto comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 1284 c.c. (avendo l’ordinanza impugnata fatto espresso riferimento a tale previsione, senza che sul punto sia stata mossa censura da parte RAGIONE_SOCIALEa società controricorrente)
L’ordinanza impugnata va pertanto cassata anche in relazione al motivo in esame,  dovendo  il giudice del rinvio  provvedere all’attribuzione  RAGIONE_SOCIALE  interessi,  al  tasso  ora  indicato,  a  far  data dalla proposizione RAGIONE_SOCIALEa domanda riconvenzionale del ricorrente.
Il  quattordicesimo motivo di ricorso denuncia la violazione o falsa  applicazione,  ai  sensi  RAGIONE_SOCIALE‘art.  360,  co.  1,  n.  3,  c.p.c., RAGIONE_SOCIALE‘art.  4  D.M.  n.  55/2014  e  RAGIONE_SOCIALEe  tabelle  1 -2  dei  parametri  ad
esso  allegate  per  aver  il  Tribunale  erroneamente  statuito  sulle spese  di  lite.  In  particolare,  il  giudice  di  merito  non  avrebbe fornito un percorso motivazionale dal quale si potesse desumere il criterio utilizzato per la quantificazione RAGIONE_SOCIALEe spese di giudizio.
Attesa la cassazione RAGIONE_SOCIALEa decisione gravata per i motivi accolti, e dovendo il giudice di rinvio provvedere all’autonoma rivalutazione RAGIONE_SOCIALEa vicenda anche ai fini del carico RAGIONE_SOCIALEe spese di lite, il motivo resta assorbito.
Il giudice di rinvio, che si designa nel Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, in diversa  composizione,  provvederà  anche sulle  spese  del  giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il dodicesimo ed il tredicesimo motivo di ricorso, nei limiti di cui in motivazione, dichiara assorbito il quattordicesimo motivo e rigetta i restanti motivi; cassa l’ordinanza impugnata in relazione ai motivi accolti, con rinvio al Tribunale  di  RAGIONE_SOCIALE,  in  diversa  composizione,  che  provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  RAGIONE_SOCIALEa  Seconda