Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 27132 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 27132 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 23978-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 484/2021 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 01/09/2021 R.G.N. 632/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/09/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
Oggetto
CONTRIBUTI PREVIDENZA
R.G.N.23978/2021
Ud 26/09/2025 CC
Con ricorso depositato in data 24.10.2019 la RAGIONE_SOCIALE adiva il Tribunale di Firenze, sezione lavoro, conveniva in giudizio l’INPS e impugnava un verbale unico di accertamento e notificazione emesso a seguito di accertamenti condotti presso un cantiere gestito dalla società. L’INPS si costituiva in giudizio chiedendo rigettarsi il ricorso per carenza di interesse. Il Tribunale di Firenze, sezione lavoro, definendo il giudizio con la sentenza n. 459/2020, resa in data 9/09/2020, dichiarava inammissibile il ricorso per carenza di interesse del ricorrente.
La RAGIONE_SOCIALE proponeva appello. L’INPS si costituiva nel giudizio di secondo grado chiedendo il rigetto dell’impugnazione. Con la sentenza n. 484/2021 depositata in data 1/09/2021, la Corte di Appello di Firenze, sezione lavoro, rigettava l’impugnazione .
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, con un unico motivo, la RAGIONE_SOCIALE L’INPS si è limitata al deposito della procura.
La causa è stata, di seguito, trattata dalla sezione intestata nella camera di consiglio del 26/09/2025.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso la RAGIONE_SOCIALE deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 100 c.p.c. criticando la Corte di Appello per avere negato alla società ricorrente un interesse ad agire attuale e concreto per l’annullamento del verbale ispettivo. Secondo la parte ricorrente tale interesse sarebbe sussistente, perché relativo all’interesse a rimuovere con azione di accertamento pregiudizi circa la posizione contributiva con effetti, ad esempio, sul rilascio del documento unico di regolarità contributiva , e tutelato dall’art. 100 c.p.c. e dall’art. 24 cost.
La sentenza impugnata parte dalla considerazione che chi agisce esperendo azione di accertamento (in questo caso accertamento negativo) deve essere titolare dell’interesse, attuale e concreto, ad ottenere un risultato utile, giuridicamente rilevante e n on conseguibile se non con l’intervento del giudice, mediante la rimozione di uno stato di incertezza oggettiva sull’esistenza del rapporto giuridico dedotto in causa. La pronuncia esclude che, quanto all’impugnazione di parte ricorrente, fosse ravvisabile tale presupposto perché nel verbale dell’Ispettorato del lavoro «nulla veniva specificato in termini di contributi dovuti e di loro quantificazione, regolandosi solo l’aspetto dell’illecito amministrativo compiuto, ciò è tanto vero che, nel prevedere la trasmissione ai suddetti istituti, si specificava che ciò avveniva per consentire l’adozione degli atti di loro competenza; nella specie non vi era dunque un provvedimento dell’Ispettorato che individuasse e quantificasse i contributi dovuti e che legittimasse una impugnazione di quel verbale (..) solo allorquando l’INPS avesse adottato i suoi provvedimenti, quali un verbale ispettivo in cui provvedeva ad effettuare un autonomo accertamento o un verbale di recepimento delle conclusioni dell’Ispettorato (in entrambi i casi, anche quantificando il dovuto) sarebbe insorto un interesse concreto e attuale alla loro contestazione giudiziale».
Orbene l’affermazione secondo la quale il verbale dell’Ispettorato del lavoro, notificato nella fattispecie all’impresa ricorrente unitamente alle sanzioni applicabili per la violazione di disposizioni a tutela del lavoro, fosse privo di efficacia lesiva nei confronti del destinatario perché, con riguardo al recupero di contributi previdenziali, sarebbe privo di immediata efficacia rimettendo l’adozione di eventuali provvedimenti a successive iniziative dell’INPS, è inesatta.
Proprio la considerazione che, nell’accertare violazioni delle disposizioni circa la registrazione corretta dei rapporti di lavoro, gli Ispettori abbiano ravvisato i presupposti per un recupero contributivo induce ad affermare che il verbale unico di accertamento e notificazione sia, nel concreto, un atto pregiudizievole ed impugnabile esperendo un’azione di accertamento negativo.
Senza necessità di esperire ulteriori accertamenti e sulla sola base del verbale gli Enti previdenziali ben possono procedere alla emissione di atti esecutivi circa il recupero dei contributi omessi. Tale circostanza espone l’impresa alla concreta possi bilità di subire il recupero e pone l’impresa in una condizione di irregolarità contributiva idonea a pregiudicare l’ottenimento del documento unico di regolarità contributiva, con tutto ciò che ne consegue in tema di presupposti per partecipare a gare d’a ppalto.
In senso opposto non assume rilievo l’orientamento di questa Corte che nega l’interesse all’azione di accertamento negativo innanzi a verbali ispettivi, anche dell’Ispettorato del lavoro, ove non sia stata emessa la successiva ordinanza ingiunzione, ma nella materia delle sanzioni amministrative. Detto orientamento si è consolidato riguardo l’impugnazione di atti amministrativi e si fonda sulla osservazione che fino alla adozione della emissione della sanzione non vi è atto amministrativo impugnabile. Nella fattispecie si discute della sussistenza o insussistenza del rapporto previdenziale e del correlato obbligo contributivo, e il giudice adito, in accertamento negativo, valuta non l’atto amministrativo ma il rapporto lavorativo e contributivo. E, ove il verbale ravvisi violazioni idonee a dar luogo a recuperi contributivi, il destinatario ha interesse ad agire in accertamento negativo per rimuovere
l’incertezza sulla sussistenza e sui contorni reali del rapporto lavorativo, e tanto radica un interesse concreto perché serve ad evitare che si blocchi il diritto all’emissione del documento unico di regolarità contributiva e, in ultima analisi, ad evitare che da quell’atto e quell’accertamento nascano obbligazioni contributive che il destinatario sarà, di seguito, tenuto a fronteggiare.
Tale differente declinazione dell’interesse ad agire, insussistente per impugnare il verbale ispettivo nel caso di sanzioni amministrative ancora non disposte, e sussistente per impugnare contestazioni di irregolarità tali da determinare recuperi contri butivi, trova conferma nell’art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 46 del 1999 ed è ribadita, anche con richiami a pronunce più risalenti, da Cass. 18/03/2024, n. 7211 che, in motivazione, dopo aver riportato il principio tralatizio vigente in materia di sanzioni amministrative, afferma: «diversa è pure la disciplina vigente nella materia contributiva, spesso connessa a quella sanzionatoria del lavoro; essendo pacifico che in tale materia sia ammessa ex art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 46 del 1999 l’azione di accertamento negativo con impugn azione del verbale di accertamento contenente la pretesa al pagamento di crediti contributivi (ordinanza n. 1558 del 23/01/2020), atteso che in questo caso lo stesso potere di iscrizione a ruolo è condizionato all’emissione di un provvedimento esecutivo del giudice sul verbale di accertamento impugnato in giudizio (sentenza n. 4032 del 01/03/2016), fatto sempre salvo – in caso di violazione e di avvenuta iscrizione nonostante l’impugnazione – il normale giudizio di cognizione sulla esistenza della pretesa (Cass. n. 6753/2020; n. 12025/2019, n. 9159/2017)».
La sentenza impugnata non si è attenuta a questi principi e, negando l’interesse ad agire della parte ricorrente, non ha
esaminato, nel merito, la domanda di accertamento negativo, di qui la violazione della disposizione processuale.
Il ricorso deve, così, essere accolto con la cassazione della pronuncia impugnata e il rinvio alla stessa Corte d’appello, per esame del gravame alla luce di quanto sin qui detto, senza vincolo di diversa composizione; il Giudice del rinvio provvederà anche alla regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Firenze cui è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione civile, del 26 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME