Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23373 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23373 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 16/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 23085 – 2021 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso, con indicazione degli indirizzi pec;
– ricorrente –
contro
avv. COGNOME elettivamente domiciliato presso il suo studio, rappresentato e difeso da sé stesso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 629/2021 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, pubblicata il 3/6/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
25/3/2025 dal consigliere NOME COGNOME lette le memorie delle parti.
FATTI DI CAUSA
1.Con sentenza n. 2027 del 2018, il Tribunale di Genova rigettò la querela di falso della scheda testamentaria datata 2 agosto 2008, a firma dell’avv. NOME COGNOME con cui era stato nominato unico erede il nipote avv. NOME COGNOME proposta in via incidentale, in data 30/11/2017, da NOME COGNOME nel corso del giudizio n. rg. 15860/2015.
1.1. Instaurando, presso il Tribunale di Genova, con citazione del 18/12/2015, il giudizio principale, l ‘avv. NOME COGNOME aveva rappresentato di essere entrato in possesso, nel settembre 2015, del testamento olografo suddetto, ricevendolo dalla propria ex moglie, NOME COGNOME che a sua volta, aveva riferito di averlo ricevuto circa sette anni prima, in luogo e data non precisati, dallo stesso testatore NOME COGNOME, in una busta gialla; pertanto, aveva chiesto di accertare l’autenticità di questo testamento in suo favore e di dichiarare in conseguenza e per l’effetto revocate le disposizioni del precedente testamento, datato 8/6/2000, disposto in favore di NOME COGNOME e la condanna di quest’ultimo al rilascio dei beni ereditari.
1.2. Con precedente citazione del 15/1/2015 , l’avv. NOME COGNOME aveva a sua volta impugnato di falso il precedente testamento olografo datato 8/6/2000 e pubblicato in data 20/1/2010; in data 17/12/2015, prima della seconda citazione, egli lo aveva tuttavia riconosciuto come autentico, sicché in data 11/2/2016 il Tribunale aveva definito questo primo giudizio con dichiarazione di cessazione della materia del contendere.
1.2. Per quel che qui rileva, il Tribunale, rigettata l’istanza di prova orale per essere le circostanze articolate dal querelante non
rilevanti, istruì la causa con c.t.u., recependone le conclusioni sull’autenticità del testamento .
Con sentenza n.629/2021, la Corte di appello di Genova, ritenuto tempestivo e ammissibile l’appello di NOME COGNOME lo rigettò, reiterando le motivazioni del primo Giudice sulla rilevanza della prova e sulla compiutezza dell’indagine grafologica svolta.
Avverso questa sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a tre motivi, illustrati da successiva memoria; NOME COGNOME ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale per quattro motivi, depositando successiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare, non costituisce ragione di inammissibilità, improcedibilità o nullità del ricorso la mancata notificazione di esso tanto al pubblico ministero presso l’Ufficio giudiziario emittente l a pronuncia impugnata quanto alla Procura Generale presso questa Corte. La controversia in scrutinio ha, infatti, a oggetto una querela di falso e, perciò, un giudizio del quale -in forza del combinato disposto dell’art. 221, terzo comma, cod. proc. civ. e dell’art. 70, primo comma, num. 5, cod. proc. civ. – il pubblico ministero è parte necessaria, ma non munito del potere di azione, né, ancor più, del potere di impugnazione. Ora, per consolidato orientamento di questa Corte, l’integrazione del contraddittorio in sede d’impugnazione, nei confronti del pubblico ministero presso il giudice a quo , non si rende necessaria in tutte le controversie in cui ne sia contemplato l’intervento, bensì soltanto in quelle nelle quali detto pubblico ministero sia titolare del potere di proporre impugnazione (trattandosi di cause che lui stesso avrebbe potuto promuovere o per le quali comunque sia previsto tale potere ai sensi dell’art. 72 cod. proc. civ.), mentre nelle altre ipotesi (come nel caso di specie), le funzioni di pubblico ministero, in quanto
non includono l’autonoma facoltà di impugnazione, vengono a identificarsi con quelle che svolge il procuratore generale presso il giudice ad quem , e restano quindi assicurate dalla comunicazione o trasmissione degli atti a quest’ultimo, a norma degli artt. 71 cod. proc. civ., e, per il giudizio di cassazione, 137 disp. att. cod. proc. civ. (cfr. Cass., Sez. U, 08/05/1986, n. 3078; con specifico rig uardo all’ipotesi della querela di falso, Cass., Sez. U, 14/01/1987, n. 184; Cass., Sez. U, 10/02/2017, n. 3556; Cass. 05/02/2019, n. 3256; Cass. 02/02/2022, n. 3252). Questo indirizzo esegetico va applicato anche quando la trattazione del ricorso per cassazione si svolga con le modalità contemplate dall’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ., perché anche in questo procedimento è attribuita al pubblico ministero presso questa Corte la facoltà di depositare conclusioni scritte non oltre venti giorni prima dell’adunanza camerale (Cass. Sez. 3, n. 33630 del 20/12/2024).
Ciò posto, nella specie risulta dal fascicolo l’avvenuta rituale comunicazione al Procuratore generale presso la Corte di cassazione del decreto di fissazione dell’adunanza camerale in epigrafe, sicché deve ritenersi comunque garantita la partecipazione del pubblico ministero al procedimento.
Con il primo motivo di ricorso principale, NOME COGNOME ha lamentato, in riferimento al n. 5 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., l’omesso esame dei « precisi e rigorosi rilievi critici del consulente tecnico di parte dell’odierno ricorrente, senza, inoltre, prendere precisa ed esplicita posizione sulle stesse ma, diversamente, ritenendole implicitamente disattese in quanto incompatibili con le argomentazioni accolte a seguito di relazione peritale ad opera del c.t.u.»; ne sarebbe derivata la violazione degli art. 602 cod. civ. e 195 co. 3 e 196 cod. proc. civ..
1.1. Il motivo è inammissibile perché la censura ex n. 5 è preclusa ex art. 348 ter comma V, cod. proc. civ., nella formulazione applicabile ratione temporis , introdotta dall’art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv., con modif., in l. 7 agosto 2012, n. 134, per essere stato l’appello introdotto nel 2018: l’appello è stato, infatti, rigettato sulla base dello stesso iter logico del primo Giudice e, per principio consolidato, ricorre l’ipotesi di «doppia conforme» (Cass. Sez. 6 – 2, n. 7724 del 09/03/2022).
Con il secondo motivo, il ricorrente principale ha denunciato, in riferimento al n. 4 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione degli artt. 132 co. 2 n. 4. e 156 cod. proc. civ. per motivazione meramente apparente sulla non decisività dei rilievi critici svolti dal consulente tecnico di parte alla c.t.u..
2.1. Anche questo motivo è inammissibile. Come esposto nell’argomentazione della censura, la Corte d’appello ha ritenuto esaustiva, aderendovi e richiamandola, la motivazione del primo Giudice sulla compiutezza della risposta resa dal c.t.u. alle osservazioni critiche del c.t. di parte, indicandone specificamente le pagine di rilievo come proprio era stato rimarcato nella sentenza di primo grado (pag. 5 della sentenza impugnata): in tal senso, allora, non può sostenersi la mera apparenza della motivazione, atteso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, (in ultimo, tra le molteplici, Cass. Sez. 1, n. 20883 del 05/08/2019 Sez. L, n. 28139 del 05/11/2018), l a sentenza d’appello può essere motivata per relationem , purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente.
A ciò deve aggiungersi -ed è osservazione parimenti rilevante -che dalla correlazione delle due motivazioni e, in particolare, dalle puntuali indicazioni della Corte d’appello alla risposta del c.t.u. e dalla diffusa esposizione, da parte del Tribunale, delle argomentazioni dello stesso sulle osservazioni del c.t.p., deve pure escludersi che nella fattispecie ricorra il vizio di motivazione consistente nell’avere il giudice del merito aderito al parere del consulente tecnico d’ufficio senza spiegare in maniera puntuale e dettagliata le ragioni della propria adesione, quando, -come accaduto nella fattispecie – alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio siano state avanzate critiche specifiche e circostanziate, sia dai consulenti di parte che dai difensori (Cass. Sez. 1, n. 15147 del 11/06/2018).
Con il terzo motivo di ricorso principale, NOME COGNOME ha prospettato, in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione de ll’art. 244 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello, in difformità di quanto statuito da questa Corte, formato il suo convincimento de ll’autenticità del testamento impugnato di falso soltanto sulla consulenza grafologica e non su tutte le risultanze istruttorie, ivi comprese le prove testimoniali da lui richieste.
3.1. Anche questo motivo è inammissibile, perché non conferente rispetto alla motivazione resa dalla Corte d’appello al punto 2 di pag. 4, in cui è esclusa in dettaglio la rilevanza delle circostanze offerte a prova, in perfetta corrispondenza alla motivazione resa sul punto dal Tribunale.
Pertanto, seppure certamente consolidato, il principio della non esaustività della consulenza grafologica non è correttamente invocato, perché il rigetto dell’istanza di prova per testi è stata motivata sulla irrilevanza specifica delle circostanze articolate, non sull’irrilevanza in sé della prova orale: in conseguenza, la censura si risolve nella
richiesta di riesame in merito della rilevanza della prova precluso a questo giudice di legittimità.
La censura non potrebbe neppure essere accolta riqualificandola come n. 5, (decisività delle circostanze), per preclusione da doppia conforme, come già stabilito al punto 1.1 di questa motivazione.
Dal rigetto del ricorso principale deriva l’assorbimento de i primi tre motivi di ricorso incidentale, tutti concernenti l’ammissibilità dell’appello .
Inammissibile è, invece, l’ultimo motivo di ricorso incidentale , con cui è stata lamentata la violazione dell’art. 96 III cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello escluso la risarcibilità di un danno da lite temeraria per difetto di allegazioni sul danno sofferto.
La Corte d’appello ha, infatti, in ogni caso, negato la sussistenza di un comportamento abusivo (v. capoverso pag. 6) e, per principio consolidato, l’accertamento della responsabilità aggravata per avere la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, rientra nei compiti del giudice del merito e non è censurabile in sede di legittimità (Cass. Sez. 6 – 2, n. 7222 del 04/03/2022).
Il ricorso principale è perciò respinto, con conseguente assorbimento dei primi tre motivi di ricorso incidentale e dichiarazione di inammissibilità dell’ultimo motivo.
In applicazione del principio di soccombenza prevalente, il ricorrente NOME COGNOME deve essere condannato al rimborso delle spese processuali in favore di NOME COGNOME, liquidate in dispositivo in relazione al valore.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello previsto per il rispettivo ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale, assorbiti i primi tre motivi di ricorso incidentale, e dichiara inammissibile l’ultimo motivo del ricorso incidentale; condanna NOME COGNOME al pagamento, in favore di NOME COGNOME delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il rispettivo ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1-bis, del d.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda