Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 31835 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 31835 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6405/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato presso l’avvocato COGNOME (EMAIL, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale allegata al ricorso.
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ricorrente – contro
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, MINISTERO DELL’INTERNO, COMUNE DI ANCONA.
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intimati – avverso la sentenza della Corte d’Appello di Ancona n. 44/2021 depositata il 20/01/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2024 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
Rilevato che
COGNOME NOME ha proposto ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza n. 44 del 20 gennaio 2021 con cui la Corte d’Appello di Ancona confermava la sentenza n. 909/2017, con cui il Tribunale di Ancona aveva rigettato la sua domanda di condanna del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, del Ministero dell’Interno e del Comune di Ancona, al risarcimento dei danni patrimoniali e non, derivatigli dalla sospensione della patente di guida, a seguito di reiterate violazioni dei limiti di velocità che avevano comportato l’azzeramento dei punti a lui spettanti nonché il pagamento di sanzioni pecuniarie.
Sono rimaste intimate le pubbliche amministrazioni resistenti.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Considerato che
Rileva il Collegio in via preliminare che il ricorrente premette alla illustrazione dei motivi: a) una ‘Sintesi della decisione in appello che si censura’ che recita: ‘Il ‘rapporto in questione’ risulta essere da tempo esaurito in quanto ormai divenuto definitivo al cristallizzarsi dei provvedimenti sanzionatori non essendo mai stata presentata una tempestiva impugnativa che ne avrebbe determinato la pendenza utile al fine di poter legittimamente fruire della declaratoria di incostituzionalità’ L’appellante sostiene in definitiva, che la lesione del proprio diritto soggettivo alla guida è ‘avvenuta tramite l’irrogazione di
sanzioni’; nonché b) una ‘Sintesi della questione giuridica’, del seguente tenore: ‘È incontestabile che il ‘rapporto giuridico’ tra il ricorrente e la p.a. riguarda la posizione giuridica soggettiva di diritto soggettivo perfetto mai affievolito ad interesse legittimo (contrapposta ad un obbligo giuridico per la p.a.), così come è incontestabile che detto diritto è leso da atti invalidi. La questione è solo incentrata sul ‘potere’ della p.a. di incidere su tale posizione con atti invalidi, e sulla contestazione della tesi degli intimati (fatta propria dalla Corte territoriale), secondo cui l’istituto processuale regolante il decorso dei termini per impugnare gli atti sarebbe motivo sostanziale e processuale di ‘esaurimento’ di un diritto (e del contrapposto obbligo)’.
Con il primo motivo il ricorrente denunzia ‘Violazione dell’art. 113 c.2 Cost., -Errata applicazione dell’art. 7 D.L. 150/2011’.
Lamenta che il rapporto dedotto in giudizio non è affatto quello al quale la Corte d’appello di Ancona ha fatto riferimento nella sentenza impugnata, ma è il diritto alla guida, avente consistenza di diritto soggettivo perfetto, mai affievolito ad interesse legittimo, non prescritto né decaduto, la cui tutela, pertanto, nel caso concreto, non può essere ‘limitata a particolari mezzi di impugnazione’.
Con il secondo motivo il ricorrente denunzia ‘Violazione ed Omessa applicazione di norme di diritto: – art. 9 codice di procedura civile; art. 24, 113 Cost.; – artt. 2, 4, 5 allegato E alla Legge nr.2248 del 1865; – art. 30 comma 3 Legge 1953 n.87, art. 136 Cost.’
Deduce nuovamente che oggetto di causa sarebbe il diritto soggettivo perfetto alla guida, come tale suscettibile di accertamento dichiarativo e del quale si chiedeva la tutela, da individuare in base alla posizione giuridica soggettiva nonché alle relative norme applicabili, riguardo alle quali se ne censura
l’elusione, sussistendo per il giudice l’obbligo di non applicazione di atti invalidi contrastanti con norma di rango superiore (costituzionale).
Con il terzo motivo il ricorrente denunzia ‘Violazione dell’art. 21 -septies L. 241/1990. Omessa dichiarazione di radicale nullità giuridica ed inefficacia di diritto di atti invalidi incidenti su un pieno diritto soggettivo, espressione di potere discrezionale inesistente (mera condotta materiale illecita)’.
Lamenta che la corte territoriale ha omesso di rilevare e dichiarare la nullità degli atti amministrativi di sospensione della patente e di irrogazione delle sanzioni pecuniarie, perché ha trascurato che, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale in ordine alla necessità di periodica taratura dell’autovelox, il potere della p.a. di emanare quegli atti era inesistente.
Con il quarto motivo il ricorrente denunzia ‘Violazione ed omessa applicazione degli articoli: – artt. 2043, 2055 codice civile; – art. 97 c. 2 Cost. Responsabilità extra-contrattuale solidale per inottemperanza a diffide (il ricorrente non ha mai sostenuto che ‘la lesione del diritto sia avvenuta tramite irrogazione di sanzioni’).
I quattro motivi, che per la loro stretta connessione possono essere trattati congiuntamente, sono inammissibili e comunque infondati.
Si basano tutti come anche si evince dalle due ‘Sintesi’ che precedono la loro illustrazione- sul medesimo rilievo, e cioè che oggetto di causa sarebbe il ‘diritto alla guida’ o meglio ‘il diritto alla libera circolazione tramite la guida’, mai affievolito e di cui si sarebbe chiesto tutela; sostiene dunque il ricorrente di aver adito il giudice ordinario per accertare un diritto e non, come sarebbe stato diversamente ma erroneamente rilevato nell’impugnata sentenza, ‘per opporsi ex art. 7 d.l. 150/2011 ad atti
amministrativi’.
Avrebbe errato quindi la corte di merito a confermare la sentenza di prime cure, di rigetto della sua domanda, sul rilievo di una sua decadenza processuale all’impugnazione degli atti amministrativi. In presenza di un diritto, assoluto e non affievolito, il giudice di merito avrebbe dovuto, in ossequio al combinato disposto degli artt. 4 e 5 della l. 2248/1965 – all. E- e degli artt. 30, comma 3, l. n. 87 del 1953 e 136 Cost., ‘rilevare l’invalidità degli atti incidenti sul diritto alla guida e di ogni altro atto, con conseguente disapplicazione degli stessi’ e ‘rilevare l’efficacia ex tunc della declaratoria additiva della Corte Costituzionale e applicare gli atti contrastanti con la norma di rango superiore, disapplicando quella dichiarata incostituzionale, non potendo questa essere posta a canone di valutazione di legittimità’ (p. 14 del ricorso).
6. Orbene, anzitutto nella illustrazione di tutti e quattro i motivi il ricorrente lamenta in maniera generica ed assertiva che la sentenza impugnata è incorsa, sotto vari profili, in violazione di legge, non avendo tenuto conto della sua titolarità di un suo diritto alla guida, assoluto ed indegradabile, ma non dice se, dove e quando ed in che termini abbia sviluppato questa prospettazione nei precedenti gradi di merito, in patente violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ.
Anche là dove, con il quarto motivo, il ricorrente censura la statuizione della corte di merito (p. 8 della sentenza) -secondo cui la lesione del prospettato diritto soggettivo alla guida sarebbe ‘avvenuta tramite l’irrogazione di sanzioni amministrative’ – ed afferma invece di aver dedotto che la lesione del suo diritto sarebbe ‘avvenuta tramite non ottemperanza alle diffide’, egli non trascrive, né localizza, in violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., né gli atti né i documenti sottesi a tale affermazione, che resta dunque meramente apodittica.
I motivi, e dunque il ricorso, sono vieppiù inammissibili nella misura in cui non si confrontano con la ratio decidendi che sorregge l’impugnata sentenza, e cioè che siccome la pronuncia di incostituzionalità di una norma non determina automaticamente anche l’annullamento di tutti gli atti amministrativi emanati in applicazione di tale norma, bensì solo l’invalidità degli stessi per le controversie ancora pendenti nel giorno successivo alla data della pubblicazione della pronuncia di incostituzionalità (motivazione questa del tutto conforme a costante orientamento di legittimità: v. Cass., 3641/2019; Cass., 31372/2018), nel caso di specie, non avendo il COGNOME mai impugnato i verbali che hanno accertato le sue plurime violazioni al codice della strada, i provvedimenti sanzionatori si sono cristallizzati e pertanto si è in presenza di un rapporto esaurito.
Parimenti inammissibili risultano le doglianze svolte dal ricorrente in punto di mancata disapplicazione.
L’impugnata sentenza non fa menzione della possibilità di disapplicazione né l’odierno ricorrente specifica e localizza se della questione si sia dibattuto nei precedenti gradi di merito; la questione risulta pertanto essere nuova.
Va ribadito, invero, il principio secondo cui, qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., 27/09/2021, n. 26147; Cass., sez. 6 – 5, n. 32804 del 13/12/2019; Cass., sez. 2, 24/01/2019,
n. 2038; Cass., sez. 6-1, 13/06/2018, n. 15430). Tale onere non risulta assolto dall’odierno ricorrente.
In conclusione, per un verso tutti i motivi di ricorso omettono nella loro illustrazione di indicare la motivazione criticanda e, per altro verso, lamentano un danno da provvedimenti che non vennero impugnati e su cui la nota sentenza n. 113/2015 della Corte Costituzionale rimase perciò irrilevante, come correttamente hanno ritenuto i giudici di merito.
Pertanto, il ricorso è inammissibile.
Non è luogo a provvedere in ordine alle spese del giudizio di legittimità, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza