Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18663 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 18663 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 1664-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso RAGIONE_SOCIALE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, NOME COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 368/2023 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 03/07/2023 R.G.N. 185/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 1664/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 03/04/2025
CC
Fatti di causa
1.- La Corte d’appello di Bologna, con la sentenza in atti, ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE ed ha condannato la società appellante al pagamento delle spese del grado nella misura liquidata in dispositivo.
2.- A fondamento della decisione la Corte ha rilevato che il tribunale di Bologna aveva dichiarato la contumacia della società convenuta e dopo l’istruttoria testimoniale, all’udienza del 19 novembre 2021, dando lettura del dispositivo della sentenza n. 765/2021 aveva deciso la controversia accertando che tra le parti era intercorso un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ed aveva quindi condannato la società RAGIONE_SOCIALE a pagare la somma di € 71.118,56 oltre accessori, dichiarato la nullità del licenziamento ed ordinato alla datrice di lavoro di reintegrare la ricorrente NOME COGNOME nel posto di lavoro, con condanna a corrisponderle l’indennità risarcitoria prevista dalla legge.
3.- Successivamente, con decreto emesso in data 14 febbraio 2022, il presidente della sezione Lavoro del Tribunale di Bologna rilevava che il giudice che aveva deciso la causa era deceduto in data 4 febbraio 2022 e dava atto dell’impossibilità di depositare le motivazioni.
4.- Con ricorso depositato in data 20 aprile 2023 la RAGIONE_SOCIALE premesso di non aver mai avuto conoscenza del procedimento né del provvedimento emesso, se non solamente in data 20 marzo 2023 in occasione della PEC inviata dall’avv. COGNOME che rappresentava la ricorrente, spiegava appello chiedendo che la Corte sospendesse e revocasse la provvisoria esecutività della sentenza, accertasse la nullità e l’inesistenza della notifica della comunicazione del presidente del tribunale
per inottemperanza da parte della cancelleria dell’onere di notificare alla parte contumace il decreto emesso dal presidente del tribunale, e dichiarasse pertanto la nullità della sentenza impugnata.
5.- La Corte d’appello accoglieva invece l’eccezione preliminare di inammissibilità per tardività del ricorso in appello richiamando la sentenza di questa Corte di cassazione n. 12372 del 2017 secondo cui ove ‘il dispositivo non sia seguito dalla motivazione, bensì da un atto con cui si attesti il mancato deposito della motivazione per impedimento del giudicante l’onere di impugnazione sorge solo in seguito alla comunicazione da parte della cancelleria (ndr o alla notifica ai sensi dell’articolo 292 nei confronti della parte contumace) del mancato deposito della motivazione’.
6.- Nel caso di specie, ad avviso della Corte bolognese, la parte appellata aveva ritualmente notificato in data 5/9/2022, data della compiuta giacenza, alla società appellante, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 292 c.p.c., il dispositivo della sentenza n. 765/2021 emesso dal tribunale di Bologna in data 19/11/2021, unitamente al decreto del presidente del tribunale emesso in data 14/2/2022, con cui si dava atto dell’impossibilità di depositare le motivazioni di tale sentenza.
7.- L’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE in data 28/4/2023 risultava quindi palesemente tardivo in quanto proposto oltre il termine breve utile ex art. 325 c.p.c. del 5/10/2022 (30 giorni dalla notifica).
Andavano rigettate anche le contestazioni mosse dalla società appellante rispetto alla ritualità della notifica, posto che essa era stata ritualmente eseguita a mezzo posta presso la sede legale della RAGIONE_SOCIALE corrente in 00123 Roma, INDIRIZZO; a nulla rilevando le asserite condizioni di abbandono della sede legale.
8.- Avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE con cinque motivi di ricorso ai quali ha resistito COGNOME COGNOME con controricorso. Le parti hanno depositato memorie prima dell’udienza. Al termine della camera di consiglio il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo si deduce la violazione della L. n. 890/1982, nonché degli artt. 138, 139, 140, 143 e 149 c.p.c., nonché dell’art. 11 della L. n. 53/1994, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per avere erroneamente considerato valide le notifiche effettuate nel giudizio di 1° grado ai sensi della l. n. 53 del 1994, mentre la norma non consente la notifica alla società con le modalità previste dagli articoli 140 e 143 c.p.c., con gli avvisi di deposito di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8, che costituiscono modalità equivalenti alla notificazione ex art. 140 c.p.c., essendo questa riservata esclusivamente al legale rappresentante (art. 360 n. 3 c.p.c.).
1bis segue. Violazione e/o falsa applicazione dell’art.11. della legge 53/1994 ex art 360 n. 3 c.p.c. per non aver accertato la nullità delle notificazioni.
2.- Con il secondo motivo si deduce violazione artt. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c, per non essersi la Corte di appello pronunciata sulla eccezione di «nullità della notifica del dispositivo per omessa notifica del provvedimento del Tribunale ex art. 292, comma 4 e art. 430 c.p.c. per non aver valutato la mancata comunicazione della Cancelleria alla contumace, ma solo la notifica dell’Avv. COGNOME peraltro nulla ».
3.- Con il terzo motivo si deduce violazione artt. 133 e 430 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c, per avere la Corte erroneamente considerato come valida la notifica del dispositivo
della sentenza con l’allegazione del provvedimento del Tribunale in luogo della comunicazione che doveva avvenire ad opera della cancelleria del Tribunale come prevista per legge.
4.- Con il quarto motivo si deduce violazione della L. 890/1982, nonché degli artt. 138, 139, 140, 143 e 149 c.p.c., nonché dell’art. 11 della L. 53/1994, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. per avere erroneamente considerato valide le notifiche effettuate nel giudizio di 1° grado ai sensi della l. n. 53 del 1994, mentre la norma non consente la notifica alla società con le modalità previste dagli articoli 140 e 143 c.p.c., e, quindi, con gli avvisi di deposito di cui alla L. 20 novembre 1982, n. 890, art. 8, che costituiscono modalità equivalenti alla notificazione ex art. 140 c.p.c., essendo questa riservata esclusivamente al legale rappresentante (360 n. 3 c.p.c.).
5.Con il quinto motivo si deduce violazione dell’art. 2118 c.c. sulla risoluzione del rapporto al termine del periodo formativo in relazione all’art. 360 n. 3 e 4 c.p.c. nonché in relazione all’art 115 c.p.c. e 4 c.p.c.
I primi quattro motivi, concernenti le notificazioni degli atti del giudizio, possono essere affrontati unitariamente per la connessione delle censure.
Essi sono in parte inammissibili ed in parte infondati.
7.- Sono invero irrituali e tardive le censure sollevate avverso il dispositivo di sentenza di primo grado in ragione della nullità delle notifiche avvenute in quel procedimento. Si tratta infatti di doglianze che non risultano ritualmente proposte in appello e che non possono essere certo sollevate per la prima volta in questo giudizio di cassazione.
8.- Bisogna considerare invece che il dispositivo della sentenza è stato pronunciato in data 19.11.2021; il decreto del presidente del Tribunale che attestava l’impossibilità di redigere i motivi è stato depositato il 14.2.2022 ed è stato comunicato alla società
appellante
in data 5/9/2022, data della compiuta giacenza, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 292 c.p.c.; l’appello è stato proposto il 28.4.2023.
Ciò posto, per quanto riguarda la nullità della notifica dei provvedimenti costituiti dal dispositivo della sentenza e dal provvedimento del Presidente del tribunale che dava atto dell’impossibilità di redigere la motivazione per decesso del giudice, le censure si rivelano inammissibili essendo irrilevanti, ai fini dell’esito del giudizio, quelle sollevate avverso la notifica avvenuta ad opera della procuratrice della lavoratrice avv. COGNOME a mezzo posta presso la sede legale della RAGIONE_SOCIALE corrente in 00123 Roma, INDIRIZZO.
Ed invero tale notifica sarebbe da dichiarare nulla, ai sensi dell’orientamento di legittimità (Cass. n. 6654/2018 6654/2018 e 6112/2018) secondo cui l’art. 145 cod. proc. civ. non consente la notifica alla società con le modalità previste dagli artt. 140 e 143 cod. proc. civ., e, quindi, con gli avvisi di deposito di cui all’art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 890, che costituiscono modalità equivalenti alla notificazione ex art. 140 cod. proc. civ., essendo questa riservata esclusivamente al legale rappresentante; ma ciò produrrebbe unicamente l’inefficacia della stessa notifica ai fini del decorso del termine breve di impugnazione ex art. 325 c.p.c. fermo restando la tardività dello stesso appello rispetto al termine lungo.
11.- Occorre aggiungere in proposito che, secondo questo Collegio, contrariamente a quanto si sostiene con il ricorso, il contumace non ha diritto alla comunicazione della sentenza da parte della cancelleria e, pertanto, neanche alla comunicazione dei provvedimenti di cui si discute.
12.- Tanto si ricava anzitutto dalla sentenza delle Sez. Unite n. 26/1999 secondo la quale ‘Il termine annuale per l’impugnazione della sentenza, decorrente dalla data del suo
deposito, trova applicazione anche nei confronti delle parti contumaci, qualora non ricorrano le condizioni ostative di cui all’art. 327, secondo comma, cod proc. civ., senza che, a fronte della portata inequivoca di questa ultima disposizione, possa darsi all’art. 292, quarto comma, cod. proc. civ., valore diverso da quello di semplice indicazione delle modalità di esecuzione (“alla parte personalmente”) della notificazione della sentenza nei confronti della parte contumace’
13.- Non occorreva quindi una specifica comunicazione del decreto del presidente del Tribunale in discorso, ed ai fini della decorrenza del termine lungo di impugnazione si richiedeva il semplice deposito del provvedimento. E ciò anche alla luce di Cass. n. 10839/2008 e n. 18948/2006 che, in casi analoghi, hanno affermato che sia possibile l’attivazione dell’impugnazione dalla data del deposito dei provvedimenti del presidente del tribunale che, a seguito della decadenza o del pensionamento del giudice che lo aveva pronunciato, avevano disposto il deposito in cancelleria del solo dispositivo.
14.- Pertanto anche nel caso in esame il termine lungo per la proposizione dell’appello ex art 327 c.p.c. è iniziato a decorrere dal deposito del decreto del presidente del Tribunale emesso in data 14/2/2022, con cui si dava atto dell’impossibilità di depositare le motivazioni di tale sentenza.
In relazione a tale dies a quo l’appello proposto dalla società contumace in data 20 aprile 2023, dopo oltre un anno e due mesi, si rivela tardivo ex art. 327 c.p.c.
15.- Va pertanto concluso che nei giudizi regolati dal rito del lavoro il potere di proporre impugnazione sorge solo dopo che, con il deposito in cancelleria del testo della sentenza, completo di dispositivo e motivazione, sia venuto a compimento il relativo procedimento di formazione, sempre che non ricorra l’ipotesi prevista dall’art. 433, comma 2, c.p.c.; nei casi cui non sia
possibile completare la sentenza con la motivazione il termine lungo inizia a decorrere dal deposito del provvedimento del presidente del tribunale che attesti tale evento, senza che sia imposta la comunicazione del mancato deposito della motivazione; resta salva la decorrenza del termine breve in caso di notifica ad opera della parte ex art.326 c.p.c.
16.- Il quinto motivo di ricorso deduce questioni relative al merito deciso col dispositivo del tribunale a cui ha fatto seguito la sentenza di appello che ha dichiarato inammissibile l’appello.
Tali questioni sono evidentemente inammissibili perché precluse dalla loro mancata deduzione nei termini attraverso rituale impugnazione in appello.
17.Per le esposte ragioni il ricorso deve essere complessivamente rigettato.
18.- Le spese processuali seguono il regime della soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo in favore della parte controricorrente. Segue altresì il raddoppio del contributo unificato ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 5.500,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale del 3.04.2025
La Presidente dott.ssa NOME COGNOME