Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14113 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 14113 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/05/2024
NOME.
-INTIMATO- avverso la sentenza n. 848/2017 della Corte d’appello di Palermo, depositata il 10/05/2017.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 24.10.2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto: successioni
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 18315/2018 R.G. proposto da NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso l’AVV_NOTAIO.
-RICORRENTE –
contro
NOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO.
-CONTRORICORRENTE-
e
Udito il Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOMEAVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Uditi gli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con citazione notificata il 14 aprile 2003, NOME COGNOME ha evocato in giudizio la sorella NOME COGNOME, esponendo che la propria madre NOME – deceduta il 30.9.2002- in data 11.5.2001 aveva donato alla convenuta un appezzamento di terreno sito nel territorio del Comune di Casteldaccia, INDIRIZZO, meglio identificato in atti, e che detta disposizione era lesiva dei diritti di legittima.
Ha chiesto la riduzione della donazione in natura, con la resa del conto e il pagamento dei frutti.
Instaurato il contraddittorio, NOME COGNOME ha sostenuto che l’attrice aveva ricevuto dalla madre €. 61.814,85 quale controvalore dell’usufrutto, riservato alla COGNOME, sull’immobile che l’attrice aveva ricevuto in nuda proprietà dal padre, sito in Bagheria, alla INDIRIZZO, nonché l’ulteriore somma di €. 24.647,91 ricavato dalla vendita di alcuni terreni e taluni gioielli dal valore complessivo di €. 20.658,28, mentre il fratello NOME non aveva mai versato alla madre, trattenendone l’importo, il controvalore dell’usufrutto spettante alla de cuius sull’appartamento sito in INDIRIZZO INDIRIZZO, per l’importo di € 61.814,85, oltre ad €. 24.647,91 menzionati nella scrittura del 25 settembre 2002 a firma della de cuius ed il controvalore di taluni gioielli, pari ad €. 10.000.
Ha eccepito che il terreno ricevuto dalla madre aveva il valore di € 167.848,42 mentre NOME COGNOME aveva incamerato beni e somme di denaro per €. 91.627,13 e l’attrice NOME un controvalore complessivo di €. 107.111,04 , come risultava dal testamento pubblico del 23 aprile 2001.
Espletata consulenza tecnica grafologica sulla scrittura del 25.9.2002 e consulenza tecnica d’ufficio per la valutazione del complesso ereditario, il Tribunale, con sentenza non definitiva n. 1482 del 2010, ha ritenuto sussistente la lesione della quota di legittima spettante a NOME, per un importo di €. 53.198,05, sostenendo che il valore dell’usufrutto la de cuius aveva donato all’attrice era pari ad €. 3870,00 e non ad €. 61.335, 00, poiché l’appartamento di INDIRIZZO Bagheria, gravato di usufrutto, era stato locato solo per il periodo aprilesettembre 2002.
Con successiva sentenza definitiva n. 875/2012, ha disposto la riduzione della donazione del 23.4.2001, ordinando la retrocessione del bene alla comunione e la divisione del patrimonio ereditario.
La sentenza non definitiva n. 1482/2010 è stata impugnata in via principale da NOME COGNOME, lamentando che il Tribunale non aveva conteggiato nella divisione l’intero importo che NOME aveva ricevuto dalla madre, pari ad €. 82.472,28; NOME ha proposto appello incidentale, chiedendo di dichiarare che la quota di riserva assommava ad € 78.566,23, chiedendo di respingere la domanda di riduzione.
Con sentenza n. 848/2017, la Corte distrettuale ha dichiarato inammissibile l’appello principale ed inefficace quello incidentale, affermando che NOME COGNOME si era limitata ad esporre lo svolgimento del giudizio di primo grado ed aveva riproposto gli argomenti già sviluppati in primo grado, mancando il gravame di una parte argomentativa specificamente diretta a confutare i punti fondamentali della motivazione del Tribunale nella parte in cui era accertata la lesione di legittima ai danni di NOME COGNOME.
Per la cassazione della sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso affidato a due motivi, cui NOME ha resistito con controricorso. NOME COGNOME non ha proposto difese.
La causa, inizialmente avviata alla trattazione camerale dinanzi alla Sesta sezione civile, è stata rimessa in pubblica udienza con ordinanza interlocutoria n. 16473/2019.
Le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, sostenendo che la Corte distrettuale non avrebbe dato conto in motivazione delle ragioni per cui ha ritenuto non specifici i motivi di appello, pur avendo l’appellante illustrato in modo argomentato le critiche alla pronuncia di primo grado, evidenziando che il Tribunale aveva erroneamente quantificato in € 3870,00 il controvalore della donazione dell’usufrutto sulla casa paterna ricevuta in vita da NOME COGNOME, poiché il testamento del 23.8.1991, dichiarati autentico, risultava che il valore dell’usufrutto sull’immobile assommava ad €. 61.814,00 e che le dichiarazioni del teste escusso, che aveva riferito di aver condotto in locazione l’immobile dall’aprile 2003 al settembre 2003, non erano rilevanti, riguardando un periodo successivo alla morte di NOME COGNOME.
Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per aver la Corte di merito ritenuto che il valore dell’usufrutto sulla casa paterna oggetto di donazione in favore della resistente ascendesse ad € 3870,00 , in contrasto con le risultanze documentali.
Deve dichiararsi l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 340, comma secondo, c.p.c..
E’ evidenziato nel controricorso e trova riscontro nell’esame degli atti di causa che la ricorrente aveva dichiarato nell’atto di appello di aver formulato riserva di impugnazione avverso la sentenza non definitiva n. 1482/2010 all’udienza del 19.4.2010 (cfr. atto di appello pag. 9 e controricorso, pag. 9).
Nonostante la suddetta riserva di impugnazione, che la ricorrente ha esplicitamente ammesso di aver formulato, quest’ultima ha proposto appello immediato avverso la sentenza non definitiva di primo grado con atto notificato in data 13.9.2010, mentre la successiva sentenza definitiva n. 875/2012 è stata pubblicata solo il 22.2.2012.
La natura non definitiva della sentenza oggetto di appello immediato discendeva dalla esplicita qualificazione in tal senso operata dal Tribunale (cfr. Cass. s.u. 10242/2021), e peraltro il primo giudice aveva rinviato alla pronuncia definitiva anche la regolazione delle spese (cfr. sentenza di primo grado, pag. 9), limitandosi a dichiarare la sussistenza della lesione di legittima, disponendo con ordinanza per l’individuazione delle porzione da retrocedere alla massa ereditaria, per la formazione delle quote e per le operazioni divisionali (cfr., per la natura non definitiva delle pronunce adottate nel corso del giudizio di divisione, eccettuata l’ultima che provvede, ai sensi degli artt. 789 e 791 c.p.c., alla formazione definitiva dei lotti, anche quanto rimetta alla fase successiva le operazioni relative al sorteggio delle quote: Cass. 29829/2011; Cass. 15446/2016; Cass. 24300/2023).
Deve ribadirsi che l’impugnazione immediata di una sentenza non definitiva di cui la parte si sia riservata l’impugnazione differita è inammissibile, pur non precludendo, dopo la sentenza definitiva, l’esercizio del potere di impugnare anche quella non definitiva (Cass. 18498/2015; Cass. 17233/2010; Cass. 1200/2003), essendo -in tal caso inefficace anche l’impugnazione incidentale tardiva (Cass. 21173/2021).
In conclusione, decidendo sul ricorso, va dichiarata l’inammissibilità dell’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza non definitiva n. 1482/2010 del Tribunale di Palermo, confermando l’inefficacia dell’impugnazione incidentale tardiva ; la sentenza
impugnata è cassata senza rinvio, perché il giudizio di appello non poteva essere proposto, con regolazione delle spese in dispositivo. Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
decidendo sul ricorso, dichiara inammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Palermo n. 1482/2010, cassa senza rinvio la sentenza impugnata e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di appello, liquidate in €. 2700,00 per compenso ed € 150,00 per esborsi, nonché al pagamento delle spese di legittimità, liquidate in €. 7500,00 per compenso ed €. 200,00 per esborsi, oltre ad iva, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali, in misura del 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda