Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9124 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9124 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/04/2024
respinta, revocando parzialmente il provvedimento monitorio solo in ragione di un pagamento parziale avvenuto nel settembre 2013 e condannando al pagamento del credito residuo di euro 1.889,59;
il decreto ingiuntivo era stato emesso, su richiesta dalla COGNOME, al fine di ottenere la liquidazione delle spettanze a titolo di differenze retributive per mansioni superiori (C1) rispetto a quelle di inquadramento (B2), riconosciute nell’ an da pregressa sentenza tra le stesse parti del medesimo Tribunale;
l’RAGIONE_SOCIALE sosteneva di avere corrisposto tali differenze retributive nella misura debita, mentre contestava quanto riconosciuto nel decreto ingiuntivo, alla COGNOME, a titolo di compensi incentivanti inerenti alle menzionate mansioni superiori di livello C1 svolte, rispetto ai compensi incentivanti propri della posizione B2;
2.
la Corte territoriale affermava che l’atto di appello risultava privo di specifiche censure rispetto alla motivazione sulla cui base il Tribunale aveva riconosciuto il diritto della COGNOME a percepire i maggiori importi a titolo di compensi incentivanti, aggiungendo che ogni questione volta a far constare l’infondatezza della pretesa della COGNOME alla percezione di quei compensi andasse svolta nell’ambito del giudizio sull’ an , di cui alla pregressa sentenza, in altro processo, tra le stesse parti;
in ogni caso, secondo la Corte di merito, le differenze sul compenso incentivante per il livello C1 erano da ritenere dovute, in quanto vi era
prova che la COGNOME aveva sempre regolarmente percepito il compenso incentivante parametrato al livello B2 e non risultava dimostrato dall’RAGIONE_SOCIALE che il compenso incentivante percepito dalla COGNOME avesse finalità diversa da quelle correlate al progetto al quale essa aveva in concreto preso parte; 3.
l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, mentre la COGNOME è rimasta intimata;
CONSIDERATO CHE
1.
il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3 e, all’occorrenza, n. 4 c.p.c.) degli artt. 342 e 434 c.p.c. e con esso si sostiene che erroneamente la Corte di merito avrebbe ritenuto che l’atto di appello non avrebbe contenuto specifiche censure rispetto alla motivazione addotta dal Tribunale che invece, assume l’ente, erano contenute nell’atto di gravame;
il secondo motivo adduce invece la nullità della sentenza o del procedimento (art. 360 n. 4 c.p.c.), in relazione alla violazione dei principi di cui all’art. 111 Cost. ed in particolare del comma 2, in una lettura integrata con l’art. 6 CEDU ;
con esso si afferma che la Corte territoriale, violando anche l’art. 112 c.p.c., avrebbe posto a base della propria decisione una erronea interpretazione della sentenza sull’ an debeatur la quale, anche per mancanza di domanda in tal senso, non si era pronunciata sul compenso incentivante;
il motivo sostiene quindi che ‘l’esecuzione della sentenza’ non poteva ricomprendere differenze retributive non portate all’attenzione del giudice pronunciatosi sull’ an , che aveva accertato solo il superamento del grado di responsabilità rispetto alle mansioni di inquadramento, sicché, ‘non essendo stato esplicitamente dedotto come fatto costitutivo il pagamento dei compensi incentivanti, né richiesto in via conclusiva nel ricorso principale, tale pretesa non può essere richiesta in sede monitoria che
costituisce una prosecuzione di un diritto accertato in sede di cognizione ordinaria’;
2.
i motivi sono inammissibili;
2.1
l’opposizione a decreto ingiuntivo introduce notoriamente un giudizio di cognizione ordinaria sulla spettanza delle somme intimate e per i titoli pretesi (Cass. 8 marzo 2012, n. 3649; Cass. 19 gennaio 2007, n. 1184; Cass. 31 maggio 2006, n. 13001);
i motivi di ricorso per cassazione adducono che, con l’appello , vi erano state censure avv erso la sentenza di primo grado e che la sentenza sull’ an non conteneva, anche perché quel profilo non era stato portato dalla lavoratrice all’attenzione di quel giudice, l’accertamento della spettanza delle differenze sul compenso incentivante;
in tal modo il ricorso per cassazione va dunque a criticare le due prime rationes decidendi sviluppate nella sentenza d’appello qui impugnata , quali riepilogate nello storico di lite;
vi è però da considerare l’affermazione della Corte d’Appello secondo cui, sulla premessa che la COGNOME avesse sempre ricevuto il compenso incentivante parametrato al livello B2, l’RAGIONE_SOCIALE non avesse dimostrato che il compenso incentivante proprio del livello C1 avesse finalità diverse;
secondo la Corte di merito, poiché la lavoratrice riceveva quel compenso rispetto alle mansioni inferiori, spettava all’RAGIONE_SOCIALE dimostrare che il progetto seguito, con le attività poi riqualificate come afferenti al livello C, avesse caratura diversa e non comportasse quindi la maturazione delle differenze rivendicate anche sotto tale particolare profilo retributivo;
in sostanza, in tal modo la Corte territoriale ha ritenuto la sussistenza del diritto sostanziale alla percezione di quell’emolumento;
i due motivi di ricorsi per cassazione non argomentano rispetto a tale riconoscimento del diritto sostanziale, che è chiaramente autonomo rispetto alle precedenti considerazioni della Corte di merito, coinvolte dal
ricorso per cassazione, volte a fondare il rigetto dell’appello sull’assenza di sufficienti censure ovvero per essere, quanto preteso, già ricompreso nella sentenza sull’ an ;
una volta che quel diritto sostanziale -con la sentenza qui fatta oggetto di ricorso per cassazione – è stato riconosciuto nel merito, era però onere dell’ente impugnare tale statuizione, a ciò non bastando la mera affermazione che non potrebbe chiedersi in INDIRIZZO monitoria quanto non dedotto nel giudizio sull’ an ;
si è già infatti detto come il presente processo sia comunque giudizio sul rapporto, sicché, se in esso vi è stata pronuncia del giudice di merito, la parte ritenuta obbligata doveva proporre impugnazione per cassazione al fine di contestare tale accertamento sostanziale;
l’ipotesi si riporta in definitiva al consolidato principio per cui, qualora la sentenza impugnata si fondi su più rationes decidendi , ciascuna di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, è onere del ricorrente di impugnarle tutte, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione (v. Cass. 14 agosto 2020, n. 17182; Cass. 18 aprile 2019, n. 10815; Cass. 7 novembre 2005, n. 21490), il che, per quanto sopra detto, non può dirsi sia avvenuto;
3.
nulla sulle spese, non avendo la lavoratrice svolto attività difensiva;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 23.1.2024.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME