Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 27941 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3   Num. 27941  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 20/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3750/2022 proposto da:
NOME e NOME COGNOME, quest’ultima anche quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE),  rappresentati  e  difesi  dagli  avv.ti  NOME COGNOME e NOME COGNOME, con domicilio digitale ex lege ;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE;
– intimata –
avverso  la  sentenza  n.  209/2021  della  CORTE D’APPELLO DI LECCE, SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO depositata il 24/6/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/9/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
ritenuto che,
con sentenza resa in data 24/6/2021, la Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, in accoglimento per quanto di ragione dell’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e in parziale riforma della decisione di primo grado, ha disposto la revoca del decreto ingiuntivo originariamente ottenuto dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE ed ha condannato questi ultimi al pagamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE (in amministrazione giudiziaria), di somme a titolo di canoni di affitto d’azienda non corrisposti e di rimborso per spese di manutenzione straordinaria, oltre agli accessori e al rimborso della metà delle spese del giudizio (compensate nel resto);
a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale – dopo aver rilevato l’erroneità della decisione del giudice di primo grado, nella parte in cui aveva rilevato l’improcedibilità della domanda principale originariamente proposta dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE, e della domanda riconvenzionale proposta da questi ultimi nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, sul presupposto che le parti avevano originariamente concordato di devolvere alla competenza arbitrale ogni controversia riferibile al contratto d’affitto d’azienda tra le stesse intercorso -ha ritenuto inammissibile la riproposizione in appello delle domande originariamente avanzate da NOME COGNOME, NOME COGNOME e dalla RAGIONE_SOCIALE (per essersi tali parti costituite tardivamente in appello), e ha viceversa accertato la parziale fondatezza della rivendicazioni creditorie avanzate dalla RAGIONE_SOCIALE (segnatamente in relazione alle causali in precedenza indicate), dopo aver rilevato
l’avvenuta sostanziale  rinuncia,  da  parte  della  stessa  (attraverso  il proprio  comportamento  processuale)  a  far  valere  la  competenza arbitrale in luogo di quella del giudice ordinario;
avverso  la  sentenza d’appello, NOME  COGNOME,  NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE  propongono ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d’impugnazione;
la RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese in questa sede; i ricorrenti hanno depositato memoria;
considerato che,
con l’unico motivo d’impugnazione proposto, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 5, co. 1bis del d. lgs. n. 28/2010, dolendosi altresì della nullità della sentenza o del procedimento per violazione e/o erronea applicazione degli artt. 819ter e 42 c.p.c. (in relazione all’art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c.), per avere la corte territoriale (non solo illegittimamente ritenuto come validamente rinunciata dalle parti la competenza arbitrale, ma soprattutto) erroneamente ritenuto ammissibile l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE nonostante il giudice di primo grado si fosse limitato a dichiarare l’improcedibilità delle domande proposte dalle parti nei loro reciproci confronti in ragione della rilevata competenza arbitrale; presupposto dal quale sarebbe dovuto discendere il riconoscimento dell’inammissibilità dell’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE in considerazione della necessaria ed esclusiva impugnabilità della decisione di primo grado attraverso il solo strumento del regolamento di competenza;
il motivo è infondato;
osserva il Collegio come, diversamente da quanto affermato dagli odierni ricorrenti (nella parte in cui, sostenendo l’impugna bilità della decisione del primo giudice unicamente con regolamento necessario di competenza, ne hanno individuato il contenuto come relativo alla sola competenza), il giudice di primo grado non si limitò affatto a decidere unicamente sulla propria competenza, avendo piuttosto esteso i contenuti della propria decisione anche a questioni ‘ di merito ‘ (inteso come decisum diverso dalla competenza), così come reso evidente dalla lettura della relativa decisione (prodotta dalla parte ricorrente);
in particolare, il giudice di primo grado, sul presupposto che la clausola compromissoria convenuta tra le parti (nell’alludere alla necessità del previo esperimento della mediazione prima di adire il giudizio degli arbitri) attribuisse alla propria competenza la potestà di decidere sulle questioni connesse alla correttezza dell’introduzione dell’azione (in rapporto al previo esperimento della mediazione prima di adire gli arbitri), ha implicitamente affermato il ricorso di tale specifica competenza propria e, nel contempo, una volta ravvisata la propria competenza a decidere sul mancata esperimento della mediazione, ha dichiarato l’improcedibilità delle domande proposte dalle parti per il mancato esperimento della mediazione;
ciò posto, detta (per vero singolare) decisione, in quanto recante una  preliminare  affermazione  della  competenza  a  decidere  sulla procedibilità dell’azione sulla base della clausola arbitrale e, di seguito, sulla  base  di  tale  ritenuta  competenza,  una  successiva  decisione  di dichiarazione  di  improcedibilità  della  domanda,  si  connotava  come decisione  non  solo  sulla  competenza,  ma  anche  su  altra  questione,
sebbene  di  rito,  esaminabile  ed  esaminata  successivamente  nel presupposto della ritenuta competenza;
conseguentemente, tale decisione avrebbe potuto essere impugnata  con  il  regolamento  facoltativo  di  competenza  in  caso  di contestazione  del l’affermazione positiva  sulla  competenza;  mentre avrebbe potuto essere impugnata con l’appello là dove l’impugnazione avesse  inteso  contestare,  tanto  tale  affermazione  (ossia,  tale  capo della sentenza), quanto la declaratoria di improcedibilità;
da tanto consegue che l’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE non fu,  dunque,  inammissibile,  poiché  riguardò,  tanto  il  problema  della competenza, quanto quello dell’improcedibilità delle domande; questioni entrambe di rito, ma non riducibili alla sola competenza;
la seconda parte del motivo, logicamente preliminare, non può dunque essere accolta, non senza stigmatizzare la già affermata singolarità della decisione del primo giudice, il quale, a fronte della clausola arbitrale e alla previsione dell’obbligo di mediazione prima di adire gli arbitri, non avrebbe dovuto ritenersi competente sull ‘ inosservanza di tale obbligo, spettando agli arbitri (eventualmente aditi) il compito di rilevare tale inosservanza, nell’àmbito della loro competenza sulle condizioni di attivazione della clausola arbitrale;
quanto, infine, alla prima parte dell’illustrazione del motivo (riferita alla pretesa violazione e falsa applicazione dell’art. 5, co. 1bis del d. lgs. n. 28/2010), la stessa deve ritenersi inammissibile per genericità, non  contenendo, l’esposizione dei  ricorrenti,  alcunché  che  possa rendere, in modo chiaro e percepibile, i termini della censura avanzata, non potendo d’altronde a tal fine valorizzarsi quanto contenuto nella seconda memoria depositata da parte ricorrente, attesa l’ inidoneità di
tale  atto  a  consentire l’enunciazione o l’integrazione di  censure  non precedentemente proposte nei termini previsti dalla disciplina processuale;
sul punto è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza non possono essere affidati a deduzioni generali e ad affermazioni apodittiche, con le quali la parte non prenda concreta posizione, articolando specifiche censure esaminabili dal giudice di legittimità sulle singole conclusioni tratte dal giudice del merito in relazione alla fattispecie decisa, atteso che il ricorrente ha l’onere di indicare con precisione gli asseriti errori contenuti nella sentenza impugnata, in quanto, per la natura di giudizio a critica vincolata propria del processo di cassazione, il singolo motivo assolve alla funzione condizionante il devolutum della sentenza impugnata, con la conseguenza che il requisito in esame non può ritenersi soddisfatto qualora il ricorso per cassazione sia basato su forme argomentative o modalità di formulazione tali da rendere impossibile l’individuazione della critica mossa ad una parte ben identificabile del giudizio espresso nella sentenza impugnata, rivelandosi del tutto carente nella specificazione delle deficienze e degli errori asseritamente individuabili nella decisione (cfr. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 1479 del 22/01/2018, Rv. 646999 -01; Sez. 1, Sentenza n. 10420 del 18/05/2005, Rv. 580895 – 01);
in  particolare,  la  spiegazione  della  censura  sembrerebbe  voler attingere l’affermazione della sentenza, evocata in carattere corsivo, attraverso la terza proposizione della pag. 13: ma ciò che si argomenta successivamente si incentra sulla questione della competenza e non
già su quella della procedibilità, di cui la corte di merito avrebbe dovuto occuparsi a proposito  della  domande  evocate  nella  detta  terza proposizione; ciò che, come detto, risulta del tutto incomprensibile e inidoneo a rendere intelligibile il contenuto della censura;
sulla  base  di  tali  premesse,  rilevata  la  complessiva  infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso;
non  vi  è  luogo  per l’adozione di  alcuna  statuizione  in  ordine regolazione  delle  spese  processuali,  non  avendo  la  parte  intimata svolto difese in questa sede;
si  dà  atto  della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo  a  titolo  di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo  a  titolo  di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1quater , dell’art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione del 18/9/2025.
Il Presidente NOME COGNOME