Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 24958 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 24958 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11820/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in TeramoINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Pineto, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in RomaINDIRIZZO, presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) giusta procura speciale in calce al controricorso
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Pineto, in persona del legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in ChietiINDIRIZZO , presso lo studio dell’ AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende giusta procura speciale allegata al controricorso
– controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila n. 88/2022 depositata il 19/1/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/6/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Il Tribunale di Teramo, sezione distaccata di Atri, ingiungeva a RAGIONE_SOCIALE, con tre distinti decreti ingiuntivi, di corrispondere € 243.500,45 a RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, nonché gli importi di € 56.034,94 e € 77.480, 01 alla sola RAGIONE_SOCIALE.
Nelle more dell’emissione del primo decreto ingiuntivo il Tribunale di Teramo dichiarava il fallimento di RAGIONE_SOCIALE e la procedura interveniva nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo. Il Tribunale di Teramo, una volta riunite le differenti opposizioni proposte da RAGIONE_SOCIALE, riteneva – con sentenza n. 766/2020 che la questione relativa all’opponibilità alla curatela della cessione del credito tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE fosse prodromica all’accertamento della pretesa creditoria fatta valere in INDIRIZZO, trattandosi di un atto destinato a incidere sulla consistenza della massa fallimentare, considerava, di conseguenza, operante la vis attractiva del tribunale fallimentare e revocava i decreti ingiuntivi opposti, dovendosi accertare l’effettiva titolarità del credito dai medesimi recato nelle forme previste dalla legge speciale.
La Corte distrettuale di L’Aquila, a seguito dell’appello principale presentato dal fallimento di RAGIONE_SOCIALE e dell’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE, osservava -fra l’altro e per quanto di interesse – che la ripartizion e degli affari all’interno dello stesso ufficio giudiziario aveva una rilevanza meramente interna, cosicchè l’introduzione dei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo dinanzi alla sezione distaccata di Atri (peraltro soppressa nelle more) non era circostanza sufficiente ad attribuire una competenza in capo
al tribunale fallimentare (Tribunale di Teramo), trattandosi, in definitiva, del medesimo ufficio giudiziario.
Faceva richiamo al principio secondo cui, quando sia stata decisa una questione di distribuzione degli affari civili all’interno dello stesso ufficio giudiziario qualificandola erroneamente come questione di competenza, il mezzo di impugnazione esperibile contro il provvedimento che abbia riguardato solo questo punto è, in applicazione del principio dell’apparenza, il regolamento necessario di competenza.
Riteneva, pertanto, inammissibile l’impugnazione principale, perché la stessa avrebbe dovuto essere proposta mediante regolamento di competenza ai sensi dell’art. 42 cod. proc. civ., dato che la statuizione impugnata aveva inciso unicamente sul regime della competenza.
Reputava, altresì, inammissibile l’appello incidentale di RAGIONE_SOCIALE, avente ad oggetto la condanna della curatela al pagamento, a titolo di risarcimento danni, della somma di € 90.000; infatti, tale domanda, già avanzata in sede di opposizione a decreto ingiuntivo senza che sulla stessa vi fosse stata una formale pronunzia del primo giudice, poteva essere ritualmente spiegata in appello, con le modalità dell’impugnazione incidentale, solo a condizione che l’appellato si fosse costituito ve nti giorni prima dell’udienza di comparizione, come invece non era avvenuto nel caso di specie.
Il fallimento di RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per la cassazione di tale sentenza, pubblicata in data 19 gennaio 2022, prospettando un RAGIONE_SOCIALE motivo di doglianza, al NOME hanno resistito con controricorso RAGIONE_SOCIALE, costituitasi nel giudizio di appello in qualità di successore a titolo particolare di RAGIONE_SOCIALE, e RAGIONE_SOCIALE.
Quest’ultima, a sua volta, ha proposto ricorso incidentale, affidato a tre motivi.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
Considerato che:
4. Il motivo illustrato con il ricorso principale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 cod. proc. civ., in quanto la decisione da parte del tribunale sull’eccezione relativa alla legittimazione processuale, in uno con la questione di competenza e in via non strumentale alla risoluzione di quest’ultima questione, impediva di esperire l’impugnazione, rivolta anche a tale profilo della decisione, attraverso il regolamento necessario di competenza.
L’apparenza del diritto aggiunge il ricorrente – non può essere volta a discapito della parte che abbia individuato correttamente la sostanza del provvedimento (decisione in rito di improponibilità della domanda e non nel merito) e lo abbia impugnato con il mezzo all’uopo predisposto dall’ordinamento (l’appello anziché il regolamento necessario di competenza).
Ciò soprattutto ove si consideri che l’esame della sentenza di prime cure, impugnata in appello, non conteneva indicatori che conducessero a ritenere che il primo giudice avesse qualificato, sia pure non correttamente, la questione sottopostagli in termini di “competenza’.
Il motivo è fondato.
5.1 La Corte distrettuale, all’interno della decisione impugnata in questa sede, ha riconosciuto che il tribunale aveva ‘ rigettato la questione relativa alla inesistenza della procura rilasciata da COGNOME NOME NOME legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE in un momento in cui lo stesso non rivestiva più tale qualifica ritenendo applicabile il particolare regime di sanatoria p revisto dall’art. 182 cpc ‘, procedendo poi alla revoca dei decreti ingiuntivi opposti, stante ‘ la vis attractiva del tribunale fallimentare ‘ (pag. 2).
Risulta così indubbio che il tribunale dapprima abbia deciso la questione preliminare concernente la validità della costituzione di CC
RAGIONE_SOCIALE (chiarendo che il difetto di legittimazione processuale della persona fisica che agisca in giudizio in rappresentanza di un ente può essere sanato, in qualunque stato e grado del giudizio, con efficacia retroattiva e con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti, per effetto della costituzione in giudizio del soggetto dotato dell’effettiva rappresentanza dell’ente stesso, il NOME manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare la precedente condotta difensiva del falsus procurator ), successivamente abbia ritenuto che tutti i giudizi fossero attratti alla competenza funzionale del giudice fallimentare.
5.2 Questa pluralità di statuizioni impediva di fare applicazione dell’art. 42 cod. proc. civ..
Infatti, qualunque sentenza – escluse quelle del giudice di pace che decida esclusivamente sulla competenza deve essere impugnata con istanza di regolamento di competenza, anche se il giudice esamini questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, purché l’estensione della decisione alle stesse sia strumentale alla soluzione della questione sulla competenza e non abbia, al contrario, autonomia rispetto ad essa, nel qual caso la risoluzione di dette questioni appartiene al merito, con conseguente ricorso ai mezzi ordinari di impugnazione (Cass. 34999/2021; Cass. 15958/2018)
Nel caso concreto, il tribunale ha deciso anche una questione di legittimazione processuale di una delle parti, che non aveva attinenza alcuna con la questione di competenza.
In presenza di una decisione sul merito che accompagnava la statuizione sulla competenza, l’impugnazione volta a contestare ambedue le statuizioni (nel senso espressamente registrato dalla Corte distrettuale a pag. 3 della decisione impugnata) doveva essere presentata, a mente dell’art. 43, comma 1, cod. proc. civ., utilizzando i mezzi ordinari di impugnazione, come il fallimento aveva correttamente fatto.
La Corte d’appello, dunque, ha errato nel ritenere che il mezzo di impugnazione avrebbe dovuto essere il regolamento di competenza ex art. 42 cod. proc. civ..
5.3 Senza dire, per mera completezza, che neppure il principio dell’apparenza (Cass. 38857/2021) avrebbe potuto giocare un ruolo a favore della diversa soluzione, non risultando dalla sentenza di primo grado, come riassunta in atti e dalla stessa sentenza di appello, al di là dell’improprio riferimento alla competenza della sezione fallimentare, nessun indice sintomatico dell’esistenza di una pronuncia di incompetenza (declaratoria in tal senso, riassunzione, o altro).
Il tribunale ha, per contro, affermato che i decreti ingiuntivi, oggetto del processo, andavano revocati, perché l’effettiva titolarità del credito, da essi recato, andava accertata ‘nelle forme previste dalla legge speciale’ (fallimentare), in tal modo ev idenziando che la sostanza della decisione era in rito.
6.1 Il primo motivo del ricorso incidentale lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 334, 343 e 346 cod. proc. civ.: la Corte d’appello ha erroneamente ravvisato l’inammissibilità del la domanda riconvenzionale condizionata spiegata da RAGIONE_SOCIALE (avente ad oggetto la condanna della curatela al pagamento, a titolo di risarcimento danni, della somma di € 90.000) a causa della tardività della sua costituzione, in quanto tale domanda, ritenuta assorbita dal primo giudice, doveva soltanto essere riproposta in secondo grado onde evitare di incorrere nella presunzione di rinunzia di cui all’art. 346 cod. proc. civ..
La Corte distrettuale, inoltre, ha violato il principio di disporre dell’ordine logico delle questioni sorte, dato che l’appellata, una volta accolta la preliminare eccezione di inammissibilità dell’appello, non aveva più interesse a che la propria domanda fosse decisa.
6.2 Il secondo motivo del ricorso incidentale prospetta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 115/2002, perché la Corte territoriale ha condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello già dovuto, malgrado la domanda riconvenzionale condizionata non dovesse essere esaminata e non potesse essere considerata inammissibile.
6.3 Il terzo motivo del ricorso incidentale prospetta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 91 e 92, comma 2, e 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., perché la Corte d’appello ha compensato le spese di lite del grado di appello, malgrado RAGIONE_SOCIALE non potesse essere considerata soccombente ed adducendo, senza alcun’altra idonea spiegazione, la mera novità della questione.
Il primo motivo del ricorso incidentale è fondato.
La ricorrente incidentale ha rappresentato che, ‘ nel costituirsi in giudizio con comparsa di costituzione e risposta del 31/08/2021 ‘, aveva chiesto, in via subordinata e riconvenzionale, ‘ di accertare e dichiarare che la società RAGIONE_SOCIALE, a causa degli inadempimenti contrattuali della RAGIONE_SOCIALE, ha subito danni patrimoniali e per l’effetto condannare quest’ultima (oggi fallita) al pagamento degli stessi in favore della RAGIONE_SOCIALE, in persona del l.r.p.t. nella misura di euro 90.000,00 o in quella maggiore o minore che sarà ritenuta di giustizia ‘ (pag. 5 del controricorso).
La Corte distrettuale ha dichiarato l’inammissibilità di tale domanda perché la stessa ‘ era stata già avanzata in sede di opposizione a decreto ingiuntivo ed non essendovi stata sulla stessa formale pronunzia da parte del Tribunale di Teramo, per essere ritualmente spiegata in appello, con le modalità dell’impugnazione incidentale,
RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto costituirsi venti giorni la data della prima udienza di comparizione ‘ (pag. 4).
Una simile decisione è errata sotto un duplice profilo.
In primo luogo, occorre rilevare che nessun appello incidentale andava presentato per riproporre in appello la domanda riconvenzionale dichiarata assorbita dal primo giudice.
Infatti, la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, non ha l’onere di proporre appello incidentale per richiamare in discussione le proprie domande o eccezioni non accolte nella pronuncia, da intendersi come quelle che risultino superate o non esaminate perché assorbite; in tal caso la parte è soltanto tenuta a riproporle espressamente nel giudizio di appello o nel giudizio di cassazione in modo tale da manifestare la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinunzia derivante da un comportamento omissivo (Cass., Sez. U., 13195/2018, Cass. 33649/2023).
Questa riproposizione non doveva neppure avvenire nei termini previsti dal combinato disposto degli artt. 359 e 166 cod. proc. civ.. Invero, le parti del processo di impugnazione, nel rispetto dell’autoresponsabilità e dell’affidamento processuale, sono tenute, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia (al di fuori delle ipotesi di domande e di eccezioni esaminate e rigettate, anche implicitamente, dal primo giudice, per le quali è necessario proporre appello incidentale ex art. 343 cod. proc. civ.), a riproporre ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ. le domande e le eccezioni non accolte in primo grado, in quanto rimaste assorbite, con il primo atto difensivo e comunque non oltre la prima udienza, trattandosi di fatti rientranti già nel thema probandum e nel thema decidendum del giudizio di primo grado (Cass., Sez. U., 7940/2019).
Dai precedenti rilievi discende l’assorbimento delle ulteriori doglianze presentate, tenuto conto anche degli effetti provocati sulle parti della
sentenza impugnata dipendenti dalla porzione da cassare ai sensi dell’art. 336 cod. proc. civ..
8. La sentenza impugnata, dunque, deve essere cassata, con rinvio della causa alla Corte distrettuale, la NOME, nel procedere al suo nuovo esame, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale; dichiara assorbiti gli altri motivi del ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di L’Aquila in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma in data 14 giugno 2024.