Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3500 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3500 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/02/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 7518/23 proposto da:
-) NOME COGNOME avvocato, difesa da se medesima ex art. 86 c.p.c.; – ricorrente –
contro
-) RAGIONE_SOCIALE volontariamente rappresentata dalla RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall ‘ avv. NOME COGNOME;
contro
ricorrente –
nonché
-) NOME COGNOME domiciliata ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difesa dall ‘ avv. NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché
-) RAGIONE_SOCIALE Jase , in persona del presidente pro tempore , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall ‘ avv. NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché
-) NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE, Condominio di INDIRIZZO; Intercondominio di INDIRIZZO; RAGIONE_SOCIALE Roma RAGIONE_SOCIALE;
Oggetto:
opposizione agli atti
esecutivi – impugnazione della
sentenza di merito – appello –
necessità – deduzione del vizio
di mancata
sottoscrizione
del
giudice
–
irrilevanza
presupposti.
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma 16 gennaio 2023 n. 246: udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16 dicembre 2024 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2015 la società RAGIONE_SOCIALE pignorò un immobile di proprietà di NOME COGNOME.
Nella procedura intervennero altri cinque creditori.
L ‘ immobile fu venduto all ‘ asta, fu aggiudicato e ne fu ordinata la liberazione. Il 6.2.2020 il Giudice dell ‘ esecuzione emise il decreto di trasferimento; il successivo 24.2.2020 autorizzò il custode allo smaltimento dei beni mobili ancora presenti nell ‘ immobile.
Con l ‘ atto introduttivo del presente giudizio, intitolato ‘ Ricorso in opposizione ex art. 615 e/o 617 c.p.c.’ NOME COGNOME dichiarò di volersi ‘ opporre con il presente atto all ‘ ordine di trasferimento così come emesso in data 6/2/2020 ed al provvedimento (…) con il quale l’ I V G veniva autorizzato allo smaltimento dei beni mobili ancora oggi all ‘ interno dell ‘immobile’ .
Con sentenza 4.11.2021 n. 17176 il Tribunale di Roma:
-) dichiarò inammissibile per tardività l ‘ opposizione avverso il decreto di trasferimento;
-) rigettò l ‘ opposizione avverso il provvedimento di sgombero dei mobili, sul presupposto che NOME COGNOME non solo non aveva asportato i suoi beni nelle date a tal fine fissate, ma aveva anzi tenuto un contegno ostruzionistico.
La sentenza fu appellata dalla soccombente.
Con sentenza 16.1.2023 n. 246 la Corte d ‘ appello di Roma dichiarò inammissibile il gravame, in quanto proposto avverso una sentenza pronunciata ai sensi dell ‘ art. 617 c.p.c..
La sentenza d ‘ appello è stata impugnata per Cassazione da NOME COGNOME con ricorso fondato su quattro motivi.
Hanno resistito con controricorso il consorzio Jase, NOME COGNOME NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE quale rappresentante volontaria di RAGIONE_SOCIALE
Con provvedimento del 29 gennaio 2024 (dep. 16.2.2024) è stata proposta la definizione accelerata del ricorso ai sensi dell ‘ art. 380 bis c.p.c.. La ricorrente ha depositato rituale istanza di decisione. La ricorrente, il Consorzio RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria. Il Collegio ha disposto il deposito della motivazione nel termine di cui all ‘ art. 380 bis, secondo comma, c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo e col secondo motivo di ricorso NOME COGNOME sostiene che la sentenza di primo grado è nulla, perché priva della firma del giudice, e che di conseguenza la Corte d ‘ appello avrebbe dovuto rimettere la causa al primo giudice ex art. 354 c.p.c..
Col terzo motivo la ricorrente deduce che la Corte d ‘ appello ha omesso di pronunciarsi sul primo motivo d ‘ appello.
Col quarto motivo NOME COGNOME deduce che Corte d ‘ appello ha trascurato di rilevare la non integrità del contraddittorio.
Tutti i motivi sono inammissibili in modo manifesto , per le ragioni tutte già indicate nella proposta di definizione anticipata.
A pag. 5, secondo capoverso, della sentenza di primo grado, infatti, il Tribunale così statuì: ‘ occorre qualificare le doglianze mosse da parte opponente come opposizioni ex art. 617 c.p.c. poiché vertono sulla regolarità formale del decreto di trasferimento emesso il 26 gennaio 2020 e sul provvedimento reso in data 24 febbraio 2020 per l ‘ autorizzazione allo smaltimento dei beni lasciati dall ‘ esecutata nell ‘ immobile trasferito ‘.
Se il giudice di merito qualifica la domanda come ‘ opposizione agli atti esecutivi ‘, non rileva se quella qualifica fu giusta o sbagliata: le forme dell ‘ impugnazione debbono seguire il rito previsto per la domanda così come qualificata dal giudice.
Si tratta d ‘ un principio radicato, risalente ed incontrastato ( ex plurimis , Cass., Sez. U, Sentenza n. 10073 del 09/05/2011, Rv. 616877 -01; Sez. U, Sentenza n. 4617 del 25/02/2011, Rv. 616599 -01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 38587 del 06/12/2021, Rv. 663343 -01; Sez. 6, Ordinanza n. 18182 del 24/06/2021, Rv. 661875 -01; Sez. 2, Sentenza n. 24515 del 05/10/2018, Rv. 650653 -01).
4.1. Pertanto, a fronte della suddetta qualificazione, la sentenza di primo grado si sarebbe dovuta impugnare con il ricorso per cassazione, non con l ‘ appello, come correttamente ritenuto dalla sentenza qui impugnata. ratio
L ‘ odierna ricorrente non ha proposto alcuna censura avverso tale decidendi .
Il ricorso, dunque, è manifestamente inammissibile non solo perché la decisione impugnata fu ineccepibile, ma – prima ancora – perché tutti i motivi non toccano la ragione posta a fondamento del giudizio di inammissibilità del gravame pronunciato dalla Corte d ‘ appello.
Con la memoria depositata ai sensi dell ‘ art. 380 bis c.p.c. la ricorrente ha negato che nel caso di specie possa applicarsi il principio in virtù del quale l ‘ impugnazione deve essere proposta con le forme previste per la domanda così come qualificata dal giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (principio dell ‘ apparenza).
Ha dedotto che nel caso di specie la sentenza di primo grado, pronunciata ai sensi dell ‘ art. 281 sexies c.p.c., era nulla perché ‘priva del verbale che la contiene’ e non sottoscritta dal giudice; che la nullità di qualsiasi sentenza per vizio di sottoscrizione del giudice deve essere fatta valere con l ‘ appello, perché in tal caso il giudice d ‘ appello, se riscontrasse la nullità, non potrebbe decidere la lite, ma dovrebbe rinviare la causa al giudice di primo grado.
Su questo grave vizio il giudice d ‘ appello non aveva pronunciato, e l’ omessa pronuncia a sua volta avrebbe reso ammissibile e fondato il ricorso qui in esame.
Anche tali deduzioni sono manifestamente infondate, per tre ragioni.
5.1. La prima ragione è che per rimuovere una sentenza nulla perché priva della sottoscrizione del giudice la parte interessata ha due strade: o impugnarla con gli ordinari mezzi di gravame; oppure rimuoverla con la querela nullitatis , che è un ‘ azione di accertamento proponibile in ogni tempo, peraltro separatamente rispetto al giudizio nel cui corso la sentenza sospettata di nullità è stata pronunciata.
Se viene scelto il rimedio dell ‘ impugnazione, questa va proposta secondo le regole sue proprie, cogenti per evidenti insopprimibili ragioni di ordine pubblico processuale: e, quindi, rivolgendola al giudice competente e nel rispetto dei termini di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c. (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 9910 del 15/04/2021; Cass. Sez. 3, 29/11/2005, n. 26040).
5.2. La seconda ragione è che la sentenza pronunciata a norma dell ‘ art. 281 sexies c.p.c. senza il rispetto delle forme ivi previste (ad es., con lettura del dispositivo in udienza ma senza contestuale motivazione), benché viziata, conserva la sua natura di atto decisionale e non se ne potrebbe invocare l ‘ inesistenza al pari d ‘ una sentenza priva di sottoscrizione (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19908 del 27/07/2018; Cass. Sez. 3, 23/03/2016, n. 5689; Cass. Sez. 3, 29/05/2015, n. 11176).
5.3. La terza ragione è che, in ogni caso, la sentenza pronunciata dal Tribunale è debitamente sottoscritta con firma digitale e reca in esergo la dicitura: ‘ allegato al verbale di udienza del 4 novembre 2021’ , e tanto bastava per escluderne qualsiasi nullità: con la conseguenza che il dispositivo della sentenza d ‘ appello è comunque conforme a diritto.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.
La liquidazione è compiuta assumendo il valore della causa compreso tra 52.000 e 260.000 euro, e maggiorando gli importi del 30% ai sensi dell ‘ art. 4, comma 8, d.m. 55/14.
La liquidazione in favore di NOME COGNOME NOME COGNOME tiene conto del fatto che non è stata depositata memoria.
La conformità della presente ordinanza alla proposta di definizione accelerata comporta ope legis la condanna ex art. 96, commi terzo e quarto, c.p.c., nelle misure reputate rispettivamente eque in dispositivo.
P. q. m.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) condanna NOME COGNOME alla rifusione in favore di RAGIONE_SOCIALE come in epigrafe rappresentata, delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 14.927, oltre 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) condanna NOME COGNOME alla rifusione in favore di Consorzio Jase delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 14.927, oltre 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) condanna NOME COGNOME alla rifusione in favore di NOME COGNOME NOME COGNOME delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 11.730, oltre 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) condanna NOME COGNOME al pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE come in epigrafe rappresentata, della somma di euro 14.927 ex art. 96, comma terzo, c.p.c.;
(-) condanna NOME COGNOME al pagamento in favore del Consorzio Jase della somma di euro 14.927 ex art. 96, comma terzo, c.p.c.;
(-) condanna NOME COGNOME al pagamento in favore di NOME COGNOME NOME COGNOME della somma di euro 11.730 ex art. 96, comma terzo, c.p.c.;
(-) condanna NOME COGNOME al pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro 5.000 ex art. 96, comma quarto, c.p.c.;
(-) ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile