Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5182 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 5182 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso 21471-2021 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 127/2021 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 04/02/2021 R.G.N. 501/2020;
Oggetto
LICENZIAMENTO
LEGGE 92/2012
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 23/01/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/01/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di L’Aquila ha dichiarato la inammissibilità dell’appello proposto da NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE poiché l’impugnazione si riferiva alla ‘ordinanza’ emessa dal Tribunale di Sulmona a seguito della fase sommaria di cui al rito c.d. Fornero (ex art. 1, comma 49, della legge n. 92 del 2012), provvedimento che costituiva solamente l’esito della prima fase (concentrata e deformalizzata) del più ampio procedimento di primo grado, che si chiude con una sentenza all’esito della seconda fase (avente cognizi one piena mezzo di tutti gli atti di istruzione ammissibili e rilevanti) dell’opposizione, unico provvedimento suscettibile di reclamo in sede di appello; inoltre, ha aggiunto la Corte territoriale, l’ordinanza oggetto del ricorso in appello doveva ritener si aver già acquisito definitiva efficacia esecutiva, non essendo stata impugnata nel termine perentorio di trenta giorni previsto dal comma 51 dell’art. 1 (medesima legge);
per la cassazione della sentenza ricorre il lavoratore sulla base di un motivo cui resiste con controricorso, illustrato da memoria, la società;
al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo ed unico motivo di ricorso si denunzia violazione della legge n. 92 del 2012, dell’art. 131 cod.proc.civ., ai sensi ‘dell’art. 360 c.p.c.’ avendo, la Corte territoriale trascurato di valutare, al di là della forma adottata dal provvedimento del Tribunale, la natura sostanziale del provvedimento stesso, che
costituisce l’atto decisorio a conclusione di un vero e proprio giudizio di merito.
Il ricorso è inammissibile per plurimi motivi.
L’ordinanza del Tribunale è stata pubblicata il 16.3.2020 e l’atto di appello (come precisa il controricorrente) recava la data del 5.10.2020 (n.R.G. 501/2020); la sentenza della Corte di appello è stata comunicata (nel testo integrale) alle parti, come dedotto da parte controricorrente, in data 5.2.2021 mentre il ricorso per cassazione è stato notificato alla controparte il 26.7.2021.
Va, inoltre, rilevato che la sentenza impugnata ha due distinte rationes decidendi , autonome l’una dall’altra, e ciascuna da sola sufficiente a sorreggerne il dictum : in base alla prima ragione, la Corte di appello (precisato che il lavoratore ha adito il Tribunale secondo il c.d. rito Fornero) ha escluso che il provvedimento di prime cure, adottato all’esito della fase sommaria prevista nel rito c.d. Fornero (artt. 47 e ss. legge n. 92 del 2012), potesse essere suscettibile di impugnazione per saltum in Corte di appello; per altro verso quel Collegio ha comunque rilevato che, in ogni caso, l’ordinanza aveva già acquistato la definitiva esecutorietà, in quanto era inutilmente trascorso il termine previsto dall’art. 1, comma 51, della legge n. 92 del 2012, ossia il termine di 30 giorni dalla comunicazione o notificazione del provvedimento senza che la stessa fosse stata impugnata (né avanti al Tribunale né avanti alla Corte territoriale).
Giova rimarcare che la Corte territoriale precisa che «Non c’è dubbio che il provvedimento impugnato si riferisca all’ordinanza emessa all’esito della fase sommaria, ai sensi dell’art. 1, comma 48, della L. 92/2012′ sul ricorso proposto dal COGNOME ‘ex art. 18 L.n. 300/1970 e s.m.i.’ con atto
depositato il 27.9.2018 avente ad oggetto ‘ricorso ex art. 1, commi 48 e ss. L.n. 92/2012 avverso licenziamento per giusta causa del 2.8.2018’ come si legge nell’epigrafe dell’ordinanza e per come risulta fin dal decreto di fissazione dell’udienza di prima comparizione (che contiene un espresso richiamo all’art. 1, comma 48, della legge n. 92/2012) e senza che sia stato mai radicato, davanti allo stesso giudice, il relativo giudizio di opposizione» (pagg. 3-4 della sentenza impugnata); lo stesso ricorrente COGNOME ha, dunque, indicato -sin dal ricorso introduttivo del giudizio -il rito seguito, ossia il rito dettato dall’art. 1, commi 48 e ss. della legge n. 92 del 2012 (c.d. rito Fornero).
Alla luce di tali elementi, deve innanzitutto rilevarsi la tardività del presente ricorso in cassazione, proposto oltre il termine di 60 giorni ex art. 1, comma. 62 legge n. 92/2012.
Rileva, invero, la massima, più volte enunciata dalle Sezioni unite di questa Corte, secondo cui l’individuazione del mezzo d’impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va effettuata in base alla qualificazione giuridica del rapporto controverso adottata dal giudice nel provvedimento stesso, a prescindere dalla sua esattezza (Cass. S. U. 17 febbraio 1994 n.1914, 13 aprile 1994 n.3467); principio non contraddetto da successive pronunce a Sezioni Semplici, le quali, in tema di impugnazioni, alla luce del principio di ultrattività del rito, hanno ribadito che la proposizione dell’appello deve conformarsi alle forme del rito seguito in primo grado (Cass. nn. 144 del 2015, 12990 del 2010).
Inoltre, il ricorrente ha a lungo argomentato sul contenuto decisorio della ‘ordinanza’ resa dal Tribunale (tale da rendere suscettibile detto provvedimento di immediato reclamo alla
Corte di appello, omettendo la fase di opposizione davanti allo stesso Tribunale prevista dall’art. 1, comma 51, della legge n. 92 del 2012) ma nulla ha dedotto sull’altra ragione del rigetto, concernente la tardività del reclamo in appello (proposto oltre il termine di 30 giorni previsto dal comma 51 citato) e l’acquisito carattere di definitività del provvedimento assunto dal Tribunale.
Trova, dunque, altresì, applicazione – nella fattispecie – il principio secondo cui, qualora la pronuncia impugnata sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, il rigetto delle doglianze relative ad una di tali ragioni rende inammissibile, per difetto di interesse, l’esame relativo alle altre, pure se tutte tempestivamente sollevate, in quanto il ricorrente non ha più ragione di avanzare censure che investono una ulteriore ratio decidendi , giacché, ancorché esse fossero fondate, non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della decisione anzidetta (cfr., ex plurimis, Cass. n. 13956 del 2005; Cass. n. 12355 del 2010; Cass. n. 9752 del 2017; da ultimo Cass. n.27094 del 2021).
In conclusione, il ricorso è inammissibile e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio di legittimità che liquidata, a favore di ciascuna società controricorrente, in euro 200,00 per esborsi e in euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, de ll’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 23 gennaio 2024.