Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27568 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 27568 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/10/2024
SENTENZA
sul ricorso 8095-2020 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi da quest’ultima, anche quale procuratrice di se stessa, in virtù di procura in calce al controricorso;
– ricorrenti incidentali –
nonché contro
TERZI NOME;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1563/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 29/10/2019;
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dottor NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale con assorbimento del ricorso incidentale condizionato;
lette le memorie delle parti;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/10/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dottor NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale con assorbimento del ricorso incidentale condizionato;
udito l’AVV_NOTAIO per delega dell’AVV_NOTAIO COGNOME;
RAGIONI IN FATTO DELLA DECISIONE
COGNOME NOME conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Brescia COGNOME NOME e COGNOME NOME, deducendo di essere creditore del COGNOME, il quale aveva rinunciato all’eredità paterna con atto registrato in data 31/5/2011.
Chiedeva di essere autorizzato ex art. 524 c.c. ad accettare l’eredità in luogo del rinunciante con il diritto a soddisfarsi sui beni spettanti al debitore sino alla concorrenza del credito vantato. In via surrogatoria chiedeva, poi, di agire in riduzione nei confronti delle disposizioni testamentarie con le quali il padre del convenuto aveva beneficiato la moglie COGNOME NOME, senza nulla attribuire
ai figli, con la proporzionale riduzione delle disposizioni testamentarie.
Deceduto l’attore e subentrati i figli in qualità di eredi, il Tribunale con la sentenza n. 2142 del 14 luglio 2015 ha accolto parzialmente le domande di COGNOME, autorizzando gli stessi ad accettare l’eredità spettante al loro debitore, per la quota di un terzo quanto alla successione legittima, e sino alla concorrenza del credito vantato, ed ha altresì disposto la riduzione delle disposizioni del testamento di COGNOME NOME nei limiti della quota di legittima di COGNOME NOME, pari ad un quarto, e sempre sino alla concorrenza del credito vantato, e non ancora soddisfatto per effetto dell’attribuzione dei beni di cui alla successione legittima.
Avverso tale sentenza ha proposto appello COGNOME NOME, cui hanno resistito COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, proponendo a loro volta appello incidentale.
La Corte d’Appello di Brescia con la sentenza n. 1563 del 29 ottobre 2019 ha rigettato entrambi i gravami, compensando le spese del giudizio di appello.
Ritenuta l’ammissibilità dell’appello principale, quanto al primo motivo dell’appello principale, la sentenza osservava che COGNOME NOME non era totalmente pretermesso, in quanto esistevano ulteriori beni rispetto a quelli per i quali si era disposto per testamento, sui quali si apriva la successione legittima.
Ciò consentiva quindi ai creditori di agire ex art. 524 c.c. per reagire avverso l’atto di rinuncia all’eredità e di poter poi agire in via surrogatoria in riduzione, per il recupero della quota di riserva spettante al loro debitore.
Quanto al secondo motivo di appello, la Corte distrettuale riteneva che il tenore della domanda originaria permettesse di riscontrare la volontà dell’attore di agire in surrogatoria quanto all’azione di riduzione, il che escludeva che l’azione de qua fosse stata direttamente proposta.
In relazione al terzo motivo, con il quale si sosteneva che la rinuncia posta in essere da COGNOME era anche una rinuncia all’azione di riduzione, la quale doveva essere preventivamente aggredita con l’azione revocatoria, onde poi poter esercitare l’azione di riduzione, la sentenza evidenziava che la tesi era contraddittoria in quanto contrastava con la diversa tesi secondo cui il figlio era totalmente pretermesso, e non poteva quindi rinunciare ad alcuna azione di carattere ereditario.
Era poi infondata in quanto non teneva conto del fatto che, una volta resa inefficace per i creditori la rinunzia all’eredità, alla luce della giurisprudenza di legittimità, è consentito l’esercizio in via surrogatoria dell’azione di riduzione.
Anche il quarto motivo era rigettato, atteso che l’azione era supportata da una adeguata allegazione degli elementi dai quali ricavare la lesione della quota di legittima del debitore, essendo state prodotte sia la denuncia di successione sia una perizia di stima, dalle quali emergeva quale fosse il valore del bene attribuito alla moglie del testatore, ed in che termini, quindi, la disposizione si ponesse come lesiva della quota di riserva del figlio.
L’appello incidentale era reputato infondato.
In particolare, quanto alla declaratoria di tardività dell’azione revocatoria rivolta avverso la rinuncia posta in essere dal debitore, la censura era priva di interesse, essendo stata
confermata la sentenza di primo grado, quanto all’accoglimento della possibilità di agire in riduzione ex art. 2900 c.c.
In ordine invece al rigetto della domanda risarcitoria, la sentenza rilevava che in realtà gli attori avevano dedotto solo un danno morale subito dal loro dante causa, danno che però, alla luce anche della giurisprudenza delle Sezioni Unite, non rientrava nel novero delle ipotesi in cui poteva essere riconosciuto e risarcito il danno non patrimoniale.
Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE sulla base di due motivi di ricorso.
NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato, affidato ad un motivo.
COGNOME NOME NOME rimasto intimato.
La Sesta Sezione civile con ordinanza interlocutoria n. 19080 del 6 luglio 2021, non ravvisando l’evidenza decisoria, ha rimesso la trattazione della causa alla pubblica udienza.
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte e le parti hanno depositato memorie in prossimità dell’udienza.
RAGIONI IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso principale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2900 c.c. nella parte in cui la sentenza impugnata ha affermato che, una volta esperita vittoriosamente l’azione ex art. 524 c.c., i creditori avrebbero potuto esperire anche l’azione di riduzione in via surrogatoria.
Si osserva che con il terzo motivo di appello si era sostenuto che la rinuncia all’eredità conteneva anche un’implicita rinuncia all’azione di riduzione, così che i creditori per conseguire la quota di riserva vantata dal loro debitore avrebbero previamente dovuto
far dichiarare l’inefficacia della detta rinuncia con l’azione revocatoria.
La Corte d’Appello ha invece fatto riferimento al contenuto di Cass. n. 16623/2019, che però ha riguardo alla diversa ipotesi del legittimario totalmente pretermesso, e ciò anche in considerazione del fatto che l’avvenuta rinuncia all’eredità costituisce comportamento non inerte del debitore, che non può essere contrastato con il rimedio di cui all’art. 524 c.c. né con la possibilità di agire direttamente con la surrogatoria.
Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 524 c.c. sempre quanto all’affermazione secondo cui, una volta resa inefficace la rinuncia all’eredità, i creditori potrebbero agire in riduzione in surrogatoria. Infatti, la norma in esame permette ai creditori di potersi soddisfare sui beni compresi nell’eredità rinunziata, ma non anche di poter aggredire beni estranei, recuperabili solo con l’azione di riduzione. L’esercizio di quest’ultima passa necessariamente attraverso la revocatoria dell’atto di rinuncia all’azione di riduzione, azione che però la sentenza impugnata ha reputato inammissibile, in quanto tardivamente proposta.
Il ricorso principale è improcedibile, in applicazione del principio secondo cui deve trarsi tale conseguenza, qualora la parte ricorrente dichiari di avere ricevuto la notificazione della sentenza impugnata, depositando, nei termini indicati dall’art. 369, comma 1, c.p.c., solo la copia autentica della sentenza, priva però della relazione di notificazione (ovvero delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo EMAIL) e di tale documentazione non abbia effettuato la produzione neppure la parte controricorrente. (così Cass. n.
19695/2019; Cass. n. 36719; 2021; Cass. n. 792/2022; Cass. n. 3466/2020; Cass. n. 14839/2020).
Infatti, pur avendo la stessa parte ricorrente dichiarato che la sentenza impugnata le è stata notificata in data 27/12/2019 (data rispetto alla quale risulta essere stato proposto il ricorso nel rispetto del termine breve di cui all’art. 325 c.p.c., ma comunque oltre i sessanta giorni alla pubblicazione, avvenuta in data 29/10/2019), non risulta però depositata copia autentica con la relazione di notificazione, avendo la parte solo depositato copia della sentenza di appello, ma senza però che sia stata versata in atti anche la relata di notifica (come da attestazione di cancelleria redatta nel giorno dell’udienza), ed in particolare, essendo la notifica avvenuta a mezzo pec, il messaggio di avvenuta ricezione con relativa attestazione di conformità.
L’improcedibilità del ricorso principale determina poi l’assorbimento del motivo di ricorso incidentale condizionato, che è stato comunque proposto nei sei mesi dalla pubblicazione della sentenza, che denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 183 co. 6 c.p.c., quanto alla declaratoria di inammissibilità dell’azione revocatoria dell’atto di rinuncia all’azione di riduzione, ove si ritenga che l’atto di rinunzia all’eredità del 31/5/2011 contenga anche un’implicita rinuncia all’azione di riduzione.
Ancorché la censura mossa in appello fosse stata reputata assorbita, così che la stessa rientrerebbe nel novero delle questioni devolute al giudice di rinvio, per l’ipotesi di accoglimento del ricorso principale, i ricorrenti incidentali sostengono che sia
erronea la declaratoria di tardività formulata dal giudice di prime cure, dovendosi reputare che anche quella proposta con la memoria non sia domanda nuova in quanto da considerarsi aggiuntiva ed ammissibile, alla luce dei principi affermati da Cass. S.U. n. 12310/2015.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Poiché il ricorso principale è dichiarato improcedibile, sussistono i presupposti processuali per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
PQM
Dichiara il ricorso principale improcedibile, ed assorbito il ricorso incidentale, condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore dei ricorrenti incidentali che liquida in complessivi € 7.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15 % sui compensi, ed accessori di legge;
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione