Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30215 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30215 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10341/2022 R.G. proposto da :
MINISTERO RAGIONE_SOCIALE TRANSIZIONE ECOLOGICA e COMMISSARIO DELEGATO a gestire l’emergenza del SITO CONTAMINATO di interesse nazionale EX STOPPANI, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato (P_IVA)
– ricorrenti
–
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso da sé stesso e d all’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) per procura speciale in atti
– controricorrente – avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di Milano n. 10/2022 depositata il 17/3/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/10/2025 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il RAGIONE_SOCIALE e il Commissario delegato a gestire l’emergenza del sito contaminato di interesse nazionale ex Stoppani (nel prosieguo, per brevità, le
Amministrazioni), quali creditori ammessi al passivo per le spese sostenute e da sostenersi per l’attività di riparazione del danno ambientale e di bonifica, presentavano osservazioni, ex art. 116 l. fall., al rendiconto di cassa e di gestione depositato dal curatore del fallimento di RAGIONE_SOCIALE, contestando la congruità degli acconti di € 700.000 riconosciuti al curatore e del compenso di € 250.000 liquidato dal G.D. ai legali incaricati dalla procedura.
Il Tribunale di Milano, con decreto del 28 ottobre 2021, dichiarava inammissibile il ricorso presentato dalle Amministrazioni e approvava il rendiconto presentato dal curatore.
Affermava, quanto agli acconti liquidati al curatore, che le doglianze presentate riguardavano la congruità di provvedimenti provvisori e revocabili o modificabili e non gli aspetti gestori e non erano sindacabili in sede di approvazione del rendiconto, fermo restando che il quantum del compenso era rivalutabile in sede di liquidazione finale.
Giudicava, del pari, inammissibili le contestazioni circa il compenso riconosciuto ai difensori RAGIONE_SOCIALE procedura nel contenzioso ambientale, in quanto simili critiche non potevano essere presentate in sede di reclamo sul rendiconto di cassa e di gestione RAGIONE_SOCIALE curatela, ma semmai in sede di reclamo ex art. 26 l. fall. contro il provvedimento di liquidazione del G.D., che tuttavia non era stato tempestivamente presentato.
La Corte d’appello di Milano, con sentenza depositata in data 17 marzo 2022, rigettava il reclamo presentato ai sensi dell’art. 26 l. fall. dalle Amministrazioni.
Ricordava, in ordine alla contestazione sugli acconti liquidati al curatore, che i relativi decreti erano espressione di un potere discrezionale e non comportavano definitivi accertamenti in fatto e in diritto in ordine alla spettanza del compenso.
Osservava che non era logico consentire la riforma di un provvedimento provvisorio quando un simile risultato avrebbe
potuto essere superato dal decreto finale e definitivo, peraltro impugnabile solo con ricorso straordinario per cassazione.
Rilevava, rispetto alla liquidazione del compenso dei difensori, che la contestazione sollevata riguardava un provvedimento del giudice delegato che nulla aveva a che vedere con l’approvazione del rendiconto, che era un atto del curatore.
Aggiungeva che rispetto ai decreti del giudice delegato operava, con applicazione analogica dell’art. 327 cod. proc. civ., il termine ultimo semestrale di decadenza dall’impugnazione.
Le amministrazioni hanno proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza prospettando sette motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso NOME COGNOME, curatore del fallimento di RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1 Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 116 l. fall., anche in relazione agli artt. 24 e 111 Cost.: la decisione RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello a dire delle Amministrazioni ricorrenti – non è rispettosa RAGIONE_SOCIALE legge fallimentare, che individua una specifica occasione di contraddittorio per sollevare contestazioni rispetto alle singole voci esposte nella fase delle osservazioni e contestazioni del rendiconto; in altri termini – ribadiscono le ricorrenti – il momento RAGIONE_SOCIALE presentazione del rendiconto è la prima e unica sede utile per contestare gli acconti del curatore, a fronte di una valutazione complessiva dei risultati ottenuti dalla procedura; diversamente opinando, si arrecherebbe un vulnus al diritto di difesa dei creditori che sarebbero del tutto pretermessi da una valutazione sulla congruità dei compensi.
4.2 Con il secondo motivo di ricorso le ricorrenti si dolgono, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. e in relazione all’art. 111 Cost., RAGIONE_SOCIALE carenza assoluta di motivazione in relazione alle osservazioni delle Amministrazioni creditrici in prededuzione non soddisfatte, che erano state dedotte ex art. 116 l. fall.: la Corte
distrettuale, in presenza di un’ipotesi conclamata di mancato completamento dell’attività svolta, dato che il curatore aveva abbandonato il compendio immobiliare che costituiva il bene più importante acquisito all’attivo, e pur avendo l’obbligo di motivare in proposito, non si è in alcun modo pronunciata in merito alla lamentata incompiutezza e inconcludenza RAGIONE_SOCIALE procedura fallimentare.
4.3 Il terzo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 116 e 39 l. fall.: la Corte d’appello non ha tenuto conto che il giudice, in virtù del nesso indispensabile che intercorre fra le due norme, proprio nella fase di approvazione del rendiconto, che assolve una funzione essenziale di garanzia dei diritti dei creditori, può rimeditare gli acconti in precedenza liquidati, alla luce del quadro complessivo offerto dal rendiconto con le osservazioni delle parti creditrici.
4.4 Il quarto motivo di ricorso prospetta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 116 e 39 l. fall. in combinato disposto con il D.M. 30/2012: la Corte distrettuale, devolvendo ogni questione sul compenso del curatore alla liquidazione ai sensi dell’art. 39 l. fall., si è mossa partendo dal presupposto che tale compenso debba essere calcolato attraverso la meccanica applicazione delle percentuali indicate dal D.M. 30/2012 in relazione all’attivo e al passivo del fa llimento; al contrario, il compenso del curatore può essere ridotto in misura proporzionata e adeguata alla fattispecie o comunque secondo giustizia, alla luce delle risultanze del rendiconto, a cui è possibile muovere osservazioni a mente dell’art. 116 l. fall.
Diversamente ragionando, invero, la procedura fallimentare diventerebbe fine a sé stessa, producendo quale unico risultato la soddisfazione degli interessi del curatore e dei professionisti dal medesimo nominati.
4.5 Il quinto motivo di ricorso assume, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. e in relazione all’art. 156 cod. proc. civ., la violazione del principio di conservazione degli atti processuali: quand’anche si convenisse con la tesi secondo c ui gli acconti possono essere revocati solo in sede di liquidazione del compenso, le osservazioni presentate non sarebbero state inutiliter datae , perché avevano raggiunto lo scopo di rendere edotto il giudice RAGIONE_SOCIALE necessità di revocare gli acconti, e non potevano, perciò, essere dichiarate inammissibili.
Il principio di conservazione degli atti processuali di cui all’art. 156 cod. proc. civ. avrebbe così imposto al tribunale di tenere comunque conto delle contestazioni sollevate e occorreva specificare, anche se si fosse inteso approvare il rendiconto, che le osservazioni erariali sarebbero state considerate in sede di liquidazione finale del compenso al curatore.
4.6 Il sesto motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 111 -bis , comma 4, l. fall.: le Amministrazioni ricorrenti assumono che il decreto di liquidazione del compenso dei legali RAGIONE_SOCIALE procedura, mai comunicato al creditore erariale, non era definitivo, in quanto, se così fosse stato, i compensi liquidati sarebbero stati corrisposti al di fuori del procedimento di riparto, nel senso previsto dall’art. 111 -bis , comma 4, l. fall.; non poteva così trovare applicazione il termine di decadenza semestrale previsto dall’art. 327 cod. proc. civ.
4.7 Il settimo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 o 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 26 l. fall. e 327 cod. proc. civ., in combinato disposto con gli artt. 116 l. fall., 24 e 111 Cost.: quand’anche la liquidazione del compenso fosse stata definitiva, il reclamo non poteva essere giudicato tardivo con riferimento alla liquidazione del compenso in favore dei difensori RAGIONE_SOCIALE procedura, perché le Amministrazioni avevano avuto piena conoscenza dell’intervenuta liquidazi one soltanto in sede di
rendiconto e potevano provocare l’intervento a rettifica con lo strumento delle osservazioni e contestazioni al rendiconto.
I motivi proposti, da vagliare congiuntamente, risultano inammissibili.
5.1 Tutti i motivi, ad eccezione del quinto, non fanno altro che riproporre le doglianze già presentate dalle Amministrazioni ricorrenti in sede di reclamo ex art. 26 l. fall. (come si può agevolmente evincere dal raffronto fra il loro tenore e la descrizione dei motivi di impugnazione fatta dalla Corte territoriale alle pagg. 3 e 4 RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata), senza preoccuparsi di criticare le ragioni offerte dai giudici distrettuali; questi hanno osservato, quanto agli acconti riconosciuti dal curatore, che un simile provvedimento aveva carattere provvisorio e non impugnabile, potendo essere superato, anche per ragioni non sopravvenute, dal decreto finale e definitivo e, quanto al compenso attribuito ai difensori, che l’approvazione del rendiconto è fase processuale che involge l’approvazione di un atto predisposto dal curatore e non destinato alla contestazione di un provvedimento del giudice delegato, il cui termine semestrale di impugnazione, peraltro, risultava oramai perento.
Una simile tecnica di impugnazione comporta l’inammissibilità delle censure.
Infatti, con i motivi di ricorso per cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poiché in tal modo si riproduce una mera contrapposizione RAGIONE_SOCIALE propria valutazione al giudizio già espresso dalla sentenza impugnata, che si risolve – posto che l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui
essa è errata – nella proposizione di un “non motivo”, come tale inammissibile ex art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. (Cass. 22478/2018, Cass. 11098/2000).
5.2 Peraltro, il ricorso per cassazione deve necessariamente contestare in maniera specifica la ratio decidendi posta a fondamento RAGIONE_SOCIALE pronuncia impugnata (Cass. 19989/2017).
L’intero ricorso proposto, al contrario, non si confronta in alcun modo con la motivazione offerta dalla Corte distrettuale (limitandosi, come detto, per lo più a reiterare il tenore delle doglianze illustrate con i motivi di reclamo).
Rimane così non contestato, da un lato, che il provvedimento di riconoscimento di acconti al curatore, di carattere discrezionale e provvisorio, non è impugnabile, perché destinato a essere superato dal provvedimento finale e definitivo di liquidazione del compenso; dall’altro, quanto meno, che il reclamo al rendiconto presentato ex art. 110 l. fall. è sede procedimentale di contestazione di atti del curatore e non del giudice delegato, avverso le cui statuizioni deve, invece, essere esperito il diverso mezzo di impugnazione previsto dall’art. 26 l. fall. (nel termine correttamente individuato dalla Corte d’appello in quello di cui all’art. 327 cod. proc. civ., decorrente dalla data RAGIONE_SOCIALE pubblicazione, qualora il provvedimento non sia stato comunicato; cfr. Cass. 19939/2017, Cass. 7218/2009).
Il che rende inammissibili, nel loro complesso, le contestazioni sollevate in questa sede per mancanza di interesse, giacché le stesse, essendo divenuta definitive le autonome motivazioni non impugnate, in nessun caso potrebbero produrre l’annullamento RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata.
Per tutto quanto sopra esposto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Questa Corte ha chiarito che la responsabilità di cui all’art. 96, comma 3, cod. proc. civ. presuppone, sotto il profilo soggettivo, una
concreta presenza di malafede o colpa grave RAGIONE_SOCIALE parte soccombente, perché agire in giudizio per far valere una pretesa non è di per sé condotta rimproverabile anche se questa si riveli infondata.
Va perciò disattesa la richiesta (contenuta alle pagg. 17 e s. del controricorso RAGIONE_SOCIALE procedura) di condanna al risarcimento danni ai sensi dell’art. 96, comma 3, cod. proc. civ., non ravvisandosi nel caso di specie (in cui la coincidenza delle doglianze prospettate non è totale rispetto al merito) la sussistenza dei presupposti RAGIONE_SOCIALE mala fede o colpa grave RAGIONE_SOCIALE parte soccombente.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 15.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, RAGIONE_SOCIALE legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 15 ottobre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME