Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34379 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34379 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2872/2022 R.G. proposto da : COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME NOMECODICE_FISCALE), COGNOME PASQUALE (CODICE_FISCALE)
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE SPA
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 4191/2021 depositata il 12/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 14 gennaio 2022 COGNOME NOME impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Napoli pubblicata il 12/11/2021, concernente un giudizio instaurato nei suoi confronti da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a. in relazione a una fideiussione rilasciata alla banca a garanzia della posizione debitoria della RAGIONE_SOCIALE .
L’intimata ha notificato controricorso.
Il presente giudizio ebbe origine con l’opposizione a decreto ingiuntivo promossa dall’odierno ricorrente (garante della fideiussione sottoscritta) chiedendo:1) la revoca del decreto ingiuntivo per inesistenza del credito e per mancanza di ogni prova in ordine allo stesso, 2) la dichiarazione di illegittimità di tutte le condizioni economiche applicate durante il rapporto bancario, 3) la condanna della banca alla restituzione di tutte le somme indebitamente percepite dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE A sostegno della opposizione dedusse ed eccepì : – che la documentazione prodotta non era idonea a fornire la prova del credito;- che poiché il documento di sintesi risultava firmato solo in data 19.12.2012, mentre il contratto di conto corrente risultava acceso il 25.9.2009, era evidente che per circa tre anni il rapporto non era stato regolamentato da condizioni economiche
espressamente pattuite; – che il contratto era nullo perché non sottoscritto dalla Banca; -che le condizioni economiche che avevano regolato il rapporto (cms, valute fittizie, capitalizzazione trimestrale, spese a vario titolo addebitate) erano illegittime e che era stato più volte superata la soglia usura;- che la fideiussione omnibus prestata era nulla perché mancava l’importo massimo garantito.
Acquisita una CTU contabile, in parziale accoglimento della opposizione il Tribunale revocò il decreto ingiuntivo opposto e condannò l’opponente a pagare alla banca opposta il minore importo di euro 83.889,17, rigettando l’eccezione di nullità della fideiussione in quanto tardivamente proposta e non suffragata da idonea documentazione – mancando la produzione in atti del provvedimento della Banca d’Italia -.
Parte opponente, in sede di impugnazione, censurava la decisione del Tribunale perché aveva erroneamente sancito la validità della fideiussione da lui prestata a favore della RAGIONE_SOCIALE nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE, pur essendo stata inserita nel relativo contratto una clausola -precisamente quella contraddistinta dal numero 6), prevedente la rinuncia del fideiussore all’osservanza dei termini di cui all’art. 1957 c.c.- redatta in conformità allo schema A.B.I. giudicato dalla Banca d’Italia come frutto di un’intesa orizzontale restrittiva della concorrenza, vietata dall’art. 2, comma 2, lettera a), L. n. 287/1990.
Con sentenza n. 4191 del 2021 la Corte di Appello di Napoli dichiarava l’inammissibilità dell’ appello in quanto l’appellante non aveva impugnato la autonoma statuizione, di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, contenuta nella sentenza di primo grado con la quale l’eccezione di nullità della fideiussione era stata rigettata in quanto la stessa era rimasta sfornita di idoneo supporto
probatorio, sull’assunto che l’opponente non aveva depositato il provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005, al fine di dimostrare la conformità della clausola contestata allo schema A.B.I. giudicato contrastante con la normativa sulla concorrenza e che il giudice non potesse acquisire detta conoscenza in assenza di allegazione di parte .
Motivi della decisione
Avverso la sentenza di appello è promosso il presente ricorso dalla parte appellante rimasta soccombente in entrambi i giudizi di merito, lamentando, con un unico motivo, la violazione dell’art. 1957 del codice civile, in considerazione della nullità della clausola n. 6 del contratto di fideiussione intercorso tra le parti, – la violazione dell’art. Art. 2 comma 2) lettera a) della legge 87/1990, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c.
Il motivo è inammissibile.
Sostiene il ricorrente che la Corte territoriale aveva tutti gli elementi per rilevare d’ufficio l’eccezione riconvenzionale proposta dal fideiussore perché nel fascicolo telematico del gravame era stato versato anche il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia e la nullità della fideiussione poteva quindi essere rilevata d’ufficio dalla Corte di merito perché sussistevano e sussistono gli elementi necessari per rilevarla sulla base dei dati fattuali già acquisiti e nel rispetto del contradittorio, integrando l’eccezione di nullità una eccezione in senso lato finalizzata a paralizzare la pretesa creditoria della Banca ( cfr. Cass SU 7294 del 22703 /2017).
La Corte d’appello, sul punto, ha rigettato l’appello perché l’appellante si è limitato a contestare la prima e terza argomentazione spesa dal Tribunale, obiettando che l’eccezione di nullità della fideiussione rientra tra quelle rilevabili d’ufficio e perciò
stesso proponibili in ogni stato e grado del giudizio, constatando però che nessun argomento ha speso l’appellante per censurare la autonoma statuizione, ritenuta di per sé sufficiente a sorreggere la soluzione adottata, contenuta nella sentenza di primo grado, con la quale l’eccezione di nullità della fideiussione era stata rigettata in quanto la stessa era rimasta sfornita di idoneo supporto probatorio perché l’opponente non aveva depositato il provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005, al fine di dimostrare la conformità della clausola contestata allo schema A.B.I. giudicato contrastante con la normativa sulla concorrenza. Ha ritenuto infatti che con tale autonoma motivazione il Tribunale ha inteso escludere che il citato provvedimento rientri tra gli atti normativi che il giudice è tenuto a conoscere in base al principio <> . Per tale motivo ha dichiarato inammissibile il motivo di appello proposto.
Osserva questo Collegio che il motivo e le censure con esso proposte, attinenti alla rilevabilità d’ufficio di detta eccezione di nullità, non riguardano la questione (in rito) sulla base della quale è stato ritenuto inammissibile detto motivo di appello, ma una diversa questione, quella (di merito) relativa alla nullità rilevabile ex officio della fideiussione de qua , la quale è rimasta estranea alla decisione impugnata, perché assorbita dal rilievo di giudicato interno che, ex art. 329 co.2 c.p.c., si è formato in conseguenza della mancata specifica impugnazione di una delle distinte ed autonome rationes decidendi su cui si era fondata la decisione di rigetto dell’eccezione di nullità della fideiussione resa dal primo giudice, riposta sulla mancata produzione nel primo grado di giudizio del provvedimento della Banca d’Italia su cui si fonda l’eccezione di nullità, ritenuto necessario per scrutinare se effettivamente la clausola contestata corrisponde allo schema ABI censurato dal provvedimento dell’organo di vigilanza.
Sicché, non apparendo il motivo correlato all’ampia motivazione resa dalla Corte d’appello in tema di inammissibilità del motivo per mancata impugnazione di un’autonoma ratio decidendi , esso impinge nella ragione di inammissibilità espressa dal principio di diritto enunciato da Cass. SU n. 7074 del 2017 e Cass. SU 23745/2020: per denunciare un errore di diritto bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione in rapporto alla motivazione resa. L’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un “non motivo”, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 5.600,00, di cui euro 5.400,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento all’ufficio di merito competente, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13, se dovuto .
Così deciso in Roma, il 16/10/2024