Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1437 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1437 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19587/2022 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliato in VIBO VALENTIA, INDIRIZZO rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
CONSORZIO DI RAGIONE_SOCIALE VIBONESE, elettivamente domiciliato in VIBO VALENTIA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la ordinanza del Tribunale di VIBO VALENTIA n. 949/2018 depositata il 14/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/11/2023 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso depositato ex art. 3 l. n. 346 del 1976 e art. 1159 bis c.c., NOME COGNOME domandava la regolarizzazione del suo titolo di proprietà, previa declaratoria di avvenuto acquisto per usucapione speciale, del terreno sito nel Comune di Briatico, in località INDIRIZZO o INDIRIZZO‘ . Con successivo ricorso del 07.07.2009, il medesimo COGNOME proponeva ulteriore azione di regolarizzazione del titolo di proprietà, previa declaratoria di avvenuto acquisto per usucapione speciale, avente ad oggetto la particella 499, del Fl.20. Il COGNOME affermava, che su detti terreni aveva da sempre esercitato possesso esclusivo, uti dominus , da oltre vent’anni, e sicuramente da oltre quindici anni, provvedendo alla loro coltivazione, alla percezione dei frutti e alla esecuzione di ogni opera di manutenzione, ordinaria e straordinaria. Pertanto, ricorrendo gli ulteriori presupposti di legge, indicati dall’art. 1159 bis , comma 4, cod. civ., per come inseriti dall’art.1 l.n.346 del 1976 e documentati con il deposito degli estratti catastali, chiedeva che fosse accertato e dichiarato l’acquisto della proprietà di detti terreni per maturata usucapione speciale.
1.2 Il Giudice disponeva, per entrambi i procedimenti (Rg. 3198/2009 e 3205/2009), l’affissione del ricorso e del decreto di fissazione di udienza per la durata di novanta giorni negli albi del Tribunale -sezione distaccata di Tropea e del Comune di Briatico. Inoltre, avvertiva che era ammessa opposizione da parte di chiunque avesse interesse entro novanta giorni dalla scadenza del termine di affissione oppure dalla data di notifica.
1.3 I suddetti ricorsi venivano rinotificati alle controparti catastali.
1.4 Il ricorrente COGNOME provvedeva a notificare entrambi i ricorsi anche al Consorzio di Bonifica del Tirreno Vibonese il quale si costituiva in entrambi i giudizi.
1.5 In sede di costituzione, il Consorzio RAGIONE_SOCIALE, preliminarmente, precisava, che, con riferimento al ricorso R.g. 3205/2009 (inerente la particella 499), aveva proposto ricorso in opposizione ex. art. 3 L. n. 346/1976 e contestuale citazione, dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia – sez distaccate di Tropea resistendo alla domanda di riconoscimento della proprietà e chiedendone l’integrale rigetto. Il suddetto giudizio di opposizione era iscritto al numero RG. 3299/2009. Il Consorzio eccepiva l’inamm issibilità e comunque, l’infondatezza nel merito della domanda proposta.
1.6 Il Giudice, ritenuta l’opportunità, disponeva la riunione al procedimento Rg. n. 3198/2009 dei procedimenti iscritti ai numeri r.g. 3205/2009 e r.g. n. 3299/2009, nonché del sopravvenuto r.g. n. 35/20111 in quanto aventi le medesime parti processuali e il medesimo oggetto.
A conclusione del giudizio con decreto il Tribunale di Vibo Valentia, decidendo le cause riunite rigettava la domanda di usucapione proposta da NOME COGNOME
NOME COGNOME proponeva reclamo avverso il decreto di rigetto di cui sopra ex art. 3 comma 7 della L.346/1976.
Si costituiva in giudizio il RAGIONE_SOCIALE Tirreno Vibonese, rilevando, in via preliminare, l’improcedibilità/inammissibilità del reclamo spiegato.
4. Il Tribunale di Vibo Valentia con ordinanza 124.2.2022 dichiarava inammissibile il reclamo proposto con assorbimento di tutte le domande, eccezioni e questioni proposte dalle parti, anche in ossequio al c.d. ‘criterio della ragione più liquida’, in forza del quale la pronuncia viene emessa sulla base di un’unica ragione, a carattere assorbente, che da sola è idonea a regolare la lite (cfr. per tutte: Cass. Civile, Sezioni Unite, 12 dicembre 2014 n. 26242; Cass. Civile, Sezioni Unite, 12 dicembre 2014 n. 26243; Cass. civile, sez. II, 03 luglio 2013, n. 16630; Cass. civile, sez. III, 16 maggio 2006, n. 11356).
Secondo il giudice del reclamo la vicenda processuale trovava la sua disciplina nella l. n. 346 del 1976 avente ad oggetto l’istituto dell’usucapione speciale per la piccola proprietà rurale.
I n virtù dell’ art.3 della citata l. n. 346 del 1976 erano previste, due distinte e possibili forme delle decisioni giurisdizionali nella materia indicata e precisamente: la sentenza (appellabile) in caso di opposizione da parte di ‘ chiunque avesse interesse ‘ (comma 5), in quanto soggetto diverso dagli intestatari catastali (comma 3), contraddittori necessari; il decreto, reclamabile entro 30 giorni dalla comunicazione, in mancanza di opposizione (comma 7).
Nella fattispecie, la complessa vicenda contenziosa vedeva la proposizione di due specifiche opposizioni alle domande di riconoscimento della proprietà proposte dall’attuale reclamante, formalizzate dal Consorzio, all’uopo legittimato, dalla legge 346/76, quale terzo rispetto agli intestatari catastali, giudizi di opposizione riuniti al procedimento principale con ordinanza del 29.3.2011.
Di conseguenza, il provvedimento formalmente decreto con il quale era stata rigettata la domanda del COGNOME aveva nella
sostanza natura di sentenza come tale appellabile e non reclamabile ai sensi della normativa speciale richiamata.
Ai fini della qualificazione come ordinanza (decreto) o come sentenza di un provvedimento del giudice civile, anche in composizione monocratica ai sensi dell’art. 281 bis c.p.c., ai fini della sua impugnabilità, era necessario ricorrere al criterio del contenuto e della sostanza. Infatti, dovevano qualificarsi sentenze -soggette agli ordinari mezzi di impugnazione e suscettibili, in mancanza, di passare in giudicato -i provvedimenti che, ai sensi dell’art. 279 c.p.c. contenessero una statuizione di natura decisoria (sulla giurisdizione, sulla competenza, ovvero su questioni pregiudiziali del processo o preliminari di merito) anche se non definitori del giudizio. L ‘art. 3 , comma 7, l. n. 346 del 1976 prevedeva che contro il decreto di rigetto il ricorrente potesse proporre reclamo entro trenta giorni dalla comunicazione mediante ricorso al Tribunale. Tale disciplina era dettata per l’ipotesi in cui non vi fosse stata alcuna opposizione alla domanda di riconoscimento della proprietà avanzata dal ricorrente. Mentre nel caso di specie il RAGIONE_SOCIALE aveva proposto tempestiva opposizione e l’epilogo processuale doveva essere la decisione della causa con un provvedimento da qualificare come ‘sentenza’.
In conclusione, il provvedimento reclamato, al di là del nomen juris utilizzato (decreto), era a tutti gli effetti sostanziali una sentenza in quanto pronunciato all’esito del procedimento di opposizione ex art. 3 commi 3 e 4 della L. n.346/76 avviato dal RAGIONE_SOCIALE, che si era sviluppato secondo le regole del processo di cognizione, nel pieno contraddittorio delle parti e in presenza di tutti i requisiti formali indispensabili per la stessa
esistenza dell’atto che il giudice avrebbe dovuto emanare in relazione al contenuto sostanziale. Il reclamo, dunque, era inammissibile.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso il suddetto provvedimento sulla base di un motivo di ricorso.
Il Consorzio di Bonifica del Tirreno Vibonese ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha nno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’unico motivo di ricorso è così rubricato: violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto artt. 131 e 135 c.p.c. in relazione all’art 279 c.p .c., all’art. 3 , comma 5 e comma 7, della l. n. 346 del 19 76 in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3, c.p.c. omissione e/falsa omissione o insufficienza di motivazione.
Secondo parte ricorrente l’ordinanza impugnata, dopo aver ricostruito i fatti e richiamata la normativa che regola la fattispecie per cui è causa, avrebbe erroneamente affermato che il contenuto formale del decreto di rigetto, oggetto di reclamo, nella sostanza aveva natura di sentenza come tale appellabile e non reclamabile, ai sensi della normativa speciale di cui alla l. n. 346 del 1976.
In tal modo il Tribunale avrebbe violato i criteri ermeneutici della strumentalità delle forme, della chiarezza e univocità dei provvedimenti giurisdizionali, presidi del giusto affidamento dei cittadini e dei conseguenti vulnera arrecati al normale e ordinato esercizio del diritto di difesa delle parti. Peraltro, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice a quo , correttamente il primo Giudice
aveva deciso con decreto in applicazione del comma 5 dell’art.3, della l. n. 346 del 1976.
Ad ogni modo il COGNOME, in conformità con quanto affermato dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 390/2011 circa il principio della c.d. “apparenza”, che si pone quale temperamento di quello della “prevalenza della sostanza sulla forma’ espresso dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 8949/2007, avrebbe proposto correttamente reclamo.
Infatti, il rilievo attribuito alla sostanza troverebbe temperamento nel principio secondo il quale l’individuazione del mezzo d’impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale va fatto in base alla qualificazione data dal giudice con il provvedimento impugnato all’azione proposta, alla controversia e alla decisione, a prescindere dalla sua esattezza”
Tale ‘scelta’ è stata ritenuta dalle Sezioni Unite l’unica conforme ai principi fondamentali della certezza dei rimedi impugnatori e dell’economia dell’attività processuale, evitando l’irragionevolezza di imporre di fatto all’interessato di tutelarsi proponendo impugnazioni a mero titolo cautelativo, nel dubbio circa l’esattezza della qualificazione operata dal giudice a quo .
In conformità con le Sezioni Unite, nell’ottica garantistica adottata in numerose pronunzie, sarebbero da preferire le evidenziate esigenze di certezza dei rimedi impugnatori e di affidamento, rispetto a quelle, sostanziali e contenutistiche.
1.1 Il motivo di ricorso è infondato.
Il Tribunale ha evidenziato che il provvedimento reclamato, al di là del nomen juris utilizzato (decreto), era a tutti gli effetti sostanziali una sentenza in quanto pronunciato all’esito del
procedimento di opposizione ex art. 3, commi 3 e 4, della l. n.346 del 1976 avviato dal Consorzio di Bonifica, che si era sviluppato secondo le regole del processo di cognizione, nel pieno contraddittorio delle parti e in presenza di tutti i requisiti formali indispensabili per la stessa esistenza dell’atto che il giudice avrebbe dovuto emanare in relazione al contenuto sostanziale. Il reclamo, dunque, era inammissibile.
1.2 La statuizione non merita censura.
Il collegio intende dare continuità al seguente principio di diritto: «Ai fini dell’individuazione del mezzo di impugnazione di un provvedimento, deve contemperarsi il principio secondo il quale il giudice non ha il potere di sottrarlo al gravame rivestendolo di una forma diversa da quella prevista dalla legge con quello che impone di non consentire alla parte di esperire un mezzo vietato, sicché il principio dell’apparenza deve prevalere sul contrario principio cd. “sostanzialistico” nelle ipotesi in cui la forma e la qualificazione del provvedimento, sebbene non corrette, risultino determinate da consapevole scelta del giudice, ancorché non esplicitata con motivazione espressa, così ingenerando un affidamento incolpevole della parte in ordine al regime di impugnazione» (Sez. 6-3, Ord. n. 38587 del 2021, Rv. 663343).
Le Sezioni Unite, infatti, hanno precisato che al fine di dirimere il potenziale contrasto tra il criterio c.d. ‘ sostanzialista ‘ e quello contrapposto c.d. dell’apparenza deve aversi riguardo alla scelta consapevole del Giudice in modo che la qualificazione data abbia effettivamente ingenerato un affidamento nella parte. Dunque, il principio dell’apparenza (ossia dell’affidamento della parte) prevale sul principio sostanzialistico solo quando la forma del
provvedimento emesso o la sua qualificazione, anche se non corretta, risultino determinate da consapevole scelta del giudice, ancorché non esplicitata con motivazione espressa.
Il Tribunale di Vibo Valentia ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi. Infatti, nel caso in esame, alla richiesta di usucapione ex l. n. 346 del 1976 formulata dal COGNOME, si era opposto il Consorzio di Bonifica del Tirreno Vibonese. Di conseguenza nessun tipo di affidamento è insorto in capo al ricorrente circa la natura del provvedimento adottato dal Tribunale visto che, ai sensi dell’art. 3 della legge n. 346 del 1976 quando c’è opposizione il giudice decide con sentenza. Il primo provvedimento poi reclamato, infatti, seppure per un mero refuso erroneamente definito nell’intestazione decreto, ha tutte le caratteristiche della sentenza come peraltro previsto dalla legge n. 346 del 1976. Il provvedimento reca, infatti, l’intestazione ‘ In nome del Popolo Italiano ‘ , tipica della sentenza (v. art. 132 c.p.c.) nonché presenta tutti gli elementi tipici della sentenza compreso lo svolgimento del processo, i motivi della decisione, ma soprattutto dà atto dell’opposizione del consorzio di bonifica che, ai sensi dell’art. 3 , comma 4, l. n. 346 del 1976, dà luogo ad un giudizio che si conclude con sentenza appellabile.
Per quanto detto, risulta evidente che non via stata alcuna scelta consapevole del primo giudice di pronunciarsi ai sensi del comma 5 e non del comma 4 dell’art. 3 della più volte citata l. n. 346 del 1976. Ne consegue che nessun affidamento può essersi ingenerato nel ricorrente a causa del l’erro re nell’ intestazione del provvedimento, tenuto conto delle circostanze sopra evidenziate, relative al rito seguito e alla natura del provvedimento adottato,
oltre che del chiaro tenore letterale della legge applicabile. L’errore del ricorrente sta quindi nell’aver valorizzato soltanto un mero refuso nell’intestazione del provvedimento.
Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte controricorrente che liquida in euro 3.800,00 più 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione