Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2462 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2462 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12238/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME giusta procura speciale rilasciata in data 2 agosto 2024;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo RAGIONE_SOCIALE COGNOME/COGNOME, rappresentati e difesi dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME;
-controricorrenti- avverso
l’ORDINANZA del TRIBUNALE DI TRANI depositata il 27/12/2022 , relativa al n. RG 2074/2021 (repert. n. 2574/2022).
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza ex art. 702 -ter c.p.c. ( ratione temporis vigente) pronunciata in data 27 dicembre 2022 dal Tribunale di Trani, impugnata anche con appello.
Hanno resistito con controricorso NOME e NOME COGNOME.
Le parti hanno depositato memorie.
– Il Tribunale di Trani, pronunciando sulla domanda di NOME COGNOME e NOME COGNOME, ha condannato NOME COGNOME al rilascio dell’immobile in comproprietà tra le parti, sito in Andria alla INDIRIZZO ed occupato esclusivamente dal convenuto, ordinandone lo sgombero da cose personali.
Il ricorrente sostiene che l’ordinanza resa dal Tribunale di Trani, con cui gli è stato ordinato il rilascio del citato immobile in favore degli altre tre germani, è abnorme, nulla ed inesistente, spiegando actio nullitatis , giacché egli, in quanto comproprietario del bene in contesa, avente perciò diritto ad usarne, poteva essere condannato al pagamento di un’indennità di occupazione o , al più, alla restituzione in favore della comunione.
– Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente deduce la questione della condanna di uno dei comproprietari di un immobile, che occupi illegittimamente il bene, alla restituzione dello stesso per intero o per quota alla comunione (cfr. indicativamente Cass. n. 7197 del 2014; n. 19488 del 2015).
In ogni modo, la pronuncia del tribunale che accoglie un ricorso ex art. 702-bis c.p.c. (formulazione ratione temporis operante ) non è impugnabile per cassazione, ma è appellabile ai sensi dell’art. 702quater c.p.c., in quanto tale norma ammette l’appello avverso le ordinanze emesse ai sensi dell’art. 702-ter, comma 6, c.p.c., che, a
sua volta, si riferisce all’ordinanza di cui al quinto comma dello stesso articolo, pronunciata in tutti i casi in cui il giudice «non provvede ai sensi dei commi precedenti».
Si deve escludere che contro tale provvedimento, riconoscibile come atto processuale a contenuto decisorio, e non esorbitante dalla fattispecie dell’ordinanza di cui all’art. 702 -ter c.p.c., sia esperibile ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 della Costituzione, in considerazione della sua impugnabilità ordinaria con l’appello.
5. Il Consigliere delegato, ravvisata l’inammissibilità del ricorso per cassazione, aveva proposto la definizione del giudizio a norma dell’art. 380 -bis c.p.c., nel testo introdotto dal d.lgs. n. 149 del 2022. Il ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso.
Essendo il giudizio definito in conformità alla proposta di definizione anticipata, trovano applicazione il terzo ed il quarto comma dell’art. 96 c.p.c., ai sensi dell’art. 380 -bis, comma 3, c.p.c. L’integrale conformità dell’esito decisorio alla proposta ex art. 380 -bis c.p.c. costituisce, invero, indice della colpa grave della condotta processuale del ricorrente, per lo svolgimento di un giudizio di cassazione rivelatosi del tutto superfluo, con conseguente condanna dello stesso al pagamento di una somma equitativamente determinata in favore dei controricorrenti, nonché di somma in favore della cassa delle ammende, negli importi indicati in dispositivo (Cass. Sez. Unite, sentenza n. 9611 del 2024; ordinanze n. 36069, n. 27195, n. 28540 e n. 27433 del 2023).
Sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione dichiarata inammissibile.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi € 3.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa nella misura e sulle voci come per legge.
Condanna, altresì, il ricorrente, ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c., rispettivamente al pagamento, in favore degli stessi controricorrenti, della ulteriore somma di € 3.000,00, nonché al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di €. 1.500,00.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione