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Impugnazione ordinanza 702-ter: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un’ordinanza ex art. 702-ter c.p.c. che ordinava il rilascio di un immobile in comproprietà. L’ordinanza in questione, avendo carattere decisorio, doveva essere contestata tramite appello e non con ricorso diretto in Cassazione. La Corte ha sanzionato il ricorrente per colpa grave, condannandolo al pagamento delle spese e a un risarcimento ulteriore, sottolineando l’importanza di scegliere il corretto mezzo di impugnazione ordinanza 702-ter.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Impugnazione Ordinanza 702-ter: La Cassazione chiarisce il rimedio corretto

L’impugnazione ordinanza 702-ter rappresenta un nodo cruciale della procedura civile, e scegliere lo strumento sbagliato può avere conseguenze molto gravi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza un principio fondamentale: l’ordinanza emessa al termine del rito sommario di cognizione è appellabile e non può essere contestata direttamente con ricorso in Cassazione. Analizziamo insieme questo caso per capire le ragioni della decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

La vicenda nasce da una disputa familiare relativa a un immobile in comproprietà. Tre fratelli citavano in giudizio il quarto, accusandolo di occupare in via esclusiva l’immobile comune. Il Tribunale di Trani, decidendo la causa con il rito sommario di cognizione (ex art. 702-bis e ss. c.p.c.), accoglieva la domanda e condannava il convenuto al rilascio dell’immobile.

Ritenendo l’ordinanza abnorme e ingiusta, il fratello condannato decideva di impugnarla, ma commetteva un errore procedurale decisivo: invece di presentare appello, proponeva direttamente ricorso per cassazione.

La Questione dell’Impugnazione Ordinanza 702-ter

Il ricorrente sosteneva che, in qualità di comproprietario, non poteva essere condannato al rilascio totale del bene in favore degli altri comproprietari, ma, al massimo, al pagamento di un’indennità di occupazione. Secondo la sua tesi, l’ordinanza del Tribunale era talmente errata da essere considerata abnorme o addirittura inesistente.

Tuttavia, il cuore della decisione della Corte di Cassazione non si è concentrato sul merito della questione (cioè, se il rilascio fosse legittimo o meno), bensì sulla correttezza dello strumento processuale utilizzato. La Corte ha immediatamente rilevato che il ricorso era inammissibile.

Le Motivazioni della Corte

La Corte Suprema ha chiarito in modo inequivocabile che l’ordinanza emessa ai sensi dell’art. 702-ter c.p.c. (nella formulazione applicabile al caso) è un provvedimento che decide il merito della controversia e, come tale, è soggetto agli ordinari mezzi di impugnazione. Nello specifico, l’art. 702-quater c.p.c. prevede espressamente che contro tale ordinanza sia proponibile l’appello.

Non essendo un provvedimento definitivo o non altrimenti impugnabile, non può essere oggetto di ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’art. 111 della Costituzione. La scelta di percorrere questa strada, anziché quella dell’appello, costituisce un errore procedurale che rende il ricorso, appunto, inammissibile.

La Corte ha inoltre sottolineato che la conformità della decisione alla proposta di definizione anticipata del Consigliere delegato costituisce un indice di ‘colpa grave’ nella condotta processuale del ricorrente. Questo ha portato a conseguenze economiche significative.

Le Conclusioni e le Conseguenze Pratiche

La dichiarazione di inammissibilità ha comportato non solo il rigetto delle istanze del ricorrente, ma anche la sua condanna a severe sanzioni economiche. Nello specifico, è stato condannato a:

1. Pagare le spese legali in favore dei controricorrenti (i fratelli).
2. Versare un’ulteriore somma ai controricorrenti a titolo di risarcimento per lite temeraria, ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
3. Pagare una somma in favore della cassa delle ammende, a causa dello svolgimento di un giudizio di cassazione ritenuto ‘del tutto superfluo’.
4. Versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello già dovuto per l’impugnazione.

Questa pronuncia è un monito fondamentale per chiunque intenda contestare una decisione giudiziaria: la scelta del corretto mezzo di impugnazione non è un dettaglio formale, ma un requisito essenziale per la validità dell’azione. Un errore in questa fase può precludere l’esame del merito e comportare sanzioni economiche pesanti, vanificando le ragioni della parte.

Un’ordinanza emessa secondo il rito sommario (art. 702-ter c.p.c.) può essere impugnata direttamente in Cassazione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale ordinanza, avendo carattere decisorio sul merito, non è impugnabile con ricorso diretto per cassazione, ma deve essere contestata attraverso l’appello, come previsto dall’art. 702-quater c.p.c.

Cosa rischia chi sbaglia il mezzo di impugnazione contro un’ordinanza ex art. 702-ter c.p.c.?
Chi propone un ricorso per cassazione inammissibile, invece di un appello, rischia non solo che il suo ricorso non venga esaminato nel merito, ma anche di essere condannato al pagamento delle spese legali, a un risarcimento per lite temeraria (art. 96 c.p.c.), a una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende e al versamento di un doppio contributo unificato.

Perché il comportamento del ricorrente è stato qualificato come ‘colpa grave’?
La condotta è stata ritenuta gravemente colposa perché l’esito del giudizio era conforme alla proposta di definizione anticipata del Consigliere delegato, che aveva già evidenziato l’inammissibilità del ricorso. Insistere nel proseguire un giudizio palesemente infondato sotto il profilo procedurale è stato considerato un abuso dello strumento processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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