Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3030 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3030 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4512-2023 proposto da:
NOME COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrenti –
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME in virtù di procura in calce al controricorso;
-controricorrente –
avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di PESCARA, depositata il 29/11/2022;
lette le memorie dei ricorrenti;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Il Tribunale di Pescara, decidendo sull’opposizione proposta con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. dai signori NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso il decreto ingiuntivo emesso nei confronti degli stessi per il pagamento, in solido tra loro, di € 117.418,65, oltre interessi, per competenze professionali maturate a seguito della difesa svolta in una pluralità di processi penali dall’Avv. NOME COGNOME, con ordinanza n. 2858/2022 dichiarava l’opposizione inammissibile in quanto instaurata innanzi al Tribunale in composizione monocratica, anziché collegiale, ex art. 14, co. 2, D. Lgs. n. 150/2011.
Per la cassazione di questa ordinanza i signori NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso sulla base di quattro motivi, illustrati da memorie.
L’avv. NOME COGNOME resiste con controricorso.
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 14 D. Lgs. n. 150/2011 in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., per aver il giudice ritenuto applicabile il procedimento sommario speciale di cui all’art. 14 D. Lgs. n. 150/2011 all’opposizione a decreto ingiuntivo richiesto per il pagamento dei compensi maturati nella difesa nel processo penale, anziché il procedimento sommario di cognizione ex art. 702-bis c.p.c. innanzi al tribunale in composizione monocratica.
A parere dei ricorrenti la richiesta di liquidazione dei compensi maturati per la difesa in un processo penale non sarebbe soggetta alla disciplina del procedimento sommario di cui all’art. 14 D. Lgs. n. 150/2011 – applicabile, invece, alle sole controversie di cui all’art. 28 L. n. 794/1942, riguardante i compensi per prestazioni giudiziali in materia civile -ma a quella del processo ordinario ovvero, in alternativa, del procedimento sommario di cognizione ex art. 702-bis c.p.c. innanzi al tribunale in composizione monocratica.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la nullità del provvedimento impugnato ai sensi dell’art. 101, co. 2, c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. per aver il giudice adito posto a fondamento della decisione una questione rilevata d’ufficio senza la previa assegnazione di un termine per la presentazione di memorie contenenti osservazioni sulla medesima questione. In particolare, il giudice, omettendo tale attività processuale, avrebbe privato le parti della possibilità di condizionare, in modo determinante, l’esito del giudizio.
Il terzo motivo di ricorso, condizionato al mancato accoglimento del primo motivo, denuncia la nullità del provvedimento impugnato per contraddittorietà della motivazione e violazione degli artt. 14, co. 2, D. Lgs. 150/2011, 50-quater c.p.c. e 161, co. 1, c.p.c. in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c., in quanto emesso dal giudice in composizione monocratica anziché collegiale.
Il quarto motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 3 D. Lgs. n. 150/2011 e falsa applicazione dell’art. 702 -ter, co. 2, c.p.c., per aver il giudice dichiarato l’inammissibilità dell’opposizione per essere stata introdotta davanti al giudice
monocratico anziché davanti a quello collegiale. A parere del ricorrente il giudice di primo grado avrebbe errato nel fondare la sua decisione sull’applicabilità dell’art. 702 -ter., co. 2., c.p.c. in quanto questa sarebbe espressamente esclusa dall’art. 3 D. Lgs. n. 150/2011 e avrebbe piuttosto dovuto rimettere la causa al Tribunale in composizione collegiale.
4. Il ricorso è inammissibile.
L’ordinanza impugnata, assunta dal Tribunale in composizione monocratica, il che depone evidentemente per la riconduzione della vicenda alle regole del processo sommario di cognizione codicistico di cui agli artt. 702 bis e ss. c.p.c., ha concluso per l’inammissibilità dell’opposizione proposta dagli odierni ricorrenti avverso il decreto ingiuntivo che era stato emesso in favore dell’avvocato COGNOME per compensi relativi a prestazioni giudiziali rese in sede penale, assumendo esplicitamente in motivazione che, alla luce di quanto affermato da Cass. n. 19427/2021, dovesse applicarsi il sommario speciale di cui all’art. 14 del D. Lgs. n. 150/2011 anche a questa tipologia di contenzioso.
La soluzione a favore dell’inammissibilità, che discende dal fatto che non era dato ricorrere al procedimento sommario codicistico per l’esistenza di una riserva di collegialità, presuppone la qualificazione dell’atto prescelto per l’opposizione quale ricorso ex art. 702 bis c.p.c. codicistico, e che l’opzione compiuta a favore di tale rito determinava l’inammissibilità della stessa opposizione, essendosi implicitamente esclusa la possibilità di una conversione del rito in sommario speciale.
Ne consegue che la decisione adottata è stata consapevolmente assunta dal giudice secondo le forme del sommario codicistico,
Non ignora il Collegio come anche di recente sia stata affermata la diversa regola per cui, nel giudizio per il conseguimento di compensi per prestazioni professionali rese in ambito stragiudiziale ed in procedimenti penali, è applicabile non il rito speciale della liquidazione dei compensi di avvocato, ma il rito ordinario di cognizione ovvero, in alternativa, il procedimento sommario di cognizione ex art. 702-bis c.p.c. innanzi al tribunale in composizione monocratica, non rientrando la controversia nell’ambito previsionale dell’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, che contempla – in virtù del richiamo all’art. 28 della l. n. 794 del 1942 – il procedimento sommario di cognizione per i soli giudizi concernenti la liquidazione di compensi per prestazioni giudiziali rese in materia civile (Cass. n. 19228/2024; Cass. n. 6817/2021, dovendosi in tal senso reputare del tutto minoritario il diverso orientamento affermato da Cass. n. 19427/2021, richiamato dal giudice di merito, e teso ad estendere il sommario speciale anche ai compensi per prestazioni rese in sede penale).
Inoltre è stato precisato che, quando l’opposizione al decreto ingiuntivo, avente ad oggetto la richiesta di liquidazione di compensi maturati per la difesa in un processo penale, sia proposta mediante deposito di ricorso, recante l’indicazione sia dell’art. 14 d.lgs. n. 150 del 2011, sia dell’art. 702-bis c.p.c., il giudice adito deve procedere ad una esatta qualificazione dell’azione in funzione della situazione dedotta in causa, facendo applicazione del rito previsto dalla legge, alla stregua del quale deve altresì verificare la tempestività dell’opposizione (Cass. n. 34501/2022).
Tuttavia, ancor prima di poter verificare la ricorrenza degli errori di giudizio denunciati, in particolare con il primo motivo di ricorso,
è necessario stabilire quale sia il rimedio da proporre al fine di consentire il sindacato sulla correttezza dell’agire del giudice.
Reputa il Collegio che debba farsi richiamo a quanto affermato da Cass. n. 18331/2019, a mente della quale sulle domande introdotte con il rito sommario di cognizione, non rientranti tra quelle in cui il tribunale giudica in composizione collegiale, ritenute dal giudice inammissibili in ragione di una rilevata “incompatibilità strutturale del rito sommario con l’oggetto della domanda”, va disposto il mutamento del rito ai sensi dell’art. 702 ter, comma 3, c.p.c. e non dichiarata l’inammissibilità della domanda ai sensi dell’art. 702 ter, comma 2, c.p.c.; con la conseguenza che l’eventuale decisione di inammissibilità, non rientrando tra le ipotesi per cui è espressamente prevista la non impugnabilità, è di norma appellabile ovvero, se adottata nelle diverse ipotesi in cui per legge è escluso il doppio grado di giudizio, come nel caso dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., essa è direttamente ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., o comunque censurabile con lo specifico mezzo di impugnazione previsto.
Ciò comporta che, denunciandosi l’errore del giudice di merito consistito nell’avere dichiarato inammissibile una domanda che invece ben poteva essere trattata nelle forme del processo ordinario codicistico, la relativa decisione, in quanto assunta sul presupposto della sottoposizione del procedimento alle regole di cui all’art. 702 ter c.p.c. ed in composizione monocratica, avrebbe dovuto essere gravata con l’appello, e non già mediante ricorso immediato per cassazione.
In tal senso è stato affermato che, in tema di opposizione a decreto ingiuntivo per onorari ed altre spettanze dovuti dal cliente
al proprio difensore per prestazioni giudiziali civili, onde individuare il regime impugnatorio del provvedimento – sentenza od ordinanza – che ha deciso la controversia, assume rilevanza la forma adottata dal giudice, sempre che la stessa sia frutto di una consapevole scelta da parte di costui (Cass. n. 26083/2021 che, in una controversia per certi aspetti speculare a quella qui in esame, ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta con ricorso per cassazione, anziché con l’appello, avverso l’ordinanza con la quale il tribunale, espressamente ritenendo la controversia sottratta al rito sommario speciale ex art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, aveva a propria volta dichiarato inammissibile l’opposizione spiegata con ricorso e non con citazione, per essere stato l’atto introduttivo notificato oltre il termine ex art. 641 c.p.c.; in senso sostanzialmente conforme Cass. n. 24515/2018, che, in relazione ad una fattispecie nella quale, nel decidere l’opposizione a decreto ingiuntivo riguardante onorari di avvocato introdotta ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., seguendo il rito sommario ordinario codicistico e non quello speciale di cui all’art. 14 d.lgs. n. 150 del 2011, è stata affermata la sola appellabilità dell’ordinanza, secondo il regime previsto dall’art. 702 quater c.p.c., trovando applicazione il principio di apparenza, e ciò in quanto la Corte, pur ritenendo erronea la ricostruzione normativa del giudice “a quo”, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro tale ordinanza poiché, alla luce del principio di apparenza, avrebbe dovuto essere proposto appello come stabilito dall’art. 702 quater c.p.c.).
L’adozione dell’ordinanza con le forme prescritte dall’art. 702 ter c.p.c., sul chiaro presupposto che l’opposizione non poteva essere incanalata nei binari del sommario speciale di cui al citato art. 14,
rende evidente come il rimedio a disposizione della parte fosse l’appello, palesandosi quindi inammissibile il ricorso proposto.
Ad analoga conclusone di inammissibilità dovrebbe poi pervenirsi anche aderendo al diverso orientamento, secondo cui (Cass. n. 983/2022, relativa ad una fattispecie in cui il tribunale adito aveva dichiarato l’inammissibilità della domanda, rilevando che la causa era stata proposta con il rito sommario di cui agli artt. 702 bis e ss. e che, trattandosi di controversia concernente la spettanza del compenso del difensore per il patrocinio civile, la controversia non rientrava tra quelle contemplate dall’art. 702 bis c.p.c. -cause a decisione collegiale -, dovendo trovare applicazione l’art. 14 d.lgs. 150/2011) la pronuncia di inammissibilità, adottata ai sensi dell’art. 702 ter, comma 2, c.p.c. per erronea scelta del rito, senza disporre il mutamento del rito da sommario ordinario ex art. 702 bis c.p.c. a sommario speciale (ex art. 14 d.lgs. 150 del 2011), non è ricorribile per cassazione ex art. 111 Cost., trattandosi di provvedimento avente natura meramente processuale che non statuisce in modo definitivo su un diritto soggettivo e che non impedisce la riproposizione della domanda secondo il rito correttamente applicabile (ancorché si tratti di affermazione che non appare sicuramente applicabile nel diverso caso qui ricorrente, in cui alla declaratoria di inammissibilità, consegua anche quella di inammissibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo, che preclude la riproponibilità in altra sede delle contestazioni avverso la domanda di liquidazione dei compensi).
Il ricorso è pertanto dichiarato inammissibile, ed a tale pronuncia consegue la condanna dei ricorrenti al rimborso delle spese del presente giudizio, come liquidate in dispositivo.
Poiché il ricorso è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato -Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile, e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi € 3.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali, pari al 15% sui compensi, ed accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, l. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 24 gennaio 2025