Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3039 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 3039 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11899/2023 R.G. proposto da:
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso l’ordinanza n.1517/2023 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il 14/03/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/01/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., l’avv. NOME COGNOME ha adito il Tribunale di Venezia onde ottenere la liquidazione del compenso per attività di assistenza stragiudiziale e giudiziale prestata in favore di COGNOME Anna in vari procedimenti civili.
Nella resistenza della COGNOME, il Tribunale, con ordinanza monocratica, ha accolto solo parzialmente la domanda, liquidando al difensore un compenso inferiore a quello complessivamente richiesto.
Contro tale ordinanza l’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi, cui COGNOME NOME ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza, le parti hanno depositato memorie illustrative con le quali hanno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 50-bis e 50quater c.p.c., nonché dell’art. 14 D.Lgs. 150/2011, il ricorrente deduce la nullità dell’ordinanza impugnata, siccome resa dal giudice monocratico anziché dal Tribunale in composizione collegiale secondo il rito sommario speciale prescritto per le controversie aventi ad oggetto la liquidazione degli onorari di avvocato;
con il secondo motivo, il ricorrente censura la decisione nella parte in cui il giudice di merito ha escluso il diritto al compenso per l’attività di assistenza stragiudiziale prestata dal professionista in occasione di una vertenza ereditaria: l’avv. NOME COGNOME si duole, in particolare, dell’interpretazione data dal Tribunale
all’accordo sottoscritto tra avvocato e cliente, secondo cui il primo non avrebbe potuto pretendere nulla dalla seconda per l’attività stragiudiziale – se non si fosse addivenuti ad un accordo bonario con assegnazione all’assistita di beni mobili ed immo bili; il difensore, premesso che un accordo transattivo era stato raggiunto tra i coeredi, ma non aveva avuto seguito a causa del mancato ottenimento da parte della COGNOME di un mutuo ipotecario, deduce che il Tribunale non avrebbe potuto escludere il diritto al compenso del professionista a causa di circostanze non soggette alla sua sfera di controllo, anche alla stregua di un’interpretazione secondo buona fede del contratto; in ogni caso, ribadito che il mancato avveramento della condizione cui i contraenti avevano subordinato il diritto al compenso era dipeso da fatto ascrivibile alla sola Vianello, cioè alla parte portatrice di un interesse contrario all’avveramento, il ricorrente deduce che nella fattispecie avrebbe dovuto fasi luogo alla fictio iuris di cui all’art. 1359 c.c.;
Con il terzo motivo, l’avv. NOME COGNOME si duole del mancato riconoscimento di un autonomo compenso per il procedimento incidentale introdotto nella causa ereditaria a seguito della presentazione di una querela di falso; per altro verso, lamenta l ‘erronea statuizione di assorbimento della fase istruttoria del giudizio di falso nell’analoga fase tenutasi nel procedimento principale;
Con il quarto motivo, il ricorrente censura l’ordinanza impugnata nella parte in cui non ha riconosciuto al professionista il rimborso delle spese anticipate nel corso della causa successoria;
Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta la violazione dei parametri tabellari di liquidazione dei compensi, con particolare
riferimento ai giudizi dal medesimo patrocinati nn. 2354/2014 R.G., 10509/2014 R.G. e 3201/2015 R.G.;
Con il sesto motivo, l’avv. NOME COGNOME censura la statuizione impugnata nella parte in cui ha integralmente compensato tra le parti le spese di lite, sulla scorta di argomentazioni (riconoscimento di una somma inferiore a quella richiesta e assenza di preventivo scritto) inidonee a giustificare una deroga al principio della soccombenza.
Tanto premesso, va rilevata d’ufficio l’inammissibilità del ricorso.
Il medesimo avv. NOME COGNOME deduce di aver introdotto la causa – per ottenere la liquidazione di compensi relativi ad attività giudiziale e stragiudiziale civile – con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., e non con le forme del rito sommario speciale di cui all’art. 14 d. lgs. n. 150/2011 (norma, quest’ultima, che, nella formulazione applicabile ratione temporis , limita il proprio perimetro applicativo alle controversie riguardanti diritti, onorari e spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali ).
Come risulta, ancora, dalla narrazione dello svolgimento processuale (cfr. pagg. da 3 a 5 del ricorso), il giudizio, introdotto con le forme ordinarie, si è svolto interamente davanti al giudice monocratico, il quale, senza adottare alcun provvedimento di mutamento del rito ai sensi dell’art. 4, comma 2, D.Lgs. 150/2011, ha respinto le istanze istruttorie ed ha invitato le parti a precisare le conclusioni dinanzi a sé.
Dall’esame dell’ordinanza che ha definito il giudizio, emerge, altresì, che il Tribunale si è pronunciato in composizione monocratica quale giudice di ‘ I Grado ‘ (cfr. pag. 1), sul ‘ ricorso ex
art. 702 bis c.p.c. … relativo al compenso professionale per le controversie giudiziali e stragiudiziali ‘ patrocinate dal NOME COGNOME (cfr. pag. 2).
La forma del provvedimento adottata dal giudice di merito appare dunque frutto di una consapevole scelta del rito, la quale, ancorché non esplicitata espressamente, è desumibile dalle modalità con le quali si è in concreto svolto il procedimento, in coerenza, peraltro, con la soluzione prescelta dallo stesso ricorrente all’atto dell’introduzione del giudizio.
Orbene, questa Corte ha affermato, in un caso analogo al presente, che ‘ Anche in seguito all’entrata in vigore dell’art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, al fine di stabilire il regime di impugnazione del provvedimento con cui si liquidano gli onorari e le altre spettanze dovuti dal cliente al proprio difensore per prestazioni giudiziali civili, assume rilevanza la forma adottata dal giudice in base alla qualificazione che egli abbia dato, implicitamente o esplicitamente, all’azione esercitata in giudizio. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio il provvedimento della corte d’appello, che aveva dichiarato inammissibile il gravame avverso l’ordinanza monocratica resa secondo le norme sul procedimento sommario di cognizione di cui agli artt. 702 bis e ss. c.p.c. e senza disporre alcun mutamento del rito) ‘ (cfr. Cass. Sez. 6 -2, Ordinanza n. 26347 del 17/10/2019, Rv. 655750; in senso conforme, ex plurimis , cfr. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 31431 del 06/12/2024, Rv. 673097).
Ne consegue che l’ordinanza monocratica del Tribunale di Venezia, siccome resa all’esito di un procedimento sommario di cognizione svoltosi secondo le regole di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c., non avrebbe potuto essere impugnata direttamente con
ricorso per cassazione, trattandosi di provvedimento appellabile ai sensi dell’art. 702 -quater c.p.c. ratione temporis vigente.
Va chiarito, infine, che non sussiste la necessità di sottoporre alle parti la questione di inammissibilità rilevata ex officio , in quanto il divieto di basare le decisioni su argomenti non sottoposti alla previa interlocuzione delle parti non si applica alle questioni di rito relative a requisiti di ammissibilità della domanda previsti da norme la cui violazione è rilevabile in ogni stato e grado del processo (cfr. Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 7356 del 07/03/2022, Rv. 664444; Cass. Sez. 6-2, Ordinanza n. 26083 del 27/09/2021, Rv. 662297).
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese che liquida in complessivi euro 4000 per compensi, euro 200 per esborsi oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge.
Dà atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo
di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione