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Impugnazione ordinanza 348-bis: guida Cassazione

Una società e alcuni eredi hanno presentato ricorso in Cassazione contro un’ordinanza di inammissibilità della Corte d’Appello. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che in caso di inammissibilità ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., il rimedio corretto non è l’impugnazione dell’ordinanza stessa, ma il ricorso contro la sentenza di primo grado, da presentare entro il termine che decorre dalla comunicazione dell’ordinanza di inammissibilità.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Impugnazione ordinanza 348-bis: Quando il Ricorso in Cassazione è un Errore

L’introduzione del cosiddetto “filtro in appello” tramite l’art. 348-bis del codice di procedura civile ha introdotto specifici percorsi processuali che, se non compresi a fondo, possono condurre a errori fatali. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione chiarisce in modo definitivo quale sia la corretta via da seguire dopo aver ricevuto una declaratoria di inammissibilità. Comprendere le regole sull’impugnazione ordinanza 348-bis è cruciale per non vedere le proprie ragioni precluse da un vizio di procedura.

I Fatti di Causa: Dal Decreto Ingiuntivo all’Appello Inammissibile

La vicenda trae origine da un decreto ingiuntivo ottenuto da un istituto di credito nei confronti di una società di costruzioni e dei suoi fideiussori. Questi ultimi si opponevano al decreto, contestando la validità della garanzia prestata. Il Tribunale di primo grado, tuttavia, dichiarava l’opposizione tardiva, ritenendo che la notifica del decreto si fosse perfezionata secondo le regole postali, indipendentemente dalla data di effettivo ritiro dell’atto.

Contro questa decisione, la società e gli eredi dei fideiussori proponevano appello. La Corte d’Appello, però, bloccava il processo sul nascere, dichiarando il gravame inammissibile ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c., poiché privo di una ragionevole probabilità di essere accolto. A questo punto, le parti soccombenti decidevano di giocare l’ultima carta: il ricorso per cassazione contro l’ordinanza di inammissibilità.

La Decisione della Corte di Cassazione: Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese legali. La decisione si fonda su un’errata individuazione del provvedimento da impugnare e sulla conseguente tardività dell’azione.

Le Motivazioni: L’errore sull’impugnazione ordinanza 348-bis

Il cuore della pronuncia della Suprema Corte risiede nell’interpretazione dell’art. 348-ter del codice di procedura civile. Questa norma stabilisce una regola precisa: quando un appello viene dichiarato inammissibile per mancanza di ragionevole probabilità di accoglimento, il provvedimento che può essere sottoposto al vaglio della Cassazione non è l’ordinanza di inammissibilità, bensì la sentenza di primo grado.

L’ordinanza ex art. 348-bis, infatti, non decide nel merito dell’appello, ma si limita a una valutazione prognostica negativa. In questo modo, essa consolida la decisione del primo giudice, facendola passare in giudicato se non viene impugnata tempestivamente. Il termine per proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado inizia a decorrere proprio dalla comunicazione dell’ordinanza di inammissibilità emessa dalla Corte d’Appello.

Nel caso di specie, i ricorrenti hanno commesso un duplice errore:
1. Hanno rivolto il loro ricorso contro l’ordinanza della Corte d’Appello, un atto che, secondo la giurisprudenza consolidata, non è autonomamente impugnabile se non per vizi propri di carattere processuale (che qui non sussistevano).
2. Di conseguenza, hanno lasciato scadere il termine breve per impugnare l’unico atto appellabile: la sentenza del Tribunale.
La Corte ha ribadito che l’impugnazione diretta dell’ordinanza è possibile solo in casi eccezionali, ad esempio quando essa si pronunci su questioni di rito dell’appello (come la sua tempestività), assumendo così la natura di una vera e propria sentenza processuale, ipotesi non verificatasi nel caso in esame.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per gli Avvocati e le Parti

La decisione della Cassazione funge da severo monito per gli operatori del diritto. Di fronte a un’ordinanza di inammissibilità ex art. 348-bis, è fondamentale non cadere nella trappola di impugnare l’ordinanza stessa. La strategia corretta, imposta dalla legge, è quella di “guardare indietro” e preparare il ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado.

Le implicazioni pratiche sono immediate:
Identificazione del provvedimento: Bisogna sempre impugnare la sentenza di primo grado.
Rispetto dei termini: Il termine per il ricorso decorre dalla comunicazione dell’ordinanza di inammissibilità e deve essere scrupolosamente rispettato.
Contenuto del ricorso: I motivi di ricorso dovranno ovviamente attaccare i vizi della sentenza di primo grado, non quelli dell’ordinanza che ha dichiarato inammissibile l’appello.
Ignorare queste regole procedurali equivale a subire una declaratoria di inammissibilità, con conseguente spreco di tempo, risorse e, soprattutto, la perdita definitiva della possibilità di far valere le proprie ragioni.

Dopo un’ordinanza di inammissibilità dell’appello ex art. 348-bis c.p.c., quale provvedimento si deve impugnare?
Secondo la Corte di Cassazione, si deve impugnare la sentenza di primo grado. L’ordinanza di inammissibilità, di regola, non è autonomamente ricorribile per cassazione se la sua motivazione si basa su una valutazione prognostica negativa del merito dell’appello.

Da quando decorre il termine per impugnare la sentenza di primo grado in questo caso?
Il termine breve per proporre ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado decorre dalla data di comunicazione o notificazione dell’ordinanza che dichiara l’inammissibilità dell’appello.

È mai possibile impugnare direttamente l’ordinanza di inammissibilità ex art. 348-bis?
Sì, ma solo in casi eccezionali. L’ordinanza è impugnabile con ricorso per cassazione quando, anziché limitarsi a un giudizio prognostico sul merito, assume il carattere di una sentenza processuale decidendo su questioni di rito proprie del giudizio d’appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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