LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Impugnazione onorari avvocato: quando è inammissibile

Un cliente si opponeva al pagamento degli onorari del proprio avvocato, avanzando una domanda riconvenzionale per responsabilità professionale. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso diretto, stabilendo che, in questi casi di ampliamento del tema del contendere, lo strumento corretto per l’impugnazione onorari avvocato non è il ricorso diretto in Cassazione, ma l’appello ordinario.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Impugnazione onorari avvocato: la scelta del rito corretto è cruciale

L’impugnazione onorari avvocato è una tematica delicata che può trasformare un rapporto fiduciario in un complesso contenzioso legale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto procedurale fondamentale: la scelta del corretto mezzo di impugnazione quando, oltre alla contestazione delle parcelle, viene sollevata anche una questione di responsabilità professionale. La decisione sottolinea come l’introduzione di una domanda riconvenzionale possa modificare radicalmente il percorso processuale da seguire.

I fatti del caso: dalla richiesta di pagamento alla domanda di malpractice

La vicenda trae origine dalla richiesta di pagamento di onorari professionali, per un importo di oltre 16.000 euro, avanzata da due legali nei confronti di un loro ex cliente tramite un decreto ingiuntivo. Gli onorari erano relativi all’assistenza fornita in due procedimenti, uno di istruzione preventiva e uno cautelare.

Il cliente, tuttavia, non si è limitato a contestare l’ammontare della parcella. Con l’atto di opposizione al decreto ingiuntivo, ha introdotto una vera e propria domanda riconvenzionale, chiedendo al giudice di accertare la responsabilità professionale dei suoi ex difensori per presunte negligenze. Di conseguenza, ha richiesto non solo la revoca del decreto, ma anche la condanna degli avvocati alla restituzione di una somma già versata a titolo di acconto.

Il Tribunale di primo grado ha revocato il decreto ingiuntivo e ha ridotto significativamente l’importo dovuto dal cliente, condannandolo al pagamento di circa 5.400 euro. Ha però ritenuto generiche e non provate le contestazioni sulla responsabilità professionale.

La decisione sull’impugnazione onorari avvocato

Insoddisfatti della decisione del Tribunale, sia il cliente (ricorrente principale) sia gli avvocati (ricorrenti incidentali) hanno proposto ricorso direttamente in Corte di Cassazione. La Suprema Corte, però, ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili per una ragione puramente procedurale, ma di fondamentale importanza pratica.

Le motivazioni: perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?

La Corte ha basato la sua decisione su un principio consolidato, richiamando una propria precedente pronuncia (Cass. n. 6321 del 2022). Il procedimento speciale per la liquidazione degli onorari degli avvocati (previsto dall’art. 14 del D.Lgs. 150/2011) prevede, di norma, che l’ordinanza conclusiva sia impugnabile direttamente con ricorso per cassazione.

Tuttavia, questa regola subisce un’eccezione determinante. Quando la parte convenuta (in questo caso, il cliente opponente) non si limita a contestare il quantum o l’an debeatur del compenso, ma introduce una domanda ulteriore – come quella di accertamento della responsabilità professionale e di condanna alla restituzione – l’oggetto del giudizio si amplia.

Questo ampliamento fa sì che la controversia esca dai binari del procedimento sommario speciale e venga trattata secondo le regole del rito sommario di cognizione (art. 702-bis c.p.c.). Di conseguenza, il provvedimento che definisce tale giudizio non è più un’ordinanza appellabile direttamente in Cassazione, ma una decisione che deve essere impugnata con l’appello ordinario (art. 702-quater c.p.c.).

Il rimedio corretto: l’appello e non il ricorso diretto

In sintesi, la Corte ha stabilito che, avendo il cliente introdotto una domanda riconvenzionale che ha allargato il perimetro della lite, la via corretta per contestare la decisione del Tribunale era quella dell’appello. Scegliendo il ricorso diretto per cassazione, entrambe le parti hanno utilizzato un mezzo di impugnazione errato, determinandone l’inevitabile inammissibilità.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica per clienti e avvocati. La scelta di come strutturare la difesa in un giudizio di impugnazione onorari avvocato ha conseguenze dirette e vincolanti sui successivi gradi di giudizio. Se si intende contestare non solo la parcella ma anche la qualità della prestazione professionale, bisogna essere consapevoli che il giudizio seguirà un percorso diverso, e il rimedio per contestare la decisione di primo grado sarà l’appello e non il ricorso per cassazione. Un errore nella scelta del mezzo di impugnazione può precludere definitivamente la possibilità di far valere le proprie ragioni, come accaduto in questo caso.

Quando un’opposizione a un decreto ingiuntivo per onorari di avvocato deve essere impugnata con l’appello anziché con il ricorso per cassazione?
Deve essere impugnata con l’appello quando l’opposizione non si limita a contestare l’esistenza o l’ammontare del credito, ma introduce domande ulteriori (riconvenzionali, di compensazione, etc.) che ampliano l’oggetto del giudizio, come una domanda di accertamento della responsabilità professionale del legale.

Cosa succede se un cliente, contestando gli onorari, introduce una domanda per responsabilità professionale dell’avvocato?
L’introduzione di una domanda per responsabilità professionale amplia l’oggetto del giudizio. Di conseguenza, la decisione del giudice di primo grado non sarà più impugnabile direttamente con ricorso per cassazione, ma dovrà essere contestata tramite un appello ordinario.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi, sia quello del cliente che quello degli avvocati?
La Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili perché entrambe le parti hanno utilizzato il mezzo di impugnazione sbagliato. A seguito dell’ampliamento del tema del contendere causato dalla domanda riconvenzionale del cliente, il rimedio corretto era l’appello e non il ricorso diretto per cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati