Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 12945 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 12945 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3984/2022 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME
-intimato- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 7938/2021 depositata il 30/11/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/03/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., depositato il 10.3.2016, l’avv. NOME COGNOME ha richiesto il pagamento degli onorari professionali per l’attività prestata in favore del sig. NOME COGNOME conclusasi con il patrocinio innanzi alla Corte di Cassazione nel giudizio RG 6924/2006, culminato con sentenza sfavorevole n. 25120/2010, pubblicata il 3.12.2010.
Ha precisato la ricorrente, quale elemento costitutivo della fattispecie ereditaria, l’aver il convenuto resistente ammesso in atto di Polizia giudiziaria (verbale di interrogatorio reso agli Agenti della Guardia di finanza in data 8.11.2013 all’interno del procedimento Trib. Roma RG. NR. 22148/12), “di non aver mai corrisposto alcunché” a titolo di onorari professionali.
Costituitosi in giudizio il sig. COGNOME NOME ha sostenuto di aver sempre corrisposto quanto dovuto ed in particolare, atteso il lasso di tempo trascorso tra la conclusione del mandato professionale (13.12.2010) e la prima richiesta di pagamento onorari (24.6.2015), eccepiva l’intervenuta prescrizione presuntiva ai sensi e per gli effetti dell’art. 2956 n. 2 c.c .
Con riferimento alla circostanza riportata nel ricorso ex art. 702 bis c.p.c. relativa alla ammissione resa agli Ufficiali di PG, il convenuto ha sostenuto che le proprie affermazioni erano da riferirsi al periodo successivo alla conclusione del mandato e quindi a periodo successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione n. 25120/10. E comunque chiedeva di ridurre la pretesa economica nei limiti di quanto ex adverso provato.
Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 21 novembre 2016, rigettava la domanda, richiamando la pronuncia n. 9509 del 12.6.2012 della Suprema Corte.
La Corte d’appello di Roma, con la sentenza n. 7938/2021 pubblicata il 30 novembre 2021, ha dichiarato inammissibile l’appello, reputando necessario mezzo di impugnazione, quindi, il ricorso per cassazione; ma non mancando di qualificarlo pure
infondato nel merito, sia per il mancato rideposito del fascicolo di primo grado, sia per irrilevanza del giuramento in difetto anche solo di allegazione di un accordo sull’entità del compenso.
Propone ricorso in cassazione sulla base di quattro motivi l’avv. NOME COGNOME Ha depositato memoria.
3.1. L’intimato non ha svolto attività difensiva.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo, la COGNOME, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 28, legge n. 794/1942, dell’art. 702bis c.p.c., nonché dell’art. 14 d.lgs. n. 150/2011.
In particolare, la decisione impugnata sarebbe stata ‘illegittimamente resa, peraltro, da Giudice monocratico e non collegiale’ (v. p. 8, ricorso), che avrebbe per erroneamente ritenuto che, in materia di controversie sulla liquidazione degli onorari di avvocato, promossa col rito sommario di cognizione ex art. 702bis c.p.c., l’ordinanza che definisce il relativo giudizio non sarebbe appellabile ai sensi dell’art. 14, comma 4, d.lgs. n. 150/2011. Questo perché, in tali casi, analoghi a quello in esame, il provvedimento di primo grado andrebbe impugnato con l’appello (v. Cass. civ., 8 gennaio 2019, n. 210; Cass. civ., 30 settembre 2016, n. 19388, Cass. civ., Sez. VI, n. 38467/21: cfr. p. 9, ricorso).
4.2. Con il secondo motivo, parte ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 347, 165, 166, 112, 115 e 116 c.p.c., nonché dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. inoltre, lamenta ‘l’omessa valutazione di una circostanza determinante’.
Deduce la censurabilità della decisione nella parte in cui ha ritenuto che l’omessa allegazione, in appello, del fascicolo di primo grado della COGNOME, avrebbe precluso alla Corte di esaminare il merito della pretesa creditoria. Una simile erronea statuizione, a suo avviso, deriverebbe dall’aver omesso di considerare che il signor COGNOME dinanzi alla guardia di finanza, avrebbe ammesso l’esistenza di un mandato alle liti, in favore della COGNOME, e di aver ricevuto la prestazione professionale. Per cui, l’eccezione di prescrizione presuntiva del credito, dallo stesso sollevata, sarebbe inammissibile. D’altra parte, tale eccezione implicherebbe l’automatico riconoscimento dell’esistenza del credito nella misura richiesta dal creditore (v. Cass. civ., n. 454/1983 e Cass. civ., Sez. II, 28 novembre 2001, n. 15132; Cass. R.G. n. 11300/21, Sez. VI/2: cfr. p. 12, ricorso).
4.3. Con il terzo motivo, la COGNOME censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 2955, 2956, 2959, 2697 e 2690 c.c., in relazione all’art. 24 Cost. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
La Corte territoriale avrebbe errato nel respingere il ricorso al giuramento decisorio, posto che si tratterebbe dell’unico strumento istruttorio del creditore per provare l’inadempimento del debitore e, nel caso, avrebbe avuto carattere decisivo per risolvere la controversia (cfr. Cass. civ., Sez. II, 15 aprile 2014, n. 8735; Cass. civ., Sez. III, 17 maggio 2010, n. 11964; Cass. civ., Sez. VI, Ord. 3 aprile 2017, n. 8634).
Il primo motivo di ricorso è fondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza dell’11 gennaio 2011, n. 390, a cui si sono uniformate le successive e più recenti decisioni di legittimità, risolvendo un contrasto giurisprudenziale in materia di onorari e di altre spettanze dovuti dal cliente al difensore per prestazioni giudiziali civili e, quindi, per soddisfare esigenze di certezza in punto di rimedi impugnatori, hanno affermato che, in base al principio di c.d. apparenza e affidabilità,
assume rilevanza la forma del provvedimento adottata dal giudice, che deve essere frutto di una sua consapevole scelta e può essere anche implicita e desumibile dalle modalità con cui si è concretamente svolto il relativo procedimento (cfr. Cass. civ., SS. UU., 11 gennaio 2011, n. 390; in senso conforme, più di recente, Cass. Sez. 6-2, ordinanza n. 26083 del 27 settembre 2021; Cass. civ., Sez. II, Ord., 25 settembre 2023, n. 27239).
Partendo da tale inequivoco principio di diritto, la stessa giurisprudenza di legittimità ha affermato che, ove il ricorrente abbia introdotto il giudizio ai sensi dell’art. 702bis c.p.c. e il giudice di primo grado abbia deciso in composizione monocratica -e, quindi, nelle forme del rito sommario ordinario -con sentenza, quest’ultima dovrà essere impugnata con l’appello ai sensi dell’art. 702quater c.p.c. e non potrà essere proposto ricorso per cassazione per saltum . Mezzo impugnatorio promuovibile quando, invece, la decisione è stata assunta da un collegio ed ha la forma di ordinanza, come previsto dal comma 4 del citato art. 14 del d.lgs. n. 150/2011 (cfr. Cass. civ. n. 27239/2023 cit.; Cass. civ., Sez. VI – 2, Ord., 6 dicembre 2021, n. 38467; Cass. Civ., Sez. I, 8 gennaio 2019, n. 210; Cass. Civ., Sez. II, 5 ottobre 2018, n. 24515).
Nella fattispecie in esame, risulta pacifico dal testo della sentenza (che specificatamente analizza anche tale punto: v. p. 3 sentenza impugnata n. 7938/2021) che le modalità con cui si è concretamente svolto il procedimento non sono riconducibili al rito sommario speciale ex art. 14 d.lgs. 150/2011, dal momento che il giudizio è stato deciso dal Tribunale, previa precisazione delle conclusioni, in composizione monocratica, con sentenza e non con ordinanza in composizione collegiale.
Ne consegue che l’impugnazione è stata correttamente proposta dalla COGNOME con l’ordinario mezzo impugnatorio dell’appello, sicché la Corte capitolina avrebbe dovuto dichiarare ammissibile l’impugnazione, poiché solo in tal modo avrebbe valutato in modo
corretto la fattispecie, perché avrebbe dovuto avere riguardo alle forme processuali in concreto seguite dal Tribunale di Roma.
5.1. L’accoglimento del primo motivo di ricorso, cui consegue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello in diversa composizione per lo svolgimento del nuovo giudizio di appello, esime dall’analisi delle censure formulate nei successivi motivi di ricorso (del resto, inammissibili in sé, attingendo capi della decisione affetti da nullità per avere illegittimamente la corte territoriale, dopo aver definito il gravame in rito ed essendosi riconosciuta priva della potestà giurisdizionale di esaminarne il merito, preso in considerazione quest’ultimo), attenendo al merito della controversia e rimanendo assorbiti.
Pertanto, il giudice del rinvio, esclusa l’inammissibilità erroneamente pronunciata con la sentenza qui cassata, esaminerà sotto ogni altro profilo in rito e nel merito l’impugnazione, applicando, ove ne ricorrano i presupposti, i consolidati principi elaborati da questa Corte in tema di onere della parte di rideposito in appello del fascicolo di parte di primo grado (v. Cass. civ., Sez. I, Ord., 17 gennaio 2025, n. 1161; Cass. civ., Sez. III, Ord., 18 ottobre 2022, n. 30495; Cass. civ., Sez. III, Ord., 25 giugno 2021, n. 18287; Cass. civ. Sez. II, Ord., 7 ottobre 2020, n. 21571; da coordinarsi con Cass. civ., Sez. U., Sent. 16 febbraio 2023, n. 4835), nonché in tema di giuramento decisorio (cfr. Cass. civ., Sez. II, Ord., 5 marzo 2025, n. 5845; Cass. civ., Sez. II, Ord., 30 aprile 2024, n. 11540; Cass. civ., Sez. II, Ord., 5 giugno 2023, n. 15665) quale strumento processuale per contrastare l’eccezione di prescrizione presuntiva; e procederà, infine, alla liquidazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità, in ragione dell’esito complessivo della lite.
P. Q. M.
la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in