Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16464 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16464 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2376/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in Salerno presso lo studio dell’AVV_NOTAIO che lo rappresenta e difende giusta procura in atti controricorrente
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 1502/2022 depositata il 15/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI Dl CAUSA
IL ricorrente RAGIONE_SOCIALE promosse, in virtù della clausola compromissoria contenuta nel contratto di appalto stipulato tra le parti, devolutiva di tutte le controversie alla cognizione di un collegio arbitrale, un procedimento arbitrale nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (P_IVA, con sede in Vallo della Lucania (SA).
Il RAGIONE_SOCIALE arbitrale con lodo del 13.02.2020 condannò la RAGIONE_SOCIALE a corrispondere a RAGIONE_SOCIALE gli importi di euro 1.468.720,68 e di euro 249.000,00 per complessivi euro 1.717.720,68 nonchè gli interessi moratori dalla domanda del Giudizio RAGIONE_SOCIALE rigettando le altre domande proposte da RAGIONE_SOCIALE
La decisione arbitrale venne impugnata dal ricorrente per nullità del lodo arbitrale stante la violazione delle norme che regolamentano la comunicazione e il deposito del lodo, per violazione del principio del contraddittorio, per aver ritenuto rituale un arbitrato che era irrituale, davanti alla Corte di Appello di Salerno la quale con sentenza n. 1502/2022, del 9.11.2022, depositata il 15.11.2022 e notificata in data 15.11.2022, resa inter-partes, dichiarò inammissibile l’impugnazione. Si riporta interamente il dispositivo:
‘ La Corte di Appello di Salerno, definitivamente pronunciando sull’impugnazione proposta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, respinta ogni altra istanza, deduzione ed eccezione, così provvede: 1) dichiara l’impugnazione ina mmissibile; 2) condanna parte soccombente al pagamento delle spese di lite in favore
di parte appellata che liquida in € 11.459,00, oltre iva e cap come per legge e spese generali’.
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Salerno ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidato a quattro motivi e memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia: Violazione e falsa applicazione dell’art. 829 n. 7 c.p.c., per violazione delle norme che regolamentano la comunicazione e il deposito del lodo avendo gli arbitri inviato a mezzo pec, ai difensori delle parti, anziché la copia firmata del provvedimento, una bozza dello stesso, cioè il testo in word del lodo, senza firma degli arbitri, reiterando, a suo dire, l’errore anche nell’ulteriore comunicazione, alla luce dell’art. 360, n. 3 c.p.c.
Uno dei motivi di nullità del lodo, che è stato posto all’attenzione della Corte di appello, è stata la violazione dell’art. 829, n. 7, c.p.c. Più specificamente la RAGIONE_SOCIALE nell’impugnare il lodo aveva lamentato la violazione, da parte del RAGIONE_SOCIALE, delle norme concernenti la comunicazione e il deposito del lodo, avendo inviato a mezzo pec, ai difensori delle parti, anziché la copia firmata del provvedimento, una bozza dello stesso, cioè il testo in formato word del lodo, senza firma degli arbit ri, reiterando l’errore anche nell’ulteriore comunicazione. Con tale comportamento il RAGIONE_SOCIALE avrebbe violato quanto lo stesso RAGIONE_SOCIALE aveva disposto all’art. 20 del regolamento arbitrale: ‘Gli arbitri devono dar comunicazione del lodo a ciascuna parte mediante consegna di un originale, anche con spedizione in plico raccomandato, entro dieci giorni dalla sottoscrizione’.
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia: Violazione e falsa applicazione dell’art. 829, n. 9, c.p.c. in quanto non è stato osservato il principio del contraddittorio nel procedimento arbitrale, alla luce dell’art. 360, n. 3 c.p.c.
Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente denuncia: Erronea definizione dell’arbitrato quale arbitrato rituale. Violazione e falsa applicazione dell’art. 829 c.p.c., alla luce dell’art. 360, n. 3 c.p.c..
La Corte di Appello ha ritenuto anche questa contestazione inammissibile sulla base di questa motivazione: ‘ Tale circostanza non rientra in nessuna delle ipotesi disciplinate dall’art. 829 c.p.c. ai fini della nullità del lodo
arbitrale’. Dopo di che, comunque, approfondisce ulteriormente il tema così motivando ancora: ‘Ad abundantiam deve evidenziarsi che tale qualificazione è immune da qualsivoglia censura in quanto era a carico del Consesso, la verifica sull’effettiva volontà dei contraenti consacrata nella clausola compromissoria di cui all’art. 18 del contratto di a ppalto del 20.3.2011, e di cui all’art. 5 dell’appendice al citato contratto del 20.3.2012’.
La Corte di Appello ha errato, secondo il ricorrente, nell’affermare la totale irrilevanza dell’errore del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE sull’unico assunto che non sarebbe motivo di nullità ritenere un arbitrato irrituale erroneamente rituale. Così facendo la Corte di Appello ha in pratica posto nel nulla la differenza tra i due istituti. L’errore della Corte Territoriale è nel non aver considerato che non è possibile gestire un arbitrato irrituale come se fosse rituale. Come detto la decisione presa dalla Corte di Appello e la motivazione che la sottende è la seguente: La gestione di una procedura che dovrebbe essere gestita come arbitrato irrituale come se fosse rituale non è prevista nel tassativo elenco dell’art. 829 c.p.c. e, dunque, sarebbe irrilevante. Al contr ario l’errore denunciato con la impugnativa del lodo dalla RAGIONE_SOCIALE andava esaminato.
Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente denuncia: Nullità della sentenza per aver erroneamente ritenuto rituale l’arbitrato che ha dato seguito al lodo poi impugnato alla luce dell’art. 360, n. 4 c.p.c. Per il ricorrente, sotto altro profilo la sentenza di cui si discute è nulla perché ha considerato il lodo oggetto di esame non censurabile nel merito sull’errata considerazione che la clausola compromissoria prevedesse un arbitrato rituale e non irrituale.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Inn ordine al primo motivo occorre chiarire che la modalità di comunicazione del lodo non è affetta da nullità ma è attuativa della previsione arbitrale (art. 20 convenzione) e comunque darebbe luogo a mera irregolarità perché non è prevista alcuna sanzione di nullità né dalle norme processuali né dalla convenzione arbitrale.
In ordine al secondo motivo occorre considerare che la modalità di comunicazione del lodo adottata dal collegio arbitrale non ha violato il contraddittorio: le parti del giudizio arbitrale possono ritirare in tempi diversi il lodo ciò che rileva ai fini del rispetto del principio del
contraddittorio è che sia stabilito un identico dies a quo per l’impugnazione. In più la parte vittoriosa, nella specie, ha anche notificato la sentenza ed in ogni caso nessuna lesione del diritto di difesa in concreto è stata dedotta.
In ordine al terzo e quarto motivo relativi alla natura irrituale dell’arbitrato, la censura è tardiva alla luce del costante orientamento di questa corte (Cass. 2066 del 2022) secondo il quale risulta inammissibile l’impugnazione di un lodo fondata su questioni relative alla natura rituale o irrituale dell’arbitrato qualora le questioni medesime risultino prospettate per la prima volta in sede di impugnazione, non essendo state mai sollevate in precedenza nel corso del giudizio arbitrale ex art. 817 c.p.c. La tempestiva formulazione dell’eccezione nella fase arbitrale non è stata neanche allegata. Comunque la Corte d’Appello ha esaminato la clausola funditus e ne ha rilevato la natura rituale in via preliminare prima di entrare nel merito con interpretazione puntuale della clausola compromissoria, insuscettibili di vizi rilevabili in sede di giudizio di legittimità.
Per quanto sopra Il ricorso deve quindi essere rigettato ed il ricorrente condannato alle spese di giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio a favore del controricorrente che si liquidano in euro 10.000,00 per compensi più euro 200,00 per esborsi ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater DPR nr.115 del 30 maggio 2002 ricorrono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, il giorno 08/02/2024.