Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4827 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4827 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4487/2024 R.G. proposto da :
COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi da ll’ Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al ricorso
– ricorrenti
–
contro
NOMECOGNOME titolare dell’impresa artigiana RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Foligno, INDIRIZZOINDIRIZZO presso lo studio dell’ Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende, unitamente all’Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, giusta procura speciale allegata al controricorso
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia n. 837/2023 depositata il 20/11/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il collegio arbitrale nominato per risolvere la controversia insorta fra i committenti NOME COGNOME e NOME COGNOME e l’appaltatore NOME COGNOME titolare dell’impresa artigiana RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME in merito all’esecuzione di un appal to privato accertava, con lodo arbitrale in data 1° febbraio 2021, la sussistenza di un credito del COGNOME per € 80.309,71.
La Corte d’appello di Perugia, a seguito dell’impugnazione del lodo da parte dei committenti, rilevava che gli attori avevano denunciato la nullità della decisione arbitrale ai sensi dell’art. 829, comma 3, cod. proc. civ. per violazione e/o falsa applicazione delle regole ermeneutiche previste dagli artt. 1362 e ss. cod. civ..
Osservava che gli impugnanti avevano sostenuto, in particolare, che la clausola contrattuale n. 4.5 (con la quale le parti avevano convenuto che variazioni, aggiunte o detrazioni sarebbero state disposte, a pena di nullità, mediante ordine scritto del committente per il tramite della direzione dei lavori), diversamente da quanto ritenuto dal collegio arbitrale, risultasse assolutamente univoca e non suscettibile di interpretazione diversa da quella letterale.
Riteneva che l’impugnazione fosse inammissibile per assenza del presupposto di cui all’art. 829, comma 3, cod. proc. civ., perché nella clausola compromissoria non era stata espressamente prevista la possibilità di impugnare per violazione di regole di diritto.
Aggiungeva che il motivo addotto dagli attori quale causa di nullità del lodo arbitrale non riguardava la violazione di regole di diritto, ma l’interpretazione delle stesse, ovverosia un accertamento di merito che era precluso in sede di impugnazione del lodo arbitrale.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per la cassazione di questa sentenza, pubblicata in data 20 novembre 2023, prospettando un unico motivo di doglianza, al quale ha resistito con controricorso NOME COGNOME
Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
4. Il motivo di ricorso presentato denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 829, comma 3, cod. proc. civ.: la Corte distrettuale non ha fatto alcun accenno al secondo periodo di questa norma, a mente del quale è sempre ammessa l’impugnazione delle decisioni arbitrali per contrarietà all’ordine pubblico, nonostante che l’impugnazione del lodo fosse stata proposta eccependo la violazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ. e del principio gradualistico che sovrintende l’applicazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale e rappresentando che le norme in materia di interpretazione dei contratti sono un corpus inderogabile in ragione del fatto che l’attività del giudice è materia di interesse pubblico.
L’ error in iudicando in cui è caduto il collegio arbitrale si è così tradotto -sostiene il ricorrente -nell’inosservanza di norme fondamentali e cogenti di ordine pubblico, dettate a tutela di interessi generali non derogabili dalle parti.
La violazione di queste regole di ordine pubblico, benché denunciata dalla parte impugnante, non è stata affrontata dalla Corte d’appello, con conseguente nullità della sentenza impugnata.
5. Il motivo è inammissibile.
La Corte di merito ha, a più riprese, sottolineato che l’impugnazione era inammissibile da una parte perché la clausola compromissoria contenuta all’interno del contratto di appalto nulla prevedeva circa la possibilità di impugnazione del lodo per violazione di regole di diritto, come richiesto dall’art. 829, comma 3, cod. proc. civ., dall’altra perché il motivo di impugnazione addotto dagli attori riguardava, in realtà, non la violazione di una regola di diritto, con specifico riferimento agli artt. 1362 e ss. cod. civ. in materia di interpretazione dei contratti, ma la concreta applicazione di queste ultime norme al caso concreto sulla base delle risultanze istruttorie acquisite nel giudizio arbitrale e quindi un accertamento di fatto
relativo al merito della controversia, che non rientrava nella previsione dell’art. 829, comma 3, cod. proc. civ..
Si tratta, all’evidenza, di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggere la decisione assunta.
L’omessa impugnazione della seconda ratio decidendi , rispetto alla quale non è stata sollevata alcuna critica, rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa all’altra, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, in nessun caso potrebbe produrre l’annullamento della sentenza (v. Cass. 18119/2020, Cass. 9752/2017).
In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 4.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di c ontributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto. Così deciso in Roma in data 12 novembre 2024.