Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7544 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7544 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/03/2024
O R D I N A N Z A
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso per procura alle liti allegata al ricorso dall’AVV_NOTAIO , elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO.
Ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO in RAGIONE_SOCIALE , in persona del l’amministratore sig. NOME COGNOME, rappresentato e difeso per procura alle liti in calce al controricorso da ll’AVV_NOTAIO COGNOME, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO.
Controricorrente
per la cassazione della sentenza n. 464/2019 della Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE, depositata il 6. 3. 2019.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’8. 3. 2024 dal consigliere relatore NOME COGNOME.
Fatti di causa e ragioni della decisione
Con sentenza n. 464 del 6. 3. 2019 la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE rigettò l’impugnazione proposta da COGNOME NOME, titolare dell’omonima impresa edile, per nullità del lodo arbitrale che, decidendo la controversia insorta tra il COGNOME ed il condominio di INDIRIZZO di RAGIONE_SOCIALE, aveva, per quanto qui ancora rileva, quantificato il saldo del credito dell’impresa per i lavori di appalto eseguiti in euro 144.645,78, oltre iva, pari alla differenza tra il prezzo dei lavori di euro 1.370.547,94 e le somme versate dal committente di euro 1.255.902,16. Con la proposta impugnazione il COGNOME aveva denunziato la nullità del lodo per contraddittorietà della motivazione, per avere quantificato il corrispettivo dei lavori ai sensi dell’art. 1657 c.c. sulla base del computo metrico di assestamento presentato dal condominio al Settore RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del comune di RAGIONE_SOCIALE, mente avrebbe dovuto fare riferimento al prezziario regionale dei lavori pubblici all’epoca vigente , sulla base del quale il compenso complessivo a lui spettante era maggiore.
La Corte palermitana respinse il motivo, affermando che, ai sensi dell’art.829, comma 1 n. 11, c.p.c., la sanzione di nullità del lodo è ravvisabile nei soli casi in cui la contraddittorietà tra le diposizioni del lodo e tra motivazione e dispositivo det ermini l’impossibilità di ricostruire l’ iter logico e giuridico della decisione, mentre nel caso di specie la motivazione non era contraddittoria, avendo il collegio arbitrale evidenziato del tutto esaustivamente i criteri attraverso i quali era pervenuto alla quantificazione della somma dovuta.
Per la cassazione di questa sentenza, notificata il 19. 3. 2019, ha proposto ricorso COGNOME NOME, con atto notificato il 20. 5. 2019, articolato su due motivi.
Il condominio di INDIRIZZO RAGIONE_SOCIALE ha notificato controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il primo motivo di ricorso, che denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 829, comma 1 n. 11, c.p.c., censura la sentenza impugnata per avere escluso il vizio di contraddittorietà della motivazione del lodo, che invece appariva evidente atteso che il collegio arbitrale, dopo aver affermato l’applicabilità, ai fini della determinazione del prezzo dell’appalto, della disposizione di cui all’art.
R.G. n. 16757/2019.
1657 c.c., aveva poi utilizzato non già il prezziario regionale vigente all’epoca dei lavori, bensì il ‘ computo metrico di assestamento del 2008 presentato dal RAGIONE_SOCIALE ‘, che non rappresentava un criterio oggettivo, ma un calcolo presentato dal committente al solo fine di istruire la pratica per ottenere i contributi pubblici previsti per le opere di recupero del centro storico.
Il secondo motivo di ricorso, che denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 829, comma 1 n. 5, con riferimento all’art. 823 n. 5 c.p.c., lamenta che la Corte di appello abbia escluso la nullità del lodo per difetto di motivazione in ordine alla applicazione del computo metrico dei prezzi sopra menzionato.
I due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente, sono inammissibili.
Assorbente in tal senso appare la considerazione che, come dedotto dal controricorso, le censure svolte dal ricorrente riproducono sostanzialmente i motivi di nullità del lodo avanzati con l’azione proposta dinanzi alla Corte di appello.
Ora, com’è noto , in sede di ricorso avverso la sentenza che abbia deciso sull’impugnazione per nullità del lodo arbitrale, la Corte di Cassazione non può apprezzare direttamente il lodo arbitrale, ma solo la decisione impugnata nei limiti dei motivi di ricorso relativi alla violazione di legge e, ove ancora ammessi, alla congruità della motivazione della sentenza resa sul gravame ( Cass. n. 2985 del 2018; Cass. n. 10809 del 2015 ). Il ricorso non si adegua a tali principi, atteso che investe soltanto in vi a mediata, attraverso l’illustrazione delle criticità del lodo, ma non direttamente, le ragioni con cui la sentenza impugnata ha respinto la domanda di nullità. Obliterato è anche il dato normativo, desumibile chiaramente dalla lettura dell’art. 829 c.p.c., che l’azione di nullità del lodo è a critica vincolata e che essa introduce una fase rescindente in cui il giudice della impugnazione non è chiamato a valutazioni sulla pretese fatte valere dalle parti dinanzi agli arbitri, ma soltanto a verificare, nei limiti della deduzione della parte, la sussistenza delle cause di nullità della relativa decisione ( Cass. n. 27321 del 2020; Cass. n. 9387 del 2018; Cass. n. 20880 del 2010 ). Ciò comporta che, nel caso in cui il giudizio di impugnazione si chiuda con la fase rescindente e quindi
manchi una decisione sul merito, non sono comunque proponibili, dinanzi a questa Corte, deduzioni che ripropongano questioni decise dagli arbitri.
Nel caso di specie la parte aveva dedotto, come causa di nullità, la presenza nel lodo di disposizioni contraddittore, per avere gli arbitri richiamato, ai fini della determinazione del corrispettivo dell’appalto, l’art. 1657 c.c. – che, nel caso in cui il prezzo non sia convenuto dalle parti, prevede il ricorso alle tariffe esistenti – e poi utilizzato per il relativo calcolo un computo metrico che si assume di parte e quindi privo di natura oggettiva ed ufficiale.
La Corte di appello ha disatteso il motivo affermando che la decisione arbitrale presentava un percorso motivazionale del tutto chiaro e logico, che dava conto in maniera esaustiva delle proprie determinazioni con riferimento sia all’ an , che al quantum delle pretese avanzate dalle parti, evidenziando alla luce degli accertamenti del consulente tecnico d’ufficio i criteri attraverso i quali era pervenuto alla quantificazione della somma dovuta all’impresa.
La sentenza sul punto appare conforme all’indirizzo della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’obbligo di esposizione sommaria dei motivi della decisione imposto agli arbitri dall’art. 823, n. 5, c.p.c., il cui mancato adempimento determina la possibilità di impugnare il lodo ai sensi dell’art. 829, comma 1, nn. 4 e 5, c.p.c., può ritenersi non soddisfatto solo quando la motivazione manchi del tutto o sia talmente carente da non consentire di comprendere l'”iter” logico che ha determinato la decisione arbitrale o contenga contraddizioni inconciliabili nel corpo della motivazione o del dispositivo, tali da rendere incomprensibile la “ratio” della decisione ( Cass. n. 16077 del 2022;
Cass. n. 28218 del 2013 ).
A ciò si aggiungano due considerazioni.
La prima è che il giudizio in ordine all’esistenza e non contraddittorietà della motivazione della decisione arbitrale formulato dalla Corte di appello integra un apprezzamento di fatto, che, oltre a non essere stato direttamente aggredito dal ricorrente, è censurabile in sede di legittimità solo nei limiti in cui la motivazione data appaia meramente apparente o intrinsecamente contraddittoria. La seconda è che la censura sollevata dal ricorso attiene, più che alla contraddittorietà della motivazione del lodo, alla falsa applicazione della regola
posta dall’art. 1657 c.c., integra cioè una violazione di diritto , non denunciabile alla luce della considerazione svolta dalla Corte di appello laddove ha escluso, ai sensi dell’art.829, comma 3, c.p.c., cioè in ragione dello specifico contenuto della clausola compromissoria, la impugnabilità del lodo emesso tra le parti per violazione delle regole di diritto.
In conclusione il ricorso è respinto.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
R icorrono i presupposti processuali di cui all’art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115/2002 per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.
P. Q. M.
rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in euro 8.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell ‘8 marzo 2024 .