Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4072 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4072 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
Ordinanza
sul ricorso n. 15839/2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, domiciliata a Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , difesa da ll’ AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Perugia n. 165/2019 del 15/03/2019.
Ascoltata la relazione del consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
La committente RAGIONE_SOCIALE impugnava dinanzi alla Corte di appello di Perugia nei confronti dell’appaltatrice RAGIONE_SOCIALE il lodo arbitrale del 2016, con il quale, in parziale accoglimento delle domande avanzate dalla convenuta: (a) era stata dichiarata la risoluzione dei contratti di appalto del 2011 e 2013 per inadempimento dell’attrice; (b) era stata condannata l’attrice al risarcimento dei danni liquidati in
circa € 279.821 nonché al rimborso a favore della convenuta del 50% dei compensi da lei corrisposti al collegio arbitrale e al consulente tecnico, con condanna dell’attrice al pagamento del 50% delle spese di lite.
L’impugnazione è stata rigettata.
Ricorre in cassazione l’attrice con due motivi, illustrati da memoria. Resiste la convenuta con controricorso e memoria.
Ragioni della decisione
1. -Il primo motivo (p. 17) denuncia ex art. 827 c.p.c. che la Corte di appello abbia dichiarato inammissibile l’impugnazione del lodo definitivo del 2016, quanto ai primi sei motivi, ritenendoli coperti dal giudicato interno formatosi per la mancata impugnazione del lodo non definitivo del 2014 che li aveva rigettati. In particolare, si denuncia che il lodo non definitivo non si era pronunciato nemmeno parzialmente sul merito della controversia e quindi non era immediatamente impugnabile secondo l’indiriz zo della giurisprudenza di legittimità. Si cita inoltre un passo del lodo definitivo che rinvia al contenuto del lodo non definitivo sulle questioni pregiudiziali di rito e preliminari di merito con ulteriori precisazioni, che fanno sì che il lodo non definitivo sia stato superato.
Nella parte rilevante, la sentenza argomenta nei seguenti termini. Il lodo non definitivo del 2014 ha rigettato tutte le eccezioni di rito che costituiscono i primi sei motivi di impugnazione del lodo definitivo. Il lodo non definitivo non è stato impugnato, cosicché ciò che è stato deliberato in esso non può più essere contestato. La mancata impugnazione del lodo non definitivo risulta chiaramente dallo stesso tenore dell’atto di citazione nel quale si precisa che l’attrice agisce per la declaratoria di nullità del lodo definitivo. Se ne trae conferma anche dal fatto che costei ha depositato dapprima il lodo definitivo del 2016,
mentre ha depositato il lodo non definitivo del 2014 su istanza della Corte. Sebbene il caso di specie concerna una impugnazione del lodo non definitivo, da proporsi insieme all’impugnazione del lodo definitivo ex art. 827 co. 3 seconda parte c.p.c. non è dato rinvenire alcuna volontà dell’attrice di impugnare il lodo non definitivo, poiché manca un qualsiasi riferimento a quest’ultimo. Né ad una diversa conclusione si può giungere perché il lodo definitivo ha svolto alcune precisazioni sul contenuto del lodo non definitivo: in tale sede il collegio arbitrale non ha il potere di pronunciarsi di nuovo sulle questioni tratte ad oggetto di un precedente lodo non definitivo. Infatti, le precisazioni de quibus sono da intendere come una mera ripresentazione delle argomentazioni già svolte. In conclusione, è da dichiarare inammissibile l’impugnazione rispetto ai primi sei motivi di rito.
Il primo motivo è inammissibile per difetto di specificità/autosufficienza ex art. 366 n. 6 c.p.c. poiché esso, mentre riporta (p. 19-21) brani rilevanti del lodo definitivo del 2016, è privo della trascrizione dei brani rilevanti del lodo non definitivo del 2014, della cui efficacia di giudicato interno per mancata impugnazione si fa questione. Pertanto, la Corte non è posta in condizione di pronunciarsi sul merito del motivo (né tale condizione può recuperarsi in forza del l’indicazione, in calce al ricorso, che sono stati depositati in questa sede i «fascicoli di parte dei precedenti gradi del giudizio»).
– Il secondo motivo (p. 21 ss.) denuncia la violazione dell’art. 829 c.p.c., dell’art. 167 co. 2 c.p.c., nonché l’ omesso esame circa fatti decisivi, in quanto la Corte di appello ha statuito che gli altri motivi dedotti dalla ricorrente hanno ad oggetto la violazione di norme di diritto relative al merito della controversia, che possono essere tratte ad oggetto d’impu gnazione solo se ciò è espressamente disposto dalle parti o dalla legge (cfr. 829 c.p.c.). Si tratta della: (a) denuncia di violazione
dell’art. 1353 c.c. relativamente al ritenuto avveramento della condizione sospensiva della conferma dell’ordine; (b) mancata valutazione del carattere trilaterale del rapporto, che coinvolgeva anche la RAGIONE_SOCIALE; (c) erronea pronuncia di risoluzione del contratto; (d) carenza di potere sulla pronuncia di risarcimento del danno; (e) erroneità della c.t.u.; (f) erroneità dei criteri di risarcimento del danno; (g) erronea applicazione degli interessi ex l. 231/2002. La ricorrente fa valere essenzialmente: la tardività della correlativa eccezione ad opera della controparte, in quanto costituitasi tardivamente , l’erroneità della pronuncia d’ufficio da parte della Corte di appello. Fa valere inoltre che comunque almeno due motivi non consisterebbero nella censura di errores in iudicando, bensì di errores in procedendo.
Il secondo motivo non è fondato.
Infatti, nel prevedere che l’impugnazione del lodo per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia è ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge , l’art. 829 co. 3 c.p.c. sancisce un profilo di ammissibilità dell’impugnazione per nullità del lodo che è rilevabile d’ufficio dal la Corte di appello investita della cognizione del mezzo. Pertanto, è infondata la censura di violazione dell’art. 167 co. 2 c.p.c. Quanto alla censura di violazione dell’art. 829 co. 3 c.p.c. essa non è fondata poiché dall’esame diretto dei motivi di impugnazione del lodo di cui si discute si desume che ognuno di essi denuncia la violazione di regole di diritto attinenti al merito della controversia (né tale qualificazione è impedita dall’intitolazione all’error in procedendo che la parte ricorrente ha attribuito a taluno di essi).
Ne segue che resiste alle censure la sentenza impugnata ove si argomenta che tutti gli altri motivi dedotti dall’attrice in impugnazione hanno ad oggetto la violazione di regole di diritto relative al merito della controversia, ed infatti sono qualificati come errores in iudicando
anche nell’atto di citazione. Richiamato l’art. 829 c.p.c., la sentenza accerta che nel caso di specie non si dà alcuna delle ipotesi ivi previste per l’impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia e statuisce che tali motivi d’impugnazione sono inammissibili.
Il secondo motivo è rigettato.
– Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della parte controricorrente, che liquida in € 8.000 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge.
Sussistono infine i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso a Roma il 17/01/2024.