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Impugnazione licenziamento: procura scritta essenziale

La Cassazione ha annullato una decisione di merito, stabilendo che l’impugnazione del licenziamento fatta dall’avvocato del lavoratore è inefficace senza una procura scritta precedente o una ratifica scritta entro i 60 giorni. La mera conoscenza da parte del datore di lavoro del mandato non è sufficiente per validare l’atto e impedire la decadenza dall’impugnazione.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Impugnazione Licenziamento: Perché la Procura Scritta all’Avvocato è Decisiva

L’impugnazione del licenziamento è un atto cruciale per la tutela dei diritti del lavoratore, ma la sua validità è legata a requisiti formali inderogabili. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ha recentemente ribadito un principio fondamentale: la lettera di contestazione inviata dall’avvocato è inefficace se non supportata da una procura scritta, conferita prima dell’invio o ratificata entro il termine di decadenza di 60 giorni. Approfondiamo questa importante decisione.

I fatti del caso: Un licenziamento e una contestazione controversa

Il caso trae origine dal licenziamento per giusta causa intimato da una società di panificazione a un suo dipendente. Il lavoratore, tramite il suo legale, inviava una lettera di contestazione del provvedimento espulsivo. Successivamente, avviava una causa in tribunale.

In sua difesa, la società datrice di lavoro eccepiva la decadenza del lavoratore dal diritto di impugnare il licenziamento. Sosteneva che la lettera di contestazione, inviata dal solo avvocato, fosse priva di una procura scritta del lavoratore, come invece richiesto dalla legge. Poiché il ricorso giudiziale era stato depositato ben oltre il termine di 60 giorni previsto, secondo l’azienda, il lavoratore aveva perso il diritto di contestare il licenziamento.

La decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello, riformando la sentenza di primo grado, aveva dato ragione al lavoratore. Secondo i giudici di secondo grado, la società era pienamente consapevole che l’avvocato stesse agendo su mandato del dipendente, anche in virtù di precedenti rapporti intercorsi tra le parti. Questa “effettiva contezza” era stata ritenuta sufficiente a superare il vizio formale della mancanza di una procura scritta, rendendo valida l’impugnazione stragiudiziale.

L’impugnazione del licenziamento e il ricorso in Cassazione

Contro la decisione della Corte d’Appello, la società ha proposto ricorso per Cassazione, basandosi su un unico motivo: la violazione delle norme sulla rappresentanza (artt. 1392 e 1388 c.c.) e sulla disciplina dell’impugnazione dei licenziamenti (art. 6 della L. 604/1966). La società ha ribadito che l’atto di impugnazione è un negozio giuridico formale che richiede la forma scritta, estesa anche alla procura conferita al rappresentante. Senza una procura scritta anteriore o una ratifica successiva, purché avvenuta entro i 60 giorni, l’atto del legale è da considerarsi inefficace.

Le motivazioni della Suprema Corte: la forma è sostanza

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, ritenendo la decisione della Corte d’Appello errata in diritto. Gli Ermellini hanno richiamato la loro consolidata giurisprudenza, secondo cui l’impugnazione del licenziamento individuale è un atto negoziale dispositivo e formale.

Questo atto può essere compiuto:
1. Direttamente dal lavoratore.
2. Da un’associazione sindacale a cui il lavoratore aderisce.
3. Da un rappresentante munito di specifica procura scritta.

La Corte ha chiarito che, qualora un avvocato agisca senza una procura scritta, il suo operato può essere ratificato dal lavoratore. Tuttavia, tale ratifica deve avere la stessa forma scritta richiesta per l’atto principale e, soprattutto, deve essere portata a conoscenza del datore di lavoro prima della scadenza del termine di 60 giorni per l’impugnazione. La semplice conoscenza di fatto da parte del datore di lavoro che l’avvocato agisce per conto del lavoratore è irrilevante. La legge impone un requisito di forma a tutela della certezza dei rapporti giuridici, che non può essere sostituito da elementi presuntivi.

Le conclusioni: implicazioni pratiche per lavoratori e datori di lavoro

La decisione riafferma un principio di rigore formale a tutela di entrambe le parti del rapporto di lavoro. Per il lavoratore, emerge la necessità assoluta di conferire una procura scritta al proprio legale prima che questi proceda all’impugnazione stragiudiziale del licenziamento. In assenza, è fondamentale procedere a una ratifica scritta e comunicarla all’azienda entro il breve termine di 60 giorni. Per il datore di lavoro, questa sentenza conferma il diritto di considerare inefficace un’impugnazione proveniente da un legale se non accompagnata dalla prova formale del potere di rappresentanza, facendo così decorrere inutilmente il termine di decadenza per il lavoratore.

È valida l’impugnazione del licenziamento inviata dall’avvocato senza una procura scritta?
No, non è valida. L’impugnazione è un atto formale che richiede una procura specifica in forma scritta, conferita al rappresentante prima dell’atto stesso.

La conoscenza del datore di lavoro che l’avvocato agisce per il dipendente può sanare la mancanza della procura?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la mera conoscenza di fatto da parte del datore di lavoro non è sufficiente a superare il requisito della forma scritta della procura, che è imposto per garantire la certezza dei rapporti giuridici.

È possibile sanare l’operato dell’avvocato che ha agito senza procura scritta?
Sì, è possibile attraverso una ratifica da parte del lavoratore. Tuttavia, questa ratifica deve avere la forma scritta e deve essere portata a conoscenza del datore di lavoro prima della scadenza del termine di 60 giorni previsto per l’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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