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Impugnazione licenziamento PEC: Word file è valido

Un lavoratore ha impugnato il proprio licenziamento tramite una PEC inviata dal suo avvocato, allegando un semplice file Word non firmato. La Corte d’Appello aveva dichiarato l’atto inefficace per vizi di forma. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che per l’impugnazione licenziamento PEC è sufficiente qualsiasi atto scritto idoneo a manifestare in modo certo la volontà del lavoratore, in linea con un principio di sostanza sulla forma. La modificabilità del file è irrilevante se la controparte non ne contesta l’autenticità.

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Pubblicato il 2 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Impugnazione Licenziamento PEC: Sì dalla Cassazione anche con File Word

In un mondo sempre più digitalizzato, anche gli atti legali si adeguano. Ma fino a che punto la forma deve cedere il passo alla sostanza? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 18529/2024, offre una risposta chiara e pragmatica in merito all’impugnazione licenziamento PEC. La Suprema Corte ha stabilito che un semplice file Word, allegato a una PEC inviata dall’avvocato, è un atto idoneo a contestare un licenziamento, anche se privo di firma digitale o altre formalità complesse. Questa decisione privilegia la chiara manifestazione di volontà del lavoratore rispetto a un rigido formalismo.

I Fatti di Causa

Un lavoratore, a seguito del licenziamento disciplinare comminato dalla sua azienda, decideva di impugnare il provvedimento. Il suo difensore inoltrava una comunicazione tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) alla società datrice di lavoro, allegando un file in formato “.doc” (Word) contenente la contestazione del licenziamento. Tale file, tuttavia, non era sottoscritto né dal lavoratore né dal suo avvocato, né era dotato di firma digitale.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello di Bologna avevano dichiarato l’impugnazione inammissibile. Secondo i giudici di merito, l’atto non rispettava i requisiti formali previsti dal Codice dell’Amministrazione Digitale (D.Lgs. 82/2005), in quanto il file Word era facilmente modificabile e privo degli elementi (come la firma digitale o l’attestazione di conformità) necessari a garantirne l’autenticità e l’immodificabilità. Di conseguenza, veniva confermata la decadenza del lavoratore dal diritto di impugnare.

La Decisione della Corte di Cassazione

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore, cassando la sentenza della Corte d’Appello e rinviando la causa per una nuova valutazione. I giudici supremi hanno ribaltato la visione formalistica dei precedenti gradi di giudizio, affermando un principio di prevalenza della sostanza.

La Corte ha ritenuto che l’invio della PEC da parte del legale, con l’allegato file Word, costituisse un atto pienamente valido per manifestare l’intenzione del lavoratore di opporsi al licenziamento, nel rispetto dei termini di legge.

Le Motivazioni sull’Impugnazione Licenziamento PEC

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 6 della Legge n. 604/1966. Questa norma prevede che l’impugnazione del licenziamento debba avvenire “con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore”.

1. Principio di Libertà delle Forme: La Cassazione ha ribadito che la legge non richiede formule sacramentali o modalità specifiche. Ciò che conta è che l’atto scritto esprima in modo inequivocabile la volontà di contestare il licenziamento. La ratio della norma è garantire che il datore di lavoro venga a conoscenza certa della volontà del lavoratore.

2. Irrilevanza delle Norme del CAD: I giudici hanno chiarito che i rigidi requisiti formali del Codice dell’Amministrazione Digitale (come la firma digitale per equiparare un documento informatico a uno scritto) non sono applicabili in questo contesto in modo assoluto. La normativa speciale sul lavoro, che privilegia la sostanza, prevale sulle regole generali sulla documentazione informatica, quando l’obiettivo è semplicemente comunicare una volontà.

3. Contesto e Provenienza Certa: Il fatto che il file Word fosse allegato a una PEC proveniente dall’indirizzo certificato di un avvocato è stato ritenuto elemento sufficiente a garantire la provenienza e la riferibilità dell’atto al lavoratore. L’azienda, infatti, non aveva mai contestato di aver ricevuto la comunicazione o messo in dubbio che il suo contenuto riflettesse l’intenzione del lavoratore assistito da quel legale.

4. Inconsistenza della Tesi sulla Modificabilità: La Corte ha smontato l’argomento principale dei giudici di merito, ovvero la potenziale modificabilità di un file Word. Tale questione è stata definita irrilevante nel caso specifico, poiché non vi era stata alcuna contestazione sull’autenticità o sull’integrità del documento ricevuto dall’azienda. La mera possibilità astratta di modifica non può invalidare un atto il cui contenuto e provenienza sono, di fatto, pacifici tra le parti.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rappresenta un importante punto di riferimento per il diritto del lavoro nell’era digitale. La Corte di Cassazione, con un approccio pragmatico, ha riaffermato che gli strumenti tecnologici come la PEC sono mezzi pienamente validi per le comunicazioni legali, senza che ciò implichi un’adesione cieca e formalistica a ogni singolo protocollo tecnico.

La decisione sottolinea che l’obiettivo primario della legge è tutelare il diritto del lavoratore a manifestare la propria opposizione al licenziamento. Finché tale manifestazione è chiara, scritta e perviene con certezza al destinatario, le modalità tecniche utilizzate assumono un ruolo secondario. La validità dell’impugnazione licenziamento PEC tramite file Word è quindi confermata, a patto che dal complesso della comunicazione (mittente, oggetto, testo della mail e allegato) emerga senza dubbi la volontà del lavoratore.

È valido impugnare un licenziamento inviando una PEC con un semplice file Word non firmato?
Sì, secondo la Corte di Cassazione l’impugnazione è valida. L’essenziale è che l’atto nel suo complesso, inclusa la PEC inviata dall’avvocato, sia idoneo a comunicare in modo inequivocabile la volontà del lavoratore di contestare il licenziamento.

Per l’impugnazione del licenziamento, le regole del Codice dell’Amministrazione Digitale prevalgono sulla legge sui licenziamenti?
No. La Corte ha chiarito che in questo specifico contesto prevale il principio sostanziale dell’art. 6 della Legge n. 604/1966. Questa norma richiede unicamente un “qualsiasi atto scritto” idoneo a manifestare la volontà, senza imporre le complesse formalità tecniche del Codice dell’Amministrazione Digitale come la firma digitale.

Il fatto che un file Word sia modificabile lo rende automaticamente invalido come allegato per un’impugnazione via PEC?
No, la potenziale modificabilità del file è stata giudicata irrilevante dalla Corte nel caso di specie. Se la parte che riceve il documento non contesta né l’autenticità del file né la sua corrispondenza con la volontà del mittente, la mera possibilità astratta di modifica non è sufficiente a invalidare l’atto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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