Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9783 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 9783 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso 9269-2020 proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME NOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 19/2020 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 14/01/2020 R.G.N. 1208/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/02/2024 dal AVV_NOTAIO.
R.G.N. 9269/2020
COGNOME.
Rep.
Ud. 07/02/2024
CC
RILEVATO CHE
1. la Corte di Appello di Catanzaro, con la sentenza impugnata resa nell’ambito di un procedimento ex lege n. 92 del 2012, ha confermato la pronuncia di prime cure che aveva dichiarato inammissibile, per intervenuta decadenza, il ricorso proposto da NOME COGNOME nei confronti della RAGIONE_SOCIALE volto all’accertamento della fittizietà del rapporto di lavoro formalmente intercorso con RAGIONE_SOCIALE, nei fatti svolto alle dipendenze della prima società, nonché della inesistenza/nullità del licenziamento intimato da RAGIONE_SOCIALE, con ricostituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze di RAGIONE_SOCIALE e condanna di quest’ultima al pagamento delle retribuzioni non corrisposte e dei contributi previdenziali, nonché al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa dell’illegittimo licenziamento; 2. la Corte -in sintesi -ha ritenuto che: il provvedimento del Presidente del Tribunale, con cui era stata respinta l’eccezione di decadenza, non avesse natura decisoria ma di ordinanza ex art. 177 c.p.c. sempre revocabile; l’eccezione formulata da RAGIONE_SOCIALE di tardiva impugnazione del licenziamento fosse tempestiva in quanto già formulata con la memoria di costituzione del 27.06.2013; la vertenza aveva ad oggetto, non solo la contestata esistenza del rapporto interpositorio, ma anche l’impugnativa d el licenziamento che avrebbe dovuto essere tempestivamente impugnato dal ricorrente; la contestazione del ricorrente del 23.2.2012 non poteva dirsi tempestiva perché la proroga dei termini prevista dall’art. 32, comma 1 bis, legge 183/2010 riguardava solo le nuove ipotesi di decadenza introdotte dallo stesso art. 32 della legge 183/2010 e non il termine di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, già previsto dall’art. 6 della legge 604/1966;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il soccombente con sei motivi; ha resistito con controricorso l’intimata società;
parte ricorrente ha anche comunicato memoria;
all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati;
1.1. il primo motivo critica la sentenza della Corte di Appello nella parte in cui, in violazione degli artt. 279, comma 2, n. 4, 420 comma 4, 324, 339 e 340 c.p.c. e 2909 c.c., avrebbe erroneamente ritenuto che il provvedimento emesso dal Presidente del Tribunale in data 13.06.2018 avesse natura di ordinanza ai sensi dell’art. 177 c.p.c. – come tale revocabile con la sentenza definitiva -mentre, in realtà, era da considerare sentenza parziale su questione preliminare all’esame delle domande di merito;
1.2. il secondo motivo denuncia la violazione degli art. 32, comma 1 e comma 1 bis della legge 183/2010, dell’art. 6 della legge 604/1966 e dell’art. 11 delle preleggi al codice civile, per essere stata considerata tardiva l’impugnazione stragiudiziale formulata dal ricorrente in data 23.02.2012, atteso che il differimento dell’entrata in vigore al 31.12.2011 disposto dall’art. 32, I comma, bis legge 183/2010 sarebbe applicabile alle nuove fattispecie di decadenza previste dall’art. 32 legge 183/2010 ma non all’impugnazione stragiudiziale dei licenziamenti nei rapporti interpositori;
1.3. il terzo motivo denuncia il vizio di nullità della sentenza laddove, in violazione dell’art. 112 c.p.c. con riferimento agli artt. 416, comma 3, c.p.c. e 2969 c.c., avrebbe erroneamente
ritenuto tempestiva l’eccezione di decadenza dall’impugnazione del recesso datoriale (art. 6 legge 604/1966) formulata dalla RAGIONE_SOCIALE oltre i termini delle preclusioni di cui all’art. 416 c.p.c. (e cioè all’udienza di primo grado del 10.4.2018);
1.4. il quarto motivo è volto a censurare la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro laddove, in violazione dell’art. 27 d.lgs. 276/2003 (applicabile ratione temporis ) e degli artt. 24 e 111 Costituzione, da un lato, ha erroneamente ritenuto che, nell’ambito del contestato rapporto interpositorio tra l’interponente RAGIONE_SOCIALE e l’interposta RAGIONE_SOCIALE, il COGNOME avrebbe dovuto impugnare il licenziamento com minato da quest’ultima nonostante non fosse oggetto del giudizio e, comunque, non necessitasse di alcuna impugnazione perché inesistente; dall’altro, non ha tenuto conto che tale interpretazione fosse in contrasto con il pacifico orientamento di Codesta Ecc.ma Corte esistente al momento dell’instaurazione del giudizio così costituendo un caso di overruling processuale per violazione dei diritti di difesa e azione del ricorrente;
1.5. il quinto mezzo lamenta che la Corte territoriale non ha tenuto conto che il termine decadenziale per l’impugnazione stragiudiziale del rapporto interpositorio oggetto del giudizio (art. 27 d.lgs. 276/2003) è stato introdotto per la prima volta dall’art. 32, IV comma, lett. d) legge 183/2010 e l’art. 32, I comma, bis della stessa legge ha differito la sua entrata in vigore al 31.12.2011 sicché, in violazione delle norme suddette, ha erroneamente ritenuto tardiva l’impugnazione del ricorrente in data 23.2.2012;
1.6. l’ultimo motivo impugna la sentenza laddove, in violazione degli art. 27 d.lgs. 276/2003, dell’art. 6 della legge 604/1966 e dell’art. 11 delle preleggi al codice civile, ha erroneamente ritenuto che, nell’ipotesi di rapporto
interpositorio, il licenziamento è intimato dall’interponente e deve essere impugnato nei confronti dell’interposto mentre, al contrario, ‘il licenziamento è stato comminato dall’interposta RAGIONE_SOCIALE e la contestazione è stata correttamente formulata nei confronti dell’interponente effettiva datrice di lavoro RAGIONE_SOCIALE;
possono essere esaminati prioritariamente, per il loro carattere assorbente e decisivo, il quarto motivo di ricorso, in connessione anche con il sesto, che risultano fondati nei sensi espressi dalla motivazione che segue;
questa Corte ha chiarito che l’impugnazione del licenziamento (intimato dal datore di lavoro formale) nei confronti del solo datore di lavoro formale non costituisce una preclusione ad agire in giudizio per l’accertamento della sussistenza di un’interposiz ione fittizia nei confronti del datore di lavoro effettivo, in quanto le vicende relative al rapporto di lavoro formalmente in essere non incidono sul rapporto di lavoro dissimulato intercorrente con diverso datore di lavoro (cfr. Cass. n. 32412 del 2023; v. pure Cass. n. 10694 del 2023); assai di recente si è ribadito che: ‘L’applicazione del regime decadenziale dettato dall’art. 32, comma 4, lett. d) della legge n. 183 del 2010 richiede necessariamente l’adozione di un atto scritto da parte dell’utilizzatore della prestazione lavorativa, non essendo imputabile all’utilizzatore stesso (ai fini del decorso dei termini decadenziali) l’atto di licenziamento intimato dal datore di lavoro formale’ (Cass. n. 6266 del 2024, cui si rinvia ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. per ogni ulteriore aspetto in ordine all’interpretazione dell’art. 32, comma 4, lett. d) della legge n. 183 del 2010); nel precedente richiamato si argomenta che, una volta ‘ritenuto che il regime decadenziale dettato dall’art. 32 della legge n. 183 del 2010 richieda un atto scritto per la decorrenza dei termini, l’atto di licenziamento intimato (in
forma scritta) dall’appaltatore/datore di lavoro formale costituisce elemento formale sufficiente per consentire l’avvio dei termini di decadenza nei soli confronti del soggetto che ha adottato l’atto, mentre nei confronti dell’appaltante/utilizzatore ness una decadenza potrà essere invocata (salvo l’ipotesi in cui lo stesso appaltante neghi, con atto scritto, la titolarità del rapporto, momento dal quale comincerà a decorrere il doppio termine di decadenza)’;
3. pertanto, devono essere accolti il quarto e il sesto motivo del ricorso per cassazione; tanto determina l’assorbimento di ogni altra censura, anche quella contenuta nel primo mezzo di gravame, in seguito all’accoglimento dei motivi che escludono il maturarsi della decadenza, il che rende irrilevante ogni questione prospettata con le altre censure; la sentenza impugnata va, quindi, cassata, con rinvio al giudice indicato in dispositivo che si uniformerà a quanto statuito, provvedendo anche alle spese del giudizio di legittimità;
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto e il sesto motivo di ricorso; dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 7 febbraio