Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 29347 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 29347 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso 7107-2023 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME , rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4337/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 13/01/2023 R.G.N. 2517/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2025 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto
Licenziamento
R.NUMERO_DOCUMENTO.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud 22/10/2025
CC
FATTI DI CAUSA
la Corte di Appello di Napoli, con la sentenza impugnata, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato inammissibile, per intervenuta decadenza, l’impugnativa del licenziamento intimato a NOME e NOME COGNOME il 23 gennaio 2020 dalla RAGIONE_SOCIALE
In sintesi, la Corte di Appello ha rilevato che, ai fini del rispetto del termine di 60 giorni previsto dall’art. 6 della legge n. 604 del 1966, non poteva essere considerata idonea la nota sottoscritta dal solo avvocato NOME COGNOME il 7.02.2020, in assenza di una pregressa procura al difensore sia di una successiva ratifica, pur avendo la Corte concesso termine per esibire il documento.
Nemmeno poteva essere idonea la seconda impugnativa, effettuata con missiva del 27.02.2020, poiché i documenti prodotti non erano idonei a stabilire la prova che il destinatario fosse venuto a conoscenza dell’impugnazione, non essendo provato che il plico fosse giunto a destinazione.
Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso le soccombenti con un unico motivo; ha resistito con controricorso l’intimata.
In prossimità dell’adunanza camerale, le parti hanno depositato memorie. Per impedimento dei relatori le cause sono state tolte dal ruolo l’11 dicembre 2024 e il 9 aprile 2025.
All’esito della camera di consiglio del 22 ottobre 2025, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il motivo di ricorso denuncia la ‘violazione degli artt. 112 e 116 c.p.c. con conseguente falsa applicazione dell’art. 6 l. n. 604/1966, in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3’; si critica la Corte territoriale per aver ritenuto la mancanza di impugnazione stragiudiziale del licenziamento.
Il ricorso è infondato alla stregua del precedente di questa Corte che si è già pronunciato su analoga impugnativa del medesimo difensore (v. Cass. n. 6936 del 2025, cui si rinvia anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. per ogni aspetto qui non esplicitamente affrontato).
Occorre ribadire il principio secondo cui: ‘L’impugnativa stragiudiziale ex art. 6, comma 1, della l. n. 604 del 1966, può efficacemente essere eseguita in nome e per conto del lavoratore dal suo difensore, previamente munito di apposita procura scritta, senza che lo stesso sia tenuto a comunicarla o documentarla al datore di lavoro nel termine di sessanta giorni, perché, ferma la necessaria anteriorità della procura, è sufficiente che il difensore manifesti di agire in nome e per conto del proprio assistito e dichiari di avere ricevuto apposito mandato; il datore di lavoro convenuto in giudizio può contestare l’idoneità dell’impugnativa stragiudiziale sottoscritta dal solo difensore, anche se in precedenza non si sia avvalso della facoltà a lui concessa dal l’art. 1393 c.c.’ (Cass. n. 9650 del 2021).
A tale principio si è attenuta la Corte territoriale che, in ordine alla prima lettera di impugnativa del licenziamento, ha accertato trattarsi di una nota sottoscritta dal solo avvocato COGNOME pervenuta alla società il 7 febbraio 2020; ha, inoltre, accertato che la società aveva contestato in giudizio l’esistenza sia di una valida e pregressa procura al difensore e sia di una successiva
ratifica e che nessuna prova era stata fornita dalle lavoratrici; ha quindi ritenuto che la nota fosse priva di qualsiasi efficacia probatoria al fine di impedire la decadenza di cui all’art. 6, della legge n. 604 del 1966.
Pertanto, il ricorso deve essere respinto, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte delle ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna le soccombenti al pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro 4.800,00, oltre euro 200 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 22 ottobre 2025.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME