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Impugnazione licenziamento avvocato: serve la procura?

La Corte di Cassazione conferma che l’impugnazione del licenziamento inviata dall’avvocato è inefficace se priva di una procura scritta anteriore. Nel caso esaminato, due lavoratrici avevano perso il diritto di contestare il licenziamento perché la lettera del loro legale era stata inviata senza che egli fosse stato precedentemente munito di mandato scritto, e la società datrice di lavoro ne aveva contestato la validità. La Corte ha ribadito che la ratifica successiva non sana il difetto, confermando la decadenza del diritto all’impugnazione.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Impugnazione del licenziamento: la lettera dell’avvocato è valida senza procura?

L’impugnazione del licenziamento è un passo cruciale per la tutela dei diritti del lavoratore, ma è soggetta a rigidi termini di decadenza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale riguardo all’impugnazione licenziamento avvocato: la necessità che il legale sia munito di una procura scritta, rilasciata dal lavoratore, prima dell’invio della lettera di contestazione. Analizziamo questa decisione per capire le sue implicazioni pratiche.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda due lavoratrici che avevano ricevuto una lettera di licenziamento da parte della loro società datrice di lavoro. Per contestare il provvedimento, si erano rivolte a un avvocato, il quale aveva inviato una nota di impugnazione alla società entro il termine di 60 giorni previsto dalla legge.

Tuttavia, la società aveva messo in dubbio la validità di tale atto, sostenendo che l’avvocato non avesse dimostrato di possedere una procura scritta da parte delle sue assistite. Nonostante il giudice avesse concesso un termine per produrre la procura, questa non è stata fornita. Anche un secondo tentativo di impugnazione, effettuato successivamente, è stato ritenuto inefficace perché non vi era prova della sua ricezione da parte del datore di lavoro.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dichiarato inammissibile il ricorso delle lavoratrici per intervenuta decadenza, ritenendo che nessuna delle due comunicazioni fosse idonea a interrompere il termine di 60 giorni.

L’impugnazione licenziamento avvocato e la decisione della Cassazione

Le lavoratrici hanno presentato ricorso in Cassazione, criticando la decisione dei giudici di merito. La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato il ricorso, confermando le sentenze precedenti e consolidando un importante principio giuridico.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito un principio già affermato in precedenti sentenze: l’impugnativa stragiudiziale del licenziamento, per essere efficace, può essere eseguita dall’avvocato in nome e per conto del lavoratore, ma solo a condizione che il legale sia stato previamente munito di apposita procura scritta.

Ecco i punti chiave del ragionamento dei giudici:

1. Anteriorità della Procura: La procura deve essere necessariamente anteriore all’invio della lettera di impugnazione. Non è sufficiente una ratifica successiva da parte del lavoratore. La ragione è che l’atto deve essere valido ed efficace nel momento in cui viene compiuto per poter interrompere il termine di decadenza.
2. Dichiarazione del Difensore: È sufficiente che l’avvocato, nella lettera, dichiari di agire in nome e per conto del proprio assistito e di aver ricevuto un mandato specifico. Non è tenuto ad allegare la procura alla comunicazione inviata al datore di lavoro.
3. Onere della Prova: Se il datore di lavoro contesta in giudizio l’esistenza del mandato (come avvenuto in questo caso), spetta al lavoratore dimostrare di aver conferito la procura scritta al proprio avvocato prima che quest’ultimo inviasse la contestazione. Nel caso di specie, le lavoratrici non sono riuscite a fornire tale prova.

Poiché la prima lettera era priva di efficacia per la mancanza di prova di una procura anteriore e la seconda non era provata come ricevuta, la Corte ha concluso che il diritto a impugnare il licenziamento era irrimediabilmente decaduto.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un monito importante sia per i lavoratori che per gli avvocati. Per evitare di incorrere in una decadenza che preclude qualsiasi tutela, è essenziale formalizzare correttamente il mandato. Il lavoratore che intende impugnare un licenziamento deve rilasciare immediatamente una procura scritta al proprio legale. A sua volta, l’avvocato deve assicurarsi di averla ricevuta prima di inviare qualsiasi comunicazione formale al datore di lavoro. La semplice dichiarazione di agire su mandato, sebbene sufficiente in un primo momento, può non bastare se contestata in giudizio, rendendo cruciale la prova documentale dell’anteriorità del conferimento del potere rappresentativo.

Un avvocato può impugnare un licenziamento per conto di un lavoratore senza una procura scritta?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’avvocato deve essere munito di una procura scritta rilasciata dal lavoratore prima di inviare la lettera di impugnazione. L’atto compiuto senza questo presupposto è inefficace per interrompere il termine di decadenza.

Cosa succede se il datore di lavoro contesta la validità della lettera di impugnazione inviata dall’avvocato?
Se il datore di lavoro contesta in giudizio la mancanza di una procura, l’onere di dimostrare l’esistenza di una procura scritta, e la sua data anteriore all’impugnazione, ricade sul lavoratore. Se questa prova non viene fornita, l’impugnazione è considerata invalida.

È possibile sanare la mancanza di una procura iniziale con una ratifica successiva da parte del lavoratore?
No. Secondo la sentenza, una ratifica successiva non è sufficiente a sanare il difetto originario. La procura deve necessariamente esistere prima che l’atto di impugnazione venga compiuto, altrimenti l’atto è privo di efficacia ai fini dell’interruzione del termine di decadenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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