Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26837 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26837 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15045/2021 R.G. proposto da :
COGNOME avv. PASQUALE, rappresentato e difeso da sé medesimo e dall’ AVV_NOTAIO COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO DI INDIRIZZO in CASORIA, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME;
-controricorrente-
ONORATO NOME, COGNOME NOME, DELLA ROCCA MIRELLA;
-intimati-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 1428/2021, depositata il 19/04/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4/04/2025 dal
Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
Nel 2006 il RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO in Casoria convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Napoli, NOME COGNOME, chiedendo di condannarlo al risarcimento dei danni arrecati dall’esecuzione di un’opera abusiva, così come accertato nel procedimento per danno temuto, concluso con ordine di sospensione dei lavori. L’attore lamentò che le opere illegittimamente poste in essere dal convenuto avevano determinato infiltrazioni all’interno dell’appartamento d ella condomina NOME COGNOME. Il convenuto NOME COGNOME, si oppose alla domanda, deducendo la regolarità amministrativa del proprio immobile. Con comparsa di intervento volontario si costituirono NOME COGNOME, che domandò il risarcimento del danno patito dall’immobile di sua proprietà posto al primo piano, nonché gli avvocati NOME e NOME COGNOME (quest’ultima poi rinunciò all’azione), che domandarono il risarcimento del danno subito in conseguenza della forzata sospensione dell’attività professionale esercitata nell’appartamento di proprietà di NOME COGNOME.
Con la sentenza n. 13832/2014 il Tribunale di Napoli condannò COGNOME al pagamento delle spese necessarie per il ripristino nonché, in solido col RAGIONE_SOCIALE, a risarcire i danni patiti dalla COGNOME (euro 2.561,81) e dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME a titolo di perdita per forzata sospensione dell’attività professionale (euro 50.000,00).
La sentenza è stata appellata da COGNOME. Si è costituito il RAGIONE_SOCIALE, contestando la condanna solidale al risarcimento dei danni subiti dall’appartamento di COGNOME e deducendo la nullità
della costituzione in giudizio degli interventori, in conflitto di interessi in relazione alla propria domanda perché in contrasto con l’incarico professionale di assistenza giudiziale avuto dal RAGIONE_SOCIALE. Si sono costituiti COGNOME e il COGNOME, che hanno chiesto la condanna di COGNOME ai sensi dell’art. 96 c.p.c.
Con la sentenza n. 1428/2021 la Corte d’appello di Napoli ha parzialmente accolto l’appello principale di NOME e quello incidentale del RAGIONE_SOCIALE rigettando le domande dell’AVV_NOTAIO COGNOME .
La Corte d’appello ha ritenuto carente la prova relativa al pregiudizio economico da perdita per forzata sospensione dell’attività professionale dell’AVV_NOTAIO COGNOME e dell’ulteriore danno non patrimoniale sulla base delle seguenti argomentazioni: non è stata provata l’esistenza di un contratto di locazione tra COGNOME e l’AVV_NOTAIO COGNOME , nè vi è coincidenza della sede dello studio RAGIONE_SOCIALE con i locali danneggiati di proprietà dell’appellata; non è stato provato che presso l’immobile COGNOME si esercitasse attività professionale, né risultano prodotte certificazioni fiscali relative ai redditi delle precedenti annualità tali da comprovare un’eventuale riduzione di fatturato ovvero di sviamento della clientela per il mancato utilizzo dell’appartamento.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione l’AVV_NOTAIO COGNOME.
Resiste con controricorso il RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO in Casoria.
Gli intimati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME non hanno svolto difese.
Memorie sono state depositate dal ricorrente e dal controricorrente.
CONSIDERATO CHE
1 Il ricorso è articolato in quattordici motivi.
In tutti e quattordici i motivi è censurata la sentenza impugnata per violazione di norme costituzionali, per difetto assoluto di
motivazione e manifesta illogicità, nonché per violazione o falsa applicazione di varie disposizioni di legge. Va considerato che le violazioni delle norme costituzionali e il vizio di mancanza e illogicità di motivazione non sono sviluppati nei motivi di ricorso, così come la gran parte delle disposizioni ordinarie.
Il primo motivo denunzia ‘violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5, commi 1bis e 2, del d. lgs. 28/2010 in relazione agli artt. 112, 338 c.p.c., 3, 24 e 111 Cost., error in iudicando per difetto assoluto di motivazione e manifesta illogicità ai sensi dell’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.’: il ricorrente rileva di avere proposto eccezione di improcedibilità dell’appello principale di NOME per mancato esperimento della mediazione obbligatoria, con la conseguenza che l’appello era improcedibile e la sentenza di primo grado è passata in giudicato.
Il motivo è infondato per una pluralità di ragioni.
La mediazione obbligatoria è stata introdotta dal legislatore con il d.lgs. 28/2010 e il processo in esame è iniziato nel 2006. In ogni caso, volendo il ricorrente sostenere l’obbligatorietà della mediazione in relazione al giudizio d’appello, va precisato che la mediazione può essere disposta a pena di improcedibilità della domanda in secondo grado solo su iniziativa del giudice, che non è di sicuro vincolato a disporla e che non l’ha fatto nel caso in esame.
2 . Il secondo motivo denunzia ‘violazione o falsa applicazione dell’art. 18 della legge professionale forense 247/2012, nonché della legge 339/2003 e del Regio d.l. 1578/1933 in relazione agli artt. 112 c.p.c., 3, 24 e 111 Cost., error in iudicando per difetto assoluto di motivazione e manifesta illogicità ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.’: si sostiene che il difensore dell’appellante principale NOME ha svolto attività remunerata quale consigliere comunale e poi come presidente del consiglio comunale del Comune di Afragola, funzione incompatibile con l’attività di AVV_NOTAIO. Tale circostanza, che il difensore non ha comunicato alla
Corte d’appello, lo privava di ius postulandi , con la conseguente decadenza di COGNOME dall’appello principale e la conseguente decadenza del RAGIONE_SOCIALE dall’appello incidentale.
Il motivo è infondato.
A prescindere dal fatto che la legge richiamata prevede l’incompatibilità tra l’attività di AVV_NOTAIO e la qualifica di pubblico dipendente, in ogni caso il ricorrente non deduce la mancata iscrizione o cancellazione dall’albo del difensore di NOME, ma si limita a sostenere che tale cancellazione avrebbe dovuto essere disposta dal C onsiglio dell’ordine, cosicché non può sostenersi che NOME non fosse difeso nel giudizio d’appello e non potesse quindi proporre il gravame.
3 . Il terzo motivo allega ‘violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1988 c.c. in relazione agli artt. 112 c.p.c., 2697 c.c., 3, 24 e 111 Cost., error in procedendo ed error in iudicando per difetto assoluto di motivazione e manifesta illogicità ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.’: si rileva che in sede di assemblea condominiale fu offerta al ricorrente la somma di euro 36.400, offerta equivalente a riconoscimento del debito, il che rende tamquam non esset i rilievi della Corte d’appello sul capo a) del dispositivo della pronuncia di primo grado.
Anche tale motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.
A prescindere dal fatto che il ricorrente non specifica se e quando avrebbe fatto valere il rilievo davanti al giudice d’appello, in ogni caso va osservato che il RAGIONE_SOCIALE offrì all’AVV_NOTAIO COGNOME la somma di euro 36.400,00 a fronte della condanna subita in primo grado a pagare euro 50.000,00 proposta che, in difetto di specificità (v. art. 366 n. 6 cpc) il ricorrente peraltro non trascrive nel motivo e dalla quale non è pertanto neppure possibile valutare l’efficacia di riconoscimento di debito.
4 . Il quarto e il sesto motivo sono tra loro strettamente correlati:
A) il quarto motivo lamenta ‘violazione e/o falsa applicazione degli artt. 324, 334, 3k43 c.p.c., 2909 c.c., in relazione agli artt. 112 c.p.c., 3, 24 e 111 Cost., error in procedendo ed error in iudicando per difetto assoluto di motivazione e manifesta illogicità ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.’, sottolineando che l’appello incidentale del RAGIONE_SOCIALE era inammissibile e/o improcedibile perché proposto tardivamente dopo il decorso del termine perentorio breve;
B) il sesto motivo lamenta ‘violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1171, 1172 c.c., 669sexies , 325, 327, 332, 388 c.p.c., in relazione agli artt. 103, 112, 669terdecies c.p.c., 3, 24 e 111 Cost., error in procedendo ed error in iudicando per difetto assoluto di motivazione e manifesta illogicità ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.’, in quanto l’impugnazione incidentale tardiva non sarebbe ammissibile, come ha invece ritenuto la Corte d’appello, tutte le volte che l’interesse a impugnare sia innescato dalla censura principale, ma si tratti di scindibilità della causa.
Questi due motivi sono infondati.
Secondo l’orientamento delle sezioni unite di questa Corte (si veda Cass., sez. un., n. 8486/2024), l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, ove l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto d’interessi derivante dalla sentenza cui la parte non impugnante aveva prestato acquiescenza. Al riguardo si veda, in particolare, la pronuncia delle sezioni unite n. 24627/2007, che venne emessa con riferimento a una causa avente ad oggetto un caso in cui, rimasti soccombenti due coobbligati solidali, solo uno di essi impugnò tempestivamente la sentenza, mentre l’altro l’impugnò tardivamente in via incidentale; chiamate a stabilire se l’impugnazione incidentale tardiva fosse in questo caso ammissibile, le sezioni unite dettero a tale quesito risposta affermativa, facendo leva sul concetto di “interesse”
all’impugnazione e sulla necessità di soddisfare l’esigenza della tutela dell’ ‘assetto comune’ dell’interesse delle parti e della conservazione dell’unitarietà del rapporto sostanziale già dedotto in giudizio in primo grado, con la conseguenza che l’impugnazione incidentale tardiva è ammissibile anche se riguarda un capo della decisione diverso da quello oggetto del gravame principale, o se investe lo stesso capo per motivi diversi da quelli già fatti valere, atteso che l’interesse ad impugnare sorge, anche nelle cause scindibili, dall’eventualità che l’accoglimento dell’impugnazione principale modifichi l’assetto giuridico originariamente accettato dal coobbligato solidale, dovendosi intendere la lettera dell’art. 334, comma 1, c.p.c., laddove parla di ‘parti contro le quali è stata proposta l’impugnazione’, come rivolta ad ogni parte che ne potrebbe subire effetti pregiudizievoli (v. Cass. n. 25285/2020).
5 . Il quinto motivo denuncia ‘violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1171, 1172 c.c., 669sexies , 688 c.p.c., 2694, 2697, 2966, 2969 c.c., in relazione agli artt. 112, 167, 669-terdecies c.p.c., 3, 24 e 111 Cost., error in procedendo ed error in iudicando per difetto assoluto di motivazione e manifesta illogicità ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.’: il processo è nato con il ricorso di denuncia di nuova opera e danno temuto proposto dal RAGIONE_SOCIALE e in tale procedimento l’ COGNOME è rimasto contumace, il che ha comportato la sua decadenza dal proporre eccezioni in senso stretto anche nella successiva fase di merito; COGNOME ha accettato l’intervenuta demolizione e il provvedimento emesso dal giudice del cautelare ed è l’autore incontestato dell’abuso e dei danni arrecati allo studio RAGIONE_SOCIALE di COGNOMERAGIONE_SOCIALE; la Corte d’appello ha quindi consentito a due appellanti, principale e incidentale, di partecipare a un giudizio per entrambi precluso.
Il motivo è inammissibile.
A prescindere dal fatto che il ricorrente non specifica quando avrebbe proposto la censura al giudice di primo grado e al giudice d’appello, in ogni caso la mancata partecipazione alla fase sommaria cautelare non preclude affatto la possibilità di difendersi nel giudizio di merito a cognizione piena di primo e di secondo grado. L’errore di diritto è quindi del ricorrente, ma non della Corte di merito.
6 Del sesto motivo già si è detto (v. sopra).
7 . Il settimo motivo contesta ‘violazione e/o falsa applicazione degli artt. 325 c.p.c., 2714, 2715 e 2716 c.c., in relazione agli artt. 112 c.p.c., 3, 24 e 111 Cost., error in procedendo ed error in iudicando per difetto assoluto di motivazione e manifesta illogicità ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.’: la Corte d’appello ha affermato la mancata presenza agli atti del fascicolo della copia originale della sentenza asseritamente notificata al RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, quando invece agli allegati del fascicolo telematico è depositata la sentenza notificata all’ex RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME; va precisato che l’originale di tale sentenza doveva essere trattenuto dal ricorrente per potere agire in via esecutiva e in ogni caso la Corte di merito ha erroneamente dichiarato l’assenza dell’originale, omettendo di considerarne l’equivalenza all’originale.
Il motivo è inammissibile.
L a Corte d’appello ha rilevato la mancanza della copia originale della sentenza solo ad abundantiam , avendo invece basato la propria decisione, come si è visto supra , sull’orientamento della Corte di legittimità in materia di impugnazione incidentale tardiva.
8 . L’ottavo motivo lamenta , a sua volta, ‘violazione e/o falsa applicazione degli artt. 184, 191 e ss., 356 c.p.c., 1218, 1223, 1226, 1366, 1375, 2697 c.c., in relazione agli artt. 112 c.p.c., 3, 24 e 111 Cost., error in procedendo ed error in iudicando per difetto assoluto di motivazione e manifesta illogicità ai sensi dei nn.
3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.’: il ricorrente, sia in primo grado che in appello, aveva chiesto l’assunzione di due prove testimoniali che non sono state disposte dai giudici, ove i testimoni avrebbero deposto sulla circostanza ‘se è vero che tale appartamento è adibito a studio RAGIONE_SOCIALE dal 1986′, e aveva anche chiesto di nominare un consulente tecnico d’ufficio che procedesse alla quantificazione dei danni.
Il motivo è privo di fondamento.
Il ricorrente riferisce infatti la richiesta di assunzione delle due prove testimoniali e della consulenza tecnica d’ufficio in relazione alla richiesta di prova dei danni subiti. Tale prova non poteva certo essere dedotta dal capitolo di prova testimoniale avente ad oggetto lo svolgimento dell’attività di studio RAGIONE_SOCIALE, prova testimoniale in relazione alla quale il ricorrente, con difetto di specificità, peraltro non espone neppure le ragioni per le quali non è stata disposta. Quanto alla consulenza tecnica d’ufficio va ricordato che il suo espletamento rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e che comunque la Corte d’appello ha affermato che il ricorrente non aveva prodotto in sede istruttoria alcun elemento idoneo a confermare la sussistenza dei pregiudizi lamentati, cosicché l’espletamento della consulenza tecnica avrebbe avuto una funzione meramente esplorativa.
9 . Il nono motivo contesta ‘violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1366, 1375, 1803 e ss., 2697 c.c., 184, 25 ex d.l. 35/2005, 345 e 356 c.p.c., art. 7 legge professionale 247/2012, in relazione agli artt. 112 c.p.c., 3, 24 e 111 Cost., error in procedendo ed error in iudicando per difetto assoluto di motivazione e manifesta illogicità ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.’: la Corte d’appello -sostiene il ricorrente non si è accorta dell’avvenuto deposito dei dati fiscali dimostrativi del danno all’attività RAGIONE_SOCIALE, depositati in sede di gravame alla luce dell’art. 345 c.p.c. che ne consentiva il deposito, dell’esistenza di un contratto trasformato in
comodato ad uso gratuito, del fatto che il ricorrente non ha mai difeso il RAGIONE_SOCIALE; non ha poi pronunciato in relazione all’assenza di ius postulandi del difensore dell’appellante principale, che comunque ha proposto un appello inammissibile.
Il motivo è infondato, in quanto prevalentemente si sostanzia in una reiterazione di censure proposte con i precedenti motivi. In relazione alla censura relativa alla mancata considerazione della documentazione fiscale, che sarebbe stata prodotta in appello, va ricordato che i documenti nuovi possono essere proposti in appello soltanto quando la parte non li abbia potuti produrre in primo grado per causa ad essa non imputabile, avendo il legislatore nel 2012 (con l’art. 54 del d.l. 83/2012, convertito con modificazioni nella legge 134/2012) eliminato la possibilità di produrre i documenti indispensabili ai fini della decisione della causa, modifica applicabile al caso in esame, perché la sentenza di primo grado è stata pubblicata dopo l’11.9.2012 ( sulla disciplina intertemporale cfr. Sez. 2 – , Ordinanza n. 21606 del 28/07/2021).
10 . Il decimo motivo denuncia ‘violazione e/o falsa applicazione degli artt. 184, 356 c.p.c., 1226, 2697 c.c., in relazione agli artt. 112 e 288 c.p.c., 3, 24 e 111 Cost., error in procedendo per difetto assoluto di motivazione e manifesta illogicità ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.’: il ricorrente afferma di non avere mai assistito il RAGIONE_SOCIALE in procedimenti civili o procedimenti penali, ad eccezione di un processo penale terminato con sentenza che favorì il RAGIONE_SOCIALE.
Il motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi della pronuncia impugnata (cfr. sull’esito di siffatte censure, v. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19989 del 10/08/2017) : la Corte d’appello ha infatti precisato che, se anche il ricorrente avesse assistito il RAGIONE_SOCIALE in altri procedimenti di natura civile e penale, la questione avrebbe natura meramente deontologica e ‘non valutabile in questa sede’.
11 . L’undicesimo motivo lamenta ‘violazione e/o falsa applicazione degli artt. 61 e ss., 183, comma 7, 191 e ss. c.p.c., 2697 c.c. in relazione agli artt. 112 c.p.c., 3, 24 e 111 Cost., error in procedendo per difetto assoluto di motivazione e manifesta illogicità ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.’: la Corte d’appello non ha tenuto conto dell’importante evento amianto verificatosi a seguito della polverizzazione dello stesso nello studio RAGIONE_SOCIALE del ricorrente.
Il motivo è inammissibile perché ancora una volta non coglie la ratio della sentenza impugnata, avendo la Corte d’appello escluso che nell’immobile di proprietà di COGNOME il ricorrente svolgesse attività di studio RAGIONE_SOCIALE.
12 . Il dodicesimo motivo lamenta ‘violazione e/o falsa applicazione dell’art. 436 c.p.c., in relazione agli artt. 112 c.p.c., 3, 24 e 111 Cost., error in procedendo per difetto assoluto di motivazione e manifesta illogicità ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.’: non è vero che l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME è rimasta contumace nel giudizio d’appello.
Il motivo è inammissibile per difetto di interesse, non avendo il ricorrente indicato nessuna ragione che lo abilitasse a fare valere vizi della sentenza che concernono una diversa parte.
13 . Il tredicesimo motivo denuncia ‘violazione e/o falsa applicazione degli artt. 141, 170 c.p.c., in relazione agli artt. 112 c.p.c., 3, 24 e 111 Cost., error in procedendo per difetto assoluto di motivazione e manifesta illogicità ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.’: l’appellante principale ha notificato l’atto di appello al RAGIONE_SOCIALE come domiciliato presso lo studio del ricorrente, quando invece il ricorrente non aveva mai ricevuto alcun mandato dal RAGIONE_SOCIALE. Ad avviso del ricorrente, la notificazione dell’atto d’appello al RAGIONE_SOCIALE sarebbe inesistente in quanto effettuata ad un difensore del tutto estraneo.
Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente non considera che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la notificazione è inesistente solo nel caso di totale mancanza materiale dell’atto ovvero quando venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello RAGIONE_SOCIALE nella categoria della nullità (cfr. per tutte Cass., sez. un., n. 14916/2016). L’eventuale vizio della notificazione è pertanto stato sanato dalla regolare costituzione del RAGIONE_SOCIALE nel giudizio.
14. Il quattordicesimo ed ultimo motivo lamenta ‘violazione e/o falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., in relazione agli artt. 112 c.p.c., 3, 24 e 111 Cost., error in procedendo per difetto assoluto di motivazione e manifesta illogicità ai sensi dei nn. 3 e 5 dell’art. 360 c.p.c.’: la Corte appello non ha tenuto conto che i due appelli, posti alla base della decisione, erano inammissibili, così come evidenziato nei tredici motivi di ricorso.
Il motivo è inammissibile.
A prescindere dall’incomprensibile riferimento all’art. 92 c.p.c., non contestando l’esposizione del motivo nulla in relazione alle spese di lite (a cui si riferisce la citata disposizione), il motivo si limita a dire che sulla base dei motivi precedenti il ricorso principale e il ricorso incidentale erano inammissibili, senza svolgere una puntuale critica alla sentenza.
In conclusione, il ricorso va respinto.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del controricorrente, che liquida in euro 4.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 4 aprile 2025.
Il Presidente NOME COGNOME