Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22497 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22497 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20840-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
Oggetto
Impugnazione estratto del ruolo
R.G.N.20840/2021
COGNOME
Rep.
Ud 29/05/2025
CC
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 28/2021 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 27/01/2021 R.G.N. 418/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
29/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza n. 28/2021 della Corte d’appello di Milano che, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha respinto integralmente l’opposizione spiegata dalla società avverso un estratto di ruolo avente ad oggetto quattro avvisi di addebito di cui aveva lamentato l’omes sa notifica.
Il Tribunale aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso quanto a tre avvisi, ravvisando il difetto di interesse ad agire, attesa l’avvenuta notifica degli stessi, ed aveva accolto le doglianze in relazione al quarto avviso, di cui INPS non aveva provato la notifica. La Corte ha accolto il gravame dell’Istituto ed ha respinto l’appello incidentale della società, considerando dimostrata sin dal primo grado la notifica degli avvisi.
La società propone sette motivi di ricorso, illustrati da memoria. Resiste INPS con controricorso, in cui preliminarmente eccepisce l’inammissibilità del ricorso che non ha censurato il capo di sentenza ove la Corte afferma che ‘in difetto di alcuna censura con riguardo alle pretese contributive azionate mediante detti avvisi di addebito, detta azione giudiziaria non potesse ritenersi ammissibile mancando la finalità recuperatoria dei motivi di opposizione necessaria a rendere rilevanti le
contestazioni svolte in ordine alla notifica degli stessi’: la Corte ha ritenuto insussistente l’interesse ad agire e le censure non attingono questo capo di sentenza.
Resiste Agenzia delle Entrate -Riscossione con controricorso. Chiamata la causa all’adunanza camerale del 29 maggio 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
RAGIONE_SOCIALE censura la sentenza sulla base di sette motivi, così rubricati.
‘1) Violazione dell’art. 1 e art. 6 comma 1, nonché art. 6 -bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 – Erronea valutazione della notifica degli atti via pec- Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 bis L. 53/94 – Difetto di motivazione -Omessa pronuncia.
Violazione dell’art 345 c.p.c. Violazione dell’art 437 secondo comma c.p.c. – Contraddittorietà della motivazione.
Violazione dell’art 416 c.p.c. -Decadenza dell’INPS alla produzione di nuove prove -Difetto di pronuncia.
Difetto di ius postulandi avvocato libero foro- Violazione ART. 1, comma 8, D.L. 22 ottobre 2016 n. 193- Motivazione erronea.
Illegittimità dell’aggio di riscossione Violazione dell’art 107 del T.F.U.E. e articolo 17 DLGS 112/1999.
Calcolo Interessi – Difetto di Motivazione.
Difetto di Motivazione’.
Il ricorso è inammissibile.
La sentenza afferma espressamente essere insussistente l’interesse ad agire trattandosi di ricorso avverso estratto di
ruolo -sul presupposto della rituale notifica degli avvisi di addebito: questa parte motivazionale non è stata censurata ed è corretta, con conseguente difetto di interesse della ricorrente a coltivare il presente giudizio.
Sulla questione concernente la possibilità per il contribuente, che assuma di non aver ricevuto rituale notificazione di atti di riscossione, e che ne scopra l’esistenza, di impugnarli immediatamente, anche insieme con l’estratto di ruolo è intervenuto il legislatore con l’art. 3-bis del d.l. n. 146/2021, inserito in sede di conversione dalla legge n. 215/2021, che ha novellato l’art. 12 del d.P.R. n. 602/1973, intitolato “Formazione e contenuto dei ruoli”, aggiungendo a detto articolo un comma 4- bis, in forza del quale, di regola, «l’estratto di ruolo non è impugnabile» con l’unica eccezione, indicata nella seconda parte della norma, per cui «il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell’articolo 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’articolo 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione».
Quanto all’applicabilità della norma ai procedimenti in corso, deve essere data continuità ai principi di diritto espressi da questa Corte con orientamento ormai consolidato, come ricordato, da ultimo, ex plurimis , da Cass. n. 3511/2024 che,
concludendo l’inammissibilità del ricorso sul presupposto del difetto di interesse ad agire del ricorrente, ha osservato: «si tratta di opposizione ad un estratto di ruolo dalla cui presa visione il ricorrente venne a conoscenza degli avvisi di addebito. L ‘art. 12, co.4 bis, d.P.R. n.602/73 (introdotto dall’art. 3 bis d.l. n. 146/21, come convertito dalla l. n. 215/21) stabilisce che l’estratto di ruolo è suscettibile di diretta impugnazione insieme alla cartella esattoriale -cui è equiparato l’avviso di a ddebito (art.30, co.14 d.l. n.78/10, conv. con mod. dalla l. n.122/10) -‘nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto, per effetto di quanto previsto nell’articolo 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all’articolo 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica ammini strazione’. Questa Corte, con sentenza a sezioni unite (Cass., S.U., n.26283/22), ha affermato che: a) la norma si applica anche ai debiti previdenziali (sul punto v. poi Cass.7348/23); b) al di fuori delle tre ipotesi menzionate dalla norma, l’opposizione all’estratt o di ruolo è inammissibile per difetto di interesse; c) trattandosi di condizione dell’azione, la verifica della sussistenza dell’interesse va compiuta al tempo della sentenza sicché, a quel momento, il giudice deve tener conto della sopravvenienza rappresentata dal citato art.12, co.4 bis. La Corte costituzionale, con la sentenza n.190/23 ha riconosciuto la legittimità costituzionale della norma, avendo il legislatore discrezionalità
nell’individuare i casi di tutela giurisdizionale ‘anticipata’ ritenuti meritevoli, pur auspicando un intervento del legislatore stesso volto a rimediare alla grave vulnerabilità e inefficienza che ancora affligge il sistema italiano della riscossione, anche riguardo al profilo delle notificazioni».
Ne deriva che, dovendosi fare applicazione al caso di specie dell’art.12, comma 4 bis, del d.P.R. n.602/1973, aggiunto dall’art. 3-bis del d.l. n. 146/2021, inserito in sede di conversione dalla legge n. 215/2021, e non essendo allegata alcuna delle tre ipotesi ivi previste di impugnazione diretta dell’estratto di ruolo, mancava ab origine l’interesse ad un’opposizione volta unicamente e direttamente contro detto estratto.
La decisione impugnata è, quindi, sul punto corretta.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna al pagamento delle spese secondo soccombenza, come liquidate in dispositivo.
Attesa la declaratoria di inammissibilità del ricorso, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida, in favore di ciascuna delle parti, in € 6000,00 per compensi oltre a d € 200,00 per esborsi, spese generali al 15% ed accessori di legge per INPS ed alle spese prenotate a debito per ADER.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, attesa la declaratoria di inammissibilità del ricorso, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 29 maggio