Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10906 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10906 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12647-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso
Oggetto
ESTRATTI DI RUOLO OPPOSIZIONE
R.G.N.12647/2022
Ud.14/03/2025 CC
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 4075/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 17/11/2021 R.G.N. 896/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
Con ricorso depositato in data 7/09/2018 la RAGIONE_SOCIALE adiva il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, e proponeva opposizione avverso estratti di ruolo relativi a una serie di cartelle di pagamento emesse dall’INPS per Modello DM 10 comprensive di interessi e somme aggiuntive. Deduceva la società che le cartelle di pagamento non erano mai state notificate e l’intervenuta prescrizione dei crediti recati dalle cartelle. L’Agenzia delle Entrate Riscossione e l’INPS si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione. Con la sentenza n. 117/2020, emessa in data 8/01/2020, il Tribunale di Roma, sezione lavoro, rigettava la domanda e condannava la società ricorrente alle spese di lite.
RAGIONE_SOCIALE impugnava la sentenza. L’Agenzia delle Entrate Riscossione e l’INPS si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello. Con la sentenza n. 4075/2021 depositata il 17/11/2021, la Corte di Appello di Roma, sezione lavoro, rigettava il gravame e condannava la società appellante alle spese.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE spiegando quattro motivi di ricorso.
L’Agenzia delle Entrate – Riscossione si è costituita con controricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione. L’INPS si è limitata al deposito della procura.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 14/03/2025.
Considerato che :
Con il primo motivo di ricorso la difesa della RAGIONE_SOCIALE deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. lamentando l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice dell’appello ha ritenuto la carenza di interesse ad agire della ricorrente.
Con il secondo motivo di ricorso si deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione dell’art. 416 c.p.c. e dell’art. 421 c.p.c. lamentando l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il giudi ce dell’appello ha ritenuto utilizzabile la documentazione prodotta dal concessionario esclusivamente nel giudizio di appello.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione dell’art. 145 c.p.c. lamentando l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice dell’appello ha ritenuto corretta la notifica della cartella di pagamento inviata ad un indirizzo errato.
Con il quarto motivo di ricorso si deduce ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione dell’art. 3, commi 9 e 10, legge 08/08/1995, n. 335 e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in particolare la prescrizione del credito.
Come rilevato, con il primo motivo di ricorso si denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 100 c.p.c. lamentando l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice del l’appello ha ritenuto la carenza di interesse ad agire della ricorrente.
5.1. La Corte territoriale ha rilevato che risultavano validamente notificate le cartelle recanti il credito contestato e che, per questa via, non sussisteva l’interesse della società ricorrente ad impugnare gli estratti di ruolo, come avvenuto all’origine del presente giudizio.
5.2. Il motivo di ricorso è infondato. Quanto all’inammissibilità dell’impugnazione dell’estratto di ruolo, in via più radicale di quanto affermato dalla Corte di Appello, assume rilievo l’art. 12, comma 4 -bis, del d.P.R. 29/09/1973, n. 602 come introdotto dall’art. 3 -bis, del d.l. 21/10/2021, n. 146 convertito dalla legge 17/12/2021: detta disposizione esclude l’autonoma impugnabilità dell’estratto di ruolo al di fuori di specifiche e tassative ipotesi che nella fattispecie non ricorrono in quanto non allegate né dimostrate dal ricorrente.
5.3. La pronuncia delle Sezioni Unite della Corte, 6/09/2022, n. 26283 ha affermato il principio secondo il quale in tema di riscossione coattiva delle entrate pubbliche (anche extratributarie) mediante ruolo, l’art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto dall’art. 3 bis del d.l. n. 146 del 2021, come convertito dalla l. n. 215 del 2021) trova applicazione nei processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l’interesse alla tutela immediata rispetto al ruolo e alla cartella non notificata o invalidamente notificata; sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della predetta norma, in riferimento agli artt. 3,
24, 101, 104, 113 e 117 Cost., quest’ultimo con riguardo all’art. 6 della CEDU e all’art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione.
5.4. Assume, altresì, rilievo la sentenza della Corte costituzionale n. 190/2023 che ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale della medesima disposizione sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, 77, 111, 113 e 117 della Costituzione.
5.5. La Corte non ravvisa ragioni per discostarsi da questi principi che costituiscono diritto vivente, che vanno confermati in questa sede tanto da risultare assorbenti rispetto ad ogni altra questione e anche rispetto agli altri spiegati motivi di ricorso che non possono essere fatti valere ravvisandosi l’inammissibilità , in radice, della impugnazione.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità vanno compensate in ragione del rilievo dello ius superveniens .
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri motivi; compensa le spese del giudizio di legittimità; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta