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Impugnazione esclusione socio: la via stragiudiziale

Un socio lavoratore impugna la sua esclusione da una cooperativa oltre il termine di 60 giorni, sostenendo la validità di una comunicazione stragiudiziale prevista dallo statuto. La Cassazione chiarisce che tale atto non è sufficiente a impedire la decadenza. L’impugnazione esclusione socio richiede un’opposizione formale in tribunale, a meno che non venga effettivamente avviato il procedimento interno previsto dallo statuto, che può sospendere i termini. La sentenza sottolinea la differenza tra manifestare l’intenzione di opporsi e avviare concretamente la procedura di tutela.

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Pubblicato il 26 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Diritto Societario, Giurisprudenza Civile

Impugnazione esclusione socio: la via stragiudiziale non basta

L’esclusione da una società cooperativa è un evento che incide profondamente sulla vita professionale e associativa del socio lavoratore. La legge prevede termini precisi per contestare tale provvedimento, ma cosa succede se lo statuto della cooperativa stessa introduce una procedura di reclamo interna? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27727/2024, offre un chiarimento fondamentale sul tema della impugnazione esclusione socio, stabilendo che la semplice comunicazione stragiudiziale non è sufficiente a impedire la decadenza dal diritto di agire in giudizio.

I fatti del caso: Esclusione e licenziamento

Un operatore socio-sanitario veniva escluso da una cooperativa sociale con delibera del Consiglio di Amministrazione, con conseguente licenziamento. Il socio riceveva la comunicazione ma impugnava il provvedimento in tribunale solo diversi mesi dopo, ben oltre il termine di 60 giorni previsto dalla legge. Di fronte all’eccezione di decadenza sollevata dalla cooperativa, il lavoratore si difendeva sostenendo di aver inviato un telegramma di contestazione il giorno stesso della ricezione della comunicazione. A suo avviso, questo atto stragiudiziale era sufficiente a interrompere i termini, anche in virtù di una specifica clausola dello statuto societario che prevedeva la possibilità di un’impugnazione interna tramite raccomandata.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello, pur riconoscendo l’illegittimità del licenziamento sotto altri profili, confermavano l’avvenuta decadenza del diritto di impugnare la delibera di esclusione, ritenendo tardiva l’azione giudiziaria.

La questione giuridica e l’impugnazione dell’esclusione socio

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 2533, comma 3, del Codice Civile, che impone al socio escluso di proporre opposizione al tribunale nel termine di 60 giorni dalla comunicazione della delibera. Il ricorrente sosteneva che la clausola statutaria, la quale prevedeva una modalità di impugnazione stragiudiziale, potesse derogare alla norma di legge ai sensi dell’art. 2966 c.c., rendendo così tempestiva la sua contestazione.

La Corte di Cassazione è stata chiamata a decidere se un’impugnativa stragiudiziale, prevista da uno statuto, possa sostituirsi all’opposizione giudiziale come atto idoneo a impedire la decadenza.

Il ruolo del procedimento interno

La Corte ha chiarito che, sebbene l’art. 2533 c.c. sia una norma dispositiva e quindi derogabile, la possibilità di deroga va intesa correttamente. Una clausola statutaria che prevede un rimedio interno (come un collegio di probiviri o un arbitrato) non crea un’alternativa all’opposizione in tribunale, ma introduce una fase preliminare. L’impugnazione stragiudiziale prevista dallo statuto ha il solo scopo di avviare tale procedura interna. È solo l’effettivo avvio e svolgimento di questo procedimento endoassociativo che può sospendere il termine per adire l’autorità giudiziaria. La semplice manifestazione di intenti, tramite telegramma o raccomandata, non è di per sé sufficiente.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del socio lavoratore, affermando che l’impugnazione stragiudiziale e l’opposizione al tribunale hanno funzioni completamente diverse. La prima è un atto propedeutico a un procedimento interno di riesame o arbitrale. La seconda è l’unico strumento previsto dalla legge per impedire la decadenza definitiva.

Nel caso specifico, il ricorrente si era limitato a inviare una comunicazione di dissenso, senza però dare concreto seguito all’attivazione della procedura arbitrale o endoassociativa prevista dallo statuto. Di conseguenza, il termine di 60 giorni per l’opposizione in tribunale non si è mai sospeso ed è decorso inutilmente. La Corte ha concluso che, non avendo il socio esercitato concretamente la facoltà di avviare il procedimento interno, la conformità del suo telegramma alle previsioni statutarie era un fatto irrilevante e non decisivo. L’esito del giudizio non sarebbe cambiato anche se la Corte d’Appello avesse considerato la clausola statutaria, poiché l’inerzia successiva del socio ha comunque determinato la decadenza.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per i soci di cooperative: non bisogna fare affidamento esclusivo sui rimedi stragiudiziali previsti dagli statuti per contestare una delibera di esclusione. Per salvaguardare i propri diritti, è indispensabile agire entro i 60 giorni dalla comunicazione, proponendo formale opposizione in tribunale. In alternativa, se lo statuto lo consente, è necessario non solo inviare la comunicazione di impugnazione interna, ma anche attivare e proseguire diligentemente la relativa procedura endoassociativa o arbitrale. In caso contrario, il rischio di vedersi preclusa ogni possibilità di tutela giudiziaria è concreto e insuperabile.

L’impugnazione stragiudiziale dell’esclusione da una cooperativa, prevista dallo statuto, è sufficiente a impedire la decadenza?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la comunicazione stragiudiziale (es. raccomandata o telegramma) prevista da uno statuto non è un atto idoneo a impedire la decadenza dal diritto di opporsi in tribunale. Essa ha solo la funzione di manifestare l’intenzione di avviare un procedimento di riesame interno o arbitrale.

Cosa deve fare un socio escluso per sospendere il termine di 60 giorni per l’impugnazione in tribunale, se lo statuto prevede un procedimento interno?
Il socio non deve limitarsi a inviare la comunicazione stragiudiziale, ma deve dare effettivamente corso al procedimento endoassociativo o arbitrale previsto dallo statuto. Solo l’effettivo esperimento di tale procedura interna può sospendere la decorrenza del termine per adire l’autorità giudiziaria.

La norma del Codice Civile che prevede l’opposizione al Tribunale entro 60 giorni (art. 2533 c.c.) può essere derogata dallo statuto di una cooperativa?
Sì, la norma è dispositiva e può essere derogata. Tuttavia, la deroga non significa che un atto stragiudiziale possa sostituire l’opposizione in tribunale. Significa che lo statuto può introdurre un meccanismo di risoluzione delle controversie interno che, se effettivamente attivato, può condizionare o sospendere i termini per l’azione giudiziaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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