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Impugnazione delibera: il diritto del socio receduto

Il caso analizza la legittimazione all’impugnazione di una delibera assembleare da parte di un socio fiduciario che, prima di agire, aveva esercitato il diritto di recesso per gran parte delle azioni. La Corte d’Appello ha negato tale legittimazione, poiché la quota di partecipazione era scesa sotto la soglia legale del 5%. La Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria, ha rinviato la trattazione della causa a nuovo ruolo senza decidere nel merito.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Societario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Impugnazione Delibera: Il Socio Receduto Perde la Legittimazione?

L’esercizio del diritto di recesso da parte di un socio può precludergli la possibilità di contestare le decisioni della società? Una recente ordinanza interlocutoria della Corte di Cassazione pone nuovamente l’attenzione su un tema cruciale del diritto societario: la legittimazione all’impugnazione delibera assembleare. Il caso in esame, pur non giungendo a una conclusione di merito, offre spunti di riflessione fondamentali sul rapporto tra la qualità di socio e il diritto di contestare le decisioni dell’organo sovrano della società.

I Fatti di Causa: Dalle Modifiche Statutarie al Contenzioso

La vicenda trae origine da una delibera del luglio 2006, con cui l’assemblea di una Società per Azioni approvava alcune modifiche statutarie. In risposta, una Società Fiduciaria, agendo per conto di una socia, esercitava il diritto di recesso, come previsto dalla legge in caso di significative alterazioni del contratto sociale.

Poco tempo dopo, nel settembre dello stesso anno, l’assemblea dei soci faceva un passo indietro, revocando le modifiche statutarie precedentemente adottate. La Società Fiduciaria decideva quindi di impugnare quest’ultima delibera di revoca. Mentre il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda, dichiarando la nullità della delibera, la Corte d’Appello ribaltava completamente la decisione.

La Decisione della Corte d’Appello e la Legittimazione all’Impugnazione Delibera

Il cuore della pronuncia di secondo grado risiede nella questione della legittimazione ad agire. La Corte d’Appello ha dichiarato inammissibile l’impugnazione delibera perché, al momento dell’avvio della causa, la Società Fiduciaria non possedeva più i requisiti di legge. Esercitando il recesso per la quasi totalità delle azioni detenute (209 su 210), la sua partecipazione sociale era scesa al di sotto della soglia del 5% del capitale sociale, limite minimo richiesto dall’art. 2377, comma 3, del codice civile per poter impugnare le delibere assembleari. In sostanza, secondo i giudici d’appello, perdendo una quota significativa del proprio investimento, il socio aveva perso anche il diritto di contestare le decisioni della società.

L’Ordinanza Interlocutoria della Cassazione

Contro la sentenza d’appello, la socia fiduciante ha proposto ricorso in Cassazione. La Suprema Corte, tuttavia, con il provvedimento in esame, non è entrata nel merito della complessa questione giuridica. L’ordinanza è di natura puramente procedurale: a causa di un’oggettiva impossibilità di trattare la causa nella data fissata, i giudici hanno disposto il rinvio a nuovo ruolo, demandando la decisione a una futura udienza pubblica. La parola definitiva sul rapporto tra recesso e legittimazione all’impugnazione è quindi ancora attesa.

Le Motivazioni

Le motivazioni alla base della decisione della Corte d’Appello, oggetto del ricorso in Cassazione, sono strettamente ancorate a un’interpretazione letterale della norma sulla legittimazione all’impugnazione. I giudici territoriali hanno stabilito un nesso di causalità diretto tra l’esercizio del diritto di recesso e la perdita dello status necessario per contestare le decisioni societarie. Il ragionamento è lineare: l’art. 2377 c.c. richiede che il socio (o i soci) che impugnano una delibera rappresentino una determinata frazione del capitale sociale. Nel momento in cui la Società Fiduciaria ha comunicato il recesso, la sua posizione di socio si è ‘indebolita’, scendendo sotto la soglia critica. Di conseguenza, nel momento in cui ha depositato l’atto di citazione per impugnare la delibera di revoca, non possedeva più la legittimazione richiesta dalla legge. Questa visione lega indissolubilmente il potere di controllo sulle decisioni assembleari alla consistenza della partecipazione economica del socio.

Le Conclusioni

Sebbene la Corte di Cassazione non si sia ancora pronunciata, le conclusioni che si possono trarre dalla vicenda processuale finora delineata sono significative per i soci di minoranza. La decisione della Corte d’Appello, se confermata, creerebbe un precedente rilevante: l’esercizio del diritto di recesso, pur essendo una forma di tutela per il socio dissenziente, potrebbe contemporaneamente privarlo di un altro strumento fondamentale, quello dell’impugnazione. Ciò imporrebbe al socio una scelta strategica delicata: recedere e liquidare la propria quota, perdendo però la possibilità di contestare le successive mosse della maggioranza, oppure rimanere in società per mantenere la legittimazione ad agire, rinunciando però alla ‘via d’uscita’ offerta dal recesso. La decisione finale della Suprema Corte sarà quindi determinante per chiarire l’equilibrio tra questi due importanti diritti del socio.

Qual era l’oggetto principale della controversia giunta in Cassazione?
La controversia riguarda la legittimazione di un socio a impugnare una delibera assembleare dopo aver esercitato il diritto di recesso per la maggior parte della propria quota, scendendo così sotto la soglia di partecipazione richiesta dalla legge per tale azione.

Perché la Corte d’appello ha ritenuto inammissibile l’impugnazione della delibera?
La Corte d’appello ha ritenuto l’impugnazione inammissibile perché, a seguito dell’esercizio del recesso, la partecipazione sociale del socio impugnante era diventata inferiore alla quota del 5% prevista dall’art. 2377, comma 3, c.c., facendogli così perdere la legittimazione ad agire.

Qual è stata la decisione della Corte di Cassazione con questa ordinanza?
La Corte di Cassazione non ha deciso la causa nel merito, ma ha emesso un’ordinanza interlocutoria con cui ha rinviato la trattazione del caso a una nuova udienza a causa dell’impossibilità di tenerla nella data originariamente fissata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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