Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5652 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5652 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
Ordinanza
sul ricorso n. 26421/2018 proposto da:
NOME , in qualità di erede unica di COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO e domiciliata in Roma, in INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO;
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME , rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO NOME COGNOME e domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO, presso il dr. NOME COGNOME;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Potenza n. 373/2018, depositata il 7/06/2018.
Ascoltata la relazione del consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Nel settembre del 1997 la NOME NOME COGNOME -nella qualità di condomina del RAGIONE_SOCIALE di Melfi (al INDIRIZZO) impugnava, dinanzi al Tribunale di Melfi, due delibere assembleari
condominiali del 28.06.1997 e del 23.07.1997 relative a lavori di ristrutturazione ex l. n. 219/1981.
Allegava l’attrice che i lavori erano stati deliberati a maggioranza calcolata sulla base di tabelle millesimali mai approvate, che modificavano le precedenti tabelle, in base alle quali ella godeva di una quota di proprietà superiore alla metà del valore dell’intero edificio. Pertanto, tali delibere adottate con le maggioranze ex art. 1136, co. 2, c.c. – erano annullabili, in quanto approvate con un numero di voti che non rappresentavano almeno la metà del valore dell’edificio. Inoltre, la stessa attrice lamentava che le delibere erano affette da eccesso di potere, poiché si erano occupate esclusivamente della ricostruzione delle parti del fabbricato condominiale di proprietà degli eredi NOME.
La domanda veniva rigettata dall’adito Tribunale di Melfi con la sentenza n. 474/2006, la quale risultava confermata all’esito del giudizio di secondo grado con la sentenza della Corte di appello di Potenza n. 373/2018.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, quale unica erede della condomina attrice, con cinque motivi.
Ha resistito NOME COGNOME NOME NOME controricorso.
Ragioni della decisione
1. Il primo motivo (p. 3 ss.) denuncia la violazione dell’art. 342 c.p.c. per avere la Corte di appello evidenziato che il primo motivo di appello presentava profili di inammissibilità prima che di infondatezza, in quanto esso aveva censurato solo una delle quattro ragioni fondanti il rigetto della domanda. In particolare, si argomenta che il primo motivo di appello era ammissibile poiché con esso era stata censurata la ratio decidendi portante ( che s’incentra va sulla dichiarazione di accollo di spesa rilasciata da NOME COGNOME), mentre gli altri elementi avevano solo un valore collaterale.
Si specifica che l’appello è da dichiarare inammissibile solo nel caso in cui i motivi non abbiano investito la sentenza nella sua interezza, sempre che quest’ultima sia stata pronunciata in base ad una pluralità di autonome
ragioni ciascuna di per sé sufficiente a supportare la decisione. Viceversa, non vi è l’onere di censurare tutte le rationes decidendi , allorquando queste ultime -come nel caso di specie – non siano da sole idonee a giustificare l’impianto della sentenza stessa.
Il motivo è inammissibile.
La Corte lucana ha disatteso il primo motivo di appello per due ragioni autonome: l’inammissibilità ex art. 342 c.p.c. e l’ infondatezza nel merito . Senonché, con il primo motivo di ricorso, la ricorrente censura solo la prima delle due, mentre avrebbe dovuto censurarle entrambe per accedere ad una pronuncia nel merito.
2.1. Il secondo motivo (p. 5) lamenta l’omesso esame di fatto decisivo consistente nell’inefficacia probatoria della dichiarazione relativa all’accollo di spesa rilasciata dall’attrice e ricorrente , a causa del suo carattere generico. In particolare, si deduce che la Corte di appello abbia omesso «ogni sostanziale e concreta interpretazione della dichiarazione di accollo spesa, atteso che, in essa, è detto, del tutto genericamente, che l’COGNOME si sarebbe accollata ‘l’onere di spesa eccedente l’erogazione del contributo’. Una simile vaghezza non poteva non comportare la indeterminatezza dell’oggetto della dichiarazione».
Il terzo motivo (p. 8) denuncia la violazione e falsa applicazione dell’a rt. 112 c.p.c., sul presupposto che la Corte di appello ha confermato la tardività della questione relativa all’inapplicabilità delle tabelle millesimali di cui alla perizia redatta dal geom. COGNOME, per essere stata introdotta solo in comparsa conclusionale, mentre essa costituiva l’aspetto centrale del thema decidendum , così come delineato dalla citazione introduttiva.
Il quarto (p. 9) e il quinto (p. 10) motivo lamentano l’omesso esame di fatti decisivi, cioè del la perizia stragiudiziale dell’ing. COGNOME, della deposizione del teste COGNOME e del le perizie di quest’ultimo e di COGNOME, da cui (una
volta depurate dalla dichiarazione della COGNOME) si desumerebbe che: (a) le tabelle millesimali da considerare erano quelle prodotte dal geom. COGNOME (con quota della proprietà COGNOME ammontante a 566,07 millesimi); (b) ampliandosi la platea dei condomini, mai la quota millesimale della famiglia COGNOME sarebbe potuta passare da 388,69 a 458,00 millesimi.
Si lamenta che il giudice di secondo grado abbia disatteso la questione argomentando dal divieto di ius novorum , mentre in realtà il thema decidendum verteva sull’appurare se le delibere de quibus fossero state adottate legittimamente, o meno, cioè nel rispetto delle tabelle millesimali allegate alla perizia del geom. COGNOME e non di quelle successive mai approvate.
2.2. – Il secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo possono essere esaminati contestualmente in quanto diretti a censurare, sotto diversi profili tra loro correlati, la pronuncia nel merito.
Nella parte saliente la Corte di appello argomenta in questi termini.
La ricostruzione della situazione di fatto compiuta dal giudice di primo grado si fonda sulla valutazione congiunta di quattro elementi probatori. L’appellante ha sottoposto a critica solo uno dei quattro e cioè la valenza confessoria che il Tribunale ha ascritto alla dichiarazione con la quale NOME COGNOME aveva riconosciuto il proprio debito nei confronti del RAGIONE_SOCIALE e, quindi, la correttezza dell’applicazione delle nuove tabelle millesimali. Queste ultime si sarebbero rese necessarie a causa dell’approvazione del piano di recupero del centro storico di Melfi e della conseguente indispensabilità di estendere ad altri condomini l’unità minima di intervento (UMI) formata originariamente dalle sole proprietà NOME e NOME. Ne segue secondo la Corte territoriale l’inammissibilità del primo motivo di appello. Infatti, ammesso e non concesso che fosse stata fondata la censura mossa dall’appellante alla valutazione giudiziale della menzionata dichiarazione, la decisione impugnata resiste sulla base della valutazione degli altri tre elementi probatori rimasti al riparo da censure, cioè: (a) la testimonianza di NOME COGNOME, (b) gli esiti della perizia redatta dal geom. NOME COGNOME
nell’interesse di NOME COGNOME e quelli della prima perizia redatta dal geom. NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME, (c) gli esiti della ulteriore perizia redatta dal geom. NOME COGNOME a seguito dell’approvazione del piano di recupero del centro storico di Melfi. La valutazione congiunta di tali elementi -conclude la Corte di appello – ha condotto il giudice di prime cure a riconoscere infondata la pretesa azionata dalla parte attrice perché l’intervento di ristrutturazione riguardava il complesso condominiale COGNOME–RAGIONE_SOCIALE, comprendente, oltre alle proprietà di NOME COGNOME e NOME COGNOME, anche quelle di NOME COGNOME e NOME COGNOME e, quindi, le uniche tabelle millesimali da prendere in considerazione ai fini della ripartizione delle spese erano quelle allegate al l’ elaborato progettuale del geom. NOME COGNOME, il quale contemplava anche l’esecuzione di interventi su beni comuni.
2.3. -Per quanto attiene specificamente al secondo motivo, esso è inammissibile.
Sotto la forma di una censura di omesso esame di fatto decisivo, la ricorrente aspira, in effetti, a sovrapporre -ma inammissibilmente – il proprio apprezzamento della valenza probatoria della dichiarazione di accollo rilasciata dalla COGNOME a quello che la Corte di appello ha espresso in una motivazione che -come si può constatare – è immune da vizi logici e, quindi, non si espone a censure in sede di legittimità.
2.4. -Per quanto attiene specificamente al terzo motivo, esso è infondato.
L’accesso a i fascicoli di causa -ammesso nella presente sede essendo stata dedotta una violazione processuale – consente di constatare che nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado l’ originaria attrice aveva chiesto che venisse dichiarata la nullità e/o l’invalidità ed inefficacia delle delibere «perché assunte in spregio dei requisiti formali e prive di elementi essenziali ovvero affette da vizi attinenti alla regolarità della costituzione dell’assemblea straordinaria e partecipazione degli aventi titolo e approvata
illegittimamente in mancanza dei necessari quorum deliberativi, e presupposti relativi, nonché per contrarietà alle norme inderogabili di legge dettate in materia». Nella parte narrativa della citazione introduttiva, la dante causa dell’odierna ricorrente aveva, inoltre, sostenuto che la ripartizione dei millesimi di comproprietà di cui si dava atto nei verbali delle due assemblee condominiali non corrispondesse, quanto ai millesimi di pertinenza dell’immobile in proprietà della stessa COGNOME, a quella ricavabile dalla perizia redatta dal geom. NOME COGNOME e depositata in data 5/3/1984 al Comune di Melfi. Ciò consente, in definitiva, di confermare come corretto l ‘ apprezzamento compiuto dalla Corte di appello circa i contenuti della domanda, sotto il profilo della causa petendi . Infatti, l ‘COGNOME NOME si era lamentata del fatto che, ai fini della costituzione delle assemblee condominiali del giugno e del luglio 1997 e della individuazione dei quorum necessari, fossero state applicate tabelle millesimali diverse da quelle predisposte dal geom. NOME COGNOME. Viceversa, nessuna censura di invalidità era stata rivolta alle tabelle millesimali in concreto applicate dalle assemblee condominiali. Solo nella comparsa conclusionale in primo grado, come detto, l’attrice a veva fatto valere l’inapplicabilità delle tabelle millesimali di cui alla perizia redatta dal geom. COGNOME, nonché la presenza in esse di errori di calcolo.
Sulla base di tale rappresentazione della vicenda processuale è da ritenere corretta la statuizione d’inammissibilità per tardività dell’allegazione di tali elementi, in quanto diretti a far valere temi nuovi rispetto all’oggetto del processo delineato nell’atto introduttivo e modificabile al più tardi entro le memorie ex artt. 180 e 183, co. 5, c.p.c. vigenti ratione temporis . Né si tratta evidentemente di questioni che sarebbero state rilevabili d’ufficio dal giudice. Non sussiste, quindi, la lamentata vi olazione dell’art. 112 c.p.c.
Il terzo motivo va, perciò, rigettato.
2.5. -Per quanto attiene specificamente al quarto e al quinto motivo, essi possono essere esaminati congiuntamente e dichiarati infondati, in quanto sono affetti dallo stesso difetto che inficia il secondo motivo: la
ricorrente chiede a questa Corte di rivalutare le risultanze di merito sol perché non condivide la valutazione ricostruttiva della situazione di fatto rilevante compiuta espressamente dalla Corte di appello in una motivazione che non presenta vizi ammissibili in sede di legittimità e che è stata svolta adeguatamente sul piano logico-giuridico-argomentativo.
Il quarto e il quinto motivo sono , quindi, anch’essi da disattendere.
2.6. -In definitiva, il ricorso deve essere integralmente respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della parte controricorrente, che liquida in € 3.000,00, oltre a € 200 ,00 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma il 15/02/2024, nella camera di consiglio della Se-