SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BARI N. 1735 2025 – N. R.G. 00001390 2024 DEPOSITO MINUTA 01 12 2025 PUBBLICAZIONE 01 12 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D’APPELLO DI BARI
Terza Sezione Civile
La Corte d’Appello, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti Magistrati:
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
AVV_NOTAIO
AVV_NOTAIO.ssa NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO.ssa. NOME COGNOME
Consigliere Ausiliario Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado d’appello, iscritta al n.r.g. NUMERO_DOCUMENTO
TRA
(
) e
(c.f.
), rappresentate e difese, congiuntamente e disgiuntamente, dall’AVV_NOTAIO.
e dall’AVV_NOTAIO.
NOME COGNOME, ed elettivamente domiciliate in Bari, alla INDIRIZZO, giusta mandato in atti
– APPELLANTI –
C.F.
E
Condominio in Bari alla INDIRIZZO (c.f. ), in persona dell’amministratrice p.t., rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, ed elettivamente domiciliato in Monopoli, alla INDIRIZZO, giusta mandato in atti -APPELLATO P.
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con atto di citazione notificato il 25/02/2021, e convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Bari, il Condominio in Bari alla INDIRIZZO, per ottenere la declaratoria di nullità e/o l’annullamento della delibera condominiale del 24/11/2020.
Precisavano le attrici che l’assemblea, già convocata presso i locali di INDIRIZZO in Bari, poche ore prima che si svolgesse era stata spostata presso i locali di INDIRIZZO; che dalla disamina dell’avviso di convocazione mancava la regolare comunicazione dell’indizione dell’assemblea al condòmino e ad altri, ragione per cui l’amministratore, prima di procedere alla esposizione delle questioni poste all’O.d.G., avrebbe dovuto verificare la corretta convocazione dell’assemblea; che l’assemblea aveva approvato i rendiconti utilizzando delle tabelle millesimali provvisorie che, al contrario, potevano essere utilizzate solo per i pagamenti in acconto e non anche per il saldo; che l’amministratore era decaduto dall’incarico, per lo meno dall’anno 2015 e, quindi, versando in regime di ‘ prorogatio imperii ‘, non avrebbe potuto presentare all’assemblea i rendiconti, per la loro approvazione; l’amministratore, inoltre, avrebbe dovuto precisare, affinché si potesse perfezionare il rinnovo del suo incarico, l’ammontare dei propri compensi; il rinnovo tacito dell’amministratore era, dunque, nullo; che, nonostante il definitivo annullamento di una precedente deliberazione, con la sentenza n.1173/2020 di questa Corte d’Appello, l’amministratore aveva riproposto i bilanci 2013/2014, 2014/2015 e 2016; il rendiconto del 2014 conteneva numerosi errori di calcolo relativamente ai compensi dell’ing. e dell’ing. a cui era stato conferito incarico per l’esecuzione di lavori in favore del Condominio; il rendiconto del 2015, conteneva la voce ‘saldo anno precedenti’ che, tuttavia, era erronea essendo erroneo il bilancio precedente; non riportava l’importo di € 3.500,00 versato dalla sig.ra la voce relativa al costo del citofono, già presente nel bilancio del 2014, era stata riportata nel bilancio del 2015, con una duplicazione di spesa; alla sig.ra era stata addebitata una somma per spese legali nonostante ella avesse dichiarato di dissociarsi dalla lite; il rendiconto del 2016 conteneva la voce ‘saldo anno precedenti’ che, tuttavia, era
erronea essendo erroneo il bilancio precedente e conteneva la voce di spesa di € 770,55 mai eseguita.
Si costituiva in giudizio il Condominio che contestava, analiticamente, i motivi di impugnazione.
La causa veniva decisa sulla base degli atti e dei documenti depositati dalle parti.
Con la sentenza n. 4007/2024, del 01.10.2024, il Tribunale di rigettava la domanda e condannava le attrice alle spese di giudizio.
Con atto del 24/10/2024, e proponevano appello avverso la richiamata sentenza riproponendo, sostanzialmente, tutti i motivi sollevati in primo grado avverso la delibera condominiale del 24/11/2020, e ne chiedevano il rigetto.
Si costituiva il in Bari che resisteva al gravame e ne chiedeva il rigetto, con il favore delle spese.
All’udienza del 04/06/2025, la causa veniva posta in riserva, per essere decisa ai sensi di legge.
Il primo motivo di appello, con cui viene contestato lo: ‘ 1) Spostamento della sede della riunione assemblare – mancato rispetto del termine di 5 gg. ex art. 66 disp. att. c.c. -violazione della predetta norma ed errata valutazione della documentazione in atti, delle prove offerte e dei fatti non contestati (violazione artt. 115 e 116 cpc) ‘ è palesemente infondato, al limite della temerarietà.
Le appellanti offrono un’erronea ricostruzione dei fatti relativi alla convocazione dell’assemblea condominiale del 24/11/2020.
Il primo avviso di convocazione, a mezzo posta elettronica del 02/11/2020, contiene una nota di accompagnamento, nella quale l’amministratore indica la sede della riunione alla INDIRIZZO, ma avverte i condomini che: ‘ in previsione dell’evolversi dell’attuale situazione mi riservo di comunicarvi in tempo utile un cambio di sede o l’opportunità di tenere l’assemblea in via telematica ‘.
Siamo a novembre 2020, ovverossia in pieno periodo di emergenza epidemiologica da COVID-19.
Con successivo messaggio PEC dell’ 11/11/2020, l’amministratore informa: ‘ Vi comunico che la sede dell’assemblea del 24/11/2020 è INDIRIZZO ‘.
In data 24/2020, alle ore 17.12, l’amministratore del Condominio inoltrava, sempre a mezzo posta elettronica, il collegamento per accedere alla piattaforma informatica di video conferenza precisando che: ‘ Nel caso ci fossero problemi di collegamento prego contattarmi allo NUMERO_TELEFONO ‘.
Con l’altro messaggio, inoltrato alle ore 18.13 dello stesso giorno, l’amministratore confermava che ‘(…) l’assemblea di oggi 24/11/2019 pomeriggio ore 18.30 in INDIRIZZO ‘.
Orbene, l’inoltro del collegamento per l’accesso alla piattaforma informatica di videoconferenza non è, contrariamente a quanto affermano le appellanti, uno ‘spostamento’ fisico della sede assembleare, ma un ulteriore modo per consentire la partecipazione dei condòmini, in aggiunta alla presenza fisica, nel
rispetto delle disposizioni sul distanziamento della popolazione, in vigore all’epoca dei fatti.
Il successivo spostamento, dal INDIRIZZO alla INDIRIZZO, che le appellanti assumono essere di gravità tale da determinare addirittura la nullità dell’avviso di convocazione, è del tutto irrilevante in quanto, come si evince dalla stessa indicazione dei numeri civici, e dal tenore del messaggio delle ore 18.13, si tratta di locali adiacenti l’uno all’altro.
Non si è trattato, in buona sostanza, di una variazione del luogo di svolgimento dell’assemblea, che ha reso impossibile la partecipazione degli astanti.
Correttamente, pertanto, il Tribunale ha statuito che ‘ il luogo della riunione è stato spostato una sola volta ‘.
Con il secondo motivo, le appellanti argomentano: ‘ 2. Sulla omessa rituale convocazione (rectius: omessa verifica della regolarità delle convocazioni da parte del presidente) – omessa motivazione da parte del Giudice di I grado ed errato inquadramento della censura (violazione art. 132 co. 2 n. 4 cpc) e d omessa valutazione delle prove offerte e dai fatti non contestati (violazione artt. 1 15 e 116 cpc) ‘.
Tale secondo motivo è inammissibile, prima ancora che infondato, oltre che temerario.
Nell’atto di citazione, invero, le attuali appellanti si dolgono della mancata, rituale, convocazione di soggetti terzi, deducendo testualmente: ‘ L’art. 1136, co. VI, c.c. prevede che l’assemblea non può deliberare se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati. (…) All’assemblea partecipavano il sig. (di persona e per delega del sig. , la sig.ra di persona ed il sig. in qualità di delegato dei condomini Venezia e (…). Risultavano assenti le odierne attrici, il sig. (convocato irregolarmente a mezzo mail), la soc. (convocato irregolarmente a mezzo mail), il sig. (convocato irregolarmente a mezzo mail), il sig. (non convocato) per il quale persisteva, e persiste, il difetto di convocazione. Pertanto, fermo restando obbligo inderogabile dell’amministratore di convocare i condomini nelle forme tassative prescritte dall’art. 66, co. VI, disp. att. c.c., l’assemblea condominiale avrebbe dovuto preliminarmente verificare la regolarità della convocazione ‘.
Come si evince dal chiaro tenore del motivo di impugnazione, le attuali appellanti hanno rilevato vizi di convocazione di condòmini terzi, ragione per cui, correttamente, il Tribunale di Bari ha rigettato il motivo statuendo che: ‘ la mancata convocazione di alcuni dei condomini è un vizio procedimentale cui consegue l’annullabilità della delibera assembleare e non la sua nullità (così Cass. Sez. Un., sentenza
n. 4806 del 07/03/2005). Legittimato ad impugnare la delibera è il solo condomino pretermesso e non la generalità dei partecipanti al condominio’ .
Nel presente grado di appello, cercando di superare l’invalicabile ostacolo rappresentato dalla linearità del decisum del primo giudice, le appellanti modificano il contenuto del motivo di doglianza sostenendo che, in realtà: ‘ La censura riguardava non l’omessa convocazione in sé, ma l’omessa verifica, l’omesso controllo della regolarità delle convocazioni da parte dell’assemblea e del suo presidente ‘.
Un inammissibile cambio di prospettiva, in violazione dell’art. 345 c.p.c., che, a tutto voler concedere, è completamente infondato nel merito.
Ed invero, come correttamente evidenziato dalla difesa del Condominio, nel verbale di assemblea del 24/11/2000 si legge, testualmente, che: ‘… il AVV_NOTAIO rilevato che l’assemblea è stata regolarmente convocata e che deve ritenersi valida per aver raggiunto le maggioranze previste dalla legge invita i condomini a discutere i punti all’ODG ‘.
Il motivo è, dunque, totalmente destituito del benché minimo fondamento fattuale, prima ancora che giuridico.
Con il terzo motivo di gravame, le appellanti si dolgono della: ‘ nullità/annullabilità della deliberazione perché approvata sulla base di tabelle millesimali provvisorie -violazione dell’art. 2697 c.c. da parte del Tribunale ed erronea valutazione della documentazione in atti (violazione art. 115 e 116 cpc Iuxta alligata et probata) ‘.
Esse tuttavia, lungi dal riproporre l’analogo motivo sollevato in primo grado, espongono nuove argomentazioni, inammissibili in appello ai sensi dell’art. 345 c.p.c.
In primo grado, invero, le attrici si erano limitate ad eccepire che l’assemblea aveva approvato i rendiconti utilizzando delle tabelle millesimali provvisorie che, al contrario, potevano essere utilizzate solo per i pagamenti in acconto e deducevano che: ‘ Nel caso che ci occupa l’assemblea trasformava, di fatto ed in spregi alla legge, tabelle millesimali provvisorie in tabelle definitive legittimando un criterio di riparto che avrebbe dovuto essere temporaneo e non definitivo ‘.
Trattandosi di mera deduzione, non seguita da alcun argomento di prova, il Tribunale ha statuito in proposito che l’assunto non era provato e che, in ogni caso: ‘.. il condomino che intende impugnare una delibera per la erronea ripartizione delle spese ha l’onere della prova, perciò deve allegare e
dimostrare di avere un interesse a conseguire un provvedimento del giudice al fine di evitare di subire un danno ingiusto ‘.
Nel presente grado di appello, incorrendo in una ulteriore violazione dell’art. 345 c.p.c., le appellanti hanno dedotto di aver fornito la prova richiamando la comparsa conclusionale del Condominio, sostenendo che: ‘…. il Giudice di primo grado non ha valutato che controparte, nella propria comparsa conclusionale, aveva chiaramente affermato che l’approvazione dei rendiconti impugnati sarebbe regolarmente avvenuta sulla base delle Tabelle approvate nel 1979 e tuttora vigenti ‘, ed hanno contestato che: ‘ il Giudicante -erroneamente -non ha operato alcun confronto tra i millesimi indicati in dette delibere e quelli risultanti dai rendiconti, al fine di verificare la fondatezza o meno della doglianza attorea ‘, nonostante esse attrici, nella loro comparsa conclusionale di replica, avessero: ‘ specificatamente ‘guidato’ il Giudicante nell’esecuzione di detta ‘verifica’, indicando in modo chiaro e preciso le incongruenze invocate e come rilevarle ‘.
È fin troppo facile rilevare, al riguardo, che tali argomentazioni finali avrebbero dovuto formare oggetto di specifica deduzione ed allegazione nei termini processuali a ciò deputati e, dunque, nell’atto introduttivo (nel quale viene solo declamato l’asserito uso di tabelle provvisorie, senza ulteriore specificazione) o, tutt’al più, nella memoria di precisazione della domanda, di cui all’art. 183, co. VI, n. 1) c.p.c. e non – di certo – nella comparsa conclusionale di replica.
Tali deduzioni, già inammissibili in primo grado, sono state ulteriormente ampliate nel terzo motivo di appello e, trattandosi di argomentazioni nuove, mai dedotte prima, sono inammissibili in questa sede.
Inammissibile, prima ancora che infondata è, invece, la contestazione relativa alla statuizione con cui il Tribunale ha rigettato il motivo di impugnazione statuendo che: ‘ Invero, il condomino che intende impugnare una delibera per la erronea ripartizione delle spese ha l’onere della prova, perciò deve allegare e dimostrare di avere un interesse a conseguire un provvedimento del giudice al fine di evitare di subire un danno ingiusto ‘.
Va, infatti, evidenziato che le attrici, lungi dal dimostrare di avere subito un pregiudizio personale dalla asserita erronea utilizzazione di tabelle provvisorie, richiamano, a sostegno della fondatezza della loro doglianza, i conteggi relativi alla posizione della condomina che, oltre a non essere parte in causa, è l’unica che, in ipotesi, avrebbe potuto dolersi di tale errore contabile.
Il motivo di appello è, dunque, inammissibile per carenza di interesse, oltre che infondato, per
mancanza di prova del fatto.
Decisamente extra ordinem è, invece, la seconda parte del terzo motivo di gravame con cui le appellanti si dolgono che il Tribunale abbia posto a loro carico l’onere di provare il danno subito per effetto dell’asserito (ed indimostrato) utilizzo di tabelle provvisorie.
Esse richiamano le disposizioni sul mandato e sostengono che ‘ Ricade pertanto sul professionista/mandatario l’obbligo e l’onere di dimostrare di aver eseguito il mandato con la diligenza professionale e, in particolare, di dimostrare la correttezza e la regolarità degli atti compiuti (nel caso di specie: la corretta redazione dei rendiconti) ‘.
Le appellanti sovrappongono, confondendoli tra loro, il rapporto di mandato che si instaura tra amministratore e Condominio, ed il giudizio di impugnazione di delibere assembleari.
Oggetto del presente giudizio non è la valutazione del corretto espletamento del contratto di mandato né l’accertamento della responsabilità dell’amministratore nell’adempimento del proprio incarico quanto, piuttosto, la legittimità di un atto deliberato dall’assemblea dei condòmini.
In altri termini, le appellanti non hanno agito in giudizio per far valere la responsabilità contrattuale del mandatario, bensì per contestare la legittimità del deliberato del 24/11/2020, che è un atto dell’assemblea, non dell’amministratore.
Ne consegue, con tutta evidenza, che nel giudizio di impugnazione della delibera condominiale l’onere di fornire la prova delle illegittimità del deliberato gravano su ei qui dicit , secondo gli ordinari criteri di riparto dell’onere della prova, ex art. 2697 c.c. e, quindi, gravava sulle attuali appellanti.
L’impugnata statuizione del primo giudice è, dunque corretta.
Le considerazioni da ultimo svolte portano a ritenere infondato anche il quarto motivo di gravame, con il quale le appellanti si dolgono della: ‘ nullità della deliberazione e dei rendiconti approvati per il mancato rinnovo dell’incarico all’amministratrice omessa motivazione da parte del Giudice di I grado ed errato inquadramento della censura (violazione art. 132 co. 2 n. 4) e omessa valutazione delle prove offerte e dei fatti non contestati (violazione artt. 115 e 116 cpc.) ‘.
Le appellanti, nella citazione di primo grado, avevano dedotto che ‘ L’amministratrice è decaduta, quantomeno dal 2015, dal suo mandato perché omette di inserire all’o.d.g. delle assemblee, e per l’effetto di sottoporre alla discussione condominiale, il punto relativo alla sua revoca e successiva rinomina. Tanto di per sé sarebbe sufficiente a ritenere del tutto illegittimo l’operato
dell’amministratore e la sua prorogatio imperii con tutte le conseguenze che ne scaturiscono (…)’ (cfr. atto di citazione, pag. 9).
In conseguenza, esse avevano eccepito che: ‘ A fronte della nullità del rinnovo tacito dell’amministratore e delle superiori considerazioni consegue anche la nullità e/o annullabilità dei bilanci consuntivi nella parte in cui si delibera un compenso (…) ad un amministratore decaduto dal suo mandato ‘ (cfr. pag. 10).
Nel presente grado di appello, le istanti sostengono che: ‘(…) l’omessa conferma/nomina/revoca dell’amm.re, rectius, l’omesso inserimento nell’O.d.g. del punto relativo alla conferma/nomina/revoca rende nulla o quantomeno annullabile l’intera delibera ‘ (cfr. pag. 16).
Il motivo è infondato.
In primo luogo, le appellanti non hanno dato prova alcuna del fatto che l’amministratore del Condominio sia decaduto dall’incarico, che l’incarico non sia stato rinnovato e che agisca, ora come allora, in regime di prorogatio imperii .
In secondo luogo, ove anche vi fosse stata la prova della scadenza del mandato dell’amministratore, l’assemblea che ha approvato i bilanci è stata validamente convocata in quanto: ‘(…) l’assemblea può validamente essere convocata dall’amministratore la cui nomina sia stata dichiarata illegittima non ostando al riguardo il dettato di cui all’art. 66, secondo comma, cod. civ., in quanto il potere di convocare l’assemblea, da tale norma attribuito a ciascun condomino, presuppone la mancanza dell’amministratore, che è ipotesi diversa da quella che si verifica nei casi di cessazione per qualsivoglia causa del mandato dell’amministratore o di illegittimità della sua nomina ‘ (Cass. civ., sez. II, 23/01/2007, n. 1405).
In terzo luogo, l’eventuale mancato inserimento, all’interno dell’O.d.G., del punto relativo alla nomina o alla revoca dell’amministratore non è, di per sé, causa di nullità della delibera condominiale né per vizi suoi propri, né per vizi derivati.
Ed invero: ‘(…) l’approvazione del preventivo delle spese e della ripartizione delle stesse, nonché l’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore rientrano tra le attribuzioni dell’assemblea dei condomini ‘ (Cass. civ., sez. II, 14.7.1989, n°3291), non rientrano tra le attribuzioni dell’amministratore.
Con il quinto motivo di appello viene contestato la presenza di: ‘ singole voci di bilancio erronee/prive
di legittimità (non dovute) e di pezze giustificative -omessa motivazione, omessa trattazione ed errato inquadramento della fattispecie (violazione art. 132 co. 2 n. 4 cpc) -omessa valutazione delle prove offerte e dei fatti non contestati (violazione artt. 115 e 116 c pc.) ‘.
Anche tale motivo è infondato.
La contestazione è relativa a diverse voci di bilancio.
La prima voce di bilancio contestata è quella relativa agli oneri dei tecnici.
Nell’atto di citazione le attrici si dolevano del fatto che l’incarico, nonostante risultasse conferito a due tecnici, ing. ed ing. ‘ solo a quest’ultimo veniva affidato l’incarico di predisporre il capitolato relativo ai lavori di rifacimento del lastrico solare e del pozzo luce ‘ (cfr. citazione pag. 12).
Dopo aver precisato che: ‘ stante l’importo delle opere appaltate pari a complessivi € 29.184,10 (…) al predetto professionista sarebbe spettato un corrispettivo pari ad € 1.999,01 ‘, esse hanno concluso sostenendo che: ‘ non è dato comprendere da dove possa rinvenirsi un compenso totale di € 4.713,10 per i predetti tecnici, atteso che non è intervenuta alcuna delibera in tal senso ‘, pur dando atto della circostanza che l’ing. aveva incassato di € 2.100,00 ‘ pagato nella misura di € 1.000,00 caduno giuste fatture/pro forma ‘ (cfr. pag. 13).
In appello, invece, la doglianza riguarda la ‘ voce a debito ‘differenza onorari tecnici (euro 4.173,10 -quote già ripartite euro 2.782,90)’ per l’importo di € 1.390,00, indicata tra i debiti nei confronti dei fornitori. La predetta somma è del tutto erronea, inveritiera, priva di spiegazione e di legittimità. ‘ (cfr. pagg. 22 e 23).
Più specificamente, le appellanti si dolgono del fatto che l’amministratore: ‘ non ha fornito alcuna spiegazione valida al riguardo, limitandosi a menzionare circostanze inconferenti con l’incarico in questione (che qui si impugnano e contestano in punto di fatto), senza comunque offrire alcun documento probatorio a sostegno (quali ad esempio la fattura rilasciata dai professionisti) ‘ (pagg. 23 e 24).
Orbene, al di là della differente prospettazione dei fatti (in citazione si fa riferimento a documenti fiscali dell’ing. che in appello non vengono menzionati), la contestazione più che involgere la regolarità del rendiconto, punta a contestare la mancanza di un incarico professionale all’ing. e la asserita mancanza di un contratto d’opera con l’ing. che ne specifichi i compensi.
Sta di fatto che: ‘(…) per la validità della delibera di approvazione del rendiconto non è necessaria la presentazione da parte dell’amministratore all’assemblea di una contabilità redatta con forme rigorose, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, dovendo ritenersi sufficiente, in applicazione del principio di prevalenza della sostanza sulla forma, una contabilità idonea a rendere intelligibili le voci di entrata e di spesa, con le relative quote di ripartizione, che contenga in ogni caso l’indicazione delle somme incassate, nonché dell’entità e della causale degli esborsi eseguiti, come di ogni altro elemento fattuale idoneo a consentire l’individuazione e il vaglio da parte dell’assemblea delle modalità con cui l’incarico di amministrazione è stato eseguito ‘ (Cass. civ., sez. II, 29/05/2025, n. 14428).
E, nel caso che ci occupa, dalla stessa descrizione delle voci del bilancio descritte in appello, si evince che le stesse indichino, in maniera chiara, le poste di debito, le somme incassate e quelle sborsate, con le relative causali.
Ogni questione relativa all’eccessiva onerosità dei compensi tecnici non può essere fatta valere in questa sede, anche perché i diretti interessati non sono parti in causa.
La seconda voce di bilancio contestata riguarda le spese del portone di ingresso, originariamente previste in € 2.310,00 e, successivamente, ridottesi ad € 1.468,17.
Sostengono le appellanti che il bilancio del 2013 è nullo perché non contiene lo storno del maggior importo contabilizzato né il conguaglio.
Il motivo è infondato.
La mancata previsione nel bilancio consuntivo 2013 del conguaglio non esclude la possibilità che lo stesso possa avvenire anche successivamente, in successivi rendiconti.
Ciò esclude, evidentemente, che il bilancio sia nullo.
Inammissibile è la censura concernente il rendiconto 2014/2015, con cui le appellanti ne contestano l’invalidità derivata dall’invalidità dei rendiconti precedenti.
Come correttamente statuito dal Tribunale di Bari con la sentenza appellata: ‘ Il rendiconto condominiale, in ossequio al ‘principio di continuità’, parte dai dati di chiusura del consuntivo dell’anno precedente per redigere il bilancio dell’anno successivo. Tali dati sono inutilizzabili solo nel caso in cui la loro esattezza sia stata negata con una sentenza passata in giudicato ‘ (cfr. pag. 3).
Orbene, le appellanti, con il motivo di gravame in questione, hanno pedissequamente riproposto
l’analogo motivo di impugnazione di primo grado (cfr. punto 5.2.1., pagg. 14 e 15) senza contestare specificamente, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., la motivazione con la quale il motivo è stato rigettato.
E, del resto, va precisato che l’eventuale errore di calcolo riportato nel bilancio successivo a quello nel quale lo stesso si assume essere stato compiuto, se vale ad inficiare l’atto contabile che contiene l’errore (e la delibera che lo approva), non può determinare la nullità del bilancio successivo il quale, nel richiamare la singola voce contestata, non la approva nuovamente (con conseguente onere di impugnazione della relativa posta), non costituendo una nuova manifestazione di volontà dell’assemblea.
Infondata è, invece, la censura relativa al versamento, da parte della sig.ra dell’importo di € 3.500,00 con una voce che, contenuta nella prima versione del bilancio del 2014/2015, sarebbe stata eliminata dal bilancio successivamente approvato in data 15/02/2016.
Deve, al riguardo, ritenersi fondata l’eccezione del Condominio appellato il quale ha rilevato che: ‘ Vi è da aggiungere che controparte non ha mai documentato il versamento in questione e non ne ha indicato data e modalità. Nell’atto di citazione introduttivo del giudizio in primo grado, inoltre, si fa riferimento a documenti che non sono agli atti (una prima versione del rendiconto 2014/2015 da cui il detto versamento risulterebbe contabilizzato: v. p. 15 dell’atto di citazione). La domanda, pertanto, risulta generica e priva di supporto probatorio. In una situazione del genere, non si può ritenere che spetti al Condominio alcun onere allegatorio o probatorio ‘ (cfr. comparsa di costituzione in appello, pag. 10).
Ed in effetti, manca agli atti di causa la prova del versamento, come anche non risulta depositato il bilancio nel quale detta voce sarebbe stata inserita.
Il motivo va, dunque, rigettato.
Infondato è anche il motivo di gravame con cui la contesta l’addebito delle spese legali in controversie dalle quali la stessa si sarebbe dissociata.
Orbene, a prescindere dalla genericità del motivo (non è chiaro a quale lite la doglianza si riferisca), deve rilevarsi che l’appellante non ha fornito la prova, richiesta dall’art. 1132, co. 1, c.c., ovverossia di aver notificato all’amministratore il proprio dissenso dalla lite.
La dissociazione dalla lite, si badi bene, esime il condòmino dalle conseguenze economiche negative in caso di soccombenza, ma non lo esonera dalle spese generali condominiali né gli conferisce il diritto
agli eventuali benefici scaturenti dalla vittoria in giudizio.
Si legge nell’atto di appello che: ‘ la circostanza che la sig.ra abbia espresso il suddetto dissenso alle liti è pacificamente ammessa nel presente giudizio e giammai contestata. Del resto, è ovvio che la predetta attrice (che è attrice nel giudizio di I grado di cui al presente appello insieme alla figlia AVV_NOTAIO ) si volesse dissociare dalla difesa del condominio nei confronti dell’autonomo giudizio promosso dalla figlia (come desumibile anche dall’esperienza comune dei casi simili) ‘ (cfr. pag. 27).
Il principio di non contestazione non è applicabile e non rileva ai fini che ci occupano atteso che, come chiarito, l’art. 1132 c.c. richiede un atto scritto ad substantiam , in mancanza del quale non può ritenersi che l’appellante si sia dissociata.
Le ultime due doglianze, sollevate dalle appellanti, concernono la validità del bilancio consuntivo del 2015/2016, per la cui trattazione esse rimandano a quanto già dedotto in relazione al motivo di gravame concernente il consuntivo 2014/2015, e l’inserimento nel rendiconto di un’operazione contabile di € 770,55 che non sarebbe mai stata eseguita.
Per quanto concerne la censura relativa al rendiconto 2015/2016 essa è inammissibile, per le stesse ragioni per le quali è stato dichiarato inammissibile il motivo di appello sollevato avverso il consuntivo del 2014/2015.
Per quanto attiene, infine, alla censura relativa all’asserita operazione contabile mai eseguita le appellanti sostengono che: ‘ la somma di € 770,55 non è stata mai pagata al fornitore né mai incassata dall’amm.re mediante versamento da parte dei condomini; pertanto non poteva essere inserita nel rendiconto ‘ (cfr. pag. 28).
È vero esattamente il contrario: poiché si tratta di un esborso che il Condominio deve sostenere, verosimilmente relativo ad una prestazione già deliberata (le appellanti tacciono sul punto), è più che logico che la relativa voce venga inserita in bilancio, al fine di consentirne l’addebito ai singoli condòmini.
L’art. 1130, co. 1, c.c., del resto, stabilisce che il rendiconto condominiale contiene le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del Condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve che devono essere espressi in modo da consentire l’immediata verifica.
La previsione di una spesa per la quale è stato previsto l’esborso è, pertanto, del tutto regolare.
Per tutte le motivazioni innanzi esposte, l’appello interposto da e va rigettato, con condanna di esse appellanti al pagamento delle spese di giudizio, in favore del Condominio convenuto, che sono liquidate come da separato dispositivo, ai valori tra medio e massimo della tariffa di cui al D.M. 55/2014, tenendo conto del valore della controversia (che dalle appellanti è stato dichiarato di valore fino ad € 26.000,00) e della natura della stessa, della complessità delle questioni trattate, del tenore delle difese delle parti e della rilevata speciosità di taluni motivi di gravame.
P.Q.M .
La Corte d’Appello di Bari, III Sezione civile, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da e nei confronti del Condominio in Bari, alla INDIRIZZO, per la riforma della sentenza n. 4007/2024, resa dal Tribunale di Bari in data 01.10.2024, così provvede:
Rigetta l’appello.
Condanna e in solido tra loro, al pagamento, in favore del Condominio appellato, delle spese del presente grado di giudizio che liquida in € 5.880,00 per compensi, oltre rimborso forfettario, Cassa ed IVA come per legge.
Sussistono i presupposti di legge affinché e in solido tra loro, versino all’Erario un importo pari all’ammontare del contributo unificato versato per l’iscrizione al ruolo del presente.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del 23/07/2025
Il AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Il Consigliere ausiliario relatore
AVV_NOTAIO.ssa NOME COGNOME