Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20539 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 20539 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4491/2019 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO INDIRIZZO NAPOLI, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocata COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di NAPOLI n. 6051/2018 depositata il 18/06/2018.
Udita la relazione svolta nella udienza pubblica del 20/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME il quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Udito l’Avvocato NOME COGNOME per delega dell’Avvocato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.-NOME COGNOME ha proposto ricorso articolato in quattro motivi avverso la sentenza n. 6051/2018 del Tribunale di Napoli, depositata il 18 giugno 2018.
Resiste con controricorso il Condominio di INDIRIZZO Napoli.
2.Il Tribunale di Napoli ha respinto l’appello di NOME COGNOME contro la sentenza resa il 19 maggio 2015 dal Giudice di pace di Napoli. E’ rimasta così rigettata l’opposizione avanzata dal condomino NOME COGNOME avverso il decreto ingiuntivo dell’importo di € 3.732,00 intimatogli dal Condominio di INDIRIZZO per la riscossione di contributi fondati sulla deliberazione assembleare del 10 aprile 2008, relativa a lavori di ammodernamento dell’impianto di ascensore. Il Tribunale ha ritenuto di non poter esaminare i dedotti vizi di nullità o inefficacia della deliberazione presupposta, non essendo stata la stessa mai impugnata.
Ha depositato memoria il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME il quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Hanno depositato memorie altresì il ricorrente e il controricorrente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va premesso che la memoria depositata dal ricorrente NOME COGNOME in data 6 marzo 2025 contiene la deduzione di nuove censure che esorbitano dalla funzione meramente illustrativa dei motivi di ricorso, specificata dall’art. 378, comma 2, c.p.c., ed è unita alla
produzione di documenti che non rispettano né i limiti di ammissibilità né il termine di quindici giorni di cui all’art. 372 c.p.c. Palesemente inammissibile è pure il deferimento del giuramento decisorio contenuto nella medesima memoria, giacché nel giudizio di cassazione non possono dedursi, e tanto meno assumersi, prove.
1.- I l primo motivo di ricorso di NOME COGNOME deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.: il Tribunale non avrebbe valutato la richiesta di nomina di CTU per descrivere l’allacciamento di costruzioni abusive agli impianti condominiali; il medesimo Tribunale non avrebbe risposto alla istanza di sospensione del giudizio ‘sino all’esame della inopponibilità della delibera nulla’ giacché basata su inesistenti tabelle millesimali e sulla esistenza di cinque piani invece dei quattro piani indicati nella delibera, nonché carente della indicazione del numero dei condomini e di quelli che utilizzavano la Tabella Ascensori; ancora, il Tribunale non avrebbe esaminato la documentazione prodotta; neppure avrebbe verificato l’avvenuto pagamento alla impresa che aveva eseguito l’intervento sull’impianto di ascensore.
Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1137 c.c., essendo nulla la delibera del 10 aprile 2008, giacché sottoscritta dalla RAGIONE_SOCIALE che non aveva provato di essere a quel tempo amministratrice dell’edificio, ed essendo perciò la medesima delibera non firmata dall’amministratore. Il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare tale nullità.
Il terzo motivo di ricorso lamenta la nullità della sentenza per la mancata prestazione dell’interrogatorio e la mancata produzione ex art. 210 c.p.c. sempre circa la inesistenza della nomina quale amministratrice della RAGIONE_SOCIALE l’utilizzazione di tabelle millesimali mai approvate dall’assemblea, l’inutilizzo dell’ascensore da novembre 2008 a gennaio 2009, la mancata consegna del certificato di rilascio.
Il quarto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione ‘di norma di diritto’ e l’omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., ripetendo le medesime doglianze già oggetto dei precedenti motivi e comunque concludendo che il Condominio non fosse creditore delle somme richieste per non averle mai versate all’impresa di manutenzione dell’ascensore.
2.- I motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, rivelando diffusi profili di inammissibilità e comunque risultando infondati.
Sono inammissibili le censure riferite al vizio ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., operando la previsione di cui all’art. 348ter , comma 5, c.p.c. (applicabile ratione temporis ), che esclude che possa essere impugnata la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” e che risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (cd. doppia conforme).
I motivi, inoltre, allegano questioni di diritto o di fatto che non risultano trattate in alcun modo nella sentenza impugnata, sicché il ricorrente, per non incorrere nell’inammissibilità per ‘novità’ delle censure, aveva l’onere, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., di indicare specificamente in quale atto del giudizio di primo grado fosse avvenuta la deduzione di tali questioni, sì da renderle oggetto di discussione processuale tra le parti, e se le stesse fossero state poi devolute al giudice di appello.
Le censure interagiscono nel senso di una critica complessiva della sentenza impugnata, formulata sotto una molteplicità di profili inestricabilmente combinati, non sempre riconducibili ad una delle categorie logiche di vizio tassativamente stabilite dall’art. 360 c.p.c. Per lo più, i motivi addebitano al giudice di appello una erronea ricognizione della fattispecie concreta e le censure sono mediate dalla
contestata valutazione delle risultanze di causa, per la mancata ammissione o l’omesso o inesatto esame di documenti asseritamente decisivi.
3. -La radicale ragione di infondatezza dei motivi dal secondo al decimo del ricorso sta in ciò.
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese per opere di manutenzione straordinaria, quale quello in esame, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti (Cass. n. 15696 del 2020).
La delibera condominiale di approvazione della spesa costituisce, così, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui ambito è ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere.
Dall’approvazione delle opere di manutenzione straordinaria, pertanto, per effetto della vincolatività tipica dell’atto collegiale stabilita dal primo comma dell’art. 1137 c.c., discende l’insorgenza, e quindi anche la prova, dell’obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle relative spese.
Alla stregua dei principi enunciati nella sentenza Cass. Sez. Unite n. 9839 del 2021 (in ciò correggendo la motivazione della sentenza impugnata, restandone corretto il dispositivo, ai sensi dell’art. 384, comma 4, c.p.c.), nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia
l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, c.c.; da ciò discende l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio, dell’eccezione con la quale l’opponente deduca soltanto vizi comportanti l’annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento.
Ne consegue che una delibera di approvazione di un intervento manutentivo dell’ascensore, che, come assume il ricorrente, contenga errori nella ripartizione delle spese con riferimento ai costi sostenuti dalle gestione condominiale e alla suddivisione pro quota in relazione ai millesimi, deve comunque essere impugnata dai condomini assenti, dissenzienti o astenuti nel termine stabilito dall’art. 1137, comma 2, c.c., non essendo consentito rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell’impugnazione della delibera.
Gli ipotizzati vizi della delibera del 10 aprile 2008 danno luogo comunque all’annullabilità della stessa, alla stregua dei principi enunciati dalla medesima sentenza Cass. Sez. Unite n. 9839 del 2021, in quanto non viene dedotta una modificazione dei criteri legali di riparto delle spese da valere per il futuro, quanto una erronea ripartizione in concreto in violazione di detti criteri, sicché tali vizi non potevano essere sindacati dal giudice in sede di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei contributi condominiali fondati su tali delibere (e tanto meno in sede di opposizione al conseguente precetto), in mancanza di apposita domanda riconvenzionale di annullamento.
Peraltro, non costituiscono neppure in astratto vizi incidenti sulla validità della deliberazione dell’assemblea dei condomini che approva e ripartisce le spese per un intervento di manutenzione delle parti
comuni: quelli inerenti alla firma dell’amministratore, che non è affatto prevista dalla legge; quelli inerenti alla partecipazione dello stesso amministratore alla riunione; quelli inerenti alla validità della nomina dell’amministratore; quelli inerenti alla mancanza di tabelle millesimali applicabili in relazione alla specifica spesa; quelli inerenti ai rapporti con l’impresa appaltatrice esecutrice dell’intervento manutentivo approvato dall’assemblea ed all’effettività dei costi sostenuti dalla gestione condominiale.
Ne deriva ulteriormente la assoluta carenza di decisività delle deduzioni istruttorie di cui il ricorrente lamenta la mancata ammissione o valutazione.
– Il ricorso va perciò rigettato, con condanna del ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 2.300,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile