Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25578 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25578 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29995/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE SAN GIORGIO, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MESSINA n. 535/2019, depositata il 02/07/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 06/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso il decreto provvisoriamente esecutivo n. 83/2010 emesso dal Tribunale di
Messina con cui era stato ingiunto in favore del Condominio «Residence San Giorgio» il pagamento della somma di €. 5.973,02 per quote condominiali relative alla manutenzione della piscina, la cui ripartizione era stata approvata con delibera condominiale del 18.07.2008, non impugnata.
Il Tribunale di Messina rigettava l’opposizione e condannava la società opponente alle spese di lite.
Avverso la suddetta sentenza proponeva appello RAGIONE_SOCIALE ma la Corte di Appello di Messina, con sentenza n. 535/2019, rigettava il gravame sulla base delle seguenti argomentazioni:
-il diritto di RAGIONE_SOCIALE di poter usufruire della piscina condominiale derivava da un vincolo contrattuale, più precisamente dall’art. 2 dell’atto pubblico del 30.06.2006 con il quale RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato, contestualmente agli immobili non appartenenti al Condominio San Giorgio, anche un posto auto nel suddetto Condominio, nonché l’uso della piscina e degli impianti;
-la ripartizione delle spese di manutenzione della piscina condominiale era stata adottata con delibera del 18.07.2008, non impugnata dall’appellante né censurata per vizi della volontà o altri vizi comportanti nullità nella formazione della delibera, quale titolo contrattuale che dà diritto al Condominio di pretendere il pagamento della quota di spese gravante su RAGIONE_SOCIALE;
non era stata data prova dell’imputazione dei pagamenti vantati da RAGIONE_SOCIALE rispetto alle somme oggetto di ingiunzione, anziché ad altri esercizi diversi da quelli del 2007;
quanto al pagamento di partecipazione alle spese per il posto auto codice 70, spettava all’opponente dare idonea prova della circostanza per cui il posto auto portante l’indicato codice corrispondesse in realtà
al posto auto identificato come P108 nell’imputazione dei bonifici del 06.02.2008 e del 13.03.2009.
Contro tale sentenza ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE sulla base di tre motivi illustrati da memoria.
Resiste con controricorso il Condominio Residence San Giorgio.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e, in particolare, degli artt. 1135 e 1137 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Si duole la ricorrente dell’addebito a suo carico delle spese della piscina e delle zone pertinenziali ad essa in quanto, non rivestendo RAGIONE_SOCIALE la qualità di condomina del Residence San Giorgio, non era tenuta a corrispondere il pagamento delle relative quote. In secondo luogo, si censura la statuizione in merito alla mancata impugnazione della delibera da parte di RAGIONE_SOCIALE: a giudizio della ricorrente, detta delibera è inefficace nei suoi confronti quale titolo per il pagamento. Ne consegue che neanche essa aveva alcun onere di impugnazione della delibera nel rispetto dei termini dell’art. 1137 cod. civ. Inoltre, il ricorso evidenzia che la somma di €. 5.817,14 include va voci non relative all’utilizzo della piscina e delle aree pertinenziali, quali le «spese generali», le «spese acqua» e «spese di giardinaggio», nonché altre tra le quali vi sono anche spese espressamente non relative alla piscina (ad es.: spese energia elettrica garage o molle saracinesca garage).
Il motivo è infondato, anche se si rende opportuno correggere la motivazione ai sensi dell’art. 384 ultimo comma cpc .
Dalla sentenza impugnata risulta che a favore della società ricorrente, mediante atto pubblico del 30.06.2006, era stato costituito un diritto di uso e di godimento della piscina condominiale. Questa Corte ha avuto occasione di precisare che l’amministratore di
condominio ha diritto di riscuotere i contributi per la manutenzione e per l’esercizio delle parti e dei servizi comuni dall’effettivo titolare di diritto reale, ad esclusione dei titolari di diritti aventi natura di diritto personale di godimento (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15222 del 30/05/2023, Rv. 667963 -01; Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 16613 del 23/05/2022, Rv. 665046 -01; Sez. 2, Ordinanza n. 27162 del 25.10.2018, Rv.651018 – 01).
Pertanto, RAGIONE_SOCIALE quale titolare di un diritto reale di uso della piscina, era certamente abilitata ad impugnare la delibera sulle relative spese di manutenzione.
A ciò aggiungasi il determinante rilievo che il motivo -contravvenendo all’onere di specificità ( ex art. 366 n. 6 cod. proc. civ.) – omette di riportare proprio l’elemento decisivo su cui esso si fonda (cioè la delibera del 18.07.2008 con l’elenco dei partecipanti ad essa, e l’indicazione della presenza o meno della ricorrente alla seduta) impedendo, così, a questa Corte di verificare la sua regolare partecipazione all’assemblea .
2. Con il secondo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, e in particolare degli artt. 1193 e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. Osserva la ricorrente che la Corte di Appello avrebbe errato nel non considerare come oggetto di ingiunzione le somme versate da RAGIONE_SOCIALE con un bonifico nel 2008 e con due bonifici nel 2009, per un valore complessivo di €. 2.500,00, atteso che le somme ingiunte riguardano la gestione del 2007 e che la causale dei bonifici era troppo generica (es. acconto quote condominiali). La Corte di merito avrebbe, altresì, erroneamente posto a carico di RAGIONE_SOCIALE l’onere di provare che tali somme dovessero essere imputate agli importi oggetto di ingiunzione, ponendosi – ad avviso del ricorrente in contrasto con l’orientamento
della Suprema Corte (Cass. 18471/2015) per cui tale onere spetta invece al Condominio che, nel caso di specie, nulla ha provato sul punto.
3. Con il terzo motivo si deduce omesso esame di documenti decisivi per il giudizio in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5) cod. proc. civ. La ricorrente rimprovera alla Corte di Appello di avere errato nel ritenere che non fosse stata fornita alcuna prova che il posto auto 70 e il posto auto P108 costituiscano la stessa unità immobiliare. Ritiene che la Corte abbia omesso la valutazione di alcuni documenti decisivi: innanzitutto, l’atto di acquisto del posto auto identificato come P108, nonché la missiva a firma dell’amministratore del condomino San Giorgio del 06.10.2009 indirizzata alla SIAL. In entrambi gli atti si fa riferimento solo ed unicamente ad un posto auto, che pertanto non poteva che essere lo stesso indicato nei due bonifici effettuati da RAGIONE_SOCIALE a favore del Condominio. Inoltre, la Corte di Appello ha omesso di valutare anche una precedente sentenza della medesima corte (Corte di Appello di Messina, n. 307/2016) che, in altro procedimento, riconosceva come unico posto d’auto della RAGIONE_SOCIALE quello denominato P108.
Questi due motivi possono essere scrutinati congiuntamente, in quanto entrambi pongono questioni relative alle imputazioni dei pagamenti in relazione alle voci di spesa ripartite in violazione dei criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione.
Essi sono inammissibili.
Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta in via
d’azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, c.c., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione; ne consegue l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio, dell’eccezione con la quale l’opponente deduca solo l’annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento (cfr. Sez. U – , Sentenza n. 9839 del 14/04/2021).
E ancora, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso, ex art. 63 disp. att. c.c., per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità della deliberazione assembleare a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale delibera, dedotta mediante apposita domanda riconvenzionale, mentre non assumono rilievo le contestazioni del condomino intimato circa la consistenza probatoria dei documenti giustificativi delle spese rendicontate, dovendo gli stessi essere controllati in sede di approvazione e di eventuale impugnazione del bilancio (cfr. Sez. 2 – , Ordinanza n. 2460 del 02/02/2025).
Sulla scorta dei citati principi, le censure in esame, con cui si fanno valere errori nel riparto in concreto delle spese condominiali, dovevano essere formulate mediante tempestiva impugnazione della delibera del 18.7.2008 nel termine di cui all’art. 1137 cc , discutendosi di annullabilità e non certo di nullità (cfr. sul criterio distintivo SSUU sentenza n. 9839/2021), ma ciò non risulta.
In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso.
Le spese sono liquidate in dispositivo secondo la regola della soccombenza.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art.
13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in €. 3.500,00 per compensi, oltre ad €. 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 -bis , del D.P.R. n. 115 del 2002, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME