Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15797 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15797 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1454/2023 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO INDIRIZZO, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di ROMA n. 8572/2022, pubblicata il 31/05/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME NOME;
letta la memoria del ricorrente.
PREMESSO CHE
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 8572/2022 del 31 maggio 2022, che ha rigettato l’appello da lui proposto contro la sentenza del Giudice di pace di Roma n. 8401/2018. Quest’ultimo aveva revocato il decreto ingiuntivo per la riscossione di contributi condominiali oggetto di opposizione e condannato il ricorrente a corrispondere al Condominio di INDIRIZZO, in Roma, la residua somma di euro 1.461,08 oltre interessi; in corso di causa il primo giudice aveva ritenuto ‘superflua l’istanza di esibizione di estratti conti bancari formulata dall’attore, atteso anche che non vi è contestazione sui versamenti da lui effettuati, ma piuttosto sulla loro interpretazione’. Il Tribunale ha , poi, ritenuto -in sede di gravame -l’inammissibilità della produzione documentale effettuata dall’appellante, non ricorrendo l’ipotesi indicata dall’art. 345, comma 3, c.p.c.
La sentenza impugnata ha ravvisato la sussistenza del fondamento della pretesa creditoria azionata dal Condominio nel ‘preventivo’ della gestione ordinaria del 2014, approvato con la delibera del 27 maggio 2014, e nel consuntivo dello stesso esercizio approvato in data 20 febbraio 2015, concludendo che ‘le delibere inerenti agli importi contestati non sono state impugnate da parte del COGNOME e, di conseguenza, devono ritenersi obbligatorie e vincolanti’.
Resiste con controricorso il Condominio di INDIRIZZO, in Roma.
Con atto del 27 settembre 2023 il Consigliere delegato dal Presidente della sezione seconda civile ha depositato proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art. 380 -bis, comma 1, c.p.c.
Il ricorrente ha formulato istanza di decisione ai sensi del comma 2 dello stesso articolo, depositando anche memoria in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è basato su un ‘unica complessa censura, con cui si contesta -ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. – la declaratoria di inammissibilità della produzione documentale effettuata dall’appellante in secondo grado, lamentando al riguardo la ‘nullità della sentenza per motivazione apparente/apodittica e contraria agli artt. 115 e 116, 112, 113, 115, 116, 210 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., 28 Cost.; sentenza emessa in violazione dell’art. 345, comma 3 c.p.c. e dell’art. 1713 c.c.’ .
Ad avviso del ricorrente la motivazione data dalla Corte d’appello con la sentenza impugnata sarebbe apparente, poiché nell’atto d’appello era stato evidenziato che ‘la richiesta del COGNOME era giustificata e dovuta in quanto l’amministratrice dott.ssa NOME COGNOME (in carica sino al 12.12.2016) ha negato la visura e la consegna delle copie degli estratti conto, sebbene richieste formalmente prima del giudizio di primo grado (fascicolo primo grado COGNOME docc. 5 e 6)’; sarebbe stato, quindi, da ritenersi evidente che la produzione era avvenuta in appello per impossibilità a provvedervi nel giudizio di primo grado dovuta a causa non imputabile al ricorrente, ossia per l’atteggiamento ostruzionistico tenuto dall ‘ amministrazione condominiale; tale censura sarebbe stata assorbente e avrebbe dovuto comportare l’integrale riforma della sentenza impugnata, in quanto dal suo accoglimento sarebbe dovuta seguire necessariamente quella dei singoli punti della stessa.
2. La censura è infondata.
Anzitutto, la sentenza impugnata contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni in fatto e in diritto della decisione e non è perciò affatto ‘apparente’,
consentendo un «effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice» (cfr., per tutte, Cass., sez. un., n. 8053 del 2014).
Poi, la stessa sentenza, oltre ad avere escluso la sussistenza della causa non imputabile, ex art. 345, comma 3, c.p.c., ai fini dell’ammissibilità della produzione in appello degli estratti dei conti bancari (e va sottolineato che la valutazione di non imputabilità è valutazione in fatto che, come tale, spetta al giudice di merito), ha di seguito esplicitato in motivazione come tale documentazione non potesse comunque svolgere un’influenza causale sulla decisione, ravvisando la prova del credito ingiunto nelle deliberazioni di approvazione del preventivo e del consuntivo del 2014 (v. le pagg. 2 e 3 della sentenza impugnata).
Va, infatti, osservato che nel giudizio concernente il pagamento di contributi condominiali, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti (v. Cass. n. 15696 del 2020 e Cass. n. 7569 del 1994).
D all’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore discende l’insorgenza, e quindi anche la prova, dell’obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle spese (v. Cass. n. 11981 del 1992 e Cass. n. 3847 del 2021). Un rendiconto approvato dall’assemblea che contenga errori nel prospetto dei conti individuali del singolo condomino, per effetto di inesatta contabilizzazione delle morosità e dei pagamenti precedenti di quel partecipante, per il disposto degli artt. 1135 e 1137 c.c. deve comunque essere impugnato dai condomini assenti, dissenzienti o astenuti nel termine stabilito dall’art. 1137, comma 2, c.c. (cfr. Cass. n. 36597 del 2022); ciò che non ha riscontrato di aver fatto l’odierno ricorrente .
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 380 -bis , ultimo comma, c.p.c., avendo il Collegio definito il giudizio in conformità alla proposta formulata in virtù del disposto di cui al primo comma della stessa norma, trovano applicazione il terzo e il quarto comma dell’art. 96 c.p.c. (v. al riguardo la pronuncia delle Sezioni unite n. 28540/2023, secondo cui, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, c.p.c., come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022, nel prevedere nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c., ‘codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi a una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente’).
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del controricorrente, che liquida in euro 1.200,00 di cui euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge, nonché al pagamento di euro 1.000,00 ancora in favore del controricorrente, ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c., e al pagamento di euro 800,00 in favore della cassa delle ammende in applicazione del l’art. 96, quarto comma , c.p.c.
Si dà atto della sussistenza, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, dei presupposti processuali per il versamento,
da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell ‘ adunanza camerale della sezione