Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20011 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20011 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 3118/2019 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’ avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende;
– Ricorrente –
Contro
CONDOMINIO INDIRIZZO
– Intimato –
Avverso la sentenza della corte d’ appello di Roma n. 5152/2018 depositata il 24/07/2018.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 4 marzo 2025.
Rilevato che:
il Tribunale di Roma, con sentenza n. 17687 del 2011, rigettò la domanda proposta da NOME COGNOME, proprietario di un box auto nel condominio di INDIRIZZO (‘Condominio’) , di impugnazione
Condominio
della deli berazione dell’assemblea del condominio approvata il 23/04/2008, avente ad oggetto il bilancio consuntivo dell’esercizio 2007 ed il preventivo dell’esercizio 200 8, basata, in particolare, sull’ arbitraria modifica della quota millesimale attribuita a ll’attore ai fini del riparto delle spese;
la sentenza di primo grado è stata impugnata da COGNOME il quale, in sintesi, ha lamentato che, al contrario di quanto affermato dal tribunale, la mancata impugnazione della delibera del 13/10/2003, che aveva variato le quote millesimali attribuite ai box e alle cantine, era completamente irrilevante trattandosi di decisione emessa da un diverso condominio (il condominio di INDIRIZZO, ‘ autorimessa e box ‘ ), il quale, pertanto, non aveva alcun potere di determinare i millesimi del condominio di INDIRIZZO Pullino 72.
La corte d’appello di Roma, nel contraddittorio del Condominio, ha respinto il gravame condividendo la statuizione del primo giudice secondo cui il condòmino avrebbe dovuto impugnare la decisione assembleare del 13/10/2003 del condominio di INDIRIZZO, relativa alla nuova ripartizione interna dei millesimi del piano autorimessa. Infatti, spiega la Corte territoriale, l’amministratore del condominio di INDIRIZZO non aveva fatto altro che recepire, senza alcuna contestazione proveniente dai partecipanti allo stesso condominio, quanto comunicatogli dall’amministratore del condominio di INDIRIZZO a proposito dell’approvazione da parte dell’assemblea straordinaria riunitasi il 13/10/2003 -della nuova attribuzione millesimale relativa ai box e alla cantina;
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, accompagnati da superflui quesiti di diritto (Cass. n. 20916/2024).
Il Condominio intimato non ha svolto difese.
In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato una memoria.
Considerato che:
il primo motivo di ricorso censura la violazione dell’art. 39 5 nn. 1 e 5 c.p.c.
Si lamenta (vedi pagg. 10 e 11 del ricorso) da un lato la ‘sussistenza di dolo al fine di indurre in errore’, dall’altro che la decisione impugnata sarebbe contraria alle sentenze nn. 13847 del 2016 e 5683 del 2012 del Tribunale di Roma, passate in giudicato, che, in breve, dichiarano ‘illecito’ il modus operandi seguito dal Condominio per applicare al ricorrente millesimi maggiorati e maggiori oneri.
Sotto altro profilo, il ricorrente stigmatizza che, mediante artificio, sarebbero stati addebitati oneri condominiali di altri condòmini e anche di box di altri condomìni, che sono stati illecitamente allacciati al garage condominiale;
il secondo motivo censura l”omessa, erronea motivazione circa punti decisivi della controversia -contraddittorietà e travisamento’ .
La sentenza sarebbe viziata da ‘erronea motivazione’ e ‘travisamento’ nella parte in cui dichiara che il Condominio ha sempre legittimamente applicato i valori millesimali indicati nel regolamen to di condominio, come modificati dall’assemblea straordinaria del 13/10/2003.
Per il ricorrente, le tabelle millesimali, in realtà, indicano soltanto, con riferimento al garage condominiale, una quota millesimale pro indiviso per tutti i ventotto comproprietari, pari a 80,82 millesimi, e non esiste alcuna decisione dell’assemblea che abbia suddiviso detta quota o che abbia approvato o recepito una suddivisione effettuata da terzi estranei;
il primo motivo è inammissibile;
il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicché è inammissibile il motivo che reca una critica non collegabile ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleate dal codice di rito (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 11603 del 14/05/2018, Rv. 648533 – 01).
Recentemente la Corte, nella sua massima composizione, è tornata sull’argomento per ribadire che il ricorso per cassazione deve essere articolato in specifiche censure riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad uno dei cinque motivi di impugnazione previsti dall ‘ art. 360, comma 1 c.p.c., sicché, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l ‘ esatta indicazione numerica di uno dei predetti motivi, è indispensabile che le censure individuino con chiarezza i vizi prospettati, tra quelli inquadrabili nella tassativa griglia normativa (Sez. U., Ordinanza n. 32415 del 08/11/2021, Rv. 662880 – 01).
Nel caso in esame non viene dedotto alcuno dei motivi riconducibili al paradigma dell’art. 360 c.p.c. ; la censura, piuttosto, s’incentra su asseriti vizi revocatori della decisione d’appello , vizi previsti dai nn. 1 (che ricorre quando la sentenza è l’effetto del dolo di una parte) e 5 (che ricorre quando la sentenza è contraria a un precedente giudicato tra le stesse parti) del l’art. 395 c.p.c., i quali , come dispone l’art. 398 c.p.c., non possono essere fatti valere con il rimedio processuale del ricorso per cassazione, ma debbono essere oggetto di una domanda di revocazione, proposta con citazione
davanti allo stesso giudice (in questo caso: la corte d’appello di Roma) che ha pronunciato la sentenza impugnata;
il secondo motivo è inammissibile e infondato;
anzitutto, tralasciando la pur prospettabile inammissibilità della doglianza per mancanza di specificità, la censura è comunque inammissibile ove debba essere interpretata come allegazione del vizio di ‘omesso esame circa un fatto decisivo’. In tal caso, infatti, trova applicazione la previsione di cui all’art. 348 ter ultimo comma c.p.c., che, per l’ipotesi di cosiddetta doppia conforme, avendo (come in questa fattispecie concreta) il giudice di appello confermato (nella parte che qui interessa) la sentenza di primo grado, sulla base delle medesime ragioni inerenti alle questioni di fatto a sostegno della sentenza di primo grado, preclude la deducibilità, in sede di legittimità, del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 comma 1 c.p.c. ;
d’altra parte, il motivo è infondato con riferimento alla critica rivolta alla struttura della decisione impugnata: come si desume dal passaggio motivazionale sopra richiamato (al punto 1 del ‘ Rilevato che ‘), la sentenza contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione, e non è perciò affatto ‘apparente’, consentendo un «effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice» (cfr. Cass. Sezioni Unite n. 8053 del 2014; n. 22232 del 2016; n. 2767 del 2023);
ne consegue il rigetto del ricorso;
nulla si deve disporre sulle spese del presente giudizio, nel quale il Condominio non ha svolto difese;
a i sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dichiara che, a i sensi dell’art.13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione