Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16635 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16635 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13888/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
INDIRIZZO, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 706/2019 depositata il 18 febbraio 2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME COGNOME ha proposto ricorso articolato in quattro motivi averso la sentenza n. 706/2019 della Corte d’appello di Milano, depositata il 19 febbraio 2019.
Ha resistito con controricorso il INDIRIZZO Milano.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, 4quater , e 380bis .1, c.p.c.
Il ricorrente ha depositato memoria.
La causa ha ad oggetto l’opposizione al decreto ingiuntivo n. 7985/2015 intimato dal INDIRIZZO al condomino NOME COGNOME per la riscossione dei contributi dovuti, pari ad € 8.468,98, fondati sulla delibera assembleare del 9 ottobre 2014, di approvazione del rendiconto consuntivo per l’esercizio 1° giugno 2013 -31 maggio 2014 e per il preventivo del successivo esercizio. A base dell’opposizione NOME COGNOME aveva dedotto l’omessa convocazione all’assemblea del 9 ottobre 2014, la mancata trasmissione della documentazione e la sussistenza di errori nei conteggi.
Il Tribunale di Milano con sentenza del 23 marzo 2017, respinte le deduzioni dell’opponente, aveva revocato il decreto ingiuntivo per l’avvenuto parziale pagamento della somma intimata, condannando il COGNOME al pagamento dell’importo residuo pari ad € 2.398,33.
La Corte d’appello di Milano ha poi respinto il gravame del COGNOME, limitandosi a ridurre il debito residuo dello stesso all’importo di € 680,01.
Il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 66 disp. att. c.c. e insiste per l’annullabilità della delibera su cui fonda il decreto ingiuntivo, non
avendo il ricorrente ricevuto convocazione per l’assemblea del 9 ottobre 2014.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 8, lettere B) e E) del regolamento di condominio, sulle modalità della convocazione assembleare e sull’invio del verbale di assemblea, ribadendo l’annullabilità della delibera di approvazione del rendiconto.
Il terzo motivo del ricorso di NOME COGNOME denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1136 c.c. e dell’art. 66 disp. att. c.c., per la ‘impossibilità di impugnare la delibera assembleare’ del 9 ottobre 2014, non essendone il ricorrente ‘mai venuto a conoscenza ‘ se non con la notifica del decreto ingiuntivo.
Il quarto motivo del ricorso di NOME COGNOME lamenta ‘errore nei conteggi’ e la ‘omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione’, avendo il ricorrente pagato € 13.934,21 e quindi estinto il suo debito verso il Condominio. Nelle pagine da 12 a 14 del ricorso, punti da 47 a 60, sono elencati pagamenti e calcoli.
I quattro motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, essendo accomunati da diversi profili di inammissibilità e rivelandosi comunque non fondati.
5.1. È innanzitutto inammissibile il quarto motivo di ricorso: nel vigore del testo dell’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., introdotto dal d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella legge 7 agosto 2012, n. 134, non è più configurabile il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti. Opera, inoltre, la previsione d’inammissibilità del ricorso per cassazione, di cui all’art. 348-ter, comma 5, c.p.c. (applicabile ratione temporis ), che esclude che possa essere impugnata ex art. 360, comma 1, n. 5,
c.p.c. la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” e che risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (cd. doppia conforme).
Il quarto motivo di ricorso, inoltre, è strutturato elencando una lunga sequela di pagamenti avvenuti tra settembre del 2014 e settembre del 2016, rivelandosi privo della specifica indicazione, agli effetti dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., del contenuto rilevante di atti e documenti comprovanti le allegazioni al riguardo utilmente svolte nelle pregresse fasi di merito.
È altresì inammissibile il secondo motivo di ricorso, con il quale si lamenta ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c. la violazione o falsa applicazione delle prescrizioni del regolamento di condominio, il quale è atto di produzione privata e non ha natura di fonte di norme di diritto (Cass. n. 20567 del 2018).
5.2. I motivi di ricorso vanno peraltro confrontati coi principi enunciati dalla sentenza Cass. Sez. Unite, 14 aprile 2021, n. 9839. Le Sezioni Unite hanno chiarito che nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, quale quello in esame, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta in via d’azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, c.c., nel termine perentorio ivi previsto, e non in via di eccezione; ne consegue l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio, dell’eccezione con la quale l’opponente deduca solo l’annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento.
Nel caso in esame, NOME COGNOME ha proprio dedotto soltanto ragioni di annullabilità della delibera assembleare del 9 ottobre 2014, su cui è fondata l’ingiunzione di pagamento opposta, senza aver e mai spiegato una domanda di annullamento della medesima delibera, sicché i motivi di ricorso secondo e quarto sono tutti non fondati.
5.4. Quanto alle allegazioni della mancata convocazione all’assemblea del 9 ottobre 2014 e della mancata comunicazione della deliberazione ivi approvata, che ha ripartito le spese per cui si procede, esse ben possono costituire ragioni che abbiano impedito il decorso del termine di impugnazione stabilito dall’art. 1137 c.c., ma non possono essere meramente eccepite – sempre per i principi enunciati dalla sentenza n. 9839 del 2021 – nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei relativi oneri, ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c. (cfr. Cass. n. 20069 del 2017; n. 3626 del 2018; n. 22573 del 2016; n. 17486 del 2016).
Questa Corte ha, del resto, precisato che la produzione della delibera assembleare condominiale a corredo di una domanda monitoria avverso un condomino non è comunque idonea a soddisfare l’onere di comunicazione agli assenti ex art. 1137 c.c., né comporta il sorgere della presunzione di conoscenza ex art. 1335 c.c., che postula il recapito all’indirizzo del condomino del verbale contenente le decisioni dell’assemblea, e neppure obbliga quest’ultimo ad attivarsi per acquisire e conoscere il testo delle deliberazioni stesse, la cui conoscibilità, pertanto, non è ancorata alla data di notificazione del decreto ingiuntivo (Cass. n. 16081 del 2016).
5.5. Occorre poi ribadire che nel giudizio concernente il pagamento di contributi condominiali, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti (Cass. n. 15696 del 2020). Il giudice, pronunciando sul
merito, emetterà una sentenza favorevole o meno, a seconda che l’amministratore dimostri che la domanda sia fondata, e cioè che il credito preteso sussiste, è esigibile e che il condominio ne è titolare. La delibera condominiale di approvazione della spesa costituisce, così, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel processo a cognizione piena ed esauriente, ove sia verificata la perdurante esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cass. Sez. Unite, n. 26629 del 2009, n. 26629; Cass. n. 4672 del 2017). Il giudice deve quindi accogliere l’opposizione e negare la fondatezza del credito vantato dalla gestione condominiale solo qualora la delibera assembleare su cui esso poggia abbia perduto la sua efficacia, per esserne stata l’esecuzione sospesa dal giudice dell’impugnazione, ex art. 1137, comma 2, c.c., o per avere questi, con sentenza sopravvenuta alla decisione di merito nel giudizio di opposizione ancorché non passata in giudicato, annullato la deliberazione (Cass. n. 7741 del 2017).
Dall’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore, in particolare, per effetto della vincolatività tipica dell’atto collegiale stabilita dal primo comma dell’art. 1137 c.c., discende l’insorgenza, e quindi anche la prova, dell’obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle spese ordinarie per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni dell’edificio o per la prestazione dei servizi nell’interesse comune (Cass. n. 11981 del 1992).
Così, il rendiconto consuntivo per successivi periodi di gestione che, nel prospetto dei conti individuali per singolo condomino, riporti tutte le somme dovute al condominio, comprensive delle morosità relative alle annualità precedenti rimaste insolute (le quali configurano non
solo un saldo contabile dello stato patrimoniale attivo, ma anche una posta di debito permanente di quel partecipante), una volta approvato dall’assemblea può essere impugnato ai sensi dell’art. 1337 c.c., costituendo altrimenti esso stesso idoneo titolo del credito complessivo nei confronti di quel singolo partecipante, pur non dando luogo ad un nuovo fatto costitutivo del credito stesso (Cass. n. 3847 del 2021).
5.6. Del pari, un rendiconto consuntivo approvato dall’assemblea (nella specie, quella del 9 ottobre 2014) che, come assume il ricorrente, contenga errori nel prospetto dei conti individuali del singolo condomino, per effetto di inesatta contabilizzazione delle morosità e dei pagamenti precedenti di quel partecipante, deve comunque essere impugnato dai condomini assenti, dissenzienti o astenuti nel termine stabilito dall’art. 1137, comma 2, c.c., non essendo consentito rimettere in discussione i provvedimenti adottati dalla maggioranza se non nella forma dell’impugnazione della delibera (cfr. Cass. n. 3747 del 1994, n. 3747; n. 3291 del 1989; n. 5254 del 2011).
Anche gli ulteriori ipotizzati vizi della delibera assembleare del 9 ottobre 2014 di approvazione del consuntivo davano luogo, dunque, all’annullabilità della stessa, alla stregua dei principi enunciati dalla sentenza Cass. Sez. Unite, 14 aprile 2021, n. 9839, in quanto non viene dedotta una modificazione dei criteri legali di riparto delle spese da valere per il futuro, quanto una erronea ripartizione in concreto in violazione di detti criteri.
6. Il ricorso va perciò rigettato e le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza.
Sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – dell’obbligo di
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare le spese sostenute nel giudizio di cassazione dal controricorrente, che liquida in complessivi € 850,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile